Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

domenica, giugno 28, 2009

¡Que viva Canepa!

Il 9 ottobre 1967, nella giungla boliviana, moriva Che Guevara, eroe della rivoluzione cubana, preso prigioniero durante un suo tentativo di “esportare” la sua idea di socialismo facendolo uscire dalle logiche di non belligeranza della guerra fredda.

Il “Che” non si era adattato alla vita post-rivoluzionaria. Oltre ad essere un idealista era anche un uomo d'azione, una combinazione esplosiva che nel giro di qualche anno lo portarono alla tomba.

Già durante la campagna del Congo, in Africa, le prime divergenze con Fidel Castro (e con l'Unione Sovietica) vennero a galla. Il leader politico sapeva benissimo che più di quello che si era ottenuto (cioè la liberazione di Cuba dal dominio americano) non si sarebbe potuto. L'URSS voleva lo status quo. Si accontentava dello smacco subito dagli USA senza affondare il colpo.

Che Guevara, spinto dal suo idealismo, non sentiva ragioni. Neanche quella di stato.

Recentemente l'ultimo guerrigliero sopravvissuto in quella sfortunata spedizione boliviana, tal Dariel Alarcón Ramírez, detto «Benigno», ha ripercorso quei giorni fatali («Che Guevara tradito da Castro su ordine dell’Unione Sovietica», Corriere.it 25 gennaio 2009):

«I sovietici consideravano Guevara una personalità pericolosa per le loro strategie imperialistiche. Fidel si piegò alla ragion di Stato, visto che la sopravvivenza di Cuba dipendeva dall’aiuto di Mosca.»

I russi decisero che Che Guevara andava eliminato poiché il suo disegno “autonomista” faceva a pugni con il finto duopolio USA-URSS, mentre Fidel Castro, più pragmatico, capì subito come stavano le cose e scelse di salvare il salvabile.

L'alternativa sarebbe stato il fallimento totale della rivoluzione, poiché se la Russia avesse abbandonato l'isola caraibica, gli americani sarebbero subito tornati ed addio indipendenza. Il risultato è stato una durissima dittatura che però ha creato una nazione.

Il guerrigliero oggi accusa Castro di aver tradito la rivoluzione. Ma chi si mette alla guida di una nazione si può poi trovare in situazioni drammatiche, come quella di dovere scegliere tra la vita di un amico e quella di un popolo. Anche volendo, Castro non avrebbe potuto fare niente per l'ex compagno di lotta. Sarà la storia, inflessibile, a giudicare.

Il 17 giugno 1945, a Murazzu Ruttu, nei pressi di Randazzo, paesino alle falde dell'Etna, moriva in uno scontro a fuoco con i carabinieri Antonio Canepa, conosciuto anche come Mario Turri negli ambienti rivoluzionari siciliani.

Canepa era l'anima idealista dell'indipendentismo siciliano. Socialista, dopo aver fortemente avversato il fascismo ed aver organizzato sabotaggi anche importanti contro i tedeschi durante le fasi finali della guerra in qualità di agente al servizio degli inglesi (ricordiamo l'attentato all'aeroporto militare di Gerbini nella piana di Catania), si era avvicinato al sicilianismo credendo con questo di poter dare inizio ad un movimento più vasto che portasse la Sicilia a dare seguito alle istanze del popolo.

Il suo progetto andava ben oltre l'indipendenza. In una famosa sua pubblicazione (La Sicilia ai Siciliani) egli infatti disse:

«quando faremo la repubblica sociale in Sicilia i feudatari ci dovranno dare le loro terre se non vorranno darci le loro teste»

Canepa diventò il leader dell'EVIS (l'Esercito Volontari per l'Indipendenza della Sicilia), un gruppo di guerriglieri messo in campo in una prima fase come deterrente contro Roma (i campi dell'EVIS, nei boschi di Bronte, non erano nascosti ma ben visibili con tanto di segnaletica stradale!).

Vi furono scontri a fuoco e vittime da ambedue le parti, ma non si arrivò mai ad un vero confronto militare con lo stato.

E se ogni rivoluzione ha il suo “Che”, ogni rivoluzione che non voglia vedere disperse le sue conquiste in breve tempo, deve avere il suo Fidel. Qualcuno cioè capace di gestire quelle conquiste, qualcuno capace di un compromesso.

Fu Andrea Finocchiaro Aprile il Fidel siciliano. Un leader capace di comprendere quando era arrivato il momento di fermarsi perchè più oltre non si poteva andare. Un leader che risucì ad accettare il compromesso dello Statuto Autronomistico che di fatto riconosceva la Sicilia come Nazione.

Ma Canepa non si sarebbe mai arreso, ed il MIS non potè fare niente per salvarlo dal suo stesso idealismo. Quando USA e URSS si accordarono sul nuovo assetto mediterraneo, lo stato chiese la testa del professore di dottrine politiche. Senza quella minaccia militare sventolata sotto il naso all'invasore, il compromesso dello Statuto non si sarebbe mai raggiunto, ed oggi non avremmo alcuna arma per difenderci dalla violenza dello stesso aggressore.

Oggi, mentre a Roma ancora vi sono siciliani che tentano di manomettere quello Statuto, Canepa riposa al viale degli uomini illustri del cimitero di Catania, accanto a Giovanni Verga e ad Angelo Musco.

In alto, il cippo posto sul luogo dell'agguato a Murazzu Ruttu, nei pressi di Randazzo (CT).


Come eravamo, come saremo


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venerdì, giugno 26, 2009

Il paradiso deve attendere

La mitica opera del Ponte sullo Stretto compie un passetto in avanti sul titolo di un articolo postato sul sito de La Sicilia il 19 giugno scorso (“Nel 2010 il via per il ponte”, che è già un ritardo rispetto alle dichiarazioni pre-elettorali) ma poi ne fa due indietro nel testo, dove Ciucci chiarisce che del ponte non vedremo la minacciosa ombra nemmeno nel prossimo futuro:

“Determinante l'accordo che abbiamo firmato con il contraente generale che prevede l'individuazione fin dall'inizio di opere propedeutiche, già previste dal contratto e di grande importanza per la viabilità locale, cantierabili già a partire dall'inizio del prossimo anno”

Ad iniziare nel 2010 saranno (forse) le opere propedeutiche al ponte. In realtà le uniche fattibili, visto che il ponte vero e proprio non lo faranno mai.

Non lo faranno mai perchè l'unico interessato a metterci i soldi è lo stato italiano per accontentare i vari Berlusconi, Ligresti, Impregilo. Nessuno fuori da questi vuole rischiarci un euro. Se è tanto importante per lo sviluppo dell'hub infrastrutturale mediterraneo chissà come mai le aziende cinesi non si sono fatte avanti includendolo nel contesto dello sviluppo del porto di Augusta e dell'aeroporto di Catania da loro caldeggiato. E chissà come mai i vari Berlusconi, Ligresti, Impregilo non si sono interessati al porto di Augusta o ad altre opere facenti parte di questo previsto hub (Vedi il post "Complotto terrorista").

Ora che il declino di Berlusconi è iniziato e che la Sicilia è in mano a poteri nemici di Bruxelles, non si vede da dove dovrebbero arrivare questi soldi. Dalla Lega, che oramai ha il nord Italia in pugno e che non ha mai nascosto la sua profonda avversione al progetto?

Certo è possibile che una volta levatisi dai piedi quelli di cui sopra, possano intervenire soggetti che al momento sono in attesa. Si vedrà.

Le nostre preoccupazioni verso il ponte oggi comunque appaiono esagerate. Anche perchè vi è qualcosa di ben più mostruoso del Ponte. Incombe ancora su di noi e sulle future generazioni lo spettro degli inceneritori. Uno spettro ben più terrificante degli sbancamenti di terra necessari per quelle “opere propedeutiche”.

Il mostruoso progetto degli inceneritori prese corpo quando Cuffaro fu appositamente nominato commissario speciale per l'emergenza rifiuti nell'isola.

