Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

mercoledì, dicembre 29, 2010

La piccola terra

Il quotidiano La Sicilia di ieri, 28 dicembre, ci ha regalato un gustoso speciale dal titolo “150 anni di Sicilia” dedicato ai rapporti tra l'isola e lo stato italiano in relazione all'anniversario che tutti sappiamo.

Anche se del suddetto inutile anniversario ne avete piene le scatole, consiglio a tutti di consultarlo per i pochi giorni in cui sarà disponibile online alle pagine 25-47 della versione telematica.

Il tutto si sviluppa intorno al delirante pezzo di Enrico Iachello (Il rapporto immaginario tra la Sicilia e lo Stato, pagina 28). In esso è riflesso il tragico livore di chi non si vuole rassegnare al destino di un'era, quella dell'unità, che sta per finire in un mesto flop atono.

La "terra dei miti" sembra essersi spopolata” dichiara infine il nostro, dopo aver calunniato persino i Florio (“Nel corso del primo Novecento l'élite palermitana, Florio inclusi, rielabora e rilancia il mito del sicilianismo e del complotto antisiciliano per far fronte alle difficoltà che pongono i nuovi processi sociali e politici di una società di massa passando attraverso gli effetti destabilizzanti della crisi agraria”), fatto invero nuovo nel “bestiario” massonico-liberale.

Da antologia il glissare sul fermento indipendentista: “Si elabora e si afferma l'immaginario "riparazionista" (dei torti subiti) che tanta fortuna avrà nell'immaginario isolano, destinato a riemergere, sia pure ormai svigorito, quasi fenomeno carsico, dal 1946 (Statuto della Regione, art. 38) ai nostri giorni”. Quello “svigorito”, termine troppo audace per i mala tempora che corrono, lo perseguiterà per il resto dei suoi giorni.

Per fortuna ogni editore deve gioco-forza dare spazio alle reali disposizioni sul campo. E' così che a pagina 44 le penose truffe dei nostri libri di storia vengono tutte messe allo scoperto da un'emissione filatelica che vorrebbe commemorare l'impresa dei mille (“Quattro Francobolli sull'impresa dei Mille”), leggere per credere.

Il quadretto è completato dall'apertura della pagina seguente dedicata ad un dettaglio gastronomico Marsalese: “Tutto comincia (si fa per dire perché non si possono cancellare secoli di contaminazioni culinarie) dallo sbarco dei Mille. Quando Garibaldi arriva a Marsala l'11 maggio del 1860 non trova ad accoglierlo quella folla festante di cui parlano i libri di storia.”.

Anche gli altri articoli presentano i loro lati interessanti. Oltre alla solita collezione di sventure (la mafia, la spagnola, lo sviluppo mancato) troviamo un duosiciliano “Sotto i Borboni la Sicilia al passo con l'Europa”, pagina 31, ed una intervista al pittore Piero Guccione (pagina 29) che contiene una piccola chicca:

«La nostra è stata terra di conquista. Ricca tanto da bastare a se stessa, ma di una dimensione territoriale tale da non consentirne l'autonomia. Con l'Italia o con un altro paese, la Sicilia sarebbe stata comunque una piccola parte di altro»

Guccione parla dei grandi “sistemi”. E dice una cosa importante: la nostra storia, come quella di tutti gli esseri umani, non si può isolare. La piena indipendenza è in fondo solo una chimera perchè la Storia, con la esse maiuscola, è mossa da forze molto più potenti di noi. Scordarsi questo “dettaglio” può portare a conseguenze disastrose, opposte agli obiettivi che ci eravamo prefissati.

Per tutti i gusti, insomma. Buona lettura.

In alto, particolare di un'opera di Piero Guccione.

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martedì, dicembre 28, 2010

Debitori rubati all'agricoltura

Il debito che schiavizza le masse non è solo debito pubblico. Il dialogo del film “The International” citato nel post “Gli schiavi” (E questa è la vera essenza dell'industria bancaria: fare tutti noi, sia che siamo nazioni o individui, schiavi del debito) si riferisce anche al caso della singola persona.

