Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

martedì, marzo 30, 2010

Gli spiritosi della Repubblica delle banane

Il governo siciliano presieduto da Raffaele Lombardo negli ultimi mesi non può certo essere accusato di immobilismo. Nel giro di poche sedute i temi dei rifiuti, del piano case, della sanità sono stati affrontati con una decisione (ed un decisionismo) raramente visto sin dai tempi della nascita dello Statuto Autonomistico.

I risultati potrebbero essere epocali e non solo per la Sicilia. Se gli stessi provvedimenti fossero stati presi a Milano o a Parigi ne sarebbero venuti fuori titoloni per mesi. Ma nessuno a nord ha interesse a svelare la propria impotenza politica.

E neanche a sud nessuno ha interesse a farlo: i mezzi d'informazione preferiscono sbattere in prima pagina una qualche insignificante scossa di terremoto o l'ultimo morboso delitto prodotto dal degrado sociale in cui versano le nostre comunità piuttosto che un minimo entusiasmo per le cose che in fondo si muovono.

Siamo lontani dal poter cantare vittoria, sia chiaro. Ma certe “svolte” vanno sottolineate.

Il nuovo piano rifiuti è una vera è propria rivoluzione contro la rapina, il genocidio e la colonizzazione. Chi aveva redatto il vecchio piano dovrebbe essere accusato di crimini contro l'umanità insieme alle aziende che credevano di poter profittare da esso. Il nuovo cancella tutto e sposta l'attenzione sulla raccolta differenziata e sul riciclo.

Il piano case, anche se tenta di salvaguardare un genere di impresa che dovrebbe invece essere boicottato il più possibile, quello delle costruzioni che andrebbero al più abbattute per lasciare il posto ai pomodori, presenta una particolarità che lo mette all'avanguardia e cancella 20 anni di follie legislative italiane: la possibilità di ampliamenti dei corpi abitativi non è stata estesa alle costruzioni abusive, malgrado siano state già sanate. Un seme che se curato a dovere darà presto come frutto la totale svalutazione delle case in questione, case che nessuno vorrà più acquistare sapendo che non avranno gli stessi “diritti” di quelle tirate su legalmente.

Per quanto riguarda la sanità, qualunque provvedimento sarebbe insufficiente a raddrizzare un settore in mano alle multinazionali del farmaco che andrebbe riscritto da zero. Ma avere avuto la forza di serrare qualche fila potrebbe per lo meno regalarci una speranza.

A questi vanno aggiunti altri due eventi che si potrebbe definire epocali.

Il primo è la definitiva approvazione del PEARS, il Piano Energetico ed Ambientale della Regione Siciliana, dopo il via libera del CGA. Il testo non è del tutto soddisfacente a causa di certe ambiguità che dovranno poi essere risolte in sede legislativa, ma anche qui una pietra miliare è stata posata assecondando l'inevitabile declino del petrolio e puntando ad una certa autosufficienza senza però cedere alle fandonie catastrofiste dei fanta-ambientalisti globali.

Il secondo è l'eclatante iniziativa di approvazione di legge popolare di rescissione delle leggi sulla privatizzazione dell'acqua: un altra prima assoluta in occidente che i nostri inutili giornalistucoli hanno pubblicizzato per poche ore ed a mala voglia sulle prime pagine delle testate online. Niente analisi critiche a supporto in questo caso. Ma non se la vantavano di essere tutti di sinistra? Poco credibile che si sia riusciti a portare a termine una tale iniziativa con la partecipazione di 135 consigli comunali senza avere un qualche benestare dall'alto.

Ripeto: dobbiamo ancora vedere come saranno poi applicate le leggi, se queste virate epocali non si disperderanno nei soliti mille rivoli delle burocrazia e del malaffare o se invece si tradurranno in benefici per tutti. Ma da ora in avanti di scuse ne avremo poche: le fondamenta sono state poste.

Certo, la Corte Costituzionale fa finta di non capire lo Statuto e ci nega il gettito fiscale proveniente dalla produzione di idrocarburi. Solo che questa notizia era attesa ed anzi gioca a nostro favore. Senza dare ascolto ai soliti piagnistei secondo i quali la Sicilia sarebbe sempre più schiava dei poteri del nord Italia (ne sono rimasti ancora, di poteri, al nord Italia?), il governo centrale al momento è tanto allo sbando che se si volesse salvare l'unità del paese l'applicazione dello Statuto sarebbe l'ultima possibilità rimasta, visto che toglierebbe terreno alle pulsioni separatiste più forti che non sono poi le pagliacciate leghiste, ma le istanze derivanti proprio dall'avanzata siciliana, come sottolineato correttamente da Napolitano (si veda il post “Fiato sospeso”).

Il punto è che la spaccatura italiana in due è stata già decisa in più ampi lidi e non c'è più niente da fare. Lombardo si è anche permesso di minacciare in modo ancora più esplicito:

Il presidente [Lombardo] si è rivolto “all’autorevolezza morale e istituzionale del nostro Presidente della Repubblica, affinché, nel suo ruolo di rappresentante e di garante dell’unità nazionale, possa richiamare tutti i soggetti investiti di responsabilità pubbliche a considerare con animo più equanime i problemi del nostro Mezzogiorno ed in particolare della Sicilia, affinché si eviti il rischio, che vedo grandissimo, della disgregazione del Paese e di una conflittualità sociale ingovernabile ("La corte costituzionale nega imposte alla Sicilia", Raffaele Lombardo Blog 27 marzo 2010)

Il provvedimento della Corte Costituzionale va a favore del Nord Italia, mentre la conflittualità adombrata da Lombardo è di matrice siciliana e meridionale. Sarà la scusa per la rottura.

E per quanto riguarda le nuove accuse di mafia rivolte allo stesso Lombardo, diramate durante lo svolgersi delle elezioni in alcune aree chiave del sud del paese si commentano da sole.

