Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

sabato, giugno 24, 2006

VII. La tassa del tubo ed i prigionieri di Guantanamo Bay

La Sicilia non è niente in questo momento: non è una nazione indipendente, non è parte integrante di uno stato nazionale perchè lo statuto (e quindi la costituzione di questo “stato” nazionale) non è stato mai applicato, non siamo ufficialmente una colonia. Viviamo in un limbo istituzionale e giuridico, con un parlamento fantoccio svuotato persino dei più elementari poteri. Sembra quasi che la nostra isola sia un'estensione di Guantanamo Bay, il famigerato carcere USA.
Per un attimo qualche anno fa abbiamo provato ad alzare un dito per dire la nostra, ma subito ci siamo ritrovati la mano schiacciata sotto il tacco italiano, e per giunta con tutto il peso dell'Europa sopra.
E sì. Perchè ora che c'è anche il gas il discorso si fa diverso: ora è tutta l'Europa ad aver bisogno della posizione della Sicilia. Ora che il Mare del Nord è al tramonto e che l'unica alternativa è essere schiavi della Russia.
Per un attimo abbiamo provato a riappropriarci della nostra posizione, del nostro essere “hub” naturale del sistema economico mondiale: a questo avrebbe portato (almeno idealmente) la tanto esecrata “tassa del tubo”, il pagamento di un pedaggio al passaggio del gas in cambio dello sfruttamento della nostra posizione.
L'Europa intera ha tremato e ci ha schiacciato sotto un cumulo si sentenze-farsa dedotte dalle sue inutili leggi.
Tassa del tubo che poi il governo italiano, con una sfacciataggine degna di un ladruncolo da quattro soldi, ha tentato di estendere all'intero territorio nazionale: insomma, l'idea è buona, ma i soldi li prendiamo noi. Nessuna protesta da qui.


Le vie del gas non sono infinite


Comunque i fatti rimangono quelli: il modo più economico di trasportare il gas è tramite gasdotti con i tratti marini più brevi possibile. All'Europa il gas può arrivare da tre o quattro vie: dal Mare del Nord, dove i giacimenti sono in via di esaurimento, da est, cioè dalla Russia o dall'Asia centrale tramite Turchia e Grecia, o da sud, dal Nord-Africa attraverso la Sicilia. Visto che la paura di diventare troppo dipendenti dalla Russia fa 90, l'altra alternativa è il Sud Italia: Puglia (dai Balcani) e Sicilia (Libia ed Algeria).
Tutti i territori attraversati da un gasdotto ricevono un pedaggio (in denaro o in natura tramite gas). La Sicilia (o la Puglia) niente.
Poi però quando ci ritornano le merci prodotte con l'energia che gli abbiamo mandato noi gratis siamo costretti a pagare il trasporto, un sovrapprezzo dovuto alla nostra “marginalità”. Com'è facile ribaltare la verità in questo teatrino delle parti.
Ma lo stato italiano (e l'Europa) si rende conto di questa “dipendenza” dalla Sicilia? O siamo noi che stiamo andando troppo in là? Basta guardare al più redente progetto di gasdotto dall'Algeria: il GALSI. Questi passerebbe dalla Sardegna, e da lì di dirigerebbe in Toscana. Un progetto dai costi spropositati rispetto ad un ennesimo metanodotto passante dalla Sicilia, e che può essere giustificato solo con la voglia di “differenziare” ulteriormente, di by-passare gli infidi siciliani.
E nel frattempo entra in scena un'altra tecnologia: il trasporto di gas liquido (LNG).

Prossima Puntata: VIII. Rigassificatori e depositi sotterranei. Dove e perchè?

Nessun commento: