Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

lunedì, settembre 28, 2009

Tutte le scarpe del presidente

Quei cattivoni fanatici degli ayatollah iraniani pensavano di fregare l'occidente. Credevano di potersi permettere di costruire reattori nucleari segreti. In un mondo in cui persino gli aghi persi in un pagliaio sono sotto controllo, loro si costruivano il reattore nucleare di nascosto.

La clamorosa Scoperta da parte dell'intelligence [sic!] americana, malgrado come sempre l'Iran si dica pronto a “fissare ispezioni con AIEA”, ha scatenato un'ondata di psico-indignazione sui giornali telecomandati e tra la popolazione lobotomizzata. Essa (la Scoperta) avviene come al solito in un momento sin troppo appropriato dal punto di vista propagandistico. Un momento in cui l'occidente più fanatico, anche grazie alla “glasnost” di Obama, ha preso in rapida successione due scarpate in testa più umilianti e precise di quella che l'anno passato mancò di un soffio George W. Bush.

Il primo tacco da cosacco in faccia arriva a proposito di un altro sito nucleare iraniano, quello ben conosciuto di Bushehr, per il quale l'agenzia per il nucleare civile russa (Atomenergoprom) sta per completare i lavori. Il combustibile nucleare è stato consegnato a Teheran già a gennaio e, secondo l'agenzia di stampa moscovita Rianovosti, “di norma, il combustibile nucleare viene consegnato ad un impianto nucleare sei mesi prima di entrare in funzione” (“Russia completes automated control system for Bushehr NPP”, 23 settembre 2009). Vale a dire, la centrale sta per entrare in funzione ed il cappio economico stretto al collo della nazione mediorientale sta per allargarsi.

La seconda pesantissima scarpa (anzi, scarpone) a colpire nel segno riguarda l'applicazione dell'accordo tra il Cremlino e Washington (vedi il post “Due stratagemmi”) a seguito del quale la settimana passata l'amministrazione USA ha cancellato il programma GBI (Ground Based Interceptor), ovverosia il piano dell'era Bush per uno scudo spaziale piazzato in Europa orientale come difesa (dice l'ufficialità) da un possibile attacco missilistico iraniano all'Europa ed agli Stati Uniti.

La psico-cacarella globale è stata organizzata per bene ed è in fondo anche tenero osservare il dispiegarsi di questi attenti preparativi attraverso le pentole senza coperchio esposte da quella strana ed improvvisa visita di cortesia fatta da Bill Clinton (marito di Hillary, il vero nemico di Obama) al carissimo amico nordcoreano Kim Jong II.

Il 25 maggio scorso il mondo era stato scosso dalla notizia della registrazione di un terremoto di magnitudo 4.5 in Corea. Senza pensarci due volte, le agenzia globali hanno parlato di test nucleari (Corea del Nord, nuovo test nucleare. Obama: «Minaccia per la pace», Corriere.it)

Il 4 luglio poi, senza farsi tanti problemi e malgrado le proteste cinesi, partono una serie di missili balistici con una gittata da 500 km che lambiscono il Giappone.

Risultato? La già ricordata visita festosa di cortesia con scambio di ostaggi del 4 agosto scorso (“In Nord Corea «graziate» le due giornaliste Usa”, IlSole24ore.com), esattamente un mese dopo la performance missilistica. Niente stracciamento di vesti per le strade di New York, niente articoloni sui maggiori quotidiani in questo caso. Anzi, secondo la stampa anglosassone l'unico motivo di preoccupazione risiede nel fatto qualcuno potrebbe copiare i coreani (“Will Russia and China pitch in?”, The Economist 10 settembre 2009):

“La dichiarazione del dittatore nordcoreano di stare ora sperimentando una seconda via alla bomba basata sull'urianio potrebbe meritare appena una scrollata di spalle [cioè, nessun pericolo in questo caso: come sono state scelte con cura le parole, ndr]. Eppure essa contiene un messaggio urgente per il mondo” poiché l'azione di Kim Jong II “sta incoraggiando altri che hanno ambizioni nucleari a pensare che anche loro potrebbero passarla liscia” [un “anche” che sta a significare che proprio la Nord Corea la passerà liscia, visto che il permesso lo ha ricevuto da qualcuno a Washington, ndr].

E chi mai potrebbe essere incoraggiato? “In questo momento ciò significa l'Iran”: e ti pareva.

Con tutti i suddetti preparativi alle spalle, il tempismo della notizia della centrale segreta iraniana diventa ancora più sospetto. I “falchi” con questa manovra stanno smontando di fronte all'opinione pubblica americana la politica estera di Obama che sembra lasciare campo libero al millantato attacco intercontinentale iraniano oggi contro Israele, domani contro l'Europa e dopodomani addirittura contro gli USA.

La realtà dei fatti è però lontana da questi scenari, tant'è che sino ad oggi la tecnologia militare persiana potrebbe forse permettere di colpire Israele (e ripeto forse), mentre obiettivi più lontani sono pure e semplici congetture basate non si sa su cosa.

E questo non lo dicono i siti cospirazionisti o anti-americani, ma lo stesso Congresso statunitense. Da un recente rapporto del CBO (Congressional Budget Office) sulle opzioni per la difesa missilistica europea (“Options for Deploying Missile Defenses in Europe”, febbraio 2009) è possibile apprendere che il missile a più lunga gittata disponibile con certezza in Iran è lo Shahab-3, con una raggio d'azione di 1300 km: appena appena capace di toccare Israele [*].

Per quanto riguarda gittate più lunghe, vi sono in circolazione solo rapporti poco precisi e nessuna conferma di eventuali test coronati di successo. Anzi, tutti i test di cui si ha notizia sarebbero falliti miseramente.

La “minaccia” iraniana è quindi quasi interamente fumo.

La verità sull'arrosto dello scudo spaziale europeo (GBI) è un altra, ed in fondo la sappiamo bene: esso sarebbe servito per neutralizzare gli armamenti missilistici russi e per dare agli USA una supremazia totale sullo scacchiere internazionale (supremazia comunque legata ad un successo in Afghanistan, oramai fuori dalla portata del Pentagono).



La figura qui sopra indica in blu lo spazio che sarebbe stato “protetto” dallo scudo spaziale contro attacchi missilistici iraniani (in rosso quello non “protetto”). Come è facile vedere, la copertura comprende anche l'intera Russia occidentale sino a Mosca. Più che una protezione sarebbe più giusto definirlo un “controllo”, infatti è lo stesso Economist ad ammettere che “la perdita del radr ceco riduce l'abilità dell'America di spiare in profondità all'interno della Russia” (“Shooting down a plan”, The Economist 24 settembre 2009).

Esaminando la figura si nota anche come il Mediterraneo orientale non sia coperto dal sistema. Questo si può comprendere facilmente: appena ad est della Sicilia comincia il regno di Israele e di quello che ai tempi del primo mandato di Bush era un fedele alleato: la Turchia.

Nel nuovo sistema pensato dall'amministrazione dell'era Obama, ci si è “accorti” che forse la minaccia iraniana non è poi così vicina, e per il momento si può fare a meno dei radar terrestri nell'Europa orientale. Il nuovo sistema si baserebbe su degli “intercettatori” mobili localizzati su di un tipo di navi chiamato “Aegis” (circostanza questa confermata dal citato articolo dell'Economist che utilizza lo stesso rapporto del CBO come base).

Il rapporto del CBO indica quale dovrebbe essere la localizzazione delle navi (quadratini rossi nella figura a lato). Questa localizzazione è particolarmente interessante. L'area protetta dalle navi è rappresentata da un ventaglio che si apre in direzione opposta a quella di provenienza dei missili. Ebbene, non vi sono navi piazzate nel Mediterraneo meridionale.