Lo stesso procuratore D'Agata, presunto titolare della fantomatica inchiesta il cui nome è stato messo in piazza da Repubblica, si è lasciato andare a dichiarazioni preoccupate, capendo di essere stato messo in mezzo ad un meccanismo che potrebbe schiacciarlo al minimo movimento di ingranaggi:

La notizia non e' stata certo diffusa dall'Azione Cattolica, c'è chi ha interesse a creare uno stato di tensione sul mondo politico, vera o falsa che sia la notizia...” ("Lombardo indagato, il procuratore di Catania: "Dietro la diffusione della notizia c'è una matrice politica", SiciliaInformazioni.com 29 marzo 2010)

Quel fesso di Bolzoni, sempre dalle pagine di Repubblica, si crede spiritoso nel dare del “califfo” al Presidente Lombardo: Un "califfo" nella palude siciliana. Anche il neo-boss Liga bussò da lui (Repubblica.it 29 marzo 2010)

Motivo delle accuse:oltre agli altri eventi “epocali” elencati sopra, il tentativo da parte dell'indagato di conquistare il Sud Italia, che quei “poteri” del nord oramai allo sbando vorrebbero tenersi stretto il più a lungo possibile.

Una specie di colpo di stato dei poveracci. Poveracci di spirito, si intende.

[Continua a leggere...]

giovedì, marzo 25, 2010

Diavolo di un Moratti

Sui giornali di tanto in tanto spuntano delle strane notizie di cui spesso non si capisce la logica.

Prendiamo questa ad esempio: «Il ristorante è pieno». E Abramovich resta fuori un’altra volta (Corriere.it 9 agosto 2009), con la proprietaria del locale di Panarea che ci tiene a precisare di aver rifiutato volutamente la prenotazione del magnate russo:

«Oddio — tiene a precisa­re la signora Mascolo, questa volta con un sorriso aperto — io di amici ne ho tanti. Se, per esempio, avessero telefo­nato Carlo Rossella o Diego Della Valle in qualche modo una soluzione l’avrei trovata, perché loro sono amici miei. Ma il signor Abramovich non lo conosco e i soldi non fan­no certo un’amicizia»

Oppure quest'altra:

Villa Certosa piace all’emiro. Sì all’offerta da 450 milioni (...) non abbastanza da far de­sistere la famiglia Al Nayhan, che re­gna su Abu Dhabi, Emirati Arabi Uni­ti. (Corriere.it, 18 novembre 2009)

Questa volta la stranezza risiede nel fatto che la cosa è sbucata il giorno dopo che la stessa famiglia aveva acquistato un albergo nel catanese:

La Item, società catanese di investimento e sviluppo a capitale privato di Abu dhabi, ha annunciato oggi di aver concluso l'acquisizione dallo stato italiano del complesso turistico alberghiero La Perla Ionica ad Acireale. (LaSiciliaWeb.it, 17 novembre 2009)

Ma anche questa più recente è altrettanto strana:

La stampa britannica si schiera dalla parte del ct italiano, che ha tolto i gradi di capitano alla stella del Chelsea per la scappatella con la fidanzata di un compagno di squadra. (Repubblica, 6 febbraio 2010)

Che logica ha questo provvedimento visto che secondo i giornali inglesi quella era una ex?

Per cominciare a dare un senso a queste agenzie che senso non hanno, cominciamo con il rileggere attentamente una delle frasi riportate dall'articolo di Repubblica a riguardo del giocatore del Chelsea:

Sono stati due italiani a prendere la decisione di togliere la fascia a Terry, il suo allenatore Capello e il vice Franco Baldini, dopo essersi consultati con altri due italiani, Ancelotti, allenatore di Terry al Chelsea, e Mancini, allenatore del Manchester City in cui gioca Wayne Bridge, il giocatore "tradito" dalla fidanzata [Repubblica per vendere la storia ai gonzi italioti si “scorda” di aggiungere ex, ndr]

Gli allenatori delle due squadre inglesi provengono da scuderie nemiche: Mancini da quella dell'Inter e Ancelotti da quella del Milan. Possiamo ora cominciare a stringere il cerchio sulle strane notizie di cui sopra notando anche che Mancini allena oggi il Manchester City, di proprietà dello Sceicco di Abu Dhabi, e che invece Ancelotti allena il Chealsea, di proprietà di Abramovich, il magnate russo benvoluto sia da Putin che dai liberali inglesi.

I movimenti di giocatori ed allenatori sono sempre determinati dai buoni rapporti tra le dirigenze. Il confronto tra Milan ed Inter (Berlusconi e Moratti) presenta dunque una interessante propaggine britannica.

Quello di Ancelotti non è stato il primo passaggio di alto profilo tra le due squadre: qualche anno fa la stessa strada fu intrapresa da Schevchenko, il fortissimo attaccante ucraino. Era quello un cadeaux di Berlusconi per l'amico che aveva fatto da tramite con l'allora presidente russo? Chissà che non sia questo “tramite” il vero motivo dietro l'incidente di Pantelleria...

I rapporti tra Abramovich ed Arcore fanno triangolo anche molto più a sud, nell'emirato di Dubai. La Emirates, la lussuosa compagnia aerea che fa da prestigioso biglietto da visita nel mondo per le speculazioni arabe, fu per un certo periodo il principale sponsor del Chelsea. Ed è a Dubai che abbiamo visto andare più volte in vacanza i diavoli rossoneri.

Poco più in là hanno invece fatto capolino lo scorso natale i nerazzurri, che si sono allenati ad Abu Dhabi.

Quel confronto tutto milanese di cui parlavamo sopra presenta allora anche un'altra propaggine: quella arabo-petrolifera.

Lo scorso novembre entrano poi in scena i siciliani, che riescono a ribaltare una stagione iniziata in maniera disastrosa grazie all'alleanza politico-sportiva con Moratti i cui cocenti riflessi ben si sposano con l'opprimente calore del deserto (si veda il post “Panchine scottanti”).

Ecco allora che il principale quotidiano di lingua inglese di Abu Dhabi (The National) dedica importanti articoli pubblicitari al calcio isolano. Da “Un vento di cambiamento da sud per Lippi” (1 marzo, tradotto da Il Consiglio) che mette in qualche modo in risalto i tratti razzisti dei rapporti tra il nord ed il sud della penisola (“Le serenate standard in tribuna per ogni visitatore da qualsiasi luogo al di sotto di Roma sono costellate di termini beffardi come “contrabbandieri”, “zingari” o “terroni”, un generalizzato insulto per la gente del sud.”) a quello strettamente dedicato al Palermo quarto in classifica dell'8 marzo (“Palermo move back to fouth”).

