Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

giovedì, giugno 29, 2006

VIII. Sicilia hub energetico del Mediterraneo

Quello che rimarrà di Priolo

Il sistema di distribuzione del gas è rigido a causa delle tubature che servono per il suo trasporto lungo tragitti di migliaia e migliaia di chilometri. Esiste però una tecnologia che, malgrado i costi più alti rispetto alle classiche “pipelines” permette di trasportare il gas via mare. LNG: Liquid Natural Gas, e cioè gas raffreddato al punto di condensazione, caricato sulle navi e scaricato agli estremi delle reti distributive in corrispondenza di un rigassificatore (vedi foto sopra).
Attorno a queste strutture si è creato molto trambusto ultimamente. Il fatto da tenere in considerazione è che i rigassificatori vanno considerati più come infrastrutture che come impianti di produzione industriale, anche se ovviamente la loro progettazione deve soddisfare determinati criteri ambientali. Essi infatti non producono alcunchè, ma servono solo a riscaldare il gas arrivato in forma liquida per riportarlo in forma gassosa (vedi foto).
La tecnologia dell'LNG necessita di investimenti notevoli, superiori a quelli dei metanodotti, e che solo con le ultime impennate del prezzo del petrolio sono diventati convenienti. Regala però la possibilità di far arrivare il gas direttamente dal paese di produzione a quello di consumo senza tenere conto di chi o cosa ci sia nel mezzo. Sempre che i due paesi abbiano a disposizione un porto dove piazzare le infrastrutture necessarie.
Il posizionamento dei rigassificatori deve comunque tener conto di altri fattori economici, per cui piazzarne uno proprio davanti all'uscio di casa potrebbe avere come conseguenza un costo del gas troppo elevato.
Ecco di nuovo come la Sicilia entra in gioco prepotentemente e grazie alla sua posizione, anche nel mercato globale dell'LNG.
Abbiamo già visto come da qui passino alcune delle maggiori arterie vitali per il trasporto di energia verso l'Europa. Il piazzare dei rigassificatori proprio qui rafforzerebbe le caratteristiche di “hub” energetico che la Sicilia già possiede.
Malgrado le grida di chi vuole il rigassificatore a Livorno o a Ravenna, alla fine probabilmente costerà comunque meno comprare il gas proveniente dalla Sicilia, sempre a causa di quei giorni di navigazione in più.
E' anche vero che i rigassificatori hanno un impatto ambientale. Ma allora quale dovrebbe essere la strategia della Sicilia?
Bisogna delineare un percorso da seguire per la creazione dell'”hub energetico” Sicilia:
1) Messa in sicurezza immediata delle raffinerie e degli impianti industriali esistenti con bonifica territoriale
2) Smantellamento impianti petrolchimici non direttamente connessi con la raffinazione del petrolio
3) Inizio costruzione rete rigassificatori con collegamenti ai principali metanodotti esistenti
4) Graduale passaggio da “hub” petrolifero ad “hub” del gas e quindi graduale chiusura delle raffinerie, anche in risposta alle mutate condizioni del mercato mondiale di distribuzione dell'energia.
5) Sviluppo turistico e post-industriale delle aree bonificate

Tutto ciò significa creare un piano energetico PER la Sicilia, mirante cioè allo sviluppo della Sicilia, e non alla sua spoliazione in funzione padana.

In English: LNG Wikipedia

Prossima Puntata: IX. Un Piano energetico per lo sviluppo della Sicilia
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martedì, giugno 27, 2006

Il Bluff di Bossi

Bossi parla ancora di secessione del nord, e c'è ancora qualcuno che gli crede.... Peggio ancora c'è gente che crede quando si trattava si entrare in Europa il nord non ha abbandonato il sud per lealtà verso la parte più povera della nazione.
E' il momento di smettere di sognare e guardare in faccia la realtà: se siamo entrati in Europa con il nord è perchè al nord conveniva economicamente così. Quello di Bossi era solo un bluff, un ricatto bello e buono: o mi date quello che voglio o faccio saltare tutto.
Il nord a metà degli anni novanta era probabilmente la “nazione” più ricca d'Europa. Nelle prime dieci posizioni della classifica europea delle regioni dal PIL più alto vi erano 5 regioni del nord Italia. Al contrario, nelle ultime dieci posizioni figuravano (e figurano) tutte le regioni meridionali.
La media fa un PIL esattamente corrispondente alla media europea, il che permette alle regioni del nord di risparmiare sui versamenti per il bilancio della comunità europea. Una vera e propria evasione fiscale su base regionale. Ma la cosa più incredibile è che non riusciamo a vedere l'altra parte della realtà, e cioè che, come l'Irlanda, avremmo dovuto ricevere quote del budget europeo di molto superiori ai fondi di Agenda 2000.
In pratica la secessione del nord prima dell'ingresso in Europa avrebbe significato un flusso di denaro dal Nord Italia al Sud Italia: la restituzione di una parte del maltolto.
E volete che Bossi non si sia reso conto di tutto questo?
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sabato, giugno 24, 2006