Spiegare il concetto può apparire semplice, in quanto intuitivamente tutti comprendiamo che chi è pieno di debiti è schiavo dei detentori di quel debito, siano essi degli strozzini o una banca.

Più difficile è invece trarne le giuste conseguenze ed applicarle alla nostra vita quotidiana e questo perché il più delle volte l'immagine che ci costruiamo è quella di casi limite quali un fallimento aziendale o di una perdita al gioco. Un immagine in fondo rassicurante perché forse più lontana da noi.

La realtà è molto più sottile, fatta di catene che ci hanno avviluppano suadenti nel vortice superfluo della modernità e destinate a serrarsi al momento opportuno con un meccanismo che si ripete sempre uguale.

Se da un lato è vero che essendo in debito la comunità alla quale apparteniamo (in questo caso lo stato) siamo in debito anche noi individualmente, dall'altro dobbiamo anche rilevare come il debito nazionale non si traduca istantaneamente in una menomazione delle nostre libertà individuali.

Ma il debito pubblico è solo la prima parte di una più larga strategia.

Bloccati gli stati grazie al ricatto del disavanzo, la “crescita” economica continua tramite il credito al consumo, permettendo al sistema finanziario di passare al suo obiettivo finale: l'individuo. Un individuo drogato da quel fittizio benessere materiale diventato irrinunciabile. Un po' come il topolino da laboratorio che continua ad attivare sino all'autodistruzione quella leva che procura la piacevole scarica elettrica. Il ribasso del costo del denaro, la possibilità di accedere a mutui ipotecari per importi spropositati su periodi di tempo estesi (a volte l'intera vita lavorativa di una persona), le rate per gli elettrodomestici, costituiscono quelle catene che si serrano lentamente ma inesorabilmente.

Il meccanismo è azionato dal modello della crescita continua, svenduto alle masse come “progresso”. Una volta messa in moto la ruota dentata del continuo miglioramento delle condizioni materiali, questa continuerà a girare senza tenere in conto le risorse naturali rinnovabili nella disponibilità della comunità risultando praticamente impossibile da fermare senza provocare instabilità nel sistema. Quel tipo di instabilità che poi passa alla storia con il termine di rivoluzione.

Va da sé che non potendo l'autorità politica costituita accettare la perdita di potere a causa di queste instabilità, continuerà a sottoporsi ai diktat del detentore ultimo del debito, in un ciclo perverso che in ogni caso non potrà non sfociare in un evento traumatico. Il modello della crescita continua adottato nell'era moderna in tutto l'occidente è solo un truffaldino schema a piramide dove gli ultimi a metterci i soldi (ultimi in senso generazionale...) ci rimangono fregati.

La recente crisi finanziaria è quindi una crisi sistemica finale inevitabile (e quindi prevedibile e programmabile...) che nelle intenzioni dei suoi pianificatori dovrebbe consegnarci in catene a quel “detentore ultimo”.

Chiuso il capitolo occidentale, lo stesso meccanismo può ora cominciare a girare per le masse che solo adesso si affacciano sull'orlo del progresso economico. Le masse di nazioni quali la Cina, l'India, i paesi arabi produttori di petrolio.

Si sta semplicizzando un sistema molto complesso. Ma queste poche righe potrebbero essere sufficienti a metterci di fronte ad alcuni quesiti che sino ad ora abbiamo tutti evitato di porci. D'altronde oggi siamo già oltre l'orlo del baratro e non abbiamo scelta.

Il principale di questi è certamente quello che riguarda la sostenibilità del “progresso materiale”.Una considerazione va fatta: le società meno indebitate e più stabili sembrano essere quelle che si appoggiano su di una larga base agricola. In esse troviamo bassa circolazione monetaria ed un modello di sviluppo che non prevede la necessità di una crescita materiale continua.