Il progetto da costui licenziato prevedeva 4 inceneritori capaci di trattare circa 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti annue, a fronte dei 4 milioni complessivamente trattati in Italia al momento. Ed a fronte di un previsto carico di rifiuti da termovalorizzare in Sicilia di 600 mila tonnellate annue.

Non ci vuole molto a capire che ci apprestavamo a diventare la pattumiera d'Italia e forse d'Europa. Questo perchè, essendo in mano ai privati, quegli inceneritori devono assolutamente bruciare quella predeterminata quantità di rifiuti: nessuno potrà bloccarli, o saranno i cittadini a pagare la differenza alle aziende.

Ci apprestavamo o ci apprestiamo?

La commissione europea ha bloccato i bandi grazie ad una tecnicalità (tali bandi non sarebbero stati pubblicizzati adeguatamente e nel rispetto delle norme europee...), e dopo le elezioni la patata bollente è passata al nuovo governo, presieduto da Raffaele Lombardo.

La giunta da lui presieduta si è espressa accogliendo anche le altre richieste delle commissione europea riguardo alla tecnologia da usare, mentre lui stesso il 22 aprile ha usato parole forti (“Piano termovalorizzatori in Sicilia. Decisioni e retroscena. Il Governo Lombardo sceglie: l’ambiente e minor costi”, SiciliaInformazioni.com):

Decidete voi cosa fare di questa storia dei termovalorizzatori, per me tutte le soluzioni vanno bene. Mi basta che – ha spiegato- si rispettino pedissequamente le leggi europee e nazionali in materia di rifiuti, e non vi sia alcuna alea di attentato all’ambiente. A quel punto ha tirato fuori i fascioni di email , che hannom sommerso la Presidenza della Regione nell’ultima settimana. Quelli inviati su invito dell’Associazione “firmiamo” : più di diecimila. Che appunto gli chiedevano di rispettare le previsioni di legge, ed in particolare le ultime novità tecnologiche in materia di bruciatura dei rifiuti e le tabelle obbligatorie sugli obbiettivi da raggiungere in Sicilia nella raccolta differenziata.

Tutto bene quindi, sembrerebbe.

Tutto bene eccetto l'incipit. Quel pilatesco “Decidete voi” che gli ha permesso di scaricare tutto sull'ARRA (l’Agenzia regionale delle acque e dei rifiuti) e su Felice Crosta, il manager dell'agenzia:

La Giunta di Governo ha rimesso all'ARRA (l’Agenzia regionale delle acque e dei rifiuti) le ulteriori attività di definizione del procedimento amministrativo (ndr:iniziatosi con il bando di gara del 2002).

Felice Crosta è in realtà uomo vicino al PDL ed all'UDC. Quindi Lombardo non ha fatto altro che rimettere tutto nelle mani dei terroristi. Ed infatti, dopo pochi giorni, il 30 aprile, siamo punto e a capo (“Termovalorizzatori, la madre di tutte le battaglie politiche in Sicilia. Lo slalom di Felice Crosta”, SiciliaInformazioni.com):

Infatti, i nuovi bandi mantengono, formalmente, il sovradimensionamento complessivo (su tre impianti rimasti in gara) di circa due milioni di tonnellate annue (al netto del sito di Paternò che era capace di 660mila tonnellate annue) da bruciare. A fronte di una produzione verificata in tutta l’Isola, già nel 2004, di appena due milioni e mezzo. Per cui rimane la non considerazione della fisiologica diminuzione della produzione indistinta dei rifiuti, in ottemperanza della logica e degli obblighi di legge sulla raccolta differenziata per il riciclaggio dei rifiuti: che in Sicilia dovrebbe attestarsi obbligatoriamente al 60% entro il 2011.

Rimane fuori solo l'inceneritore di Paternò, il più controverso per la verità, per il quale, come ci ricorda Panzica sullo stesso articolo di SiciliaInformazioni.com, non si può accettare come opportuno ridimensionamento complessivo, il mancato decollo della nuova gara d’appalto per il sito SicilPower a Paternò (per i bacini delle province di Catania e di parte di quella di Messina).

C'è poco da fare: Raffaele Lombardo o non vuole o non può. Come nel caso di Paternò (dove la decisione di lasciar perdere sembra essere stata suggerita dalle accese proteste dei residenti, più che da reali perplessità tecniche) toccherà al popolo organizzarsi.

Anche perchè oltre al pericolo ambientale vi è anche quello economico: gli inceneritori vengono costruiti per usufruire dei (finti) incentivi ambientali CIP6. Ma chi ci assicura che con uno stato così indebitato e sull'orlo della bancarotta questi dureranno veramente 20 anni? Dovessero interrompersi, non credo che i cittadini del nord Italia vorranno pagare la differenza (giustamente). Quindi saremmo noi a dover pagare l'immondizia per 2 o 3 volte e poi ad avere indietro energia elettrica a prezzi ancora una volta maggiorati che dovremo comprarci per forza, visto che a quel prezzo non riusciremo mai ad esportarla verso nord.

Infine, per quanto riguarda il Presidente, sul “volere” non mettiamo parola. Ma sul “potere” i suoi limiti sono ovvi. Anche se lui ed il cavaliere hanno invertito le loro posizioni, ed ora è il siciliano ad avere la le carte migliori in mano, come dimostrato anche dagli accordi che sembrano essere stati raggiunti in queste ore, ciò non significa che gli sia possibile sbarazzarsi in un sol colpo sia dell'estraneo che di Cuffaro, soprattutto ora che i vari pupazzi Orlando, Fini e Di Pietro si sono raggruppati per un assalto finale (vedi il post “Sta per nascere il partito del sud, tra trappole ed insidie”, Comitati delle Due Sicilie 23 giugno 2009).

Siamo ancora tra due fuochi: quello dell'inferno, agitato dalle pagine dell'Economist che dedica un articolo agiografico a Fini ponendolo come successore del Pecoraio alla guida del PDL [*], e quelle degli inceneritori, attizzate dagli interessi privati dei compagni di merende dello stesso Pecoraio.

Nell'attesa, invece di girarci i pollici aspettando che il paradiso scenda sulla terra, non guasterebbe un bel po' di pressione in più sull'argomento a chi di dovere.

Nota: Leggi anche l'articolo “Rifiuti in Sicilia. Le prospettive di un affare da cinque miliardi di euro” di Carlo Ruta, giornalista ragusano famoso per il caso di censura del suo sito “accadeinsicilia.net”.

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[*] Ecco un piccolo estratto dall'articolo del settimanale britannico (Fini to the fore, 4 giugno 2009): “Negli ultimi mesi ha messo in discussione le dure politiche in materia di immigrazione del governo, ha implicitamente lamentato il ruolo attivo della Chiesa Cattolica in politica ed ha ignorato uno dei più durevoli tabù della destra tradizionale entrando in confidenza con degli attivisti omosessuali”.

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mercoledì, giugno 24, 2009

Il ballottaggio del potere

Nota 26/06/09: Oramai non si capisce più niente. Stanno cercando di rimbambire la gente ancora di più, o sono rimbambiti loro? Leggete i titoli di questi due articoli, uno pubblicato su LaSiciliaWeb.it ed uno su LiveSicilia.it. Se non è guerra (psicologica) questa....
Aggiornamento: il titolo di LiveSicilia.it da "Fumata nera" è diventato "C'è l'intesa". Meno male.


Una assilla i Siciliani dopo aver visto l'esito dei ballottaggi: Lombardo e Miccichè hanno perso o hanno vinto?

Per qualcuno avrebbe vinto il pdl, per altri il pd. Tutti sono comunque d'accordo nel dire che i due avrebbero perso, perchè avrebbero apparentemente appoggiato la sinistra che invece è stata sconfitta ovunque eccetto che a Motta S. Anastasia.

E' probabilmente la prima volta nella storia, non solo italiana, che qualcuno possa dire di aver vinto quando le sue preferenze passano dal quasi 50%, a circa il 35%. E' anche la prima volta nella storia che un partito (l'IDV) pretende di dettare legge con l'8% dei voti e mentre il totale della coalizione continua a sprofondare solo perchè hanno un mezzo sindaco in più a Motta S. Anastasia, provincia di Catania.