Per rispetto dell'amico milanese, il giornale ha poi censurato il 3-1 del Catania sull'Inter, risultato che lo sceicco ha notato tanto bene da prenotare per la prossima stagione le prestazioni dell'autore dell'ultimo goal, Jorge Martinez:

“L'agente del giocatore uruguaiano, Daniel Delgato, è tornato a parlare del futuro del suo assistito (...) «Ci sono diverse squadre italiane che hanno mostrato interesse per Jorge ma le trattative non sono ancora entrare nel vivo e l'unica squadra con cui continuiamo a conversare è il Manchester City»” (ItaSportPress.it, 24 marzo 2010).

Tornando ai fatti del campionato inglese, la perdita da parte del giocatore del Chelsea della fascia di capitano nella nazionale inglese in vista del prossimo mondiale, segna un punto importante a favore dell'asse Moratti-Abu Dhabi nei confronti di quello Berlusconi-Dubai che si aggiunge al nuovo riposizionamento delle squadre siciliane.

In questo modo si sono spiegate due delle strane agenzie riportate in alto. Rimane l'ultima: quella dell'acquisto da parte dello sceicco di Abu Dhabi della villa in Sardegna del Presidente del Consiglio.

I legami tra Dubai ed Arcore si sono sicuramente stretti ancora di più ora che la Emirates è diventata il principale sponsor del Milan. Certo dopo il crollo finanziario Dubai non è più quella di prima: a salvarla dal collasso è dovuto intervenire proprio lo sceicco di Abu Dhabi (si veda il post “L'età dell'oro”), che in cambio, insieme alla dedica del grattacielo più alto del mondo, deve pur aver chiesto qualcosa. Quel qualcosa è contenuto in queste poche righe (“Emirates and Etihad strike deal on Kangaroo Route”, The National 11 febbraio 2010):

Ad Emirates Airline ed Etihad Airways sono stati assegnati più voli per l'Australia, incrementando i loro interessi nelle lucrative “rotte del canguro” che connettono la nazione con il Regno Unito.

I rappresentanti dell'autorità per l'aviazione civile degli Emirati Arabi (GCAA) hanno confermato che 14 voli settimanali aggiuntivi sono stati assegnati ai due vettori a lungo raggio che li divideranno equamente a partire dal marzo del prossimo anno.


La gigantesca Emirates, una delle principali compagnie aeree del mondo è stata costretta a cedere metà delle nuove rotte alla relativamente minore Etihad, compagnia aerea di Abu Dhabi. In altre parole, a controllare realmente la Emirates è ora lo sceicco di Abu Dhabi che con quella sponsorizzazione è come se si fosse comprato la villa al mare di Berlusconi, E se uniamo tutti i puntini, scopriremo che a controllare il Milan è ora Moratti.

Vediamo se i bookmakers inglesi, tanto ligi verso la legalità delle scommesse (vedi il caso di Chievo-Catania), sospenderanno le puntate sulla vittoria finale del campionato Italiano.

[Continua a leggere...]

giovedì, marzo 18, 2010

A secco

Il recente salone dell'automobile di Ginevra ha squarciato il velo sul futuro elettrico dell'automobile: le principali aziende mondiali sono tutte in procinto di iniziare a produrre in serie i loro silenziosi modelli a batteria.

La Sicilia, per una volta, si trova in prima linea sul fronte di questa epocale svolta tecnologica: almeno due imprese hanno già prodotto veicoli elettrici (la Effedì Automotive di Carini è stata capace di esportare il mezzo in Italia ed in Europa), mentre è proprio lungo questo futuristico sentiero che si traccia uno dei possibili sviluppi della vicenda di Termini Imerese tramite il fondo CAPE, guidato dall'imprenditore siciliano Simone Cimino e partecipato dalla regione al 49%, che insieme all'indiana Reva spera di portare la produzione di massa di mezzi ecologici in Sicilia.

Riscaldamento globale o no, il percorso apparentemente tracciato a Ginevra dalle multinazionali dell'auto è nella realtà un percorso obbligato dovuto all'avvicinarsi di un evento ineluttabile: la fine del petrolio a basso costo.
Come enfatizzato dagli scienziati russi (e non solo) più e più volte negli ultimi anni, “l'età del 'petrolio facile' è finita ed i produttori dovrebbero essere pronti per una nuova era di esplorazione ad alta tecnologia” (“Crude search pushes new scientific frontiers”, RussiaToday, 9 marzo 2010).

Alta tecnologia che, nel caso del mondo petrolifero, vuol dire alti costi estrattivi (e politici) che si traducono in altissimi costi alla pompa di benzina.

Attenzione che qui non si sta alludendo al famoso “picco” della produzione petrolifera dovuto alla mancanza della materia prima, ma ad un picco conseguenza di quel costo estrattivo e politico che gioco forza limiterà l'utilizzo del greggio nella vita di tutti i giorni, indipendentemente dalla quantità totale di risorse ancora presenti nel sottosuolo.

Quando parliamo di petrolio facile o a basso costo, ci riferiamo prevalentemente alla penisola arabica ed ai giacimenti di una nazione ben precisa: l'Arabia Saudita.

In corrispondenza dei giganteschi campi petroliferi disseminati lungo la costa del golfo persico basta scavare un buco di poche centinaia di metri per produrre il cosiddetto oro nero. O forse dovremmo dire... “bastava”?

Nel 2005 negli Stati Uniti è uscito un libro a firma di Matthew E. Simmons, dirigente di una banca d'investimento di Houston, dal titolo “Twilight in the desert”, cioè “Penombra nel deserto”. In esso l'autore sostiene, dati scientifici alla mano, che questi giganteschi serbatoi di energia liquida siano in realtà prossimi all'esaurimento e che malgrado gli enormi sforzi che la Saudi Aramco (l'azienda di stato saudita) ha profuso nella ricerca, dei rimpiazzi non siano ancora stati individuati. La riserve dichiarate dalla Saudi Aramco sarebbero state gonfiate per motivi politici ed economici: se l'azienda dovesse dichiarare quella che secondo Simmons è la vera verità, non solo il regno saudita collasserebbe, ma l'intero sistema economico mondiale finirebbe nel panico.

Il 9 gennaio 2004 la Shell ha ammesso tramite l'AD, Sir Steven Watts, di aver gonfiato le sue riserve di circa il 20%. Stiamo parlando di circa 4 miliardi di barili. Se lo ha fatto la Shell, che essendo una azienda quotata in borsa è sottoposta a determinati controlli, cosa dovrebbe trattenere i sauditi dal fare lo stesso visto l'immensa posta politica in palio?

Ora però le crepe di vedono: l'Arabia Saudita, che ha sempre sostenuto di poter raddoppiare la propria produzione in brevissimo tempo, si trova a dover fronteggiare nelle sue città pesanti black-out dovuti alla mancanza di energia elettrica (“Hurdles for Saudi power plans”, The National 4 marzo 2010). Il governo puntava sul gas per soddisfare l'aumento della domanda, ma le tanto decantate riserve potenziali di gas non si sono poi materializzate (“La Saudi Aramco sperava di trovare significative nuove riserve [di gas, ndr] nel Rub al Khali [il quarto vuoto, l'area più inaccessibile del deserto arabico, ndr] nel sud del paese, ma ha poco da mostrare per i suoi sforzi dopo quasi sei anni di perforazioni insieme ai partner stranieri”), tanto che secondo un rapporto dalla JP Morgan Chase, una banca d'investimento, “Con le incertezze sulla crescita del gas nei prossimi anni ed una politica di stato secondo la quale il settore petrolchimico ha priorità assoluta per le forniture di gas, almeno per i prossimi tre anni sembra che la generazione di energia nel regno richiederà un impiego di petrolio sempre maggiore

Ma se veramente le riserve petrolifere saudite sono “inesauribili”, perchè preoccuparsi tanto per la mancanza di gas? Il fatto è che “Bruciare petrolio per generare elettricità significa più inquinamento, richiede investimenti maggiori nella tecnologia degli impianti di produzione e riduce le esportazione del paese”, che è come dire che il petrolio bruciato in casa non può essere rimpiazzato con un incremento di produzione perchè manca la materia prima [*].

Le conclusioni di Simmons incombono lungo un orizzonte sempre più concreto e vicino.

Un altro eclatante avvenimento che ha stranamente schivato i riflettori che gli competevano, è stato la pesante discrepanza di due rapporti sul futuro del petrolio presentati un paio di settimane fa dall'OPEC e dall'agenzia internazionale per l'energia (IEA), ente che rappresenta gli interessi dei paesi importatori (“Experts argue the toss over the future of oil”, The National 14 marzo 2010)

Le stime relative alla domanda ed al prezzo del petrolio differiscono diametralmente e non nella solita direzione, quella cioè che vedrebbe i produttori prevedere bisogni sempre crescenti ed i consumatori bisogni sempre decrescenti. Oggi le stime vedono i consumatori richiedere molto più petrolio di quanto i produttori siano disposti ad offrirne, una differenza di circa il 10% che dovrebbe essere indicativa dei genere di prezzi a venire. Un altro elemento che insieme ai black-out sauditi rendono le precoci previsioni di Osama Bin Laden sempre più accurate.

Prezzi che renderanno il trasporto privato di massa assolutamente improponibile, allo stesso modo del trasporto aereo, per il quale l'uso di bio-carburanti alternativi non potrà mai sostituire l'impiego del petrolio a meno di non lasciar morire di fame una buona fetta della popolazione mondiale (si veda il post “Grano rosso sangue”).

Eliminato il petrolio, l'energia di cui il nostro insostenibile stile di vita abbisogna dovrà necessariamente prendere la forma di energia elettrica, una forma molto meno flessibile della benzina. Pensate a quello che succede oggi in tutto il mondo quando si rimane a corto di energia: basta recarsi da un distributore con una bottiglia di plastica. Ma quando rimarremo a corto di energia elettrica o di gas, come faremo?

Altri due importanti segnali spingono a guardare in questa direzione. Il primo è la decisione di quasi tutte le aziende occidentali di tagliare drasticamente il potenziale di raffinazione a disposizione.

Negli Stati Uniti la conferma di questa tendenza è arrivata pochi giorni fa ed anche in questo caso vengono prospettati rialzi nel costo dei carburanti:

Alcuni delle maggiore compagnie petrolifere della nazione stanno pensando di ridurre permanentemente la quantità di gasolio e diesel prodotto, una mossa che secondo gli analisti innescherà certamente prezzi più alti per gli automobilisti (...) Gli esperti nel campo dell'energia sostengono che i tagli nella raffinazione sono già iniziati e subiranno una accelerazione mentre le aziende lottano per i profitti” (“Oil companies look at permanent refinery cutbacks” Los Angeles Times 11 marzo 2010)

A livello locale notizie come queste sembrano legate esclusivamente all'ingordigia delle imprese, ma sappiamo benissimo che anche in Sicilia si prospetta un drastica diminuzione della capacità di raffinazione:

Ci sono reali probabilità di cambiamenti nell’assetto del settore della raffinazione nel nostro paese dal momento che “alcune raffinerie - commentano dell’Up - dovranno chiudere con conseguenze sul piano sociale per nulla tranquillizzanti”. Tra i siti segnalati come passibili di chiusura ci sono Livorno e Pantano in cerca di compratori; Falconara che ha 92 esuberi e Taranto e Gela che stanno subendo fermate provvisorie.” (“Petrolio, giù la produzione occorre la dismissione dei siti” Quotidiano di Sicilia 5 febbraio 2010)

Siamo in presenza di una tendenza globale: anche se in alcune aree del mondo (specialmente in Asia) il consumo di carburante liquido è destinato a salire, a livello globale assisteremo ad una contrazione. Facendo i conti è chiaro che saremo noi (insieme a tutto l'occidente) a vedere la più drastica riduzione nei consumi (fortunatamente).

Il secondo segnale viene dalle folli spese che la Cina ha destinato alla realizzazione di un sistema ferroviario ad alta velocità pan-asiatico progettato anche per la spedizione di merci che renderebbe l'aereo obsoleto [**]: una spesa immensa che il costo irrisorio del trasporto aereo oggi fa apparire folle, ma che inserita nel contesto delineato sopra appare come l'unica soluzione possibile.

Senza più la macchina per andare a fare la spesa e con i treni nelle condizioni che sappiamo, per i Siciliani rimasti a secco l'unica soluzione possibile sarà quella di tornare a fare quello che sappiamo fare meglio: zappare.

---------------------------------
[*] Da notare che le quote OPEC sono riferite ai barili posti sul mercato internazionale. Quelli consumati sul mercato interno per la produzione di energia elettrica tecnicamente non sono da considerarsi parte di quella quota e di per sé non limiterebbero le esportazioni.

[**] Si veda a questo proposito “Cina: Treno dell’Armonia, il soft power viaggia ad alta velocità”, Limes 12 marzo 2010

[Continua a leggere...]

lunedì, marzo 15, 2010

Boccone amaro

La vittoria del Catania contro l'arrogante corazzata interista di venerdì sera ha probabilmente suggerito a tanti, su è giù per lo stivale, un pensiero maligno: quello di piantare un bel calcio nel sedere al proprio superiore il lunedì mattina appena rientrati al lavoro.

Non per un socialisteggiante spirito di rivalsa, che l'animo dei catanesi di “socialista” non ha un bel niente, ma per puro sfregio. Perché tutta quella apparente voglia di ribellione degli abitanti della città etnea non è altro che questo: un istintivo e continuo tentare di sfregiare i potenti. Un “taglio” fine a se stesso.

Come quella irridente mini-parabola disegnata da Mascara dal dischetto.

Una rasoiata sul curatissimo viso di Massimo Moratti e su quello di tutti coloro che ogni volta che il minuscolo calatino segnava accantonavano le sue prodezze come frutto del caso con le solite insinuanti domandine sulla falsa riga del “Ma lo voleva fare?”

Chiedetevelo ora se “lo voleva fare”. Ora che il sangue sgorga copioso da quel taglio. Ora che in “Padania” i signorotti si combattono con i colpi più bassi e sono costretti a chiedere aiuto ai siciliani per “riaprire la partita”. E noi l'aiuto lo forniamo, non sia mai. Ma nel frattempo i vari Moratti, i vari Montezemolo, i vari Berlusconi devono ingoiare anche qualche sgradevole sorpresa.

Come il 3 a 1 del Massimino. Nemmeno il tempo di lasciarsi alle spalle il 2-0 di Miccoli e compagni a Torino. I giovanottoni nerazzurri si facevano scudo della protezione sportiva che il loro datore di lavoro aveva assicurato da qualche tempo al Catania ed al Palermo: “Non oseranno”, ridacchiavano sicuri. “Non oseranno”, dovevano ripetersi sicuri i giornalisti sportivi d'Italia. Anche quelli che tifano Roma o Milan o Juventus.

Non oseranno certo mancare ad una delle regole non scritte del mondo del calcio italiano, secondo la quale non ti devi mai scordare di portare rispetto alla tua buona stella, sia essa Juve, Milan o Inter. Ed il Catania non aveva mai mancato: tutti i punti o le qualificazioni in coppa Italia che aveva silenziosamente conquistato contro il Milan sino ad ora erano stati degli evidenti regali di Sua Maestà il pecoraio. Una sudditanza sportiva che faceva da codazzo a quella politica di Raffaele Lombardo.

Fine di Silvio, fine del protettorato politico di Arcore. La necessità di correre ai ripari ha portato il Catania alla corte del re della raffinazione (si veda il post “Panchine scottanti”). Un re che quella sera era un pochino meno sicuro dei fatti suoi rispetto ai giocatori ed ai giornalisti, anche se aveva evitato di far trapelare i suoi timori. Forse continuava a ripetersi un “Ma no, non oseranno” nel tentativo di auto-rassicurarsi

Lo aveva ripetuto tra sé e sé per tutto il primo tempo, mentre la squadra di Pulvirenti continuava a mangiarsi un goal dopo l'altro. Poi, una volta segnato quel golletto facile facile, si era finalmente rappacificato. Sino al fulmine a ciel sereno di Lopez, che improvvisamente gli ha fatto capire tutto.

L'Inter non è stata solo sconfitta. E' stata umiliata, stracciata in una partita trasmessa in mondovisione una sera in cui vi era poco altro da vedere in TV nel resto d'Europa. Ed il Catania ha osato perché sapeva di poterselo permettere. Sapeva che anche Moratti stava ottenendo qualcosa da quell'accordo dal quale non può tirarsi indietro.

Moratti sta ottenendo l'appoggio di Lombardo nella sua lotta per la conquista del Nord Italia a spese di Montezemolo, messo alla gogna nazionale sul caso di Termini Imerese. Un Montezemolo ascarizzato che, da buon piemontese, si è alleato allo straniero francese [*] per tentare di mettere le mani dove non riesce con le sue sole forze.

Moratti sta ottenendo l'appoggio di Lombardo nella sua lotta per la conquista del Nord Italia a spese di Berlusconi e dei suoi accoliti leghisti, dai quali proprio in questi giorni il Presidente della Regione Siciliana ha preso le definitive distanze (“Siamo al crepuscolo del berlusconismo”, Raffaele Lombardo Blog 15 marzo 2010).

Aprite le pagine di ogni giornale per vedere che cosa è successo in questo fine settimana: Lombardo e Miccichè hanno fatto pace, Casini ha ufficializzato la fine politica di Cuffaro (a chi si rivolgeranno ora i suoi parlamentari all'ARS?), un altro passo avanti è stato fatto verso la chiusura del capitolo mafia con l'arresto del fratello di Denaro. In questo fine settimana è praticamente nato il partito del Sud che, con l'appoggio del PD siciliano, condurrà l'Italia alla spaccatura.

Ed il Catania ha vinto 3 a 1 con l'Inter di un Moratti che sarà costretto ad inghiottire in silenzio senza neanche deglutire. Come hanno già da tempo imparato a fare i siciliani.

-----------------------------
[*] Luca Cordero di Montezemolo ha costituito quello che sarà il primo gruppo privato italiano ad operare nel campo dei trasporti ferroviari viaggiatori ("«Italo» alla sfida dei 300 all'ora", Corriere della Sera 12 marzo 2010), che però del tutto italiano non è visto che utilizzerà tecnologia fracnese. La NTV (questo il nome abbreviato dell'azienda) non farà altro che importare in Italia l'AGV francese, mettendolo su rotaia dopo averlo abbellito con dei sedili firmati da Giugiaro. Un po' come fanno le lussuose marche d'abbigliamento, che fatto tutto in Cina e poi attaccano l'ultimo bottone qui insieme all'etichetta “Made in Italy”.

[Continua a leggere...]

giovedì, marzo 11, 2010

La legge del 1971 è uguale per tutti

Sigonella sì, Sigonella no. Pochi giorni fa è spuntata la notizia secondo la quale 62 lavoratori siciliani stavano per essere licenziati dalla base americana situata nella Piana di Catania (“Licenziamenti nella base di Sigonella. L'assessore Capuana [a lato, ndr] scrive a La Russa.”, SiciliaInformazioni.com 4 marzo 2010)

La notizia di per sé diceva già tutto. Il numero non è tanto piccolo: ogni unità lavorativa locale, occupata per esempio nelle mense o in altre mansioni d'ufficio, fornisce supporto ad un certo numero di soldati USA. Anche solo ponendo il rapporto sulla scala di 1 a 10, avremmo una riduzione del personale di stanza in Sicilia di circa 600 unità.

Nulla di sorprendente, da tempo era stato segnalato come un accordo tra Russia e USA nel Mediterraneo avrebbe incluso anche la dismissione di Sigonella (si veda il post “Tutte le scarpe del presidente”). L'accordo è finalmente stato concluso (si veda il post “Il compromesso”), come segnalato dalle smancerie scambiate tra Lombardo e gli ambasciatori di Israele e Stati Uniti [*]. Sigonella dovrebbe quindi avere le ore contate.

Oggi arriva quella che crediamo essere la conferma di ciò attraverso una fonte che più autorevole non potrebbe essere su questo caso: il blog dello stesso Presidente Raffaele Lombardo che titola “La Regione vicina ai lavoratori di Sigonella”.

L'articolazione del post è difficile da fraintendere:

Questi lavoratori godono già di un diritto importante. Una legge nazionale del 1971, infatti, prevede che, in caso di dismissioni delle basi USA in Italia, i dipendenti sarebbero assunti nei ruoli dello Stato

Sigonella sì, ma vogliamo vederci atterrare aerei siciliani.

Acqua alta a Sigonella: gli americani ne approfittano per prendere il largo


--------------------------
[*] Corollario dell'accordo USA-URSS sembra essere la rinvigorita battaglia tra Miccichè e Lombardo (si veda il post “Il libro enigmistico”). Il primo sembra aver trovato nuovo supporto dai lealisti, che a questo punto non possono fare altro che buon viso al cattivo gioco di Gianfranco. Il secondo nel frattempo si era già preparato cominciando lo spostamento a sinistra.
[Continua a leggere...]

venerdì, marzo 05, 2010

Il libro enigmistico

A Miccichè lo stiamo tutti aspettando al passo. La sua bella mossa falsa prima o poi la deve fare.

Dove vuole arrivare in fondo lo sanno tutti: Gianfranco vuole prendersi il posto di Lombardo a Palazzo d'Orleans e da lì partire alla conquista del Sud. Il problema semmai è un altro: come ed insieme a chi (altri avrebbero scritto “per conto di chi”...) voglia mai fare tutto questo.

La sua battaglia la conduce con l'energia di un giovanotto. Attaccato dai giornali cosiddetti “di sinistra”, da Repubblica a l'Unità, per la prima volta lo abbiamo visto sbraitare in modo poco composto. E per la prima volta invece di rivelarci qualcosina, come fa di solito, ha semplicemente negato gli addebiti con toni accessi e coloriti: “Proprio ieri è stato consegnato all’ordine dei giornalisti una villa confiscata alla mafia, covo dell’ultimo periodo di latitanza di Totò Riina: non me ne vogliano i giornalisti seri e onesti, ma credo che sede più appropriata non potesse essere scelta”, ha urlato dal suo blog (“E' tutto falso”, 17 febbraio 2010). Riguardo ai giornalisti non ha certo tutti i torti.

Ma il punto rimane oscuro: qual'è il vero motivo dell'attacco? Che cosa non si vorrebbe che Miccichè faccia, così tanto da fargli meritare l'onore di una piccola gogna mediatica? Ora che Lombardo ha promesso di governare con il PD esplicitamente in giunta, vai a capire da che parte arriva l'attacco!

Perché se quando lo si guarda da lontano tutto sembra chiaro su Miccichè, avvicinandosi il quadro va fuori fuoco. Gianfranco è o no il figlio di Berlusconi? Si. Ma resta il fatto che la parabola discendente di Berlusconi, oggi a pochi centimetri dal tonfo finale, è iniziata quando a Palermo quoque lui decise di appoggiare Raffaele Lombardo in vista delle europee. Potremmo discuterne quanto volete, ma della verità su questo punto non si sarà mai sicuri: l'eutanasia politica era stata preventivamente autorizzata dal “padre” nel caso in cui avesse perso la facoltà di muoversi liberamente o no?

Misterioso è anche il suo coinvolgimento nell'affaire Banco di Sicilia, e più precisamente nei dettagli dello sbarco di Intesa in Sicilia (si veda il post “Intesa segreta”). Con la presenza del fratello Gaetano tra i vertici del gruppo bancario diventa arduo nascondere il lato politico dell'operazione. Ma quale è stata la funzione del Miccichè Gianfranco? Svendita finale del BdS e degli interessi dei Siciliani a favore di quelli familiari, o soccorso a Lombardo sul filo di lana?

Ancora più misteriosa è la recentissima uscita sul nucleare. Si può anche qui discettare sugli scricchiolii (sempre presenti) con Raffaele Lombardo. Ma l'ARS si è dichiarata contraria al nucleare a metà gennaio (si veda il post “C'est la vie”). Se si aspetta l'1 marzo per dire la propria, vuol dire che nel frattempo qualche dettaglio deve essere cambiato. Miccichè sta giocando in attacco o in difesa?



Il discorso sulla pericolosità dei nucleare è in fondo condivisibile. Facile che risulti statisticamente più rischioso guidare una macchina che vivere a pochi chilometri da una centrale. Ma anche quando si mettano da parte i pudori ambientali, qualcos'altro nel discorso non quadra: è veramente quella la strada da prendere se non vogliamo dipendere da Francia, Russia o Algeria? Dallo straniero insomma.