In altre parole: se vogliamo liberarci del debito, l'unica cosa da fare forse è quella di andare a riprendere la zappa. Non a caso una delle missioni (neanche tanto nascosta) della Comunità Europea è sempre stata quella di distruggere il settore agricolo dei suoi stati membri.

Addirittura l'Economist ha definito l'agricoltura (tradizionale) un'attività che “emette gas serra alla pari della deforestazione”, cioè un'attività dannosa per l'ambiente che potrebbe essere vietata d'ufficio (“Back from the brink”, 18 dicembre 2010): evidentemente il libero mercato non sopporta la libera agricoltura.

Il debito non è altro che una catena che accetto nel momento in cui lo contraggo rimettendo la mia libertà nella mani del “detentore ultimo”. Inseguendo il mito di una crescita materiale continua, l'unico obiettivo che siamo riusciti a raggiungere è stata la perdita del libero arbitrio.

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venerdì, dicembre 24, 2010

Lo scisma

L'orientalismo esoterico di Franco Battiato e dei suoi discepoli (si veda il post “Catania esoterica”) non è solo snobbismo culturale. Esso è piuttosto manifestazione di quello scisma storico e geografico tra oriente ed occidente che si è poi tradotto in scisma di pensiero e religioso.

Significativamente Battiato, analizzato dal punto di vista cattolico da Maurizio Blondet nel suo “Gli Adelphi della Dissoluzione” (si veda a tal proposito “Su Battiato ed altre eresie”, CataniaPolitica.it 15 novembre 2010), dopo essere musicalmente germogliato a Milano, è tornato in Sicilia a cercare il giusto “humus” per continuare a “crescere” quasi fosse questo il suo solo “oriente” possibile.

Il suo “ritorno” non è gretto provincialismo. Lungo la dorsale oceanica della storia, al contatto tra oriente ed occidente, forze immense che lottano da tempi immemorabili (risuonano qui ancora i testi del cantante, si veda il post "Il duello") hanno generato la gigantesca piramide dell'Etna.

La Sicilia è terra di confine, uno scoglio conteso sin dall'inizio della storia e destinato a passare di mano nella varie battaglie della guerra globale tra oriente ed occidente. Guerra la cui composizione eventuale condurrà l'uomo all'apocalisse finale delle sacre scritture.

Avvenire, il quotidiano della CEI, la Conferenza Episcopale (nord) Italiana, lo scorso 21 dicembre ha pubblicato sul suo sito un articolo a firma di Piero Gheddo dal titolo “Il Rinascimento? Fu solo in Occidente” che osservato in traslucido di fronte al caldo rossore etneo rivela in filigrana il secolare lavorio di quelle forze.

Con esso l'autore si propone di confutare le tesi che vorrebbero ridotta l'importanza del rinascimento occidentale cinquecentesco quale sorgente di una civiltà “suprema”.

Gheddo se la prende con Paolo Mieli, reo di aver fatto propria sul Corriere della Sera la tesi propugnata da Jack Goody nel volume “Rinascimento, uno o tanti?”:

“Il Rinascimento europeo che ha prodotto in Europa «la corsa verso capitalismo, industrializzazione e modernità… non fu un unicum nella storia», poiché ci furono altri Rinascimenti nei paesi asiatici, specie in Cina, India e Giappone, che più recentemente stanno raggiungendo gli stessi traguardi del Rinascimento europeo”

Niet, ribatte Gheddo: la civiltà occidentale è superiore a tutte le altre. E supporta questa posizione con varie citazioni. Fosse apparso sul Financial Times un tale articolo non avrebbe destato sorpresa alcuna. Ma il suo ritrovamento tra le pagine di Avvenire dona alle parole di Gheddo una luce diversa.

Per i cristiani l'unico Rinascimento non dovrebbe essere quello che ha fatto scoccare la scintilla della modernità, ma quello verificatosi circa 1500 anni prima con l'avvento di Cristo (in oriente...). Ogni altro rinascimento per i cristiani dovrebbe avere importanza relativa. Su di un piano storico e culturale prettamente cristiano potrebbero anche essere messi tutti sullo stesso piano, come sostenuto da Jack Goody e da Mieli. Strano che un giornale organo di una conferenza di Vescovi cattolici possa tralasciare un tale “dettaglio”.