Evidentemente l'IDV ha altri appoggi “esterni”:

Nella capitale inglese, si riunisce infatti una speciale commissione non governativa denominata Council of Foreign Relations Europe, che sarebbe la filiale europea di quella statunitense, ambedue finanziate dal multimiliardario ebreo americano Rockefeller, ma anche dalla fondazione George Soros e dal Gruppo Unicredit per l'Italia.

Nella lista dei membri ci sono parecchi ed influenti politici europei, ed è proprio in questo elenco che abbiamo trovato i nostri Massimo D'Alema, Gianfranco Fini ed udite udite, Leoluca Orlando ex sindaco di Palermo e personaggio di spicco dell'Italia dei Valori.


A queste condizioni non so fino a quando l'MPA avrebbe realmente potuto appoggiare la sinistra nei ballottaggi. Buttato fuori Berlusconi, si sarebbe trovato di nuovo contro tutta la sinistra.

Quell'unica mezza vittoria della sinistra a Motta, poi la dice lunga sulla reale forza dell'MPA. Più delle “apparenti” sconfitte. Il candidato del pdl, Salvo Scuderi, era appoggiato dalle liste preparate a favore di Capuana, un assessore alla provincia di Catania candidato della prima ora nel paesino etneo.

Capuana era il candidato sindaco dell'MPA contro il pdl. Ma ad un certo punto è successo qualcosa di strano (“Amministrative Sicilia, Daniele Capuana espulso dall’Mpa”, SiciliaToday.net 8 maggio 2009):

Ha appoggiato il candidato sindaco del Pdl Salvo Scuderi a Motta Santa’Anastasia ritirando la propria candidatura: una mossa che è costata cara a Daniele Capuana, uno dei volti più noti del panorama politico locale, assessore provinciale allo Sport e alle Politiche giovanili, che è stato espulso dall’Mpa.

Quindi a Motta Lombardo non ha lasciato correre e malgrado un pezzo del suo stesso partito avesse disatteso le direttive traghettando nel pdl, ha vinto.

Quale prova di forza, conta di più il risultato di Motta o le sconfitte negli altri ballottagi? Diciamo che le posizioni relative tra pdl ed MPA rimangono invariate rispetto al voto europeo dopo questo ballottaggio.

Chi in realtà ci potrebbe aver guadagnato qualcosa è l'UDC, che vincendo un ballottaggio ha battuto un colpo che sembra non verrà ignorato: si sussurra già di un ritorno in giunta dell'ex magistrato Ilarda:

L'Udc potrebbe tornare a fare parte della nuova giunta alla Regione Siciliana. Lo conferma il presidente della Regione Raffaele Lombardo

La Sicilia oramai è un ballottaggio a tre: Lombardo, Miccichè e Cuffaro. Ma facciamo attenzione ad Orlando, visto le sue credenziali "finanziarie".

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lunedì, giugno 22, 2009

Mafia ex machina (seconda parte)

“La mafia pur avendo sempre avuto interessi propri è stata anche portatrice di interessi altrui: in tantissime occasioni entità esterne hanno armato la sua mano”
(Piero Grasso, Procuratore Nazionale Antimafia, novembre 2008)

Gli anni '80 sono il periodo in cui l'oppressione mafiosa raggiunge il suo apice in Sicilia. La vita quotidiana nelle maggiori città dell'isola quali Catania o Palermo scandiva il suo tempo al ritmo dei soprusi della malavita organizzata, libera di scorazzare impunita. Questo perchè sempre meno paura di quella violenza mostravano di avere esponenti di primo piano della società civile siciliana e quindi più pericolosi diventavano gli attacchi al sistema.

Per riuscire a piazzare quei missili cruise a Comiso ed al tempo stesso coprire la truffa democratica, si dovette fare ricorso al meccanismo mafioso mettendo a tacere Pio La Torre.

Per chiudere ancora un a volta le porte allo sviluppo economico della Sicilia, si dovette fare nuovamente ricorso allo stesso meccanismo uccidendo Piersanti Mattarella, che aveva ottenuto per la sua terra una quota del gas che sarebbe transitato dalle progettate tubature trans-mediterranee provenienti dalla Libia, una conquista impossibile senza l'arma dello Statuto.

E così via, passando per l'omicidio Dalla Chiesa, condannato per fatti estranei all'isola ma mandato a morire in Sicilia visto che nel continente si era già dovuta chiudere l'operazione BR dopo l'assassinio di Moro [*], sino ad arrivare all'apoteosi del 1992 ed alle stragi in cui restarono vittime Falcone e Borsellino.

Un escalation che ha indebolito sempre di più la struttura mafiosa, poiché ogni falla del sistema turata in questa maniera costringeva i vertici della piramide a manovrare lo stato in senso antimafioso: uno stato assolutamente inerme di fronte a tanta violenza non sarebbe stato credibile, poiché si sarebbe reso palese al popolo il meccanismo sul quale si fondava la “democrazia” dell'Italia unita, e cioè l'oppressione volontaria e continuata dei suoi cittadini. Oppressione senza la quale sarebbe saltato, come detto, il controllo imperiale nel Mediterraneo.

All'indomani del crollo del comunismo reale, il giudice Falcone, con le sue indagini sulle “menti raffinatissime” era divenuto un pericolo mortale per l' “Entità” finanziaria al vertice della piramide di potere occidentale. Egli fece effettivamente saltare il sistema (noncurante delle conseguenza a cui sarebbe andato incontro) con un atto a sua volta raffinatissimo: quando gli furono serviti i “pentiti” che avrebbero dovuto incastrare Giulio Andreotti, scoprì gli altarini rendendo palesi i meccanismi con i quali la mafia veniva eterodiretta.

In particolare sconfessò le dichiarazioni del “pentito” Pellegriti, che accusava Lima di essere il mandante dell'omicidio Mattarella, un siluro diretto contro Andreotti (Vedi il post “Il popolo Siciliano tenta lo scacco”).

Forse il giudice Siciliano credeva di avere una via di scampo, poiché contava sul fatto che i “manovratori” non avrebbero voluto chiudere l'operazione mafia così presto. Ma i suoi calcoli erano sbagliati. Una volta messa in luce la manovrabilità dei pentiti, nei fatti la mafia era finita e per lungo tempo la si sarebbe dovuta mettere a tacere. La fine della mafia fu anche la fine di Falcone.

L'omicidio di Falcone (23 maggio 1992) non può essere interamente compreso senza tenere conto di un altro atto di violenza: l'assassinio di Salvo Lima, braccio destro di Andreotti in Sicilia, avvenuto il 12 marzo del 1992, solo pochi mesi prima.

Quell'omicidio è sempre stato indicato come un avvertimento della mafia ad Andreotti. Seguendo invece i fili è possibile ora arrivare al burattinaio e capire come quello fosse in realtà un avvertimento proveniente dall'esterno. Una minaccia che Falcone contribuì a sventare pagando con la vita [**].

Riprendendo il parallelo con la tragedia greca, l'utilizzo eccessivo delle “deus ex machina” nel 1992 in quella serie di stragi, provocò quei rumoreggiamenti nel pubblico che rischiavano di rendere vana la sceneggiata. Quei “rumoreggiamenti” del popolo diventarono grida di rabbia durante i funerali della scorta di Falcone:



Lo stato tremò e dovette inscenare la sua bella reazione con l'operazione Vespri e con alcuni arresti, guardandosi bene dall'eliminare tutti. Provenzano ed altri rimasero in libertà vigilata, pronti per essere nuovamente utilizzati non appena le acque si fossero calmate.

Gli arresti significativi sono ripresi solo di recente, dopo che Piero Grasso è arrivato ai vertici dell'antimafia. Questi arresti sono tutti avvenuti in specifici momenti di assestamento politico.