Per capire cosa questo significhi osserviamo la figura seguente che rappresenta la copertura (area blu) data dalle navi indicate prima:



La Sicilia e buona parte del sud Italia non saranno coperti (o meglio “controllati”) dalle difese antimissilistiche americane piazzate ufficialmente contro un poco realistico attacco iraniano, ma chiaramente proiettate contro il braccio militare di Mosca.

Il rapporto verso la fine si arrende e confessa questa proiezione quando verifica la possibilità di neutralizzare attacchi russi (vedi pagine 46-47), ma evita di mostrare la reale copertura nel Mediterraneo con l'utilizzo del sistema di navi Aegis ora previsto. E' facile però capire come la mancanza di una nave posizionata nel basso adriatico o nello Ionio significhi la mancata “copertura” di Sicilia e Sud Italia.

Passando alla nostra situazione locale, bisogna ora analizzare i cambiamenti che questo accordo tra Mosca e Washington porta alla Sicilia.

Gli americani stanno di fatto rinunciando a proteggere Sigonella, mentre prevedono di rimanere presenti nel nord Italia (una delle navi dovrebbe essere posizionata nel Nord Adriatico) [**].

A Sigonella (per la precisione a Niscemi) i piani di Bush prevedevano (e prevedono) il piazzamento del MUOS, o Mobile User Objective System, un “sistema di comunicazione satellitare ad altissima frequenza (UHF) delle forze armate USA che integrerà comandi, centri d'intelligence, radar, cacciabombardieri, missili da crociera, velivoli senza pilota, ecc., con l'obiettivo di perpetuare la superiorità offensiva degli Stati Uniti d'America” (“Sorgerà a Niscemi la stazione terrestre USA del piano di riarmo spaziale MUOS”, Megachip.info, 11 settembre 2008). In pratica il futuro delle comunicazioni militari americane.

Il sistema globale prevede la presenza di un totale di quattro basi. Oltre a quella siciliana, una è stata piazzata alle Hawaii, una in Virginia (USA) ed una in Australia.

Anche ipotizzando la presenza di altri sistemi balistici di difesa nell'isola a noi sconosciuti, non sembra credibile che il Pentagono possa accettare di lasciare un centro operativo di tale importanza strategica sotto la minaccia di un attacco missilistico russo.

Le conseguenze del nuovo accordo firmato da Obama e Medvedev non tarderanno a farsi sentire anche da noi, in quanto il progetto del MUOS di Niscemi potrebbe a questo punto essere cancellato e l'auspicato ritiro americano dalla Sicilia diventare realtà.

Che possiamo farci. Vorrà dire che, privi della amorevole protezione della Nato, nelle calde notti estive staremo trepidanti a scrutare il cielo in attesa di vederci piovere addosso i missili intercontinentali armati di testata nucleare degli ayatollah iraniani.

Allah uh Akbar.

Post correlati:
Cime tempestose
Due stratagemmi
Saggezza orientale
Il paramassone
Pericolo di crollo
Fuori dai piedi

---------------------------------
[*] Oggi il sito del Corriere della Sera ha pubblicato un falso clamoroso affermando che “sono stati lanciati prima missili Shahab 1 e 2 con una gittata compresa tra i 300 e i 700 km e successivamente gli Shahab 3 che, con una portata di 2 mila km, sono in grado di raggiungere Israele e le basi Usa nel Golfo.” (“Iran: lanciati razzi a lungo e a medio raggio alle esercitazioni militari”, 28 settembre 2009)

Vediamo invece cosa dice il rapporto del Congresso americano:

“Lo Shahab-3 è un missile a stadio singolo ed a carburante liquido con una gittata massima stimata in 1300 km.” (...) “Quella variante, designata come Shahab-3A, si crede abbia una gittata massima stimata in circa 1700 km. Un rapporto di intelligence del 2006 concludeva che lo Shahab-3A era ancora in fase di sviluppo e non ancora testato in quel momento.”

L'articolo del Corriere tenta di fare confusione tra lo Shahab-3 ed il 3A, un missile di cui non si hanno notizie precise circa il sua effettiva funzionalità, e senza dimenticare che comunque anche in questo caso la portata massima sarebbe di 1700 km e non di 2000 km. La gettata di 2000 km dovrebbe essere raggiunta dai missili Ashura, per i quali “alcune agenzie di stampa indicano che un test privo di successo è stato effettuato nel novembre 2007”. Insomma, ci piacerebbe sapere che fonti usa il Corriere e come mai sente il bisogno di creare tanta confusione.

[**] Previsione tutta da verificare, dato che presto francesi e tedeschi tenteranno con tutti i mezzi di dare il ben servito agli americani anche dal nord Italia, malgrado i giochetti di Berlusconi che tenta invece di tenerseli stretti in Padania per rimanere in equilibrio sull'isolotto di Arcore accerchiato da pescecani affamatissimi.

[Continua a leggere...]

giovedì, settembre 24, 2009

Legume in mare

L'argomento del post di ieri (“La tempesta”) non è stato ancora esaurito del tutto. Prima di andare avanti spaccando letteralmente il capello in quattro, volevo fare sedimentare almeno un po' i contorni della vicenda. Oggi si continua, in parte per semplice divertimento, in parte perchè chissà... potrebbe venirne fuori qualcosa di interessante.

Di tutta la faccenda “Boffo”, direi che la cosa più stuzzicante sono le strane parole di Raffaele Lombardo. Prima di rileggerle nuovamente per analizzarle nel dettaglio, sarebbe il caso di fare un passo a ritroso nel tempo per andare a rispolverare uno dei casi più singolari della storia della Sicilia. Un caso che riguarda proprio il costante rapporto di odio-amore tra il Regno di Sicilia e la Santa Sede e che più avanti ci permetterà di capire meglio quello che è successo al giornalista cattolico: il caso della “Controversia Liparitana”.

Il 22 gennaio 1711 il Vescovo di Lipari, unica diocesi di Sicilia a dipendere direttamente da Roma, mandò il bottegaio a vendere una partita di ceci. Le guardie esigettero però da costui il pagamento dell'imposta. Secondo Monsignor Tedesco questa richiesta era illegale e così Sua Eccellenza decise di comminare ai poveri (almeno per questa volta...) esattori reali una sproporzionata “scomunica maggiore”.

Il problema era che per essere valide le scomuniche in Sicilia dovevano avere l'approvazione regia, come stabilito dalla Legatio apostolica. La diocesi di Lipari si trovava però in una posizione legalmente equivoca, ed il Papa prese la scusa per richiamare sotto il suo comando tutti i vescovi dell'isola.

Il Re (un Savoia!) giustamente si oppose, Roma non mollò e questo gettò il Regno nello scompiglio, tanto che fu presto riconquistato dagli spagnoli.

Ora, il vedere quel povero cecio di Boffo solo, sbattuto tra le onde di un mare in tempesta (quello della politica italiana) me lo fa apparire come il bottegaio che, andato a vendere i legumi su ordine del Vescovo, si è poi trovato all'improvviso stritolato tra immensi e spietati ingranaggi.

La domanda da porsi per capire lo stato d'animo del neo-bottegaio ed ex direttore di Avvenire a seguito della caduta a mare è cruciale. La sottigliezza di detta domanda può sfuggire a noi, ma non certo a chi detiene delicate posizioni di potere, quali un Vescovo, un Presidente della Regione Siciliana, un Presidente del Consiglio, un Miccichè, un Papa [*].

La domanda da porsi, dicevamo, è la seguente: Boffo è caduto tra la risacca del mare in tempesta colpito da una freccia scagliata dal nemico, o è stato spinto da qualcuno alle spalle?

Mi spiego meglio. Se il direttore di un giornale lancia precisi attacchi contro una importante carica dello stato, non è credibile che questo sia stato fatto in assoluta autonomia e senza ascoltare prima il parere di chi la linea di quel giornale decide.

Ma chi decide la linea editoriale di un giornale nel momento in cui decide attacchi così gravi sa di doversi aspettare una risposta. E sa anche che quel direttore ha un punto debole a causa del quale potrebbe essere facilmente annientato di fronte all'opinione pubblica (mi riferisco alle famose accuse di molestie sessuali).