Ma c'è di più. Forse anche di peggio. L'articolo riporta anche il seguente delirante argomento, una “teoria” sviluppata da Arnold Toynbee:

“La civiltà occidentale è l’unica «universalizzabile», cioè contiene principi e valori validi per tutti gli uomini; principi e valori che vengono non dall’intelligenza umana, ma dalla Parola di Dio. Tesi dimostrata fra l’altro dal fatto che la Carta dei Diritti dell’Uomo varata dall’Onu nel 1948 è stata fatta sulla base dei principi biblici ed evangelici (che erano quelli delle nazioni maggioritarie a quel tempo nell’Onu).”

Quindi Avvenire, voce della CEI, vanta la Carta dei diritti dell'uomo dell'ONU quale prova della superiorità occidentale e della sua aderenza ai principi del cristianesimo.

Ed io che ho sempre creduto che le fondamenta del vivere civile e cristiano fossero i dieci comandamenti dettati da Dio a Mosè (anche qui, in un luogo che tanto occidentale non è). Ora, se la carta dell'ONU prova la superiorità occidentale, tale carta deve avere superato quei dieci comandamenti. Altrimenti, attenendosi alla linea di ragionamento di Gheddo, l'articolo avrebbe dovuto sostenere la superiorità dell'oriente e non dell'occidente. Ma l'ONU non è una chiara manifestazione del mondialismo di stampo massonico? Come fa il giornale della CEI a mettere le leggi massoniche davanti a quelle del Dio cristiano?

Il mal di pancia di Gheddo (e quindi della CEI?) nasce dal fatto che Goody sembra promuovere al rango di “rinascimenti” solo sommovimenti culturali asiatici sbilanciandosi un poco troppo ad est. Il mal di pancia è forse un sintomo della guerra tra occidente ed un oriente che sta raggiungendo gli stessi traguardi del Rinascimento europeo?

Nell'anno 1054, mentre i Normanni riportavano la Sicilia ad ovest, le forze della storia riuscirono ad approfondire la distanza tra cristianesimo occidentale ed orientale a tal punto da rendere formale lo scisma tra ortodossia e cattolicesimo, uno scisma strisciante già da lungo tempo. Il soglio di Pietro non ebbe da questo momento più remore ad allearsi con qualunque altra forza rintracciabile in occidente per combattere la Chiesa greca.

Il Rinascimento segnò l'inizio di un periodo di grandi conquiste per il fronte occidentale: dal crollo di Costantinopoli nel 1453, alla Battaglia di Lepanto del 1571 contro i turchi, sino alla guerra di Crimea del 1854 ed all'unificazione italiana del 1860-61, l'avanzata occidentale sembrava inarrestabile.

La conquista spagnola cinquecentesca della Sicilia, parte integrante del cosiddetto Rinascimento, e il lento decadere del Regno di Trinacria normanno sino all'invenzione del Regno delle Due Sicilie (una creatura tutta occidentale) furono un perno importante di questa avanzata secolare.

Oggi questo lembo di terra faticosamente conquistato dagli eserciti dell'Ovest potrebbe tornare in mano nemica, un movimento ben predisposto dalle precoci lotte indipendentiste di Canepa e del MIS.

Nessuna meraviglia dunque che i Vescovi (nord) italiani ed alcuni elementi cattolici settentrionali (o meglio... occidentali), tra i quali lo stesso Blondet, editore di EffediEffe, vedano la Sicilia, Battiato e tutti i Siciliani, cristiani e non, come fumo negli occhi.

E nessuna meraviglia dovrebbero destare le tensioni createsi tra il papato ed alcuni ambienti vescovili padani sin dai tempi di Giovanni Paolo II (soprannominato con sprezzo “il polacco”), venuto in Sicilia ad esortare i siciliani alla ribellione contro il potere atlantico, e più di recente quelle adombrate da Benedetto XVI (e sottolineate persino dall'Economist, si veda il post “La tempesta”), colpevole di proseguire sul sentiero tracciato dal predecessore tentando una riconciliazione con la Chiesa Ortodossa.

