Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

lunedì, febbraio 28, 2011

Nel segno dell'Ariete

Tra gli immutabili muretti a secco delle campagne iblee qualcosa di nuovo comincia a farsi spazio: sono le insegne dei distributori di carburante della Lukoil, la società russa che ha acquisito già da qualche anno una quota del 49% della raffineria ISAB di Priolo dalla ERG e che più di recente (febbraio 2011) ha aggiunto una ulteriore quota dell'11% diventando il socio di maggioranza.

Ma se della penetrazione russa in Sicilia abbiamo già parlato ampiamente, il particolare interessante da analizzare oggi è derivato dal fatto che quelle insegne non sono sorte sul nulla, ma sono andate a sostituirne delle altre. Per la precisione quelle della Tamoil, compagnia di distribuzione libica in mano al Colonnello Gheddafi.

Il nostro negli ultimi decenni non ha solo venduto petrolio all'industria italiana. I legami economici italo-libici sono molto più stretti e passano, oltre che per i distributori della Tamoil, per le quote azionarie in FIAT e per quelle più recenti in Unicredit, la principale banca italiana (proprietaria, lo ricordiamo, del Banco di Sicilia) ed una delle maggiori d'Europa salvata un paio di anni fa dai petrodollari di Gheddafi. Si potrebbe arrivare a sostenere che la padania sia in fondo tenuta in piedi dal rapporto instaurato con la “quarta sponda” di coloniale memoria.

Dal canto suo, Gheddafi, non ha mai nascosto le sue enormi ambizioni Mediterranee che qualche tempo fa lo portarono a auto-proclamarsi futuro califfo di Sicilia (si veda il post “Il califfo nel pallone”). Gli stessi siciliani dal secondo dopoguerra in poi hanno visto nel colonnello un punto di riferimento in chiave anti-romana, come testimonia la vicenda umana dell'avvocato catanese Carmelo Papa, reduce indipendentista e braccio destro del regime libico in Italia.

Poi all'improvviso l'idillio sembrò provvidenzialmente interrompersi e nel 2010 l'assetto di Unicredit mutò in maniera inaspettata. La provvidenza ce la mettiamo oggi, perché quello che successe lo scorso settembre (2010) fu salutato da tutti noi quaggiù come un disastro: se da un lato Gheddafi continuava la sua scalata in Unicredit superando il 7% e diventando il maggiore azionista, dall'altro la stessa Unicredit decideva di staccare la spina al Banco di Sicilia e di portarne la direzione al nord (si veda il post “Intesa segreta”). Possibile che il paladino dei diritti degli oppressi ci stesse svendendo in questo modo?

In realtà la modifica nell'assetto del colosso finanziario liberò le bocche ai politici siciliani che cominciarono a parlare di vendita delle quote.

Ebbene, immaginate come ci sarebbe finita oggi se invece avessimo continuato a sostenere una banca destinata a crollare travolta dalla fine del suo maggiore azionista. Una banca che nel migliore dei casi passerà in mano ai potentati europei trasformando tutto il Nord Italia in quella colonia che noi siamo stati per 150 anni [*].

Guarda caso, le bocche si sono riaperte in questi giorni di furore libico con l'assessore all'economia, Gaetano Armao, che ha dichiarato che la rimanente partecipazione azionaria siciliana in Unicredit Spa (pari allo 0.5%) sarà venduta entro l'anno (notizia nascosta in fondo a “Regione, "cura dimagrante" per le società partecipate”, SiciliaInformazioni 25 febbraio 2011).

Messe insieme al passaggio dei distributori Tamoil alla Lukoil (e volendo anche a quelle di FIAT a Termini Imerese), le vicende di Unicredit assumono l'aspetto di un disimpegno del Raìs dalla Sicilia.

A questo punto credo sia il caso di richiamare alla mente un altro episodio avvenuto lo scorso settembre. Durante una battuta di pesca, un peschereccio di Mazara del Vallo, l'Ariete, fu preso di mira da una vedetta libica e mitragliato più volte. I dettagli che vennero fuori avevano dell'incredibile: insieme ai militari nordafricani erano presenti a bordo dei finanzieri italiani (“I libici mitragliano un peschereccio. Finanzieri italiani sulla nave di Tripoli”, Repubblica.it 13 settembre 2010).