Una centrale nucleare non produce energia dal nulla: bisogna metterci dentro un carburante. Il carburante di queste centrali non si chiama petrolio, bensì uranio. E' vero che gli arabi non potranno ricattarci più. Ma le vicissitudini iraniane suggeriscono che i pezzi grossi del pianeta vorranno sempre ficcare il loro nasaccio nei nostri problemi energetici interni. Ed aprire una centrale nucleare è una buona scusa per lasciarglielo fare.

Anche il discorso uranio merita attenzione. Lo scorso 19 febbraio in Niger i militari hanno portato a termine un colpo di stato e deposto il presidente Mamadou Tandja. In casi come questi è sempre interessante sentire cosa ne pensano a Londra. L'Economist (25 febbraio 2010) titola “Sembra popolare, sino ad ora” e poi spudoratamente chiosa “La gente sembra apprezzare il colpo di stato”, tutto corredato da una simpatica fotografia dei dolci militari coperti da ombrelli multicolore. Sappiamo quindi che Londra e Washington appoggiano l'azione dei militari.

In Italia le agenzie ci tengono invece a diramare le opposte preoccupazioni francesi:

Le prime conferme sul fatto che si trattasse di un golpe (...) sono arrivate da un alto funzionario francese. Parigi ha immediatamente invitato i connazionali che vivono e lavorano nella città a non uscire di casa: solo a Niamey sono residenti circa 1.500 francesi e 500 cittadini Ue.

Oggi i colpi di stato non si fanno più per accaparrarsi i campi petroliferi ma le miniere di Uranio, ed il Niger è uno dei maggiori detentori mondiali di riserve di quel minerale (il nono, per l'esattezza): lo scorso 19 febbraio quelle riserve sono passate dalle mani francesi a quelle anglosassoni.

Il fisico nucleare svizzero Michael Dittmar ha recentemente dipinto un quadro a tinte fosche per il nucleare asserendo tra l'altro che “senza accesso ai depositi militari, i depositi civili d'uranio dell'occidente si esauriranno entro il 2013” (“The coming nuclear crisis”, MIT Technology Review 17 novembre 2009).

Avrà torto, avrà ragione, ma chissà a quanti sono rizzati i capelli quando, con la storia del riscaldamento globale che comincia a fare acqua da tutte le parti, Obama si è messo a fare il pacifista:

Il presidente Obama intende perseguire una strategia che prevede una «spettacolare» riduzione nel numero di ordigni nucleari dell'arsenale Usa. (...) Robert Gates (...) presenterà alcune delle opzioni disponibili come un più ampio sviluppo di armi non nucleari”. (“Nucleare, la mano di Obama: «Riduzione spettacolare dell'arsenale»”, Corriere.it 1 marzo 2010).

Dittmar voleva riferirsi al fatto che “oggi, il materiale precedentemente usato per le bombe proveniente dalla Russia costituisce il 45 per cento del carurante per i reattori nucleari americani” e che “il programma per lo smantellamento e la diluizione del nucleo atomico delle testate russe decommissionate scadrà nel 2013” (“Power for U.S. From Russia’s Old Nuclear Weapons”, The New York Times 9 novembre 2009)

Uranio in giro ce né molto poco, e difficilmente la Russia continuerà a regalare il suo a Washington. Con il rischio di finire stritolati tra questi ingranaggi, affidarsi al nucleare non sarebbe dunque così saggio se non ti trovi l'uranio in casa. Questa volta Miccichè potrebbe aver detto semplicemente una bestialità.

Ma ecco che sorge un altro mistero. Lo scorso ottobre è arrivato nelle librerie siciliane un libro scritto da Giuseppe Firrincieli dal titolo “Noi italiani e voi siciliani!”. La trama del racconto si sviluppa racchiusa tra le interessantissime pagine dedicate all'indipendentismo siciliano e con i protagonisti che disegnano le loro azioni tra le pieghe della cronaca italiana degli ultimi vent'anni.

Come nel caso del capitolo scomparso da un famoso e tragico libro di Pasolini, improvvisamente ritrovato in questi giorni da Marcello Dell'Utri, il realismo di questa trama è tale da costringere il lettore a chiedersi se dietro i nomi di comodo non siano celati dei personaggi in carne ed ossa. In effetti uno di questi caratteri è sicuramente reale: il finanziere siciliano Trig-ona è modellato sul bancarottiere di Patti Michele Sind-ona.

Usando la figura di quest'ultimo come chiave del rebus, si potrebbero ad esempio assegnare ad uno dei caratteri principali, l'uomo d'affari siciliano (che però ammette di non sentirsi siciliano) Ber-tani, le fattezze del più noto dei magnati italiani. E così via per il suo braccio destro (un avvocato che dopo aver studiato in Sicilia si trasferisce a Milano) e per il figliolo desideroso di fondare, con l'aiuto del padre, indovinate cosa: una specie di PDL-Sicilia.

Per chi non lo leggerà, rimarrà il solleticante mistero. Per chi ha intenzione di leggere il libro, non voglio rovinare la sorpresa. Ma è meglio avvertire subito che dopo la lettura il solletico invece di cessare potrebbe aumentare, reso ancora più fastidioso dal continuo apparire sui nostri giornali ad intervalli regolari della seguente notizia finora rimasta senza riscontro:

Il ministro alle attività produttive ha assicurato di avere in tasca un elenco “segreto” di 34 comuni pronti a ospitare le centrali tra cui uno in Sicilia (pare nel ragusano)

(“Ritorno al passato per le centrali nucleari” La Repubblica 25 febbraio 2009)


Giuseppe Firrincieli è su Facebook

[Continua a leggere...]

martedì, marzo 02, 2010

Il compromesso

La Sicilia è terra di equilibri. Non per vocazione culturale, ma per vocazione geografica: prospera tra le nazioni e soffoca tra le braccia degli imperi a causa della sua collocazione centro-mediterranea.

L'obiettivo politico dei siciliani è sempre stato quello di impedire le conquiste e le sopraffazioni. Non certo a causa di un qualche vago senso di giustizia. Semplicemente perchè il nostro popolo galleggia (letteralmente) sulle divisioni, sui confini. Sulle differenze culturali, politiche, economiche. E sul compromesso.

Un mondo di stati sovrani vuol dire una Sicilia forte. Un mondo di governi globali, unioni fraudolente (italiane o europee), imperi finanziari e missioni di “pace” non può che vedere una Sicilia in estinzione. Lo abbiamo visto con l'impero romano ieri, lo stiamo vedendo con l'impero anglosassone oggi..

In termini pratici, più sono le squadre in campo, più sono livellate le loro forze, più potere ha chi si trova al centro di quel terreno di scontro che è il Mare Mediterraneo. Non è casuale se all'opposto della decadenza vissuta nei periodi imperiali si possa collocare il periodo storico racchiuso tra esplosione islamica alla riconquista spagnola dell'Andalusia, periodo che avvolge il regno normanno di Sicilia, fiorito proprio nell'equilibrio di forze tra occidente cristiano ed oriente musulmano.

I cavalieri normanni in una prima fase hanno contribuito a bloccare l'espansionismo musulmano riconquistando la Sicilia. In un secondo tempo hanno poi impedito all'Europa cristiana di ricacciare indietro gli arabi rifiutandosi di partecipare alle crociate e precludendo a tratti la via marittima alle sante carovane che così erano spesso costrette a raggiungere la Palestina a piedi.

Il gioco è stato e sarà sempre lo stesso: troppo piccolo per cambiare le regole, il nostro minuscolo partito risulta negli equilibri decisivo nel decretare un temporaneo vincitore grazie al suo posizionamento strategico che ne moltiplica le forze.

Non possiamo permetterci nemici, ma solo potenziali alleati. Restando ferma la nostra identità, non possiamo permetterci il lusso di una guerra ideologica. E se vogliamo sopravvivere non possiamo neanche sceglierci gli amici: dobbiamo prendere quello che ci offre il mercato, con la giusta dose di cinismo.

Per gli estranei questa è una terra infida ed allo stesso tempo attraente per i suoi contrasti da quel cinismo derivanti, per i suoi sempre mutevoli confini, per le sue contaminazioni culturali dovute al continuo ruotare delle alleanze.

La vittoria della nostra terra consiste nel costringere gli altri al compromesso ed all'accettazione della nostra centralità mediterranea. Chi l'accetta è nostro alleato. Gli altri vanno combattuti ma non più di tanto: ogni volta che un duellante scompare, noi perdiamo qualcosa.

Esempio pratico di tutto questo è stata la recente visita a Palermo dell'ambasciatore di Israele in Italia, Gideon Meier, giunta al culmine di una serie di movimenti tesi a rilassare le relazioni tra USA e Sicilia dopo le tensioni derivate dal prolungato protettorato berlusconiano.

Il fulcro simbolico della visita può essere considerato l'invito da parte di Raffaele Lombardo ad alcune iniziative culturali:

Contiamo di coinvolgere il museo d’arte moderna di Tel Aviv nel progetto triennale Le città del Mediterraneo realizzato in collaborazione con la Regione Campania e presentato proprio ieri e di inserire questo sito nei venti musei di altrettante città del Mediterraneo che partecipano a questa iniziativa

La risposta dell'ambasciatore, dichiaratosi “molto contento di questo invito del presidente Lombardo, perché abbiamo parecchi temi sui quali poter lavorare insieme, anche in forza della lunga tradizione storica e culturale che accomuna i nostri popoli” è in fondo un implicito, seppur parziale, riconoscimento di quella centralità mediterranea (“Sicilia e Israele, a Palazzo d’Orleans incontro tra Lombardo e Gideon Meir”, Raffaele Lombardo Blog 23 febbraio 2010)

Senza contare il contro-invito rivolto da Meier a Lombardo relativo ad una visita in Israele: il Presidente siciliano non è stato invitato a cospargersi il capo di cenere di fronte al memoriale dell'olocausto, come conviene ai nemici sconfitti (si veda il post “Mi arrendo”), ma in occasione di un momento di celebrazione, particolare questo che prova come l'approccio non sia nato sotto gli auspici di Arcore.

L'incontro di Palermo viaggia su un binario parallelo a quello preso dai rapporti tra la Regione Siciliana e gli USA, un nuovo corso suggellato dall'accordo tra il “Ministero” dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana ed il Getty Museum di Malibù (si veda il post “La venere dei fannulloni”). Anche in questo caso i termini del confronto rendono implicito il riconoscimento del ruolo siciliano in seno al Mediterraneo, ruolo non più filtrato dalla cupola romana.

Questa nuova fase nel valzer delle alleanze geopolitiche va inserito nel più vasto contesto dei rapporti tra l'occidente e la Russia, rapporti che sembrano aver raggiunto un nuovo plateux con il sommesso abbandono da parte degli USA e della UE delle pretese imperiali nei paesi ex-sovietici. Chiaro esempio di ciò è stata la supina accettazione dei recenti risultati elettorali in Ucraina, dove l'elezione di Victor Yanukovich riporta le lancette indietro di qualche anno, a quando cioè la cosiddetta “rivoluzione arancione” spodestò lo stesso Yanukovich per installare un governo filo-occidentale. Persino l'Economist ha abbassato i suoi toni provocatori ed arroganti riconoscendo per una volta i fatti:

Victor Yanukovich è stato dichiarato il 25 febbraio il quarto presidente dell'Ucraina democraticamente eletto” (“Yanukovich's mixed blessing”, The Economist 27 febbraio 2010)

Si aggiunga a questo l'abbassamento di ali della Georgia, apprezzato così tanto da Mosca da convincere il Cremlino a riaprire i collegamenti via terra con Tblisi, ed il progressivo abbandono al proprio destino dei Kosovari, destinati a tornare presto all'ovile (Si veda il post "Giù la maschera").

Dall'altra parte rimane teso il rapporto con chi non vuole accettare una Sicilia libera nel nuovo ordine mondiale (leggi Francia, si vedano i post “C'est la vie” e “Intesa segreta”) o si deteriorano quelli con chi credeva, dopo averci aver aiutato, di poter fare di noi un sol boccone, come nel caso del signor Gheddafi [*], responsabile nei giorni scorsi di un gravissimo attacco contro la marineria siciliana (“I libici sparavano per ucciderci”, LaSiciliaWeb 1 marzo 2010).

Un sfuriata “compromettente”sulla quale costruire un nuovo accordo. Per il nostro bene.

Per la versione originale della foto a corredo, si veda il post "Il paramassone"

-----------------------------
[*] Per gli aiuti ricevuti da Tripoli, si veda il post “Il califfo nel pallone

[Continua a leggere...]