Contrapposizione tanto forte da far preferire una carta dei “diritti” dell'uomo massonica ai dieci comandamenti dettati da Dio a Mosè.... in oriente.

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sabato, dicembre 18, 2010

Il primo uomo

Dalle pagine di SiciliaToday.com, Pietro Lipera si chiede retoricamente quale possa essere il motivo del nome (Iblis) dato all'inchiesta giudiziaria che potrebbe coinvolgere il Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo (Iblis, gli effetti e la leggenda: Cronache di un'inchiesta giudiziaria, 4 dicembre 2010).

Iblis, ci spiega il Lipera, altri non è se non Sua “Santità” il diavolo. Quello arabo, però. Secondo l'Islam quando Dio creò l'uomo ordinò a tutte le altre creature di adorarlo. Iblis per l'appunto rifiutò e fece la fine che tutti sappiamo.

L'articolista procede poi spiegando come l'inchiesta più che danneggiare il Lombardo, lo abbia favorito enormemente, tanto che leggendo il pezzo si fa strada il sospetto che l'identificazione cercata sia quella tra l'uomo che tutti dovrebbero adorare ed il Presidente. Chi si rifiuta di inchinarsi... all'inferno.

Sintomatico a questo proposito è la reazione scomposta dell'editore del giornale catanese La Sicilia, Mario Ciancio, ai risultati del voto della camera del 15 dicembre, voto che ha allungato l'agonia del governo Berlusconi grazie a tre striminziti voti frutto di un vergognoso commercio.

La Sicilia del 16 dicembre a pagina 4, trattando delle conseguenze del voto, titola “Un partito Fini-Casini-Rutelli, nasce il partito terzopolista”: uno sgarro a Lombardo quando è proprio lui il collante di questo nuovo “polo”. Che sia proprio Ciancio, restio ad adorare la nuova creatura, il predestinato Iblis? Circolano voci sui giornali che anche lui sia coinvolto nell'inchiesta (si veda ancora il pezzo di Lipera).

Il parallelo religioso non finisce qui, perchè guardando alla composizione del nuovo polo risulta evidente come la principale forza sia quella cattolica (presente anche tra i finiani). Si è riformata la DC? Suggerirei di non dare molto orecchio a chi cercherà di metterla in questi termini. Quello non è solo un partito a maggioranza cattolica, ma anche una compagine a trazione tutta meridionale. Con due componenti territoriali prevalenti: quella romana (Casini, Rutelli) e quella Siciliana, la più importante numericamente con MPA, Fli, ma anche una buona fetta della base di Casini (si veda il suo subitaneo viaggio da queste parti, “Casini torna in Sicilia. Scissione e prove di terzo polo, Palermo è la capitale del partito per l’Udc”, SiciliaInformazioni.com 17 dicembre 2010).

Sommando il dato territoriale ai tre voti di differenza, e notando che lo stesso PDL si basa su due correnti siciliane (quella di Miccichè e quella di Alfano), otteniamo un sorprendente risultato sfuggito ai più: la nazione è praticamente in mano ai Siciliani che se non litigassero tra di loro per questioni “metafisiche” (ancora fa eco Iblis...) potrebbero farne ciò che più gli aggrada.

Invece ci sono voluti quei tre voti per due motivi: mettere la corrente atlantista di Alfano sotto ricatto, ed aprire le porte a quel terzo polo sotto il quale si nasconde il vero Partito del Sud che alle prossime elezioni si spartirà l'Italia con la Lega, oramai straripante al Nord.

Una prova indipendente che confermi questo quadro?

Il sorgere del nuovo polo pone all'orizzonte un bivio. Da un lato la possibilità di mantenere l'Italia unita, ma questa volta in forma cattolica e non più massonico-risorgimentale. Dall'altro adombra una spaccatura post-elettorale secondo linee pre-atlantiche (medioevali, quasi). Ambedue le strade dovrebbero sembrare anatema ai liberali anglosassoni.