Quest'altro evento insieme al suo collocamento temporale inducono un altro interrogativo riguardante la volontarietà o meno di quel disimpegno. Interrogativo intorno al quale ruota la inusitata veemenza con la quale Raffaele Lombardo, al contrario di Maroni, ha richiesto l'uso della forza contro il regime di Tripoli (si veda il post “Surriscaldamento globale”).

L'aggressività del Presidente Siciliano è forse acredine per il precedente abbandono di Gheddafi, oppure il Governo Siciliano da tempo tramava insieme agli anglosassoni contro Tripoli per colpire Roma, come suggerirebbero le mitragliate sparate nel Canale di Sicilia contro la motovedetta “Ariete”... e come suggerirebbe la recente alleanza politica con l'atlantico Gianfranco Fini?

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[*] Nel febbraio 2010 Repubblica titolava pomposamente “Profumo comincia da Trieste Alleanza a guida Unicredit per farne la porta d'Europa”: secondo il progetto dettagliato dal quotidiano la banca avrebbe guidato l'ingresso trionfale della padania nel secolo asiatico. Non oso pensare cosa ne sarà di questo bel progetto se Gheddafi dovesse cadere...

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sabato, febbraio 26, 2011

Surriscaldamento globale

Il Financial Times del 19 febbraio scorso pubblicava una vignetta (visibile in fondo a questo post) nella quale veniva raffigurato l'effetto domino dovuto alle ribellioni che si stanno propagando in alcuni paesi arabi. A sinistra una folla inferocita che brandisce cartelli con slogan in inglese precipita gli eventi facendo crollare le tessere di Tunisia ed Egitto. Dall'altra parte, all'estrema destra, troviamo la tessera italiana che cadendo schiaccia Berlusconi.

L'immagine presenta dei particolari interessanti. Innanzitutto non sono italiani quelli che protestano chiedendo a qualcuno di andare via subito (“Go now”), ma arabi, e lo si può vedere dalle facce, dal colore della pelle e sopratutto dalla donna velata di nero. La sequenza di eventi raffigurata suggerisce quindi che le proteste nel mondo musulmano finiranno per coinvolgere il primo ministro italiano.

In secondo luogo, non è solo Berlusconi destinato a rimanere schiacciato: lo stesso stato Italiano, rappresentato dall'ultima tessera a destra, sembra dover soccombere alla pari di quelli di Tunisia, Egitto e probabilmente Libia.

Infine, la cosa più stuzzicante è che la tessera che provoca il collasso dell'Italia è denominata “Libia”.

Alla voce “Freedom fries” la wikipedia da la seguente definizione:

Freedom fries è un eufemismo per French Fries [Patatine fritte in inglese, ndt] usato da alcuni negli Stati Uniti a causa dei sentimenti anti-francesi sviluppatisi durante la controversia sulla decisione americana di lanciare l'invasione irachena nel 2003. La Francia alle Nazioni Unite presentò una ferma opposizione all'invasione

In un mondo in cui le risorse scarseggiano in confronto al fabbisogno dei suoi abitanti, la violenza è destinata ad apparire come arma della disperazione. Una violenza che non riuscirà lo stesso ad evitare l'implosione del sistema stesso. Quel sistema esiste ed è chiamato occidente, e la risorsa vitale che oggi appare come scarseggiante è il petrolio (si veda il post “Tutti a piedi”).

Le crepe nel fronte occidentale dovute alla mancanza dell'oro nero apparvero prepotenti in occasione della guerra in Iraq: la Francia con la sua opposizione cercava di difendere i contratti della Total. Il contrasto fu popolarizzato negli USA con la storia delle “Freedom fries”. In quel caso comunque il peggio (nella forma di un confronto militare diretto tra i transalpini ed gli americani) fu evitato ed i francesi ingoiarono il rospo (e la perdita dei contratti).

Oggi, invece della Francia, troviamo schierata in prima linea l'Italia. Il motivo è però lo stesso: Roma cerca di difendere i suoi interessi petroliferi nel deserto libico.

Una parte rilevante della stampa italiana si è ritrovata unita nell'additare l'ombra di Washington dietro le rivolte arabe. Lo ha fatto Il Sole 24 Ore (“Dietro le rivolte in Medio oriente (come per la Serbia nel 2000) c'è un signore di 83 anni che sta a Boston”), oltre che Il Giornale di Berlusconi (“Libia e Gheddafi: cosa c'e' (davvero) dietro la rivolta”, 22 febbraio).