Provenzano fu arrestato la notte delle elezioni politiche dell'11 aprile del 2006 non appena fu chiaro che il governo era stato sconfitto ed il potere a Roma sarebbe passato alla sinistra europeista.

In quella nottata elettorale si decise di non lasciare a chi sedeva dall'altra parte la possibilità di riprendere in mano la struttura mafiosa. La pedina Provenzano fu allora sacrificata.

Il 5 novembre del 2007 fu la volta dei Lo Piccolo, arrestati dalla polizia al culmine di una campagna del governo (ora nelle mani del centrosinistra) volta per mandare l'esercito in Sicilia (con la scusa di ipotetiche minacce mafiose) nel tentativo di impossessarsi anche dell'esecutivo siciliano (vedi il post “Rita Borsellino, boooohh!!”). Era il momento di sacrificare un'altra pedina.

La vendetta nei confronti degli inquirenti per questo sgarbo non tardò ad arrivare, e pochi giorni dopo (l'11 novembre) un tifoso laziale, Gabriele Sandri, fu ucciso poco prima dell'inizio delle partite di calcio. La stampa italiana, tramite internet, pilotò i movimenti dei gruppi organizzati (e controllati) dei tifosi della Roma e della Lazio contro una stazione di polizia nella capitale. La polizia subì senza minimamente reagire, evitando guai peggiori (vedi il post “2008: la svolta è a portata di mano”).

Oggi, come ricordato all'inizio, dei principali componenti di quell'esercito mafio-massonico ne rimane uno solo in libertà. L'ultimo: Matteo Messina Denaro (Vedi il post "L'ultimo").

Quest'ultima pedina è fondamentale, perché prima di poterla sacrificare si deve essere sicuri che l'intero territorio siciliano sia effettivamente sotto il controllo del governo di Palermo. Dopo il suo arresto di dovrà necessariamente proclamare la fine della mafia.

Se questo controllo territoriale al momento dell'arresto venisse a mancare, sarebbe gioco facile per i nostri nemici organizzare veri e propri omicidi mafiosi “false flag”, come quelli recentemente avvenuti a Misilmeri. E se ciò avvenisse Piero Grasso sarebbe costretto a dimettersi ed i Siciliani perderebbero il controllo dell'antimafia, con conseguenze facilmente immaginabili.

Dall'altro lato, una volta ottenuto il controllo effettivo del territorio e dichiarata la fine della fiction mafiosa, nessuno azzarderebbe più attentati mafiosi alla “Crocetta” (vedi il post “Suicide bomber”) sapendo che a quel punto la vera matrice di quegli attentati verrebbe svelata [***].

Le notizie circa il restringimento del cerchio intorno al controllatissimo fuggiasco indicano che con le ultime elezioni, caratterizzate dal “golpe” di Lombardo e Miccichè nei confronti del presidente del consiglio, quel controllo del territorio è quasi completo.

Dopo questo arresto la storia ufficiale della mafia e quella vera, oggi lontane anni luce l'una dall'altra, cominceranno a convergere. L'obiettivo, un giorno, è di farle combaciare. Per il momento si deve stare al gioco. Se il meccanismo dietro il “deus ex machina” portato in scena con la tragedia mafiosa fosse rivelato oggi stesso, questa guerra sotterranea verrebbe in superficie, con conseguenze imprevedibili non solo in Italia, ma in tutto il mondo.



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[*] Le Brigate Rosse sono state il corrispettivo della mafia al nord Italia, dove frange interne alla massoneria (leggi P2), la Chiesa Cattolica ed altri lottavano per una loro autonomia dall'impero anglosassone. Il terrore rosso serviva a condizionare la politica italiana in modo da mantenere alto il livello di scontro con le (pseudo) sinistre mentre qualcuno a Roma (in area DC ma non solo) cercava di farlo abbassare. L'assassinio di Moro fu il culmine di questa campagna di condizionamento.

[**] Per capire come mai Falcone salvò Andreotti bisognerebbe allargare il campo di parecchio, collegandosi all'assassinio di Moro, a quello di Sindona, alla P2 e poi alla “discesa in campo” di Berlusconi. Non lo faremo qui, ma diremo solamente che è stato facendosi scudo di Berlusconi che oggi alcuni politici siciliani si sono rafforzati tanto da potersi permettere di sfidare l'impero. Per ora limitiamoci al discorso sulla mafia.

[***] Una mezza “svelatura” c'è già stata nel caso dello strano suicidio di Gaetano Lo Presti (vedi il post “Rifondazione camorrista”)

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venerdì, giugno 19, 2009

Mafia ex machina (prima parte)

Il cerchio si stringe intorno a “L'ultimo”, Matteo Messina Denaro, e la commedia mafiosa volge al termine.

Sgominata la rete che da anni copriva la latitanza dell'imprendibile capomafia trapanese: molti i "padrini" che nonostante il 41 bis riuscivano a comunicare con lui, 13 gli ordini di custodia cautelare in carcere. Catturato anche il suo "ambasciatore" di fiducia, 300 gli agenti impegnati (“Messina Denaro è isolato”, LaSiciliaWeb.it 16 giugno 2009)

Con costanza, da qualche anno a questa parte, in seguito a spostamenti nell'asse del potere politico a Palermo, la caccia agli ultimi reduci mafiosi fa un passo avanti. Queste elezioni, che hanno visto l'inizio dell'irreversibile declino di Silvio Berlusconi, non sono state da meno. C'era da aspettarselo.

Nel teatro greco il termine “deus ex machina” indicava l'apparizione improvvisa della divinità sulla scena per mezzo di cavi e argani che letteralmente permettevano all'attore impersonante il deus di scendere dal cielo sulla scena.

Questo meccanismo veniva utilizzato nelle opere teatrali per risolvere vicende particolarmente complesse, da cui un umano non sarebbe mai stato capace di venire fuori da solo.

Nel linguaggio moderno l'espressione ha un significato molto più allargato, ed indica una situazione risolta in un modo che non sembra avere alcuna connessione con la logica interna della storia.

E' a causa di un meccanismo come questo che molti non riescono ad accettare l'evidenza, e cioè che in questo momento in Sicilia quel poco che rimane della mafia non ha più alcun potere e che non stia influendo più di tanto sulla nostra vita quotidiana. Questo atono finale imposto alla tragedia mafiosa non ha alcuna connessione logica con le spiegazioni chi di solito si sono date del fenomeno mafioso.

Questo perché la mafia è stata negli ultimi 50 anni il “deus ex machina” non solo della politica italiana, ma anche di quella dell'imperio anglosassone nel Mediterraneo.

Capirete che se il nostro Euripide avesse usato questo “deus ex machina” per risolvere ogni singola scena di una sua tragedia, la trama dell'opera sarebbe stata sempre meno credibile sino a renderla addirittura ridicola agli occhi degli spettatori che avrebbero cominciato a rumoreggiare nell'arena ed a chiedere indietro il prezzo del biglietto.

Lo stesso è avvenuto per la mafia.

La mafia siciliana non è/era controllata dallo stato italiano. Vi erano degli scambi tra i due organismi, ma in generale questi hanno sino ad oggi rappresentato poteri paralleli dello stesso livello, anche se alleati. La mafia è/era un altro stato.

Fin qui, il quadretto dipinto coincide grosso modo con quello ufficiale datoci dai “professionisti dell'antimafia”.

Quello che sfugge ai più, ed anche quello che le élite non vogliono e non possono rivelare, è come questi due stati paralleli facciano parte della stessa piramide. Siano cioè in ultima analisi manovrati dalle stesse persone, dalla stessa “Entità”.

L'“operazione mafia” è stata avviata all'interno dell'impresa risorgimentale perché ci si è resi subito conto che la creazione di uno stato artificiale ed artificioso come quello italiano difficilmente avrebbe dato luogo ad una struttura di potere stabile. Ed il suo punto debole sarebbe stato negli infidi e riottosi Siciliani.

D'altronde l'occupazione militare perenne dell'isola non era pensabile, o l'impostura democratica (la balla secondo cui la democrazia sia la soluzione di tutti i mali dell'uomo) non avrebbe funzionato. L'invisibile mafia avrebbe assolto al compito di occupare l'isola indebolendola e distruggendone l'economia, così facilitandone la sottomissione. La mafia ha permesso la creazione di quella che è stata più volte definita come una colonia interna.

Questo meccanismo ha funzionato in modo quasi perfetto sino all'insorgere del fascismo, che ha smantellato la rete mafiosa e l'ha sostituita con l'esercito, non dovendo quest'ultimo preoccuparsi di reggere il moccolo alla balla democratica.

Dopo la seconda guerra mondiale l'impero dell'Entità, una volta ripreso possesso dell'isola, ha cercato di ricreare le condizioni pre-fascismo per ripristinare l'impostura. Ma le cose non sono andate lisce a causa del fenomeno indipendentista che scosse la Sicilia nell'immediato dopoguerra e che riuscì ad infilarsi tra la fine dell'occupazione militare fascista e la riorganizzazione di quella criminale mafiosa. Il ristabilimento dell'ordine, suggellato dai fatti di Portella delle Ginestre (vedi post “Di sicuro si sa solo che è morto”), è stato cruento e difficile, ed ha anche lasciato un pericolosa falla nel sistema: lo Statuto Autonomista Siciliano.

Questo Statuto costituisce una falla nel sistema perché dota i Siciliani, cioè il punto debole dell'impero, di un arma pericolosissima, che nei decenni seguenti costringerà la prepotenza e l'arroganza imperiali a rendersi più volte manifeste.

La storia della mafia nel dopoguerra è quella di una continua escalation di violenza sino al culmine del 1992. Una parabola ben diversa da quella silenziosa del primo secolo di fiction unitaria, quando le “vendette” mafiose avevano un'eco politica quasi esclusivamente locale.

A partire dai fatti di Portella si sono massacrati giudici, giornalisti, politici, tanti di primissimo piano. Ora la mafia non era più un fatto siciliano. Malgrado i tentativi dei giornali di regime di continuare a dipingere la cosa come un'increspatura culturale, retaggio del feudalesimo siciliano [*], gli intricati eventi che il “deus ex machina” mafioso andava a risolvere creavano dei cerchi sempre più larghi, in cui ogni nuovo arco tracciato serviva a coprire quelli precedenti. La mafia in questo modo tracimava oltre le coste dell'isola. Sembrava diventare, agli occhi dello spettatore di questa tragedia, sempre più potente. E sempre ulteriori interventi si richiedevano per coprire la verità.

La verità di una mafia che non ha mai cambiato il suo stato di pedina manovrata dall'alto, incapace di fare mosse autonome. Le sue mosse erano/sono sì più o meno autonome rispetto allo stato. Ma non rispetto alla mano che ambedue controlla. Gli spettatori solo non vedono i fili che pendono da Londra o da New York.

Fine prima parte.

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[*] Ricordiamo che in Sicilia esiste un parlamento da circa mille anni. Parlare di feudalesimo in Sicilia nel senso “europeo” del termine è probabilmente errato. Considerare tale istituzione, in relazione al fenomeno mafioso, sintomo di arretratezza è per lo meno sintomo di pochezza culturale.

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martedì, giugno 16, 2009

Il nuovo Gattopardo

Facciamo un'ipotesi. Immaginiamo per un attimo che il destino dell'Italia sia oramai segnato. Che effettivamente ci sia un largo consenso internazionale verso la stabilizzazione politica siciliana e del sud Italia, in uno stato unico. Non dico che sia certamente così. Ma almeno immaginiamolo.

Immaginiamo anche che tutti i tentativi di sabotaggio verso la Sicilia siano destinati a fallire e che in definitiva siano solo una bella messinscena volta a radicalizzare lo scontro in modo da farlo sfociare in una specie di separazione consensuale.

In pratica, immaginiamo che su questo non ci sia più niente da discutere. Di che cosa dovremmo occuparci, allora?
Basta leggere un'opera come Il Gattopardo per intravvedere come anche 150 anni fa i più attenti si erano preparati da tempo al nuovo sistema che stava per nascere. Se i Siciliani che già allora lottavano per la loro patria non si fossero fatti sorprendere dalle reali intenzioni dei “liberatori” [*], oggi forse saremmo qui a raccontare altri eventi.

La rivoluzione a cui stiamo assistendo la dobbiamo anche e soprattutto alla determinazione di alcuni nostri conterranei che alla fine della seconda guerra mondiale diedero uno strappo al sistema e riuscirono ad ottenere lo Statuto per il quale ancora oggi combattiamo. Grazie ad essi la Nazione Siciliana è (almeno formalmente) rinata .

Le istanze portate avanti dagli eroi di allora, malgrado l'oppressione del regime, non si sono ammorbidite o diluite. Grazie a quanti si sono adoperati per proteggerle, esse sono arrivate sino a noi ed oggi costituiscono l'arma che sta scardinando quello che ancora rimane di quel “sistema”.

Se oggi fossimo certi di ciò che sta per accadere, ci troveremmo a focalizzare i nostri discorsi sull'ordine che verrà, non più su quello che sta scomparendo.

Molti di noi hanno strategicamente appoggiato l'MPA di Raffaele Lombardo in un momento di svolta delle ultime elezioni europee. Questo appoggio è stato dato più o meno incondizionatamente. Con un risultato in chiaroscuro. Se da un lato è stato aggiunto un altro importante tassello verso l'allontanamento del pericolo berlusconiano, dall'altro le divisioni insite nell'area “Sicilianista” hanno provocato quell'appoggio a macchia di leopardo ed incondizionato ed hanno lasciato che Raffaele Lombardo commettesse un grave errore culturale che potrebbe pregiudicare la sopravvivenza stessa del suo movimento.

L'MPA, in alleanze senza capo ne coda, che nulla hanno portato se non i voti di Nello Musumeci a Catania (non è poco, ma neanche tutto....) ha completamente smarrito quel poco di identitario che ancora riteneva nel momento in cui si decise di cancellare quella Sicilia dal simbolo del movimento.

La mortificazione dell'elemento territoriale è stata tanto grave che al nord Italia ed all'estero neanche i Siciliani ivi residenti hanno voluto votare lo strano cartello. Il risultato delle circoscrizioni estere è vergognoso: in Olanda l'MPA ha preso 17 voti contro i 65 della Lega Nord, in Belgio 173 (contro 232 della Lega Nord), in Germania 456 (Lega Nord 542)

Nel 2006, senza soldi ma con una caratterizzazione identitaria forte, L'Altra Sicilia in Belgio ha superato partiti del calibro dell'UDC ed è stata la quarta forza italiana. Il risultato complessivo in Europa fu del 2,1%. Quello del “cartello” dell'Autonomia per queste europee, dell'1,51%. Gli strani meccanismi di voto non possono giustificare una tale debàcle. Per i siciliani ed i meridionali all'estero (ed al nord Italia...) quel “cartello” senza identità non era altro che l'ennesimo inciucio italiano.

Questa lacuna identitaria non sembra possa essere colmata dalla nascita del partito del sud sbandierata da Lombardo e Miccichè. Innanzitutto parlare di “partito del sud” quando le forze politiche in campo sono quasi interamente siciliane, è sintomatico proprio del fatto che il futuro stato dovrebbe comprendere i territori degli ex Regni di Sicilia (poi ribattezzati Due Sicilie).

E poi, che vuol dire “sud”? A quale identità si vuole fare riferimento? Ai Borboni? Alle artificiose suddivisioni regionali create dallo stato sabaudo? All'antico regno normanno?

Argomenti che possono sembrare velleitari, ma che ad una più attenta analisi rivelano qualcosa di più significativo. Tale lacuna identitaria non è altro che il prodotto di una mancanza ancora più grave: quella di un progetto. O perlomeno di un progetto “esplicito”.

Cosa si vuole fare di questo “sud”? Cosa si vuole che diventi? Uno stato centralizzato sul modello sabaudo, un'Italia “più piccola”? Una federazione di due o più nazioni? Una monarchia?