L'unico che potrebbe ancora fermare questa deriva è proprio colui che è stato bravo sin qui a catalizzarla, il nostro caro Silvio Berlusconi.

Guarda caso, oggi il Financial Times ha offerto il suo supporto al Primo Ministro Italiano, che fino a ieri considerava un degenerato, dichiarando con un candido voltafaccia tramite l'opinionista Chstopher Caldwell (“Why Italy still has Berlusconi”) che “Berlusconi non è una minaccia per la democrazia” (il contrario di quello che lo stesso giornale spacciava ai suoi lettori fino a pochi istanti prima del voto della Camera).

Poi, riallacciandosi al discorso metafisico sul diavolo, apre la porte alla vera storia d'Italia dal 1990 ad oggi:

Il sistema politico italiano ha cominciato a divergere in modo malsano da quello delle altre nazioni occidentali. I magistrati, invece dei legislatori, costituiscono l'opposizione. Il risultato immediato di Mani Pulite, ovviamente, è stato una specie di reggenza giudiziaria sulla vita politica italiana [Quello che ha sempre denunciato lo stesso Berlusconi, ndr]. I giudici, allo stesso modo, non sono stati capaci di comprendere perchè avrebbero dovuto smettere

In altre parole il giornalista sembra suggerire che quando la testa di questo gioco era a Milano, con il famoso pool teleguidato da Londra, la reggenza andava bene. Ora che dei magistrati poco allineati si permettono di mettere in piedi inchieste come “Iblis”, non va più bene.

Questa offerta di supporto dai nemici di sempre potrebbe essere proprio quello che il paramassone di Arcore aspettava per aggrapparsi ancora al potere. Tre piccoli voti per salvare il salvabile. Il frutto della corruzione, o la manina di Londra che fa da supporto? Ecco che le parole del depositario di uno di quei tre voti, il siciliano Scilipoti, ("L'ho fatto per il bene del Paese") alla luce delle apparenti contraddizioni del Financial Times possono essere meglio comprese.

Scilipoti era stato eletto tra le fila dell'Italia dei Valori, il partito londinese di Di Pietro ed Orlando. La manina di Iblis.

Nell'immagine in alto, Iblis osserva gli angeli che adorano Adamo in una miniatura islamica.

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lunedì, dicembre 13, 2010

Catania esoterica

Carmen sale sulla littorina. Ma chi è che subito ne scende in questa sorta di circolarità lynchiana?

Allo specchio c'è un'altra donna, e per raggiungerla si deve compiere un viaggio. Un viaggio che finisce nelle ultime parole pronunciate di fronte a quello stesso specchio:

Nel chiudersi un fiore al tramonto si rigenera”.


Attraverso lo specchio il riflesso degli insegnamenti di quel maestro che spiegò al discepolo com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire. Era la San Pietroburgo degli anni venti. E mentre le lezioni sotto la luce fioca di lampade a petrolio trasformavano il discepolo, alle pendici dell'Etna correva quella stessa littorina sulla quale Carmen ora sale.

Ad oriente il giorno scalpita non tarderà, celebrato dai dervisci tourners, satiri danzanti che girano sulle spine dorsali, con il cuore prigioniero tra le mani del Re del Mondo.

Dall'oriente arriva la rinascita dell'artista, della musica, della civiltà. Dall'oriente arriva il tramonto occidentale, il ritorno della tradizione. Ma di quale tradizione stiamo parlando?

Il gioco delle apparenze tra la “vecchia” e la “nuova” Carmen affacciate al finestrino. La cura che ci viene somministrata da un Prometeo conoscitore delle leggi del mondo per riempire il vuoto generato dall'era moderna. Lo stesso vuoto che, sfondo della littorina, viene riempito dall'Etna. Il cratere massimo, cunicolo di connessione con gli inferi. Stiamo parlando della “tradizione” dell'Etna.

I nuovi dei che avanzano: saranno forse essi a riempire il nostro senso di vuoto una volta alzata bandiera bianca. I fotogrammi di una macchina che ci schiaccia, sono ora quelli della locomotiva sulle traversine.

Già vedo gli occhi di mio figlio
e i suoi giocattoli per casa,
ad oriente il giorno scalpita


L'uomo nuovo sta nascendo, figlio di genitori indiani. La nuova era è alle porte. Il giorno è arrivato ed è l'alba che ci insegna a sorridere. Il viaggio iniziatico si è concluso, le vie che portano all'essenza sono state percorse insieme al maestro. Quella che scende è ancora Carmen ma non è più Carmen. E' una donna rinata, tra le braccia di Prometeo, dove persino il dolore più atroce si addomestica. Persino il sacrificio più atroce si giustifica.

La scuola di San Pietroburgo, dietro quelle finestre che si affacciavano sulla Prospettiva Nievskij, è rinata alle pendici del vulcano.



Già natale il tempo vola,
l'incalzare di un treno in corsa,
sui vetri e lampadari accesi nelle stanze dei ricordi,
ho indossato una faccia nuova,
su un vestito da cerimonia
ed ho sepolto il desiderio intrepido di averti affianco,

Allo specchio c'è un altra donna,
nel cui sguardo non v'è paura
com'è preziosa la tua assenza
in questa beata ricorrenza,
ad oriente il giorno scalpita non tarderà..

Guarda l'alba che ci insegna a sorridere,
quasi sembra che ci inviti a rinascere,
tutto inzia,
invecchia,
cambia,
forma,
l'amore tutto si trasforma
l'umore di un sogno col tempo si dimentica..

Già natale il tempo vola,
tutti a tavola che si fredda,
mio padre con la barba finta
ed un cappello rosso in testa
ed irrompe impetuosa la vita, nell'urgenza di prospettiva

Già vedo gli occhi di mio figlio
e i suoi giocattoli per casa,
ad oriente il giorno scalpita,
la notte depone armi e oscurità..

Guarda l'alba che ci insegna a sorridere,
quasi sembra che ci inviti a rinascere,
tutto inizia,
invecchia,
cambia forma,
l'amore tutto si trasforma,
persino il dolore più atroce si addomestica,
tutto inizia,
invecchia,
cambia,
forma,
l'amore tutto si trasforma,
nel chiudersi un fiore al tramonto si rigenera...

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giovedì, dicembre 02, 2010

Il nostro uomo al Cremlino

Commentando sull'affare “wikileaks” durante una intervista per il Larry king Show sulla CNN, il primo ministro russo Vladimir Putin, dopo aver “pregato” i diplomatici statunitensi di essere più cauti con la loro corrispondenza, suggerisce che quei file siano stati creati con il preciso intento di raggiungere determinati scopi politici (“Our spies compare favorably to US ones” – Putin parries with King, RussiaToday.com 2 dicembre 2010).

E con questo la potremmo anche chiudere lì, con questi “wikileaks”. Solo che all'improvviso nella faccenda è stato tirato in ballo un certo Ciancimino, figlio del più famoso sindaco di Palermo.

Tanto per fare un po' di mente locale, vi ricordo che questo Cincimino è quella “gola profonda” che tutti scansano anche se non ne sanno il perchè. Si ricorderà infatti che costui è finito sulle pagine dei giornali per la storia del supposto tesoro del padre. Storia che non si sa bene dove sia arrivata. E di cui non si capiscono alcuni risvolti. Perché non succede la stessa cosa, per esempio, a Bobo Craxi? Con che soldi fa politica costui?

Ma lasciamo perdere, per ora.

Lo spunto per queste poche righe viene invece dalla strana domanda che i giornalisti hanno posto al Ciancimino dopo il moscio scoppio del petardo “wikileaks”:

Ciancimino, non esageri: dopo la trattativa Stato mafia, ora ci vuole spiegare pure la trattativa Putin-Berlusconi sul gas, non le sembra un po’ troppo? Ma il figlio dell’ex sindaco di Palermo spiega: “Io sono stato prima un protagonista e poi una vittima di quella trattativa. Wikileaks riporta la nota degli americani in cui si parla del mediatore italiano che parla russo? Tutti si chiedono chi sia. Bene, io “il mediatore” lo conosco bene, si chiama Antonio Fallico, e chi me lo ha presentato lo definiva ‘la chiave per Gazprom ‘” (Un siciliano fra Berlusconi e Putin. Ciancimino: “E’ Antonio Fallico”, LiveSicilia.it 30 novembre 2010)

Per qualche dettaglio su Antonio Fallico, l'uomo misterioso che tutti conoscono visto che si trova dedicati articoli su tutte le maggiori testate italiane oramai da anni, rimando ad altre pagine, come quella specifica del sito “Brontesi nel Mondo” (www.bronteinsieme.it).

Il punto qui è che se questi file sono stati preparati di proposito come suggerito da Putin, il riferimento al brontese illustre non può essere casuale.

Siamo sempre nel solito circolo: il tramite tra Berlusconi e la Russia è la Sicilia, nel senso che i russi trattano con Berlusconi perchè sono interessati alla Sicilia, dove hanno anche altri agganci. Il file di Wikileaks cita il particolare di Fallico per puntare il dito verso il più complesso disegno alle spalle di tutto.

Tornando a Ciancimino, ecco cosa aggiunge riguardo alle trattative sul gas:

Io l’ho conosciuto prima del mio arresto quando per primo avevo capito le potenzialità del business dell’energia e trattavo con Gazprom per importare il gas dalla Russia. Ero a un passo dalla conclusione, poi mi hanno indagato e l’affare se lo sono preso gli amici di Berlusconi”.

Così Berlusconi si è inserito di prepotenza in uno di quei legami tra Sicilia e Russia che dicevamo. E così Ciancimino ha potute dire apertamente il vero motivo dei suoi guai giudiziari, iniziati quando la sua Fingas stava per chiudere l'accordo con Gazprom sulle forniture di gas in Italia addirittura scavalcando l'ENI, avete capito bene (“L’uomo del gas” Il fatto quotidiano, 29 novembre 2010).

Bobo Craxi può dormire sonni tranquilli, visto che lui di gas non se ne intende.

Stiamo parlando di cose enormi. E su queste cose enormi a quanto pare Putin si fida più dei Siciliani che di Berlusconi, che per lui in questo caso è soltanto un ripiego.

Quale sia lo scopo politico degli americani qui ognuno può immaginarlo da solo, anche se non credo ci sia dietro tanto la voglia di difendere la Sicilia, quanto quella di preservare l'Italia unita.

Chiuso il semicerchio russo, vediamo ora di chiudere brevemente quello siciliano.

La storia della Singas è estremamente complessa ma caso (?) vuole che per un certo periodo il difensore di tal Gianni Lapis, socio nella stessa Singas e sospettato dagli inquirenti di essere prestanome del Vito Ciancimino, sia l'avvocato Palermitano Giovanna Livreri, di cui Il Consiglio si è già occupato (si veda il post “Il pecoraio ha versato il latte”).

Ebbene, la Livreri è anche uno dei più importanti referenti in Patria de L'Altra Sicilia, l'associazione sicilianista di Francesco Paolo Catania con sede a Bruxelles.

Il che ci fa scorgere tra i vari attori della vicenda se non un collegamento fisico continuo, per lo meno una sorta di collante ideologico. Un collante a tre gambe.

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Per i clamorosi dettagli politico-legali della vicenda rimando ad un'intervista che la stessa Livreri ha rilasciato a suo tempo a L'Altra Sicilia.

Altri dettagli sono contenuti nel post "Il bisogno del mito" ed articoli collegati in fondo, sempre dal sito de L'Altra Sicilia

Post correlati:
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A Bocca aperta

Nella foto in alto, Fallico insieme a Putin.



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