VII. La tassa del tubo ed i prigionieri di Guantanamo Bay

La Sicilia non è niente in questo momento: non è una nazione indipendente, non è parte integrante di uno stato nazionale perchè lo statuto (e quindi la costituzione di questo “stato” nazionale) non è stato mai applicato, non siamo ufficialmente una colonia. Viviamo in un limbo istituzionale e giuridico, con un parlamento fantoccio svuotato persino dei più elementari poteri. Sembra quasi che la nostra isola sia un'estensione di Guantanamo Bay, il famigerato carcere USA.
Per un attimo qualche anno fa abbiamo provato ad alzare un dito per dire la nostra, ma subito ci siamo ritrovati la mano schiacciata sotto il tacco italiano, e per giunta con tutto il peso dell'Europa sopra.
E sì. Perchè ora che c'è anche il gas il discorso si fa diverso: ora è tutta l'Europa ad aver bisogno della posizione della Sicilia. Ora che il Mare del Nord è al tramonto e che l'unica alternativa è essere schiavi della Russia.
Per un attimo abbiamo provato a riappropriarci della nostra posizione, del nostro essere “hub” naturale del sistema economico mondiale: a questo avrebbe portato (almeno idealmente) la tanto esecrata “tassa del tubo”, il pagamento di un pedaggio al passaggio del gas in cambio dello sfruttamento della nostra posizione.
L'Europa intera ha tremato e ci ha schiacciato sotto un cumulo si sentenze-farsa dedotte dalle sue inutili leggi.
Tassa del tubo che poi il governo italiano, con una sfacciataggine degna di un ladruncolo da quattro soldi, ha tentato di estendere all'intero territorio nazionale: insomma, l'idea è buona, ma i soldi li prendiamo noi. Nessuna protesta da qui.


Le vie del gas non sono infinite


Comunque i fatti rimangono quelli: il modo più economico di trasportare il gas è tramite gasdotti con i tratti marini più brevi possibile. All'Europa il gas può arrivare da tre o quattro vie: dal Mare del Nord, dove i giacimenti sono in via di esaurimento, da est, cioè dalla Russia o dall'Asia centrale tramite Turchia e Grecia, o da sud, dal Nord-Africa attraverso la Sicilia. Visto che la paura di diventare troppo dipendenti dalla Russia fa 90, l'altra alternativa è il Sud Italia: Puglia (dai Balcani) e Sicilia (Libia ed Algeria).
Tutti i territori attraversati da un gasdotto ricevono un pedaggio (in denaro o in natura tramite gas). La Sicilia (o la Puglia) niente.
Poi però quando ci ritornano le merci prodotte con l'energia che gli abbiamo mandato noi gratis siamo costretti a pagare il trasporto, un sovrapprezzo dovuto alla nostra “marginalità”. Com'è facile ribaltare la verità in questo teatrino delle parti.
Ma lo stato italiano (e l'Europa) si rende conto di questa “dipendenza” dalla Sicilia? O siamo noi che stiamo andando troppo in là? Basta guardare al più redente progetto di gasdotto dall'Algeria: il GALSI. Questi passerebbe dalla Sardegna, e da lì di dirigerebbe in Toscana. Un progetto dai costi spropositati rispetto ad un ennesimo metanodotto passante dalla Sicilia, e che può essere giustificato solo con la voglia di “differenziare” ulteriormente, di by-passare gli infidi siciliani.
E nel frattempo entra in scena un'altra tecnologia: il trasporto di gas liquido (LNG).

Prossima Puntata: VIII. Rigassificatori e depositi sotterranei. Dove e perchè?