La mancanza di progettualità potrebbe essere la tomba di tutte le nostre aspirazioni.

Dall'altro lato, forse il progetto c'è, ma non lo si vuole rivelare. L'unica motivazione che possiamo addurre per questo strano “pudore” è la paura di rimettere in moto improvvisamente la secolare faglia in agguato sotto lo Stretto di Messina.

Al contempo, la lacuna identitaria sta alienando e continuerà ad alienare larghe fasce della società civile.

Una soluzione sarebbe stata quella dei partiti regionali prospettata dall'MPA. Ma ora che la parola d'ordine è semplicemente quella di un “sud” indistinto, tale soluzione sembra essere stata messa da parte da chi l'aveva formulata nel tentativo di non cedere lo scettro del comando all'alleato.

I movimenti sicilianisti hanno contribuito tanto alla conservazione dell'arsenale che ora politici quali Lombardo e Miccichè stanno usando per traghettarci nel nuovo ordine. Oggi quei movimenti ed i loro rappresentanti, si faranno trovare impreparati come lo furono i Siciliani di 150 anni fa?

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[*] Che si fecero sorprendere dagli eventi lo dimostra la rinuncia di Ruggero Settimo, al tempo in esilio a Malta dopo il fallimento dei moti del 1848, ad un posto di senatore offertogli dal nuovo stato liberale. Persino Ruggero Settimo capì troppo tardi come stavano realmente le cose.

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domenica, giugno 14, 2009

Il duello

Una lotta immane, tra due concezioni diverse del mondo e della vita. La storia umana è dilaniata da questo ciclico scontro che raggiunge nei millenni altissime intensità per poi apparentemente placarsi mentre chi viene sconfitto cerca di riorganizzarsi per sferrare il prossimo attacco.

Nei nostri giorni stiamo attraversando uno di questi picchi di intensità, duemila anni dopo quello racchiuso tra le crocefissione di Cristo e la caduta dell'impero romano.

Due forze che attraggono l'uomo in direzioni opposte: l'una verso il cielo e l'altra verso gli inferi. L'una verso l'anima e l'altra verso il corpo. Ascesi contro materialismo.

Lo scontro tra Cristo ed Anticristo, nella nostra vita quotidiana rappresentato dagli elementi magici che più richiamano le due parti: sesso e castità.

Ogni volta che ci abbandoniamo al nostro corpo ci leghiamo alla terra evocando forze infere. Ogni volta che rinunciamo a quel corpo ascendiamo ed evochiamo forze celesti.

E così la nostra vita ondeggia tra i due estremi incapace di ricomporre lo squilibrio in cui il mondo è caduto. Ondeggia tra sesso e castità, mentre oggi ribussa l'eterna lotta tra questi due elementi.

La lotta tra la luce ed il buio, dove forze oscure si scatenano. Dove siamo costantemente risucchiati, nostro malgrado, a scegliere in ogni attimo della nostra esistenza. Senza speranza di soluzione alcuna.




Andando a caso consideravo girando per strade vuote
che l’equilibrio si vede da sè si avverte immediatamente
Ribussa ai miei pensieri un desiderio di ieri
ed è l’eterna lotta tra sesso e castità
Chissà com’è la tua vita oggi
e chissà perché avrò abdicato

Scorrono gli anni nascosti dal fatto che c’è sempre molto da fare
e il tempo presente si lascia fuggire con scuse condizionali
Ribussa ai miei pensieri un desiderio di ieri
ed è l’eterno scontro tra sesso e castità

Chissà com’è la tua vita oggi
e chissà perché avrò abdicato

Tra i sussurri l’indolente ebbrezza di ascendere e cadere qui
tra la vita e il sonno, la luce e il buio dove forze oscure
da sempre si scatenano

Felici i giorni in cui il fato ti riempie di lacrime ed arcobaleni
della lussuria che tenta i papaveri con turbinii e voglie

……chissà perché avrò abdicato con te riproverei….
Per capriccio gioco per necessità
Mi divido così tra astinenza e pentimenti
tra sesso e castità


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giovedì, giugno 11, 2009

Notizie di striscio

Superato il punto di non ritorno verso il nuovo assetto politico della penisola, inserito nel nascente ordine mondiale del secolo asiatico, molti si staranno chiedendo quando si renderanno visibili i nostri alleati. Si parla tanto di Russia, Cina, dei paesi nordafricani (Gheddafi in testa).

Occupandoci dei fatti del continente indiano (vedi il post “L'ingresso dell'India"), un'analogia con la situazione dello Sri Lanka salta subito all'occhio. Anche in quel caso si tratta di un'isola posta lungo le rotte del commercio internazionale ed in posizione strategica tra due mari, l'Oceano Indiano ed il Mare Arabico. Un'isola destinata a diventare un nodo infrastrutturale di importanza primaria e che necessita per questo di stabilità ed affidabilità. Non certo di guerre civili contro fantomatiche rivendicazioni Tamil o, per tornare a noi, di stragi mafiose e continue rivolte e tensioni sociali.

Quelle servono a chi vuole completamente sovvertire l'ordine del mondo.

Prendendo ancora spunto dai fatti riguardanti l'isola cingalese, sappiamo che niente sarà lasciato trapelare in modo esplicito dai media ufficiali (tutti in un modo o nell'altro asserviti a Washington) su quello che sta realmente succedendo a Palermo.

Ma non appena l'esercito regolare ha sconfitto i ribelli, ecco che gli altarini sono stati rivelati e l'appoggio di Russia, Cina e India reso pubblico all'occidente. Reso pubblico, sia chiaro, per poter accusare e puntare il dito contro alleati che avrebbero la colpa di non essere “democratici”, al contrario dell'occidente [*].

Ora che anche i Siciliani hanno sconfitto i loro ribelli, quelli del ddl di modifica allo Statuto Siciliano per intenderci, gli stessi ascari che hanno affossato la nostra Autonomia per 50 anni, quegli altarini si cominciano a scoprire da noi.

Quanto tempestiva è stata la visita del Ras libico Gheddafi a Roma all'indomani delle elezioni. E quanto significativa questa sua dichiarazione (“Gheddafi: «Italia ora amica», ma salta il discorso in aula al Senato”, IlSole24Ore.com 10 giugno 2009):

«Un'era si è chiusa ed è ne è iniziata una nuova»

La motivazione per una tale magna pompa sarebbe questa:

«I governi precedenti hanno fallito. Non è che non ci abbiano provato, ma quella di Berlusconi è stata una decisione storica coraggiosa, nel chiederci scusa per il colonialismo»

Vero. E' stato D'Alema il primo a andare con il capo cosparso di cenere nella famosa tenda nel deserto, quando credeva di potere essere lui a gestire l'hub siciliano. Proposito fallito grazie all'ostruzione dei “fratelli” di partito. Il discorso è stato subito ripreso dal pecoraio con nuove scuse e rinnovate promesse autostradali. Ma queste scuse (ed i corrispettivi versamenti pecuniari...) sono state effettuate qualche tempo fa. Gheddafi invece si presenta subito dopo le elezioni che hanno decretato la fine del controllo “occidentale” sul Sud Italia. Una fine che significherà il decollo economico non solo della stessa Libia, ma di tutto il nord Africa.

E poi che strani tutti questi scontri che si stanno verificando a Roma... Personaggi molto più controversi sono passati da quelle parti, eppure niente. L'Onda che si scatena... Ma non erano le sinistre che accusavano le destre del passato coloniale italiano e premevano per il riconoscimento dei crimini compiuti dall'esercito italiano in Libia?

Ora invece si oppongono al decollo economico dell'Africa musulmana, al contrario del Vaticano (Gheddafi: "Usa come Osama" Frattini: "Non siamo d'accordo", Corriere.it 11 giugno 2009):

Ai giornalisti che gli chiedevano un commento sui rapporti tra i due Paesi, suggellati dalla visita a Roma del colonnello Gheddafi, Monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, afferma che “tutto ciò che porta, nei rapporti con i Paesi in via di sviluppo, a un loro sviluppo economico con la nostra cooperazione non può che essere salutato come estremamente positivo e incoraggiato”.