Insomma, giochiamo a carte scoperte. Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Mons. Bagnasco, ha per caso, senza farsi tanti scrupoli, creato ad arte un “casus belli”, una nuova “controversia”? Anche nel '700 si disse che Tedesco avesse preparato l'incidente scrupolosamente (come non cambia la morale...).

In base alla risposta che diamo a questa domanda, possiamo farci un idea di quale sia ora l'animo di Boffo mentre si dibatte tra i flutti rischiando di affogare. Potrebbe essere l'animo fiero di un guerriero ferito, oppure quello amaro dell'uomo tradito ed impallinato dal fuoco amico. Un uomo forse persino voglioso di vendetta.

E' venuto il momento di rileggere le parole di Raffaele Lombardo lanciate come salvagente non sappiamo ancora se al guerriero ferito o all'uomo tradito:

“Solidarizzo pienamente con lui e se il mio Movimento, quello che sarà il Partito del Sud di domani, avesse le risorse per poterlo fare ingaggerebbe Boffo immediatamente.”

Lo sappiamo tutti che Raffaele ha fatto le scuole dai Salesiani, che ha l'appoggio di molti in Vaticano ed anche quello di una parte dell'Opus Dei via Unicredit (dove si nascondono gli uomini dell'ex governatore della banca d'Italia, Fazio), che guarda caso appena pochi giorni fa ha dato parecchi soldi alle associazioni cattoliche in Sicilia.

Ma come dovremmo mai interpretare l'offerta fatta a Boffo ora che abbiamo esaminato il suo stato d'animo di naufrago. Sono solo io a ravvisare in essa una certa ambiguità, voluta o meno?

Senza contare che, per quanto riguarda la legatio politica delle elargizioni alle associazioni cattoliche in Sicilia, la loro riconoscenza elettorale alla prossima tornata non andrà sicuramente a Bagnasco.

Post Scriptum: La Controversia Liparitana si chiuse nel 1718, quando Papa Benedetto XII prudentemente capì che non era ancora giunto il momento e riconobbe il diritto dei Siciliani alla legatio eliminando l'interdetto emanato dal predecessore, Clemente XI, e smentendo il Vescovo bramoso di una fuggevole fama terrena.



Sua Eccellenza Monsignor Bagnasco saluta forse i Siciliani?


-----------------
[*] Una domanda comunque retorica, poiché la risposta i nostri la sanno già.
[Continua a leggere...]

mercoledì, settembre 23, 2009

La tempesta

In questi giorni di piogge torrenziali, la tempesta in un bicchier d'acqua su Baarìa non riesce a placarsi.

Il ministro della pubblica amministrazione Brunetta, non si sa a che titolo, sproloquia anche lui sulla questione dei finanziamenti ai film:

“Lo Stato deve finanziare la cultura ma mescolare cultura e spettacolo è un imbroglio” “Io dico: non diamo un euro ai film, si arrangino”.

Sembrano le farneticazioni di un cretino, ma Tornatore ha capito dove è puntato il mirino e risponde a tono confermando la nostra impressione (Tornatore: “Il costo di Baarìa è stato gonfiato”, SiciliaInformazioni.com 23 settembre 2009):

“Brunetta non sa di che parla”, dice Tornatore, “la sua è una visione malata”

Il fatto è che di pari passo agli attacchi al regista siciliano sono di colpo ri-esplose altre due vicende che avevamo già collegato con un leggero fil di fumo al set co-finanziato dalla Regione Siciliana, da un magnate tunisino e da Berlusconi (vedi il post “Peppuccio il mangiapreti”): la saga del partito del sud e quella degli assalti vesco-vili alle mura di Arcore.

Dopo la vicenda “Boffo” la stampa estera aveva sottolineato come l'affondo della Cei non significasse automaticamente una divergenza tra il Papa ed il presidente del consiglio. Ad esempio secondo l'Economist il Papa avrebbe espresso fiducia nei confronti dei vertici della stessa Cei “per calmare i rumori circa le differenze tra il Vaticano ed i vescovi italiani sulle loro critiche circa la vita privata del primo ministro” Ma, nota ancora il settimanale inglese, “Il giornale del Papa, L'Osservatore Romano, non ancora profferito una parola di censura.” (“Superman strikes back”, 3 settembre 2009)

La conferma di queste divisioni interne alla Santa Sede è arrivata pochi giorni dopo, quando Ratzinger, forse in modo un po' incauto, sbotta in pubblico puntando il dito senza esitazioni:

Si soffre anche nella Chiesa, «come nella società civile», perché molti «lavorano per se stessi e non per la comunità» (...) Il Papa ha ricordato che «Gesù è venuto nel mondo per servire» ed ha dunque esortato i vescovi ad essere «servi» fedeli, prudenti e buoni. (Corriere.it, 13 settembre 2009)

Il 21 settembre però Bagnasco ha rincarato la dose, attaccando il governo su più fronti. Dall'etica, alla crisi economica, alla scuola, all'informazione etc etc. (“Cei, Bagnasco durissimo: "La Chiesa non si fa intimidire né coartare. Occorre sobrietà nella politica", SiciliaInformazioni.com).

Insomma un insieme di argomenti che sono in campo da 40 anni e che non giustificano una presa di posizione tanto secca ed improvvisa contro il leader politico italiano che più di ogni altro nella pratica ha aiutato la chiesa almeno dai tempi di Moro.

A rompere il muro del silenzio sulle vere motivazioni finalmente forse ci ha voluto pensare Paolo Guzzanti che ieri non solo ha profetizzato la caduta del pecoraio, ma ha addirittura fatto uno strano collegamento. Prima ha dichiarato che “la Chiesa, dopo aver a lungo dibattuto, sembra orientata a far mancare il suo appoggio al presidente del Consiglio per i suoi comportamenti privati e pubblici e per la vicenda Boffo.” aggiungendo che “non solo la Cei, ma lo stesso papa Ratzinger dice di aver superato la soglia del sostenibile”. Poi è passato al piano internazionale discettando dei rapporti con USA ed Israele. In questo caso “I rapporti personali e privati, nonché pubblici ed economici con Putin sono al centro del problema” ("Entro la fine dell'anno Berlusconi cadrà", IlPolitico.it).

La combinazione di questi eventi, porteranno giù il leader del PDL.

Rimane sempre da chiedersi se sia mai pensabile che la Chiesa per via di un mezzo direttore di Avvenire e di qualche donnicciola dai facili costumi possa convincersi a scaricare un prezioso alleato. Vogliamo forse credere che non sapessero cosa egli facesse nelle sue notti brave?

Insomma, il problema è Putin anche per i Vescovi? E perchè mai Putin dovrebbe essere un problema per il Vaticano?

Intanto in Sicilia Raffaele Lombardo sembra (ripeto: sembra...) gettare acqua sul fuoco abbracciando idealmente Boffo: “Solidarizzo pienamente con lui e se il mio Movimento, quello che sara' il Partito del Sud di domani, avesse le risorse per poterlo fare ingaggerebbe Boffo immediatamente.” Un abbraccio un po' troppo anticipatore direi. Un abbraccio che punta dritto al Partito del Sud.

Anzi. Visto quello che sta combinando Miccichè con la formazione dei gruppi autonomi in vari ambiti politici locali, la cosa vista a posteriori diventa una anticipazione sottilissima: che sia proprio questo Partito del Sud la vera causa dell'onda abbattutasi sul povero giornalista?

I gruppi di Miccichè non sono altro che il nucleo di quel Partito del Sud, e dato che non sembrano essere arrivati segnali di contrarietà da Arcore malgrado i mal di pancia di certi colonnelli lealisti, si direbbe che un cenno di assenso dovrebbe essere arrivato proprio da lì.

La Sicilia che si sta venendo a formare è forse un po' troppo “orientale” per i gusti di Bagnasco?