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mercoledì, giugno 21, 2006

VI. La più importante squadra di calcio siciliana.

Parti precendenti:
I
II
III
IV
V

Ma quale sarà mai la più importante, la più blasonata, la più conosciuta squadra di calcio siciliana? La maggior parte delle risposte si concentreranno sicuramente tra Catania e Palermo, ma in realtà ambedue le risposte sono sbagliate: la più importante è sicuramente l'Inter. Sì, avete letto bene: l'Inter. Da dove crediate che provengano i soldi che Moratti scialacqua tanto allegramente? Ma andiamo con ordine.
Facciamo un attimo mente locale, e chiediamoci come mai l'Italia si tiene così stretta la Sicilia se poi non perde occasione di denigrarla con ogni mezzo. A parte le baggianate scritte sui libri di storia patria, i motivi principali sono due, ambedue riconducibili a quella che è la nostra principale risorsa naturale: la posizione dell'isola in seno al Mediterraneo.
Tralasciamo per ora il primo (ed in verità più importante) motivo per un altro capitolo e concentriamoci sul secondo: il petrolio.
Petrolio e gas in Sicilia scorrono a fiumi, ma vengono da “un po' più in là”..., dal Golfo Persico. Mattei riuscì a fare per l'Italia qualcosa di impensabile inserendo l'ENI nel gioco delle sette sorelle americane e britanniche. Ma Angelo Moratti fu ancora più scaltro. Capì l'immensità del valore della posizione della Sicilia e vi piazzò la sua prima raffineria nel 1948 (leggi la storia completa).
L'Italia, grazie e Moratti ed al controllo della Sicilia, ha creato uno dei più importanti “hub” (ritorna questa parolina...) di raffinazione petrolifera al mondo. La materia prima arriva dal canale di Suez e dalla Russia, viene trasformata e poi prosegue verso lo Stretto di Gibilterra ed esportata negli Stati Uniti e nel Nord Europa. Geniale. E con un taglio di costi immenso visto che le raffinerie si trovano “en ruote” per tutti i paesi consumatori. Senza il bisogno di risalire e ridiscendere lo stivale. Senza che un solo centesimo ricada sul territorio così duramente provato da questa scelta. Senza dover rispettare alcuna legge ambientale, visto che le leggi “se le fanno loro”. Ed aspetta che nel Mare del Nord si esaurisca il Petrolio, tra pochi anni.
Ecco perchè l'Italia si tiene ben stretta la Sicilia. Ecco perchè non potrebbe esistere Italia senza Sicilia: senza la voce “Prodotti Petroliferi” nelle esportazioni l'Italia sarebbe già fallita da un pezzo. E poi, per tornare al discorso di prima, non esisterebbe neanche più l'Inter... o addirittura la Sampdoria, cari tifosi siciliani.


Colonia estiva per i giocatori dell'Inter con famiglie al seguito


Ed ora che al petrolio si è aggiunto il gas? Lo zoccolo duro dell'occupazione italiana cercherà di schiacciarci ancora di più. E sembra ci stia riuscendo.



Prossima puntata: VII. La tassa del tubo ed i prigionieri di Guantanamo Bay
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lunedì, giugno 19, 2006

Artioli (Confindustria): "La Sicilia punto di snodo del Mediterraneo"

Massimo Artioli, vicepresidente di Confindustria con dellega per il mezzogiorno dice la sua sulla situazione infrastrutturale della Sicilia, e lancia due priorità: ammodernamento ferroviario,concentrato sopratutto sull'asse Pa-Ct-Me, e porti e collegamenti via mare. Artioli bacchetta inoltre Marchionne sulle sue richieste di soldi alla regione a causa della marginalità dell'isola. Artioli si chiede come si possa dire che la Sicilia sia marginale quando la fiat possiede stabilimenti in tutto il mondo e come si possa dire che la Sicilia sia marginale quando in realtà si trova al centro del Mediterraneo. A tal proposito dice chiaro che uno o più hub portuali in Sicilia non possono che diventare di riferimento per tutta l'area. Infine il ponte sullo stretto non è il punto principale della rete infrastrutturale siciliana ma solo una delle componenti.
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sabato, giugno 17, 2006

In catene a Potenza

Noi non possiamo sapere quanto fondate siano le accuse che il GIP Iannuzzi rivolge al discendente della "gloriosa" casa reale dei Savoia, ma non possiamo non cogliere l'ironia della sorte e le strane via per cui la storia si dipana.
La Basilicata: la terra che più di ogni altra ha combattuto l'invasione savoiarda, che più di ogni altra ha pagato con il sangue dei suoi figli la più grande sventura che si sia mai abbattuta sul sud della penisola, rivede gli artefici della miseria in cui tutti ci troviamo incatenati ai suoi piedi.
Vittorio Emanuele in catene ha varcato le soglie del capoluogo lucano, 135 anni dopo la sentenza di morte comminata a Carmine Crocco, eroe di quella resistenza soffocata nel sangue.
Una fine ingloriosa per la casa dei Savoia, accusata di sfruttamento della prostituzione. O forse la giusta fine? Non spetta a noi giudicare. Notiamo comunque come alte cariche dello stato abbiano preferito giudicare, moderni Soloni da quattro soldi.


"Chi ha visto o lupo e s'e miso paura
nun sape buono qual' è a verità
o vero lupo ca magna 'e creature
è o piemontese c'avimma caccià"

Da: Brigante se More, canto storico della resistenza lucana (ascoltalo dal sito di Eugenio Bennato)

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giovedì, giugno 15, 2006

Un attacco ben ordito contro la Nazione Siciliana

Prima l'opposizione dei partiti del centro-sinistra nazionali alla candidatura della Borsellino alla presidenza della regione, poi il sabotaggio della campagna elettorale e delle elezioni con la formazione di liste deboli e con l'esclusione di rappresentanti del 10% della popolazione italiana dal governo.
Il rifiuto di dicutere qualunque opera infrastrutturale per il sud, il blocco del ponte e forse di molte altre opere già finanziate.
Ora l'attacco allo stesso statuto con la minaccia dell'acconto sull'IRAP.
Tutto questo sa di attacco preordinato. Della volontà di punire chi, seppur timidamente sta tentando di alzare la testa.
Non dimentichiamoci la storia: nel 1816 i Borbone dissolvevano il regno di Sicilia. Da quell'anno in poi diverse rivolte si sono succedute in Sicilia, sino al 1861 quando i Siciliani decretarono la fine del Regno delle Due Sicilie non alzando neppure un dito a sua difesa, pur non essendo abbastanza forti da riprendersi il Regno.


Colori tornati di moda

Da allora istantaneamente il nemico cambiò e divennero i Savoia. Le rivolte ripresero, sino al 1946 quando la rivolta separatista praticamente disintegrò l'Italia che fu salvata dagli Stati Uniti. Dalla fine della guerra fredda lo scontro è ripreso.
Ora che gli Stati Uniti sono in declino lo scontro sembra farsi più serrato.


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mercoledì, giugno 14, 2006

V. L'alta velocità serve ad unirli, i Siciliani. Non a portarli via dalla Sicilia.

Parti precendenti:
I
II
III
IV

La rete ferroviaria in Sicilia sembra essere stata progettata da uno schizofrenico in un momento di crisi. Anche senza considerare l'arretratezza delle strutture, non si capisce perchè sia così nettamente suddivisa in due tronconi che si dipartono da Messina: uno si dirige verso Catania e serve tutta la costa ionica sino a Siracusa, l'altro verso Palermo a servire la fascia tirrenica, il trapanese, il nisseno, l'agrigentino.

La verità è che tale sistema ha assolto perfettamente il compito al quale era destinato sino a tempi recentissimi, e cioè la movimentazione di una delle più importanti merci di esportazione della Sicilia verso l'esterno: l'emigrante.
Il nostro sistema ferroviario è servito solo a quello, e mai a fare spostare i siciliani da un punto all'altro della Sicilia. Per quello ci siamo dovuti comprare le macchine di Agnelli. Ora, che ha esaurito il compito a cui era preposto, giace in abbandono, con gli investimenti centellinati, visto che oggigiorno i giovani laureati partono in aereo.

Ma il nostro cervello è ancora lì. A come facilitare l'attraversamento di quello stretto, anche se nessuno di noi vorrebbe mai farlo e mai averlo fatto per i motivi che costringono ogni hanno migliaia di giovani a partire. Quasi un istinto atavico, un riflesso condizionato che un altro paio di generazioni si porteranno dietro, una ferita profonda nella nostra società.