Dichiarazione che in qualche modo punta nella stessa direzione di quella fatta dal Vescovo di Mazara del Vallo poco tempo addietro (SiciliaInformazioni.com, 9 maggio 2009):

“C'è molta più affinità culturale - spiega Mogavero - tra le due sponde del Mediterraneo che tra la Sicilia e la Lombardia”

Questa “cooperazione” che porterebbe ad uno sviluppo economico del Nord Africa consiste proprio nella liberazione della Sicilia dal forzato abbraccio romano che impedendo lo sviluppo dell'hub infrastrutturale nell'isola, di fatto impedisce quel decollo economico.

I paesi della sponda sud del Mediterraneo non hanno intenzione di subire una nuova colonizzazione da parte dell'Europa (la famosa “ciambella con il buco” di Sarkozy). Essi vogliono appoggiarsi ad un paese neutrale che sia equidistante verso tutti. Proprio quello che la Sicilia è sempre stata sin dagli albori della sua storia.

Agli arabi non andrebbe bene neanche lo stesso Nord Africa, perché a quel punto tutti i paesi interessati si farebbero concorrenza l'un l'altro. La Sicilia invece è quell'elemento neutrale a cui tutti possono fare riferimento, a sud come a nord (a nord più a denti stretti per la verità).

Nel marzo del 2008, in vista delle elezioni che portarono Raffaele Lombardo a Palazzo d'Orleans ci eravamo espressi così (vedi il post “Palermo delenda est”, Prima parte):

Il fulcro dell'hub Sicilia sarà un porto: il porto di Augusta, lo sbocco a mare della piana di Catania, sta per diventare uno dei più importanti punti di snodo del commercio mondiale.

(...)

Il porto di Augusta rappresenta il fulcro del sistema commerciale mondiale asservito all'economia cinese.


Un anno fa questo discorso poteva sembrare nebuloso. Pochi mesi fa è arrivato il primo segnale in questo senso quando una delegazione cinese venne a discutere la possibilità di impiantare un hub aeroportuale nella Piana di Catania (vedi il post “Pronti al decollo”).

Le condizioni politiche venutesi a creare all'indomani delle ultime elezioni permettono di dare corso ai progetti. Ed infatti il giorno dopo le elezioni, puntuale quanto e più di Gheddafi, Il Giornale, di striscio, comincia a svelare il progetto agli italioti (“Aerei e porti, la Cina sbarca in Sicilia”, IlGiornale.it 8 giugno 2009):

La Cina vuole trasformare la Sicilia in una piattaforma per la logistica. Un sistema integrato per smistare le merci provenienti dall’Asia e spedirle in Europa, ma anche in Africa. L’isola si trova a metà strada tra i due continenti ed è l’ideale.

«C’è un interesse serio a investire sulle infrastrutture e sulla logistica a partire dal porto di Augusta»

Un progetto per la creazione di “un sistema integrato di trasporti che vedrà la cittadina [Augusta, ndr] della Sicilia Orientale al centro degli scambi tra Asia, Europa e Africa.”

Un processo inarrestabile che per essere realizzato ha bisogno del corretto posizionamento in un'area stabile sia economicamente che dal punto di vista politico.

Va da sé che la Cina non potrebbe mai pensare di poter entrare così tranquillamente nel Mediterraneo senza previo accordo con i russi.

Presto vedremo iniziare una nuova fase dell'invettiva anti-siciliana, quella relativa alla scarsa “democraticità” dei suoi alleati. Il terreno per questo lo hanno già preparato. Come ha detto strisciante l'ascaro Saviano nella sua “lectio magistralis” all'univeristà di Pisa, “nessuna, fra le altre mafie del mondo (russa, cinese o slava che sia) e' autonoma rispetto alle cosche italiane.”

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[*] E noi l'abbiamo assaggiata per bene, la “democrazia”. Prendiamo il caso dei missili di Comiso, ad esempio. Fino a quando il Popolo Siciliano protestò “democraticamente”, guidato dal suo leader Pio La Torre, i “democratici” americani si guardarono bene dal piazzare i Cruise dalle nostre parti.

Ma una volta che la protesta “democraticamente” cessò, grazie alla “inaspettata” collaborazione mafiosa che “casualmente” trovò anch'essa da ridire sul comportamento dell'esponente comunista, la “democrazia” poté imporre i suoi missili.


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martedì, giugno 09, 2009

Se è Torrisi anche due, anche tre

Fine della corsa, siete pregati di scendere. Dal finestrino ne abbiamo viste di tutte i colori, ma purtroppo il panorama non è mai stato così eccitante e sfolgorante come ci era stato promesso al momento dell'acquisto del biglietto. Un biglietto piuttosto salato.

(Quasi) 150 anni di unità: li abbiamo visti sfilare davanti ai nostri occhi senza esserci mai levati la divisa militare. Una guerra perpetua. Per fortuna siamo in vista della stazione d'arrivo. Un binario morto dal quale partiremo per altre destinazioni, con compagni di viaggio diversi.

Abbiamo passato la china. Non ci resta che una breve discesa.

Leggere i commenti sul voto elettorale è esilarante. E deprimente, quando si vede che gente dotata di cultura e di intelligenza non si accorge delle inconsistenze contenute nelle loro affermazioni. Prendete ad esempio questa nota di Italpress diramata da EconomiaSicilia.it sui risultati dell'MPA:

A livello nazionale il "cartello" elettorale si ferma a poco più del 2%. E non basta il discreto risultato tutto siciliano a dare lo slancio sufficiente. Nell'Isola il movimento si ferma infatti al 15.64%, con una punta massima a Catania del 25.83%.

Accoppiata a quest'altra dal titolo “Sconfitto l'asse Miccichè – Lombardo”, sempre di Italpress:

Alla fine l'asticella del consenso nella battaglia tutta interna al Pdl ha segnato un punto in favore della corrente che fa capo al ministro Angelino Alfano ed al presidente del Senato Renato Schifani.

Ma come... in Sicilia danno per vincente il duo Alfano-Schifani, quando il loro capo (Silvio Berlusconi) si dice “Deluso dalla Sicilia”... E di chi dovrebbe essere la responsabilità della delusione se quando al timone c'era Miccichè finì 61-0? Questi sono i veri misteri siciliani! Non la mafia o il voto di scambio, o gli UFO di Caronia! [*]

Diciamo invece che pur avendo il pdl perso una valanga di voti, Miccichè e Lombardo non hanno (ancora) stravinto. Vediamo cosa aveva scritto Il Consiglio lo scorso 21 maggio (“Libero arbitrio”):

Quello di un apparente equilibrio tra le parti con una sostanziale sconfitta del duo Alfano-Schifani sembra lo scenario più probabile.

Per la verità si era scritto anche questo:

All'altro estremo abbiamo il crollo dello stesso pdl verso quote inferiori al 40% e forse anche vicine al 30%, (...) Questo significherebbe il crollo immediato di Berlusconi e la sua scomparsa dal quadro politico generale. Uno scenario che favorirebbe il ritorno al potere nell'Italia del nord delle varie consorterie finanziarie anglosassoni e la rinascita del PD europeista.

In Sicilia il pdl si è fermato al 35%. Siamo in pericolo di restare tra le braccia del nord, questa volta da sinistra? I risultati negli altri paesi europei ci danno una risposta: l'Unione Europea non esiste più. La generale avanzata delle destre “xenofobe”, come surrealisticamente definite dai nostri giornalistucoli, questa volta sarà irreversibile ed accompagnerà un declino atlantico (americano ed inglese) anch'esso irreversibile: malgrado lo stop imposto a Berlusconi non si è vista una sinistra italiana arrembante...