Rimproverando i Vescovi, Benedetto XVI ha anche detto che certuni “lavorano per se stessi e non per la comunità”. Cioè, traducendo, cercano la loro gloria terrena a breve termine e non quella della Chiesa tutta, che necessita di tempi molto più lunghi.

I Vescovi hanno fretta di condurre in porto una certa operazione politica a modo loro per averne la gloria subito, mentre il Papa, saggiamente, chiede prudenza poiché certi cambiamenti potrebbero richiedere secoli.

Le domande a cui rispondere sono tante, ma la sensazione che l'operazione politica in questione riguardi il Regno di Sicilia diventa sempre più tumultuosa.

[Continua a leggere...]

martedì, settembre 22, 2009

La prefica allegra

Chi si ricorda ancora i piagnistei e gli alti lamenti per il disimpegno della Cai dagli scali siciliani, ed in particolare da quello di Palermo?

Il punto allora era: quelle che vedevamo stracciarsi le vesti e profferire solenni lastime, erano prefiche prezzolate oppure vedove sincere?

Rinfreschiamoci la memoria su quello che si era detto allora.

A parte la solita solfa sindacalista, la strategia disfattista italiota seguiva due direzioni principali (vedi il post “Slot machine”). La prima era quella della semina della zizzania campanilista, piantata ad arte tra Catania e Palermo.

Ecco cosa profetizzava Emanuele Lauria dalle pagine di Repubblica il 26 novembre 2008 ("Fontanarossa diventa l´hub siciliano. Così Catania vince il derby del potere"):

“Ci mancava la scelta della Cai di ridimensionare Punta Raisi e di salvaguardare Fontanarossa, a concludere la parabola di questo 2008 dei portenti. L'anno in cui il baricentro del potere si è spostato verso Catania.”

Lombardo all'assalto di Palermo, una capitale ridotta in macerie. Con la Cai che fiutato il cambiamento politico vira ad oriente.

Passa circa un anno, ed ecco come titola il sito del Quotidiano di Sicilia dello scorso 19 settembre: Aeroporti, volano alto quelli di Tp e Pa

E poi nel testo:

Ad agosto il dato sul traffico di voli ha fatto registrare un aumento dell’operatività del 3,85 per cento, mentre il numero dei passeggeri sui voli di linea è cresciuto del 3,10 per cento (483 mila 480 rispetto ai 468 mila 956 dello stesso mese del 2008)

Meno male che siamo in un periodo di crisi. Mentre i maggiori aeroporti d'Italia e del mondo (incluso quello di Catania...) sono in flessione, a Palermo il traffico aumenta.

Aveva ragione il Lauria nel voler dare un significato politico di quel tipo alle decisioni della CAI? Da dove ha dedotto la cosa? Al momento non sappiamo dirvi se il giornalista di Repubblica sia stato già licenziato.

Passiamo alla seconda strategia disfattista, quella del lamento sconsolato. Il rappresentante più esilarante in questo caso è stato il direttore di SiciliaInformazioni.com, Salvatore Parlagreco che aveva sentenziato Il Sud non conta niente, la Sicilia meno che niente.

Eppure mentre Alitalia e AirOne se la svignano incapaci di affrontare un mercato veramente libero, altri invece ne approfittano (“Aeroporto di Palermo, in calo il traffico aereo e passeggeri per il gruppo Cai nei primi otto mesi del 2009”, SiciliaInformazioni.com 12 settembre 2009, notizia ovviamente riportata in sordina e senza commento...):

La leadership di Alitalia, in termini di passeggeri (543 mila unità trasportate), è incalzata da WindJet con 539 mila passeggeri seppure in flessione dell'1,18% nei primi otto mesi dell'anno; il vettore siciliano, tuttavia, recupera sul movimento voli con un incremento del 13,9%. Il risultato migliore spetta a Easyjet con +95,6% di passeggeri e +112% di movimento voli.

Quindi anche una compagnia straniera (Easyjet) punta sulla Sicilia in un periodo di crisi nera per l'aviazione.

La decisione italiana di ritirarsi dalla Sicilia è sicuramente politica, ma non è dovuta né a pressioni paesane da derby calcistico domenicale, né ad un calcolato “abbandono” di un territorio debole e poco produttivo. D'altronde erano proprio le rotte siciliane quelle che portavano maggiore lucro al fallimentare vettore nazionale.

Ad essere deboli sono proprio Alitalia ed AirOne, che nella ritrovata sovranità siciliana non hanno la forza per competere ad armi pari con gli altri.

Una situazione che vediamo ripetersi a 360 gradi nell'ambito dei trasporti (vedi il post “In carrozza si (ri)parte”), sia nelle modalità del disimpegno dello stato centrale, che in quelle delle tattiche disfattiste di sindacati e giornalisti.

Certo il progresso fa anche delle vittime. Usanze e tradizioni centocinquantennali sono probabilmente destinate a scomparire per mai più ritornare. Come quelle delle “prefiche” prezzolate che ancora gironzolano allegre e pronte a gettarsi come avvoltoi sulle incertezze della gente.

Questa volta, purtroppo per loro, la vedova non è Siciliana.

Ringrazio Massimo Costa per la segnalazione e l'idea del post.

[Continua a leggere...]

lunedì, settembre 21, 2009

Ritorno a Camico

Popoli che perdono l'identità il senso della realtà c'è qualcuno che vuole cancellare la memoria modificare la storia perchè per mantenere il potere costituito bisogna manipolare il passato. E come è triste quando si rimane senza un minimo senso di appartenenza (...) di tanto in tanto mi rifugio nel passato (...) Fermate questo tempo frenetico voglio tornare a Camico.
Nuovi Briganti – Camico (1996)

Il mosaico umano siciliano è il frutto di un susseguirsi di migrazioni di svariata importanza dovute a fenomeni climatici, culturali o ad una commistione dei due.

Se per il periodo storico è possibile avere notizie documentali precise di detti movimenti, andando indietro nel tempo solo indizi archeologici o addirittura geologici e paleoclimatici possono venirci in aiuto.

Ad esempio, è grazie a dati archeologici che si è potuta mettere in dubbio la supposta migrazione dei Siculi, dei Sicani e degli Elimi da nord in tempi relativamente recenti (1200 a.c.) e la stessa esistenza in Sicilia di tre popolazioni differenziate geneticamente e culturalmente al tempo delle prime colonizzazione greche (vedi i post “Trapezio acrobatico” e “Da dove vengono i Siciliani”).

La leggenda di Minosse da sola basterebbe a smontare i moderni miti storiografici massonici ed a confermare i ritrovamenti archeologici. Il re cretese infatti sarebbe stato ucciso in Sicilia dalle figlie di Cocalo, re sicano, durante il suo viaggio alla ricerca di Dedalo, rifugiatosi a Camico, appunto la capitale del regno sicano.

Purtroppo però la civiltà minoica si eclissò nel 1400 a.c. circa: una incongruenza temporale inconciliabile e che non può essere giustificata con l'inesattezza del mito, spesso più fedele cronista degli storici che devono rispondere ad una autorità politica del loro operato.

Questo tentativo di forzare e mascherare fatti evidenti e di voler a tutti costi farci credere che le migrazioni che portarono l'homo sapiens in Sicilia provenissero da nord vanno inserite in un contesto molto più ampio che tende a ricostruire l'intera storia del genere umano indirizzandola verso una cosmogonia esoterica di stampo gnostico-pagano.

Nel caso specifico del percorso culturale dell'uomo, l'obiettivo è quello di provare, tramite la cosiddetta “scienza”, un origine africana unica del genere umano ed una sua diffusione nei cinque continenti per successive migrazioni a partire da circa 200.000 anni fa.

Questa visione servirebbe a convincerci che tutti gli uomini sono “uno” e che le divisioni culturali, religiose, o persino somatiche siano solo passaggi temporanei verso una nuova unificazione. Un processo evolutivo naturale e “buono”, che avrà come necessario corollario la scomparsa dei popoli (e la creazione di una moneta unica elettronica...).