Un treno che non va verso nord


Oggi che il denaro viaggia in aereo (turisti e uomini d'affari) a che serve una linea ad alta velocità che impiega dieci volte più tempo a portarti a Milano, per non parlare di Parigi, Francoforte, Mosca, Dubai, le vere destinazioni dei viaggi d'affari di domani? A che serve quando basta fare due calcoli per vedere che le merci è più economico mandarle via mare a Dubai, Marsiglia, Genova, Trieste?

L'alta velocità in Sicilia ha un altro obbiettivo, molto più importante: quello di unire i Siciliani. Quello di unire tra loro in modo rapido ed ultraveloce gli interporti di Termini Imerese / Palermo e Catania ai cantieri di Messina, all'aeroporto di Birgi ed ai porti di Marsala, Mazzara, Trapani, alle zone di produzione agricola. Di unire le più importanti università e di integrarle. Di permettere a tutti di raggiungere velocemente un aeroporto senza bisogno di intraprendere un costoso e pericoloso viaggio in macchina (si è mai pensato a quanto pesa sul bilancio della sanità un così spropositato uso dei mezzi di trasporto privato?).

Ed i treni sui traghetti? C'è anche il modo per soddisfare quegli atavici riflessi condizionati di cui dicevamo prima: basterebbe un terminal con navi (moderne) veloci. Lo stretto si attraverserebbe in una decina di minuti, con mezzi prodotti a Messina. Sicuramente meno che il tempo che ci vorrebbe per il treno a salire le chilometriche rampe del ponte, o di quello che in macchina bisognerebbe attendere in fila per pagare il pedaggio.
Sicuramente risparmiando anche un bel po' di benzina.

Prossima puntata: VII. Petrolio e pallone: qual'è la principale squadra di calcio siciliana?


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martedì, giugno 13, 2006

IV Fontanarossa e l'aeroporto dei balocchi.

Parti precendenti:
I
II
III


Abbiamo già parlato di Dubai, di Singapore e dei loro porti: in realtà, fermo restando la mancanza di ponti, la loro fortuna è dovuta ad una struttura ben più complessa del porto. Cioè alla sua convivenza con due degli aeroporti più importanti nel mondo. Dubai e Singapore sono Interporti, parola che qui in Italia usiamo per indicare quelle che attualmente sembrerebbero più delle fermate di tram in confronto alle strutture delle due città stato: Genova, Livorno.
il vero balzo in avanti, il passare dalla provincia alla ribalta globale è data dall'accoppiamento di un porto ad un hub aereo internazionale. E noi tutto questo lo avremmo già, anzi ne avremmo due: uno a Catania ed uno a Termini Imerese-Palermo.
Ma stiamo lottando per loro? Per rendere l'aeroporto di Fontanarossa un vero hub?
Ed ora cosa ti va a pensare la piccola mente malata dei nostri politici, che non riesce ad andare oltre l'impresa di costruzioni? Per fare un hub bisogna scegliere un'altra località, vicino ed Enna, che Fontanarossa non va bene. E perchè Fontanarossa non va bene? Udite udite: perchè li vicino passa l'asse attrezzato e poco più in là la tangenziale. A Malpensa ed a Fiumicino possono dormire sonni tranquilli. Certo, è più logico spostare un intero aeroporto piuttosto che creare dei sottopassaggi lungo le arterie di comunicazione stradale (come hanno fatto in decine di altri aeroporti).



Fontanarossa, Librino e l'Asse Attrezzato nel 2020? No, Los Angeles già da diversi decenni.

E poi così prendiamo diversi piccioni con una fava: distruggiamo completamente la piana e la sua agricoltura, allontaniamo l'aeroporto dal porto in modo da far aumentare tempi e costi di movimentazione, ci allontaniamo dalla città, così da non avere le strutture turistiche ad un paio di fermate di metropolitana.
Poche città al mondo hanno una posizione più fortunata di Catania: oltre alla sua posizione in seno al Mediterraneo, troviamo porto, aeroporto, ferrovia, vie di comunicazione principali, area industriale, area turistica (playa) tutte nel giro di poche centinaia di metri. Ed andiamo a piazzare l'aeroporto a Gerbini o addirittura ad Enna.
Anche in questo caso la Sicilia diventerebbe l'hub aereo per eccellenza. Non c'è un interporto-hub nel Mediterraneo, perchè se ci fosse dovrebbe necessariamente sorgere in Sicilia. Altrimenti non sarebbe un hub. Altro che Fiumicino o Malpensa.
Ovviamente ci sono anche i “contro”, che poi sarebbero solo la cenere vulcanica, che la nebbia alla Piana c'è anche a Gerbini.
A tal proposito dovrebbe farsi una piccola verifica di quanti giorni l'aeroporto di Fontanarossa è stato chiuso per cenere vulcanica negli ultimi 10 anni per vedere se ciò è realmente significativo. E poi: siamo sicuri che questa cenere vulcanica sia un problema? Sono stati fatti degli studi? Ed ancora: lo spazio in Sicilia per avere una pista alternativa dalle dimensioni giuste c'è. A Trapani. basta ristrutturare anche l'aeroporto di Birgi.
E poi? Da Birgi a Catania? Come ci andiamo? In treno? Ci vorrebbero 2 giorni!

Prossima puntata: L'alta velocità serve ad unirli, i Siciliani. Non a portarli via dalla Sicilia.


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lunedì, giugno 12, 2006

Il ponte di distruzione di massa (III Parte)

Le opere più fallimentari mai progettate, per giunta a favore dei mezzi di trasporto più antieconomici che esistano (cioè quelli via terra) sono i ponti.
Ed ancora: mentre l'umanità ha faticato immensamente per tagliare in due le Americhe, per separare l'Asia dall'Africa, noi decidiamo di unire Sicilia e Calabria?
Abbiamo unito l'Europa all'Asia ad Istambul: le merci continuano a passare sotto quel ponte indisturbate. Niente attraversa quel ponte. Abbiamo unito l'Inghilterra al continente con un tunnel: ma le merci continuano a passarci di sopra.
Quali merci dovrebbero transitarci sopra? Le merci arriveranno a noi via mare e se ne andranno via mare. Le persone che viaggiano per affari effettivamente potranno scegliere tra un'oretta di volo per Milano e 12 – 15 ore di alta velocità (e se devi andare a Francoforte?). Cosa sceglieranno mai? Poi i turisti: a parte il costo dei biglietti d'aereo al giorno d'oggi... Ma una regione che ha da offrire la Villa del Casale, I templi di Agrigento o l'Etna (tanto per citare a caso) potrà mai scoraggiare qualcuno per la mancanza di un ponte? O incoraggiarlo per venire a vedere una tale opera faraonica?. Ma siamo seri.
Infine, l'ultimo bastione di carta velina dei pro-ponte: il trasporto della nostra produzione agricola. Che poi qui si parla solo dei prodotti delle serre del ragusano e di qualche arancia, che tutto il resto (olio, vino, frumento, formaggi etc) non ha di questi problemi. Anche qui ci si nasconde dietro un ago. I migliori mercati di oggi sono nella penisola arabica, in Russia, nell'est asiatico (Giappone, Cina), negli Stati Uniti. Con buona pace del ponte. Gli europei preferiscono la cacca proveniente dalla Spagna o dal Marocco. I Padani tra qualche anno saranno più straccioni di noi.
Una cosa va detta però: nella situazione politica italiana attuale dire semplicemente “no” al ponte sarebbe un suicidio economico. Bisogna agitare l'arma populista del ricatto con i mentecatti di Roma. Basta che il ponte rimanga quello: un arma da minacciare e da non usare mai, come una bomba atomica. Un pegno da scambiare con qualcosa di più solido: un porto ed un aeroporto. Un aeroporto vero però!
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sabato, giugno 10, 2006

II parte: L'isola senza porti


La rotta commerciale est-ovest passa da casa nostra. E lungo le rotte commerciali, lungo le moderne vie della seta, devono sorgere delle statio, delle fermate nei punti strategici, degli snodi, o per usare un termine moderno degli hub.
Ora, guardando una mappa del globo eurocentrica non possiamo non notare che il fulcro di tutte le rotte est – ovest o nord – sud è costituito proprio dal mediterraneo, ed il fulcro del Mediterraneo, il punto di snodo cruciale, l'hub per eccellenza è la Sicilia.
I porti, siamo un isola senza porti. Non ci hanno permesso di costruirli, non lo abbiamo chiesto, non lo abbiamo preteso, non abbiamo combattuto per i porti. E non lo stiamo facendo nemmeno ora. Ogni isola vive grazie al suo porto, anzi diventa ricca grazie al suo porto. Non noi.
Quanto tempo risparmierebbero le grosse navi container se nell'andare da oriente ad occidente non dovessero risalire tutto il Mediterraneo per scaricare o caricare prima di riprendere la via della Colonne d'Ercole? Il tempo risparmiato si misurerebbe in giorni. Un flusso incalcolabile di ricchezza. Per noi e per chiunque si servisse del porto.

Vediamo un po' di numeri. Oggi il porto itlaiano che movimenta il maggior numero di container è Gioia Tauro (3.160.981 Teu) circa il doppio rispetto al secondo (Genova). E questo malgrado il maggior costo del trasporto ferroviario rispetto a quello marittimo, che sembrerebbe dover favorire proprio Genova, e la mancanza a Gioia Tauro dell'alta velocità, cosa che non ha praticamente influenza alcuna.
Il motivo è proprio il tempo di navigazione: dalla Cina ad Amburgo ci sono 21,4 giorni di navigazione, che diventano 16,3 per Gioia Tauro, uno in meno circa di Genova, senza contare il ritorno.
Questi numeri indicano chiaramente che la funzione che le grosse compagnie di navigazione cercano è quella di hub mediterraneo da dove i container possano essere smistati per gli altri porti e per i mercati interni.
Dell'alta velocità non vi è così tanta richiesta.
E mentre nel mondo le uniche opere che non sono mai entrate in crisi sono i canali artificiali, da noi tutto quello che si riesce a pensare è un ponte. Le opere più fallimentari mai progettate, per giunta a favore dei mezzi di trasporto più antieconomici che esistano (cioè quelli via terra) sono i ponti.









Una povera isola senza ponti ma con un porto: Singapore




E mentre nel mondo le uniche opere che non sono mai entrate in crisi sono i canali di navigazione artificiali, da noi tutto quello che si riesce a pensare è un ponte.

Ma quali ponti ha Dubai, isolata da un mare di deserto? Intanto ha uno dei porti più importanti al mondo. Ma quali ponti ha Singapore? Guardate il suo porto. Ed i suoi grattacieli.

Un'Immagine del piccolo porto di Dubai

Apriamo gli occhi. E smettiamola di guardare a nord. Non è da li che viene la ricchezza. Non più.


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venerdì, giugno 09, 2006

Un modello per lo sviluppo della Sicilia - I parte

L'estate scorsa, seduto sotto il pergolato di un Dammuso a Pantelleria, osservavo il canale di Sicilia ed il profilo della costa africana appena accennato dal rosso del tramonto. I miei pensieri venivano a tratti interrotti da dei lontani passaggi lineari che mi attiravano verso il filo di un discorso ben diverso dai dolci pensieri di quei giorni di vacanza.
Ognuno di quei passaggi, ognuna di quelle navi mi portava ad interrogarmi sul loro percorso fino a quando, messa da parte la (scarsa) licenza poetica, mi sono reso conto che quel loro percorso era sempre lo stesso: provenivano tutte da est (cioè il canale di Suez o lo stretto dei Dardanelli) e si dirigevano ad ovest (cioè l'Atlantico o il nord del Mediterraneo). Gli stessi percorsi di duemila anni fa, gli stessi percorsi che hanno portato alla Sicilia la ricchezza, materiale e di civiltà, di cui ha sempre goduto nei millenni: niente è cambiato intorno a noi, niente si è spostato. E' la Sicilia, siamo noi che ci siamo ritirati.
Allora mi sono reso conto che oggi la vera ricchezza della Sicilia non è quel sole o quelle uve zibbibbo che si stendevano intorno a me, ma semplicemente la stessa che ci ha arricchito in tutti i secoli passati: la sua posizione.
Semplicementi sono cambiati i tempi, le tecnologie, le energie e noi non ci siamo adattati, non siamo stati al passo coi tempi... o più semplicemente abbiamo abdicato ad altri il controllo della più importante delle nostre risorse naturali.
Basterebbe intercettare appena quel flusso di container a senso unico per riappropriarci della ricchezza che ci siamo fatti soffiare oper non aver più avuto il coraggio di prenderci le nostre responsabilità.
Bisogna allora partire da questa semplice considerazione per proporre e diffondere un concetto di ri-sviluppo della nostra isola relaistico e duraturo.
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