La differenza rispetto al 2003 è che questa volta siamo più vicini ad un aperto confronto militare tra le due fazioni occidentali: l'Italia ha subito messo in allerta le sue forze in Sicilia, prendendo a pretesto una possibile azione di rappresaglia da parte di Gheddafi ed il rischio di un'ondata di profughi, due eventi comunque improbabili visto che né gli USA, né i loro alleati islamici hanno interesse a provocare un confronto, ma solo a papparsi potere e petrolio.

Maroni dal canto suo ha richiesto l'aiuto UE, ma non quello della NATO che di fatto è di stanza in Sicilia e potrebbe intervenire subito. In più proprio ieri ha dato autorizzazione ad usare la base di Sigonella solo per scopi umanitari, intendendo così dire che gli americani non potranno dare supporto militare ai ribelli in Libia a partire dal territorio italiano.

L'economia padana è allo stremo, ed un piccolo strappo in più la porterebbe al collasso. Quello strappo, stando alla vignetta, è proprio la perdita della Libia. Una perdita che non porterebbe giù soltanto Berlusconi, ma tutto il nord Italia e con esso lo stato Italiano.

L'Italia sarebbe la prima vittima illustre a cadere a causa della scarsità di petrolio. Ma non sarà l'ultima, ed è per questo che assistiamo a questo surriscaldamento globale dei nervi. Gli stessi USA sono tanto disperati da aver accettato l'alleanza con i partiti islamici pur di assicurarsi una qualche fonte di approvvigionamento di Petrolio dopo la perdita dell'Asia. La Gran Bretagna sta già pensando a forze speciali per difendere i contratti della BP, e la UE dal canto suo vuole mobilitare non meglio precisati “Battle Groups”. Tutti sono pronti a saltare al collo dell'ENI (e della padania).

La Sicilia nel frattempo si trova nel mezzo, pur non avendo le gravi preoccupazioni dei padani riguardo alle risorse energetiche. Raffaele Lombardo, all'opposto del governo italiano, ha però scelto tra le righe di appoggiare l'intervento militare attaccando l'UE e chiedendo alla NATO di usare la forza contro Gheddafi se necessario (Sigonella base umanitaria "L'Europa ci deve aiutare", LaSiciliaWeb.it 25 febbraio 2011):

"La Nato, l'Unione europea, le Marine militari intervengano in Libia, anche con la forza, per aiutare il popolo nel loro territorio, sottraendolo al massacro di Gheddafi ed evitando che migliaia di persone fuggano dal Paese. La Sicilia, il Mezzogiorno, l'Italia da soli non ce la possono fare a reggere quello che viene già definito come un esodo biblico. Purtroppo, in questo momento l'Europa non c'è, è assente, ed è penoso"

Il nuovo Regno di Sicilia (o delle Due Sicilie?) non può attendere.

Quale tessera verrà a sua volta destabilizzata dall'Italia?

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martedì, febbraio 22, 2011

Tutti a piedi

Il petrolio continua a salire. Potrebbe essere speculazione, potrebbe essere che con i disordini in Egitto c'era il rischio che il Canale di Suez fosse bloccato (rischio dimostratosi inconsistente), potrebbe essere che Gheddafi ci chiude i gassodotti.

Ogni starnuto di mosca sembra avere un effetto devastante sulle nostre tasche: il sistema economico moderno è teso come una corda di violino al punto che la più piccola perturbazione crea onde capaci di viaggiare sempre più lontano.

Cosa sta succedendo al sistema economico globale?

Lo scorso 19 febbraio le agenzie hanno battuto una notizia che stranamente non è riuscita a farsi strada sulle prime pagine dei giornali. Bloomberg la riporta con questo titolo:

Le esportazioni di petrolio OPEC cadono del 2% a causa della diminuzione delle spedizioni saudite

Un titolo che cerca di ammortizzare quello che viene scritto appena sotto:

L'Arabia Saudita, il più largo esportatore mondiale di petrolio, ha riportato un decremento del 4,9%. (…) Le esportazioni dell'Arabia Saudita sono scese a 6.05 milioni di barili al giorno in dicembre dai 6,36 milioni di novembre malgrado la produzione saudita sia salita ad un massimo biennale di 8,37 milioni di barili al giorno secondo JODI [*] .

Dove sarebbe finita la differenza? I sauditi non sembrano dare spiegazioni, ma diversi dati sembrano suggerire che quei barili mancanti vengano trasformati in energia elettrica per uso interno. Da notare che la produzione è stata incrementata, ma non abbastanza. Un trucchetto per alzare il prezzo del petrolio (già stratosferico) o... mancanza di risorse?

La parte più sensazionale dell'articolo di Bloomberg deve ancora arrivare, nascosta in fondo:

La produzione mondiale [di petrolio, ndr] è scesa del 14% a 55,5 milioni di barili al giorno lo scorso dicembre rispetto al mese precedente, il dato più basso dal 2002, principalmente per il declino di produzione non-OPEC, specialmente in Sud America, secondo i dati incompleti di JODI.

JODI lavora sotto la supervisione del Forum Internazionale dell'Energia, con sede a Riaydh ed i dati in suo possesso vanno indietro sino al 2002. I dati del JODI non sono completi poiché non tutte le nazioni forniscono informazioni.


Quindi siamo al livello più basso da quando esistono rilevamenti di una certa trasparenza. Ed il fatto che i dati non sono completi fornisce poco conforto, visto che sembrerebbe che le nazioni che non forniscono informazioni siano sempre le stesse e tra queste non figura l'Arabia Saudita.

C'è il petrolio o non c'è? Lo tengono nascosto per affamare l'umanità, come vorrebbero credere alcuni “complottisti”? Non lo so. Ma se la situazione reale è quella fotografata da queste poche righe, la crisi economica, i disordini nei paesi arabi (specialmente in Libia), l'animosità verso l'Iran, la rincorsa verso le auto elettriche, non richiederebbero spiegazioni troppo articolate.

Ripeto: per sicurezza, intanto procuratevi una zappa.

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[*] Joint Data Initiative, un sito che mette insieme i dati sulla produzione e sul consumo di petrolio forniti dai governi.

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martedì, febbraio 08, 2011

Divorzio all'italiana (Terza parte)

4.Grazie, Gianfranco

Premiamo il tasto ed andiamo avanti veloci sino al voto di fiducia del 14 dicembre 2010.

Alla camera la tensione è palpabile: la fine del regno di Silvio si gioca sul filo di lana di un'altra questione morale, stavolta di natura politica, scatenata dalla ricorrente accusa rivolta al cavaliere di confezionarsi leggi ad personam ad ogni piè sospinto. Nella fattispecie il vulnus è la cosiddetta “legge bavaglio” contro la magistratura architettata dal guardasigilli, il siciliano lealista Angelino Alfano.

Non sono solo gli italiani ad aspettare con ansia il risultato del voto: il tam tam mediatico è stato fatto risuonare in tutta Europa. Se sapessero....

Se sapessero, quei cuori trepidanti, che il 13 dicembre 2010 alle 15:14, più di 24 ore prima del voto di fiducia, sul blog dell'On. Fabio Granata compariva un articolo capeggiato da un titolo funesto: “Caro Gianfranco, comunque grazie”. Una premonizione... oppure una certezza? A 24 ore circa dal voto, sapeva per caso Granata come sarebbe andata a finire? Negli ultimi mesi era stato proprio l'ardore di Granata a spingere Fini nell'angolo della “questione morale”. A costringerlo alla ribellione. Questa sua improvvisa arrendevolezza sul più bello poco si addice al personaggio.

Ma che alla vigilia ognuno avesse un preciso copione lo suggerisce anche un'intervista allo stesso Granata pubblicata da Il Fatto Quotidiano due giorni prima, l'11 dicembre (“Fabio Granata: “Sono reati, altro che conversioni sulla via di Arcore”):

Io credo che la conferenza stampa dei tre porcellini che si stanno farsescamente avvicinando alla fiducia – Calearo, Scilipoti e Cesario – sia una delle immagini più volgari di questa crisi. La prova che si è toccato il fondo.

Era da giorni che si sapeva già come si sarebbe votato. Il motivo? Su questo sono tutti apertamente d'accordo: il supposto mercimonio di voti viene pubblicizzato dallo stesso PDL (“La Santanchè oggi gridava un bollettino di guerra trionfante.”, suggerisce l'intervistatore a Granata). Ed è persino ammesso dai “papabili”:

Catone smentisce poi le indiscrezioni circa un'offerta di Publitalia per la pubblicità sul giornale che dirige, ma lascia aperto uno spiraglio. «Io sono molto impegnato nel sociale e sa quante case famiglia io potrei costruire, ad esempio, con 20 milioni di euro? Accetterei qualunque cosa per realizzare progetti del genere»

(“Calearo, Scilipoti e Cesario alleati ma divisi sulla sfiducia. Prosegue la caccia al voto del Pdl”, IlSole24Ore.com, 9 dicembre 2010)

Una flagrante excusatio non petita. Facile da spiegare se ipotizziamo che sottobanco vi siano stati accordi precisi e trasversali tra le varie fazioni (incluse quelle più ostili al governo Berlusconi) per garantire due cose: continuità condizionata al governo e discontinuità politica a Fini, pedina dello schieramento atlantico-giustizialista, grazie ad una manovra che ne pregiudichi definitivamente la libertà di movimento.

Manovra alla quale lo stesso Granata potrebbe non essere del tutto estraneo e che non avrebbe mai potuto avere successo senza la collaborazione protettiva di Berlusconi.


Grazie a Scilipoti la patria può tirare a campare per qualche altro mesetto


(Fine terza parte)

Prima parte
Seconda parte
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lunedì, febbraio 07, 2011

Meccanismi di potere

L'Avvocato Giovanna Livreri, già protagonista di alcuni nostri articoli, ci ha gentilmente segnalato i più recenti sviluppi dell'intricata vicenda che la vede coinvolta in prima persona. Una storia che si intreccia a più riprese con le complesse trame disegnate dal Potere in sicilia e che per questo ci permette di vedere in filigrana un esempio del complesso lavorìo degli ingranaggi che ne sottendono i movimenti. Un canovaccio che ha lambito argomenti scottanti quali il gas russo, la mafia, gli inciuci elettorali di questa finta democrazia, la magistratura, l'autonomismo siciliano (l'avvocato Livreri è parte integrante de L'Altra Sicilia, il movimento autonomista fondato a Bruxelles da Francesco Paolo Catania).

Pubblichiamo di seguito il breve resoconto ricevuto. In precedenza avevano riportato alcuni interessantissimi dettagli della stessa vicenda sui post "Il pecoraio ha versato il latte" del 22 giugno 2008 ed "Il nostro uomo al Cremlino" del 2 dicembre 2010.

Oggetto: l'altra metà - intoccabile - del tesoro di Ciancimino

Caro Abate Vella , considerato che ti sei occupato di me nel Tuo Consiglio , ti informo come la Procura di Palermo , P.M. Dr. Di Matteo, con riferimento alle posizioni di indagate delle due signore D'anna maria e Monia Brancato ha da ultimo depositato, in una udienza, una certificazione attestante il coinviolgimento delle eredi di Ezio Brancato, patron della GAS Gasdotti azienda siciliana, nel reato per la fittizia intestazione di parte del tesoro di Ciancimino Vito nella GAS . Infatti lo status di indagate per i reati di riciclaggio e reimpiego di denaro di provenienza illecita è con riferimento alla quota posseduta da Ciancimino Vito nella Gas nella compagine sociale gruppo Brancato (Alias Ezio Brancato, moglie D'Anna Maria e la figlia manager della GAS Monia Brancato). Dalla certificazione si desume come le indagini, iniziate con il proc pen . n° 11194/07 in relazione alle vicende della GAS, sono proseguite con la iscrizione nel registro degli indagati delle eredi Brancato: Monia e D'Anna Maria con lo stralcio del pro.pen. 11194/07 nel procedimento n° 14955/2008 a loro dedicato e proseguono tutt'ora, anche se su due Procure , quella di Palermo e quella di Catania, investite per diversa competenza funzionale. Infatti è dato evincere dalla attestazione come il procedimento ha subito un ulteriore stralcio nel gennaio 2010 per cui parte delle indagini , sempre nei confronti delle dette signore, e nella consistenza di tre faldoni, sono rimaste a Palermo e consegnate ai CC Nucleo Investigativo del Comando Gruppo Monreale; altra parte, è stata rimessa per competenza funzionale ex art. 11 cpp ( intuitivamente nella parte in cui si ravvisa il coinvolgimento di magistrati) alla Procura della repubblica presso il tribunale di Catania sempre in data 25 gennaio 2010. Da segnalare come a Catania pende gia' dal 2007 un procedimento penale nei confronti delle signore intitolato D'Anna +17 con provenienza Procura di Caltanissetta. Orbene il roboante silenzio su queste indagini e sulla grave posizione di queste due donne che da anni fanno di tutto per depistare le indagini su di loro e passare per vittime e parti offese di presunti reati artatamente buttati sulle spalle altrui e che, miliardarie per via di essere state ex azioniste della GAS, passano la loro esistenza, acquistando case in Spagna e in Costa Smeralda e interi palazzi nel cuore di Palermo, tra una visita in una boutique di lusso del centro e un viaggio a Dubai, mostrando una straordinaria sicumera nel ritenersi sempre e comunque intoccabili.

Sarebbe corretto domandarsi: da dove continuano imperterrite a trarre le loro certezze di incolumità? quando per molto meno, spesso da innocenti, comuni mortali hanno visto distruggere le proprie esistenze.

Nella speranza che almeno l'informazione sopperisca con la conoscenza.

Giovanna Livreri

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domenica, febbraio 06, 2011

Tutti i libri del Presidente

Per chi segue il blog del Presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, uno degli esercizi più interessanti è quello di cercare di interpretare il significato degli oggetti strategicamente posizionati sulle mensole della libreria che fa sempre da sfondo ai suoi monologhi.

Gli oggetti sembrano cambiare di volta in volta. Essi sostano in quella posizione per qualche giorno o settimana, giusto il tempo di registrare un certo numero di video, e poi a poco a poco vengono sostituiti.

Negli ultimi video-post pubblicati si nota il particolare di due libri che sollecitano l'occhio a saperne di più. Essi sono posti alla destra del protagonista in modo da essere visibili per tutta la durata del video. In basso, con la copertina bianca, troviamo “Il Regno delle Due Sicilie. Tutta la verità” di Gustavo Rinaldi, (Controcorrente Edizioni, Napoli 2001). Quale possa essere l'argomento trattato non credo ci siano dubbi.

E' comunque significativo che un tale libro possa trovarsi in quella posizione. Una sottolineatura del mai celato interesse di Lombardo per l'intero territorio dei due ex Regni di Sicilia e non soltanto per la parte isolana.

Sopra di esso troviamo invece “La nazione siciliana” di Massimo Ganci, risalente al 1978 ed edito sempre a Napoli.

Dobbiamo chiederci come mai proprio questo tra i tanti esistenti sull'argomento. E' stato scelto a caso per “fare scena”? Sono tanti i sicilianisti che accusano Lombardo di sconoscere la storia della terra che rappresenta... la stessa inelegante (almeno apparentemente) commistione di due elementi così antitetici tra loro (gli indipendentisti siciliani vedono come fumo negli occhi il Regno delle Due Sicilie ed i Borboni) potrebbe far propendere per la scelta a caso.

Invece su internet ho potuto recuperare un interessante estratto dal libro che indicherebbe come la scelta non sia casuale ma programmatica, volta a cercare di mediare in qualche modo tra le due parti. Il Ganci, se da un lato mette le mani avanti assicurandoci che non vi è Nazione più Nazione della Sicilia:

«Se il significato del termine “Nazione” - osserva Ganci - consiste nella capacità di dare vita ad uno “stile proprio di vita” e a manifestazioni d’arte e di cultura che siano autenticamente sè stesse, non vediamo come questa definizione non competa alla Sicilia»

Dall'altro, prima precisa la distanza tra la “questione siciliana” e quella “meridionale”:

«Storicamente e politicamente, la “questione siciliana” non può essere diluita nella genericità della “questione meridionale”, poiché vi si oppongono numerose ragioni geografiche, storiche e politiche. Con questo non intendiamo riaprire la “querelle”, ormai superata, intorno al Nord. Oggi si va verso una configurazione diversa dell’Europa, nella quale certi “Stati nazionali”, più o meno artificiosamente costituiti, dal punto di vista costituzionale ed amministrativo (e lo Stato “unitario” italiano è fra questi), tendono a sciogliersi nella più moderna realtà delle “aree regionali”.

E poi ci svela la sua posizione per intero:

Detto ciò giova ribadire l’antistoricità e l’inopportunità politica della soluzione separatistica, per quanto riguarda la Sicilia. ».

Dopo il Sud Sudan, non vediamo l'ora di dare il benvenuto a questa nuova nazione che speriamo ci voglia evitare lo stesso obbrobrio semantico (Sud Italia). In quest'ambito, il sacrificio richiesto ai Siciliani è ovvio: rinunciare al sogno di una Sicilia indipendente. Siamo curiosi di sapere a cosa rinunceranno gli altri per bilanciare le forze.


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