La “scienza” che dovrebbe dimostrare questa visione altri non è che la gigantesca truffa della genetica. Ed il suo palco teatrale principale è sicuramente il Genographic Project del National Geographic.

Nel numero di Settembre della rivista è comparsa una mappa che riassume il supposto “viaggio umano” che falsi dati genetici raccolti letteralmente a casaccio dovrebbero confermare come realmente accaduto ("From Africa to Astoria by Way of Everywhere", 17 agosto 2009).



Uno sguardo veloce è sufficiente a capire come questa mappa presenti incongruenze e falsità evidentissime, bastanti a dimostrare come la stessa genetica, se veramente dovesse tendere a confermare le date e le migrazioni rappresentate, sia solo una bufala. Per lo meno nel modo in cui attualmente viene usata.

Come spiega il testo di supporto, l'uomo moderno si sarebbe evoluto da precedenti razze ominidi in Africa orientale circa 200,000 anni fa. Da lì sarebbe poi migrato sino a colonizzare quasi interamente il globo.

Le date e le direzioni di queste migrazioni sono alquanto particolari.

L'uomo moderno sarebbe arrivato in Nord Africa circa 70,000 anni fa e sarebbe uscito (finalmente...) dal continente nero dopo altri 20,000 anni, 50,000 anni fa circa.

A questo punto vi sono da notare due particolarità: la prima è che la diffusione dal medio oriente sino all'Australia è stata quasi istantanea (anche in Australia l'uomo sarebbe arrivato circa 50,000 anni fa), mentre ci sono voluti 30,000 anni per arrivare nell'Europa meridionale.

Non solo: di anni ce ne sarebbero voluti circa 50,000 per attraversare i pochi chilometri dello stretto di Gibilterra (seconda particolarità), mentre dall'altra parte della terra si affrontavano i viaggi transoceanici che avrebbero portato alla colonizzazione dell'arcipelago indonesiano.

E' possibile? E' possibile che in Asia l'uomo abbia cominciato ad andare per mare così precocemente, mentre nel Mediterraneo non erano capaci di salire su un tronco e fare qualche bracciata sino a Gibilterra o sino in Sicilia, la cui costa più volte durante i periodi glaciali si è trovata vicinissima a quella tunisina?

In realtà si sa benissimo che le cose non possono essere andare in questo modo. In Sardegna i reperti umani più antichi sono stati confermati come risalenti a circa 100,000 anni fa (reperti precedenti alla comparsa di homo sapiens in Europa). Ebbene, la Sardegna risulta essere stata isolata dalla terra ferma da tempi ben più antichi. Quegli “ominidi” devono essere arrivati lì via mare più di 100.000 anni fa!

Questa conferma potrebbe ora dare maggiore credibilità al lavoro del grande archeologo agrigentino Gerlando Bianchini che negli anni 60 diede un forte scossone al mondo finto-accademico mondiale scoprendo la presenza in Sicilia di manufatti umani risalenti sino a circa 500.000 anni fa! La critica fatta a questi ritrovamenti, che ponevano la maggiore isola del Mediterraneo quale testa di ponte della diffusione umana tra l'Africa e l'Europa, era proprio che mai Africa e Sicilia potevano essere state unite. Ora, grazie ai ritrovamenti sardi, sappiamo che anche allora i nostri antenati non disdegnavano l'avventura per mare.

D'altronde anche l'improvvisa sparizione dell'elefante nano (elephas falconeri) potrebbe avere una qualche relazione con lo svolgersi di una delle tante migrazioni umane. Simili improvvise sparizioni di fauna insulare a causa dell'arrivo di cacciatori umani sono state registrate in svariate aree della terra sin dalla preistoria.

E l'homo sapiens sarebbe stato per 50,000 anni a guardare l'altra sponda senza avere la tentazione di andare a curiosare di persona?

Il mistero diventa ancora più fitto (o forse la storia ufficiale più insensata... fate voi) proprio nel caso della Sicilia . Come detto al culmine dell'ultima glaciazione le coste siciliane e quelle tunisine erano estremamente vicine, venendo quasi a lambirsi (Vedi anche "Uno zoo simbolico racconta l' Europa glaciale", Il Corriere, 12 febbraio 1995).

Anche ammettendo una Sicilia disabitata, è possibile che questa vicinanza non abbia portato ad una colonizzazione massiccia dell'isola? Perchè i Sicani (o i Siculi o gli Elimi, che poi sono la stessa cosa...) non potrebbero essere arrivati da sud? E perchè una volta arrivati in Sicilia non avrebbero potuto attraversare lo stretto (a quel tempo emerso) e spingersi più a nord, sino a venire in contatto di quelle popolazioni proveniente dall'Europa e stabilitesi nell'Italia centrale?

I ritrovamenti archeologici ci dicono che non esiste una netta separazione tra i reperti della Sicilia nord-orientale e quelli del Sud Italia peninsulare. Piuttosto una variazione graduale e costante.

La verità a questo punto potrebbe essere quella da tutti sussurrata: i Sicani non erano altro che una popolazione berbera, e non indoeuropea. Un'eresia inaccettabile per la tirannica ideologia totalizzante ed “unificante” dell'Entità.

“Nei secoli recenti questi percorsi preistorici si sono riconnessi a New York ed in altri paradisi di immigrati”, scrive il National Geographic. Quale paradiso è più adatto a studiare queste “riconnessioni” della Sicilia?

Eppure se i Siciliani non sono un popolo indoeuropeo (almeno nei nuclei preistorici), ne consegue qualcosa di sconcertante per gli adoratori del sole. Il loro utopico “melting pot” non ha dato luogo ad una scomparsa dell'identità dei popoli, ma ad un suo rafforzamento.

L'umanità non ha percorso la sua strada in un unica direzione, dall'esplosione iniziale africana sino alla eventuale prossima ricongiunzione in un unica razza senza identità. Le migrazioni umane hanno fatto percorrere alle genti più e più volte le stesse strade, con rimescolamenti genetici che ne hanno modificato l'identità culturale senza mai annullarla.

In Sicilia flussi migratori e mescolamenti razziali senza paralleli nel genere umano non hanno minimamente intaccato l'identità del popolo siciliano. Ne hanno semplicemente modificato i contorni.

Tutto ciò fa crollare la teoria dell'origine unica. E non solo. Volgendo ora lo sguardo all'orizzonte, tutto questo ci mette anche la pulce in testa circa del prove “scientifiche” di ogni altra “teoria dell'origine unica”. Ed in particolare di due di esse. Due teorie che in fondo non fanno altro che ricalcare quella dell'origine unica della civiltà umana in modo sin troppo letterale: quella sull'origine dell'universo, secondo la quale tutto sarebbe derivato dall'esplosione (bing bang) di un singolo uovo, e la teoria evolutiva, secondo cui tutte le forme di vita sarebbero derivate da un solo organismo primordiale.

---------------------------

Nota finale: recentemente la pagina della wikipedia relativa si Sicani è stata modificata in senso “sicilianista” (se così si può dire...). Quelli della wikipedia se la sono presa a male ed hanno segnato tutto in rosso, dalla probabile origine indoeuropea, alla dinastia del Kokalos, lunghissima in un periodo parallelo ai faraoni che va dal 2650 a.C. (fondazione di Camico) al terremoto di Thera (VIII secolo a.C.), sino alla osservazione ampiamente provata (vedi il post “Da dove vengono i Siciliani”) secondo cui non vi sia nessun reperto archeologico che possa essere di supporto a quanto affermato dagli storici greci. Consiglio vivamente di leggere la pagina prima che venga di nuovo modificata in senso “massonico”.

La canzone “Camico” del gruppo messinese dei Nuovi Briganti può essere ascoltata dal pagina di Facebook del gruppo.

[Continua a leggere...]

sabato, settembre 12, 2009

De cinere surgo

Il profumo di polvere pirica si respirava da tempo tra gli ultimi rifiuti risorgimentali rimasti ancora ad ammorbare l'aria in Sicilia. La miccia accesa dal tramonto del cuffarismo e catalizzata dai risultati delle scorse europee nell'isola è giunta alla fine del suo percorso:

"La giunta regionale siciliana ha ritenuto nulli gli atti che dipendono dalla gara di realizzazione dei termovalorizzatori nell'Isola, dichiarata illegittima dalla Corte di Giustizia Europea"

Un terremoto annunciato che squarcia il velo sulla realtà politica della Sicilia di oggi. La gara per la costruzione dei megainceneritori varata dal governo Cuffaro e bocciata dalla corte europea è andata definitivamente deserta. Si ricomincia da zero.

Ecco come esordisce Ignazio Panzica su SiciliaInformazioni.com in un articolo che consiglio a tutti di leggere attentamente (“Saltato “l‘affaire” termovalorizzatori in Sicilia: eccovi “i retroscena” ed i possibili sviluppi. Vincono Lombardo e Cracolici, perdono quelli dell’asse Udc-ex Fi”, 11 settembre 2009):

“Il gioco non vale più la candela”, è stata la sintetica, ma efficace, valutazione fatta da un grosso manager del giro di una delle “società di scopo”, che i quattro termovalorizzatori in Sicilia li doveva costruire. E’ stato questo giudizio, secco e conciso, pronunciato con la giusta punta di cinico realismo, in un summit riservato e di altissimo livello (tenutosi fuori dalla Sicilia), che ha posto la pietra tombale su questa megaoperazione da 5 miliardi e mezzo di euro.

Senza voler ancora dichiarare vittoria per la Sicilia e per i Siciliani (che genere di piano varerà ora la giunta Lombardo?), vi sono dei punti da evidenziare.

Il primo e più importante deriva da una semplice dichiarazione effettuata dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, durante l'inaugurazione dell'impianto di Acerra:

“Ed ora tocca alla Sicilia” (“Berlusconi accende Acerra”, LaSiciliaWeb.it, 26 marzo 2009)

Raffaele Lombardo non ha sconfitto solo Cuffaro o Felice Crosta, il manager dell'ARRA incaricato del genocidio del popolo siciliano tramite incenerimento dei rifiuti. Il Presidente della Regione Siciliana ha sconfitto Berlusconi, Bertolaso e diversi gruppi affaristici globali (in particolare la tedesca Falck) che stavano dietro a quest'ultimo, personaggio stranamente tenuto nella massima considerazione sia a destra che a sinistra.

Questo per chi ancora si ostina o considerare Lombardo un pupazzo di Arcore.

La cosa è oramai tanto evidente che non si può più tacere e Fassino, rompendo i ranghi, la rende pubblica:

"La crisi di autorita' di Berlusconi, la sua caduta di autorevolezza, la crepa, la frattura nel centrodestra e' cominciata in Sicilia. Tanto e' vero che il presidente del Consiglio a Palermo non riesce piu' a governare il Pdl"

Non è un caso che lo faccia proprio in concomitanza con l'uscita della notizia sugli inceneritori.

Possiamo criticare il modo in cui ciò avviene, ma in Sicilia in questo momento comandano i Siciliani.

Il secondo punto da discutere riguarda le fantastiche dichiarazioni di Salvino Caputo, presidente della Commissione parlamentare Attività Produttive:

"Bisogna capire veramente come mai gli imprenditori e i grandi gruppi italiani ed europei che operano nel settore energetico ambientale rinuncino a uno dei più grandi appalti realizzati negli ultimi anni da un ente pubblico, in un momento in cui in tutto il continente imperversa uno stato di grave crisi economica e imprenditoriale".

In Sicilia sarebbe attesa, come pagliacciata di contorno alla vicenda, una commissione d'inchiesta. Dove si indirizzerà questa commissione di straccioni è già stato indicato:

Previste inoltre le audizioni dei procuratori distrettuali antimafia di Palermo e Caltanissetta

Si spera insomma di pescare in quel poco ed asfittico torbido che è rimasto. La mafia avrebbe spaventato gli imprenditori? Ma come, secondo gli ultimi capovolgimenti acrobatici Berlusconi è sempre stato in mano alla mafia [*], e si sarebbe permesso di appoggiare la costruzione degli inceneritori contro la volontà dei suoi padroni?

Il quadro oramai fa acqua da tutte le parti, e non entreremo più nei dettagli. Chi vuole ancora credere a queste bestialità e libero di farlo. I Siciliani nel frattempo vanno avanti senza guardarsi indietro.

Il pezzo forte arriva però dagli ambientalisti. Ed è questo il terzo punto che metteremo in evidenza.

"Anche i bandi di gara per i termovalorizzatori con procedura negoziata sono andati deserti: l'ennesimo fallimento mette la Sicilia a rischio di una pesantissima multa da parte dell'Ue, senza un rapido intervento del governo e dell'Assemblea regionale"

Indovinate chi si lamenta per il fallimento del piano di devastazione oncologico della Sicilia (“Il flop dei termovalorizzatori”, LaSiciliaWeb.it 11 settembre 2009): il WWF! Proprio loro, quelli del Fondo CONTRO natura! Ce li saremmo aspettati entusiasti del fallimento del piano. Evidentemente abbiamo frainteso i loro interessi.

Otto anni fa, in questo stesso giorno (11 settembre) il mondo mutò drammaticamente nel giro di poche ore. La sconfitta di certe lobby affaristiche globali questo 11 settembre segna il ritorno ufficiale sulla scena di un antico e mai domo attore, il Regno di Sicilia.

ANimuus TUus Dominus

----------------------------
[*] Vedi ad esempio certe allusioni estrapolate dalle dichiarazioni di Ciancimino junior apparse proprio oggi (guarda caso...) sui giornali: “Per certo so che Berlusconi era piuttosto una vittima della mafia”.

[Continua a leggere...]

mercoledì, settembre 09, 2009

Peppuccio il mangiapreti

Quando saltano i nervi si perde il controllo e si comincia a mordere a casaccio a destra ed a manca come rabbiosi cani randagi. E nel canile della politica italica i nervi sono saltati da un pezzo.

Basta vedere i ridicoli attacchi a Berlusconi: dal tormentone estivo di “Papi”, alle tombe etrusche in Sardegna. E senza dimenticare la vergognosa polemica che ha accompagnato la presentazione a Venezia dell'ultimo film di Tornatore, con una certa sinistra che scopre improvvisamente che la casa di produzione (la "Medusa") appartiene proprio a “Papi”, con la novità delle proteste per le riprese effettuate in Tunisia (facendo finta di non sapere che uno dei principali produttori del film è un imprenditore tunisino, Tarak Ben Ammar [*]), e pure con Sgarbi che riesce velenosamente a farci entrare la mafia.

E non scordiamoci un'altra pagliacciata degli ultimi scampoli di estate, e cioè quella che ha visto come vittima sacrificale l'oramai ex direttore di Avvenire, Dino Boffo. Una pagliacciata che come le altre nasconde forte nervosismo negli avversari e negli alleati del solito “Papi”. Chi è l'avversario (o l'alleato) in questo caso non è difficile da capire: Berlusconi ed il papato sono ai ferri corti.

Quello che non è ben chiaro è quale sia l'oggetto del contendere.

Come tutti sapete, da queste parti ci piacciono la fantapolitica ed il cospirazionismo, e siccome siamo anche siculocentrici la riposta è ovvia: il principale oggetto del contendere è l'isola di Trinacria.

Cioè: il film girato da Peppuccio e prodotto da Papi ha contribuito a fare andare su tutte le furie l'entourage del Papa. O forse più che il film di Tornatore (Baarìa, che ancora non abbiamo visto...) sono state le sperticate lodi ad esso rivolte da Berlusconi non da semplice produttore, ma nella veste di Presidente del Consiglio (di norma, un produttore non esorta tutti gli italiani di andare a vedere il proprio film). Lodi sulle quali si è soffermato meravigliato lo stesso regista (intervista rilasciata a La Sicilia del 3 settembre 2009):

“Sarei ipocrita a dire che non mi ha fatto piacere, soprattutto perché arriva da una persona che la pensa diversamente da me in politica. (...) E' stato nel giudizio positivo un po’ intempestivo.”

Le prime crepe nella decennale alleanza tra la Chiesa e le logge padane (leggi P2) sono apparse alla vigilia delle scorse elezioni europee, quando il pecoraio tentò l'annessione definitiva della Sicilia con la formazione del PDL (vedi il post “Incartati neri”). Il colpaccio fallì a causa dell'opposizione di Dell'Utri, Miccichè e Lombardo (affiancati nell'occasione dal sindaco antimafia Crocetta, una cosa da sbellicarsi dalle risate) e di quella importantissima del Vaticano. Invece del progettato 50%, il nuovo soggetto politico si ritrovò in Sicilia con un magro 36%.

Il soglio di Pietro non aveva visto di buon occhio il tentativo del paramassone per un semplice (ed ovvio) motivo: a papparsi la Sicilia voleva essere lui. E nel dopo elezioni pensò di avere il campo libero.

Evidentemente aveva frainteso il “Non cambio, agli italiani piaccio così” di Berlusconi. Qualcosina purtroppo (o per fortuna...) è cambiata, ed invece di mantenere le distanze dagli interessi della Chiesa in Sicilia, ha deciso di contrastarli aiutando la Sicilia a non cadere nelle mani di Sua Santità rafforzandola sia dal punto di vista logistico (vedi il post “In carrozza, si riparte”: senza certi aiuti tutto questo non sarebbe stato possibile) che da quello dell'immagine e del radicamento dell'identità divaricandola ulteriormente da quella del meridione d'Italia [**].

Ed è proprio qui che potrebbe inserirsi il film di Peppuccio e la presenza al lido di una Cucinotta ghibellina [***] e dalle forme visibilmente anti-papaline come madrina della manifestazione:



Un tale scenario può essere verosimile? Chi conosce la storia e sa interpretarla potrebbe già aver capito dove si sta puntando.

Le lotte tra la Sicilia ed il papato sono ben conosciute: dall'estorsione della Legatio alla quale si dovette sottomettere Papa Urbano II, ai tentativi di recuperarla sfociati nei duecenteschi Vespri e nella settecentesca “Controversia Liparitana”. Senza contare le scomuniche a Federico II, reo di essersi alleato con musulmani e ortodossi (e di essersi incoronato da solo).

Ci fu un momento però in cui la Chiesa credette di poter vincere definitivamente la guerra, quando nel 1816 per mano dei Borbone ci si “inventò” il Regno delle Due Sicilie, effimero esperimento poi sommerso dall'epopea risorgimentale.

Con il disfarsi dello Stato Italiano, creatura posticcia figlia di quel risorgimento, oggi il ritorno del Regno di Sicilia è temuto da molti, a Londra ma anche in Vaticano.

Quale migliore soluzione per le brame pontificie se non la riproposizione politica di quella che in fondo fu anch'essa una creatura risorgimentale, appunto il guelfo Regno delle Due Sicilie?

L'azione “sicilianista” di Berlusconi tuttavia non è priva di interessi personali. Divaricare la Sicilia dal Sud Italia permetterà infatti ai padani di mantenere il controllo su Napoli a scapito del Vaticano. Un disegno irto di insidie anche per noi: la Sicilia per prosperare ha bisogno di un Sud Italia stabile politicamente, ed il contrasto tra “padania” e Vaticano, una volta crollato il fronte massonico anglosassone, rischia di degenerare in guerra civile. Con ripercussioni anche da questa parte del faro.

Una soluzione potrebbe essere quella di liberare il meridione d'Italia da sud secondo un processo “federiciano” (fu Federico II che consolidò l'unificazione di Sicilia e dell'intero Sud Italia in un unico Regno di Sicilia) in opposizione al processo “borbonico” proposto da Roma. E per fare questo la Sicilia deve essere capace di camminare sulle proprie gambe.

Il famigerato (e finora anche fumoso) partito del sud proposto ed oggi ri-proposto da Miccichè ed avversato sia da Berlusconi che da qualche uomo di Chiesa, potrebbe permettere di intraprendere questa via federiciana. Val la pena ricordare che fu lo stesso Miccichè qualche mese fa a mettere in campo Federico II (“Micciché vuol cancellare Garibaldi”, IlGiornale.it, 21 aprile 2009):

Via Giuseppe Garibaldi dalle... vie di Sicilia. Dalle vie, dalle strade, dalle piazze, da dovunque. E largo a Federico II, che invece davvero ha dato lustro alla Sicilia.

I politici siciliani (primo tra tutti Raffaele Lombardo con la sua più ponderata via “autonomista”) rimangono però ambigui sull'argomento, non potendosi permettere uno scontro in campo aperto né con Berlusconi né con il Vaticano [****]. La cartina di tornasole del saldarsi delle nuove alleanze sarà forse la formazione di questo benedetto “Partito del Sud”? Se Arcore (anche sottobanco) si mostrerà più disponibile verso il nuovo soggetto politico, utile come argine da opporre all'espansionismo pontificio, vorrà dire che la via “federiciana” potrebbe avere la meglio.

Lo spazio messo a disposizione della Sicilia in laguna vorrà pur dire qualche cosa.

Che santa MariaGrazia, madrina di Venezia, ci protegga dalle tentazioni ultraterrene.

Nota finale: L'attacco più volgare contro Tornatore e gli altri, anche se indiretto, proviene dalla Sicilia. Il direttore di SiciliaInformazioni.com, a causa della rabbia di cui sopra, si è “impappinato” sul titolo di un film prodotto dalla Cucinotta, che da “Viola di mare” è diventato “Minchia di mare”. Risolto “l'equivoco” grazie all'intervento dell'autore del libro, dal giornale non sembra siano arrivate le dovute scuse alla Cucinotta, al regista ed a tutti i Siciliani.



Clamoroso a Monreale, Papa licenziato in tronco: il Cristo decide di incoronare lui direttamente il Re di Sicilia


-----------------
[*] Ma non si diceva che uno dei modi per affrontare la crisi dell'emigrazione era portare lavoro e sviluppo a casa loro? Ed ora che anche grazie alla Sicilia questo avviene, qualcuno continua a lamentarsi...

[**] Da rilevare come in certi ambienti cattolici sin dall'800 si sia assegnata al nazionalismo siciliano una radice liberal-massonica, a partire dalla storia dei Vespri apparentemente riscritta in funzione anti-papale dal rivoluzionario Michele Amari. Al solito, si tace l'esistenza di una fonte scritta in siciliano e contemporanea agli eventi (“Lu rebellamentu di Sichilia”, 1290) che descrive e rivela la congiura pontificia.

[***] Il termine “ghibellino” deriva dal nome del castello di Waiblingen, di cui erano signori gli Hoenstaufen di Svevia, il casato di Federico II.

[****] Neanche il Vaticano, a ben vedere, può permettersi oggi uno scontro in campo aperto con la Sicilia. Sarebbe un enorme regalo a Gheddafi ed a Putin, o meglio a musulmani ed ortodossi. Di nuovo, Federico II docet.
[Continua a leggere...]

lunedì, settembre 07, 2009

In carrozza, si (ri)parte

Ahhh... quelle lunghe e testarde attese all'aeroporto di Roma prima di salire sul nostro aereo. Un aereo veramente “nostro”, con quella livrea rossa e gialla in coda. Attese sopportate con stoicismo, solo per avere il piacere di poter guardare dall'alto in basso protetti da colori amici (a proposito, la diretta discendente di Air Sicilia – Efly – sta per iniziare ad operare tra la Sicilia e Malta).

Attese dovute certamente anche a motivi interni all'azienda, ma le cui cause venivano cavalcate ad arte da chi invece quei colori avversava.

Attese che in seguito anche con Windjet abbiamo ritrovato amplificate dai mezzi di informazione.

Fino a quando, pochi mesi fa, all'improvviso qualcosa è cambiato. Oggi ad essere amplificati non sono più i ritardi siciliani, ma i disservizi italiani. Le odissee dei bagagli affidati ad Alitalia, le mancate connessioni di Meridiana, i fallimenti di MyAir o le infinite attese a bordo di un Air One.

D'altronde lo stesso Presidente Raffaele Lombardo aveva a suo tempo protestato per i ritardi di Alitalia nei collegamenti con l'isola e noi lo avevamo pizzicato a suggerire apertamente di volare usando la arrembante compagnia di Pulvirenti (vedi il post “Vino dell'Etna”).

Favoritismi personali o più ampi movimenti strategici? Non abbiamo i mezzi per indagare i primi, ma diversi indizi sembrano confermare l'esistenza dei secondi.

I media siciliani sono infatti diventati tutti quanto mai generosi nel segnalare i disservizi nell'ambito dei trasporti da parte di aziende di stato o private in mano ad operatori del nord Italia. Ad esempio nel campo navale, dove proprio oggi vengono evidenziate le 13 ore di ritardo del traghetto Genova Palermo di Grandi Navi Veloci.

E dire che il governo ha segnalato l'intenzione di vendere la Tirrenia. E la Regione Siciliana la volontà di acquistarla.

Per non parlare dei treni. Qui i disservizi dell'operatore nazionale sono noti da sempre. Come nota è da tempo la volontà di disimpegno dall'area dello stretto.

Proprio in questi giorni di fine estate la polemica sui problemi dei sistema ferroviario siciliano sono saliti di livello con l'intervento del noto attore e comico teatrale palermitano Pino Caruso sulle pagine de La Sicilia (“Lo scandalo dei treni in Sicilia. Vnce Bossi, perde Garibaldi”), implora lo stato di riprendere in mano la situazione ma in pratica affossa ancora di più le FS agli occhi del cittadino:

Le ferrovie in Sicilia sanno ancora di Ottocento. Una grande occasione per chi fosse intenzionato a viaggiare nel tempo Un pessimo affare per coloro che si ostinano a servirsene oggi (...). Quando diventano vecchi (i vagoni, non i passeggeri) e non sono più buoni per viaggiare al Nord, quando cominciano a cadere a pezzi, prima, o meglio: invece di mandarli al cimitero delle macchine, le mettono in funzione in Sicilia.

L'esempio che segue accusa esplicitamente di truffa lo stato:

Prendiamo il vagone letto, del tipo Gran Comfort, Excelsior, costo 185 euro, dotato (dotato è un beffardo eufemismo) di carrozze non solo sull’orlo del disfacimento ma concepite per itinerari più brevi, tipo Roma-Milano, e per passeggeri muniti di un bagaglio piccolo e leggero (una borsa o una valigetta ventiquattro ore), ed è, di conseguenza, sprovvisto di qualunque spazio per collocarvi anche una sola valigia - bagaglio minimo per chi affronta un viaggio di dodici ore come Palermo-Roma o Siracusa-Roma.

E così via, sino alla surreale risposta data da un ferroviere alle lamentele dello stesso artista durante un suo viaggio: «Lei deve ringraziare che c’è il treno», mi ha risposto. Silenzio, dunque. Non protestiamo troppo. O ci tolgono anche quello.

Ciò che suggerisce un possibile accostamento con la saga Air Sicilia/Windjet e con la svolta a favore dei siciliani nella secolare battaglia contro la prepotenza dello stato centrale nel campo dei trasporti, è un articolo uscito sullo stesso giornale solo pochi giorni prima (Domenica 30 agosto) all'interno della sezione Economia e Finanza:

“Gmc pensa al trasporto passeggeri e avvia lo start-up dell'attività merci”.

La Gmc è un azienda con sede a Catania operante nel campo della logistica a livello globale e che nei prossimi mesi comincerà ad operare dei veri e propri convogli merci pagando un (immeritato) affitto a Trenitalia per l'uso dei fatiscenti binari dell'isola. Il sogno del direttore generale dell'azienda, Giuseppe Campione, è però quello di arrivare al trasporto passeggeri. O meglio, se vogliamo volgere la frittata dal verso giusto, quello di cacciare definitivamente Trenitalia dalla Sicilia. Ecco le sue parole:

Se dopo 45 anni nulla è cambiato nel trasporto passeggeri in Sicilia di chi è la colpa? Io dico che la colpa è dei siciliani, che non vogliamo “fare” e pretendiamo che qualcun altro faccia per noi, pronti sempre, però, ad autocommiserarci e a lamentarci che in Sicilia non funziona mai niente. Ecco perchè ho deciso di fare i treni in Sicilia, impegnandomi con la rabbia di chi vuole dare dignità ai siciliani, vecchi e giovani, facendoli viaggiare con treni che siano decorosi

Significative anche il racconto di come la GMC è arrivata alla decisione di richiedere la licenza:

Nel 2007 decidemmo (...) di prepararci ad una eventuale decisione di Trenitalia di non arrivare più in Sicilia. Previsione che successivamente si è dimostrata non errata. Infatti, Trenitalia pare abbia già deciso che a breve fermerà in Calabria i convogli merci e lunga percorrenza

A questo punto Campione si chiede quello che tutti noi ci stiamo ora chiedendo: “E i treni passeggeri?

La risposta è che anche il servizio passeggeri passerà in mani siciliane. Risposta che è arrivata subito nella forma delle solite proteste dei sindacati che fanno finta di occupasi dei lavoratori mentre tremano al pensiero che il cordone ombelicale garibaldino che li lega la potere clientelare romano possa essere reciso. Ecco dunque prontamente diramato uno di quei comunicati farciti dal classico linguaggio delle grandi occasioni:

Preso atto dell’incombente pericolo di ennesima privatizzazione selvaggia e dell’assenza di volontà al confronto da parte di F.S., la presente assume titolo di attivazione delle previste procedure di raffreddamento che in caso di mancato riscontro sfoceranno in una prossima azione di sciopero.

Cosa si intenda dire con il termine “selvaggia” non riusciamo a capire. Cosa c'è di più selvaggio in Sicilia del servizio offerto dalle ferrovie dello stato?



Certo c'è chi non si sentirà tanto rassicurato dal sapere il servizio passeggeri in mani private, ma quanti preferirebbero invece continuare alle condizioni dettate da Trenitalia, il cui direttore (guarda caso) è un ex sindacalista? (Il che la dice lunga sul vero interesse dei capibastone dell'OrSA).

Nel caso dei treni poi il vero nocciolo sono i binari, che dovrebbero rimanere in mano pubblica. Anche quella siciliana, speriamo.

Il fatto che la GMC abbia “previsto” sin dal 2007 il disimpegno dello stato sembra confermare le impressioni ricavate dal susseguirsi di articoli “tagliati su misura” sui mezzi di comunicazione siciliani ed italiani. Esistono cioè degli ampi movimenti strategici volti a dotare la Sicilia di un proprio sistema logistico indipendente. Movimenti di cui oggi cominciamo a vedere indizi consistenti. A partire dal nome scelto dalla GMC per battezzare la nuova impresa ferroviaria: SRC, o meglio “Sicilian Railway Company”. Tutto un programma.

Un programma che può essere riassunto nelle righe di chiusura del pezzo di Pino Caruso:

“Non più treni da Catania o da Palermo, diretti a Torino, a Milano, a Venezia eccetera. L’isola sarà chiusa in se stessa e verrà praticamente staccata dal resto dell’Italia. Estero.”

Parole Sante.


Pubblicità Progresso

[Continua a leggere...]