E poi non scordiamoci un altro risultato che la dice lunga su quello che sta succedendo in Italia: nel meridione il pdl ha ottenuto un buon 41% dei consensi, mentre nel nord in definitiva ha tenuto discretamente. Berlusconi ha perso solo dove importava vincere, in Sicilia. E non è solo il voto delle europee ad indicare la fine del pecoraio. I risultati in amministrazioni siciliane di una certa importanza, quali Termini Imerese o Mazara del Vallo, dove l'MPA presentava un candidato alternativo al pdl, o persino la strana alleanza dell'MPA con UDC e PD a Mascalucia significano una sola cosa: il pecoraio non controlla più l'isola.

Al nord Italia un altro fenomeno sembra irreversibile ed anch'esso fuori dal controllo di Arcore: l'avanzata della Lega Nord. Come osservato da i Comitati delle Due Sicilie, ben radicati al settentrione e capaci di cogliere gli umori locali meglio di altri (MPA compreso...), “il boom della Lega, indica una territorializzazione della politica che solo i politici miopi ed ancorati alle ideologie dell'800 non riescono ancora a vedere”.

Aggiungendo questo dato di fatto alla fine dell'era Berlusconi ed al fallito sbarco oltrepò di Raffaele Lombardo si può avere chiara la direzione oramai presa dal belpaese: disgregazione e ritorno ad una situazione pre-risorgimentale. Niente potrà più fermare questo processo.

Questo anche in virtù di quel 41% di voti del pdl al Sud Italia. Pochi giorni prima del voto Miccichè aveva detto che “il pdl deve diventare il partito del Sud” (vedi il post “A ruota libera”). E così è stato. Ora che ha il Cavaliere in mano, sarà lui in ultima analisi a gestire quel 41%. E lui ha già detto “qualunque cosa faccio la faccio per la Sicilia”. Sicilia sensu latu, dobbiamo intendere a questo punto....

E passiamo all'MPA. Sui madornali errori fatti da Raffaele Lombardo in questa campagna elettorale, vi rimando alla stessa nota dei Comitati delle Due Sicilie citata sopra. Difficile fare un'analisi più completa e concisa. Aggiungiamo che a causa di quegli errori, persino nelle circoscrizioni estere la Lega Nord ha battuto l'MPA. E non basta una legge elettorale fatta “su misura” per giustificare un tale vergognoso risultato (comunque per ora ininfluente sugli equilibri siciliani).

Su quelle che è invece la situazione del Presidente della Regione all'indomani del voto, ci illumina Calogero Mannino (UDC):

“Lombardo voleva diventare leader di un partito nazionale, ma ha sfondato solo in Puglia, Campania e Calabria.- martella Mannino – il suo movimento MPA è rimasto fuori da Strasburgo, mentre nel PDL siciliano è molto possibile che lo scettro del comando possa passare nelle mani di Gianfranco Micciché, oggi alleato, in carica, di Lombardo. C’è, però, da chiedersi, se l’estroverso sottosegretario lo vorrà essere pure domani? (...) mi chiedo, quanto tempo ci metterà a stampare una mozione di sfiducia all’attuale governatore in carica? (...) A meno che Lombardo – conclude sarcastico Mannino – non decida di portare ogni mattina il caffè caldo a casa dell’ex manager di Pubblitalia...”

Quegli errori di cui parlavano hanno decretato lo sbilanciamento dell'asse del potere in Sicilia tutto verso Miccichè, e la battaglia tra i due ha già un vincitore.

Raffaele Lombardo ha 3 possibilità:

1) Allearsi con l'UDC, come caldeggiato da Mannino, e riprovare a fare il grande centro. Una mossa destinata comunque a fallire miseramente.

2) Portare ogni mattina il caffè caldo a Miccichè, cioè entrare nel Partito del Sud (ex-pdl) come subalterno dicendo addio ai sogni di gloria.

3) Tornare definitivamente in Sicilia (come peraltro richiesto dagli stessi elettori), rimettere la Trinacria in bocca alla colomba e diventare quel partito regionale da lui stesso auspicato, alleato certo di Miccichè in ambito nazionale (Attenzione! Non mi riferisco più all'Italia intera...) ma capace di una politica autonoma e Siciliana in ambito locale.

Solo la terza via assicurerà libertà alla Sicilia. Una terza via il cui imbocco potrebbe essere ritardato ancora un poco (il tempo che Miccichè prenda saldamente in mano le redini nel pdl), ma che deve essere tracciata sin da ora.

Ed ora una domanda agli autonomisti ed indipendentisti facenti integralmente parte dell'MPA: se la scelta cadrà su una delle prime due vie, voi cosa farete?

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[*] Per chi ha votato la mafia? Per Berlusconi non direi. Forse per Lombardo? Mi sembra che persino l'antimafioso Crocetta abbia avuto parole di elogio per il Presidente, schierandosi praticamente dalla stessa parte di Dell'Utri (vedi il post "Suicide bomber"). Ma allora, questa mafia dov'è?


Prima, dopo


Postfazione: per chi ci segue d'oltrefaro (e per chi qui in Sicilia non era ancora nato), il titolo del post fa riferimento ad un famosissimo spot pubblicitario di una nota marca di caffè locale degli anni '80 interpretato da Pino Caruso. La frase più famosa dello sketch diceva più o meno così: "Cavalere Miccichè, chi fa su pigghia u cafè?" Il cavaliere rispondeva appunto: "Se è Torrisi anche due anche tre".

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lunedì, giugno 08, 2009

Fortunato chi vota

«I casi segnalati in alcuni Paesi di connazionali che risultano non aver potuto votare nei seggi allestiti presso le Rappresentanze diplomatico-consolari italiane si spiegano con la circostanza che questi elettori hanno in passato chiesto di iscriversi alle liste elettorali locali in occasione di precedenti consultazioni elettorali, europee o anche amministrative, e sono pertanto - continua la nota - rimasti iscritti in tali liste, non avendo formulato espressa rinuncia nei termini di legge». «Questi cittadini - conclude la Farnesina - hanno quindi diritto a votare i candidati locali al Parlamento europeo del Paese in cui risiedono» (“Proteste degli italiani all'estero Farnesina: hanno optato per voto locale”, Corriere.it 6 giugno 2009)

Questo post viene pubblicato senza alcuna immagine a corredo. Non perchè non si riusciva a trovarne una che potesse in qualche modo descrivere o riassumere l'argomento trattato. Semplicemente perchè non si vuole rischiare una strumentale accusa di vilipendio alla bandiera ora che sembra potrebbero essere approvate certe leggi decisamente restrittive sulla libertà d'opinione su internet.

Certo un controllo è necessario, ma continuando a leggere questo post è facile immaginare in quale discrezionale maniera quel controllo verrebbe applicato nella nostra libera nazione da quegli stessi che rimangono a galla solo grazie al continuo vilipendio alla bandiera perpetrato ai livelli istituzionali più alti.

L'altra Sicilia nei giorni scorsi aveva già avvertito uno strano profumo nell'aria prima di un elezione che ha polarizzato lo scontro nord-sud in un modo dal quale difficilmente si potrà tornare indietro, puntando il dito sulla chiusura strategica di alcune sedi elettorali utilizzate alle scorse europee:

“Questa volta bisogna fare centinaia di chilometri per andare ai consolati, e neanche in tutti. Insomma se non ci andate a votare è meglio. Basti pensare che, ad esempio, in Belgio sarà chiusa anche l'agenzia consolare di Genk... (Risparmi? Sì, sulla nostra pelle e mai sui loro stipendi)”

Un ulteriore ostacolo al voto dei siciliani e dei meridionali emigrati che in quei paesi ci lavorano ed hanno famiglia. Non ci sono andati a fare l'Erasmus.

Ulteriore perchè la stessa legge elettorale sembra fatta apposta per bloccare questi voti che non faranno riferimento ad una circoscrizione estero come del caso delle politiche, ma che si dovrebbero aggiungere a quelli depositati in patria a supporto dei candidati siciliani.

Per le europee infatti non si può votare per corrispondenza. Non solo: se sei residente fuori dall'Europa ti viene anche impedito di votare, dato che puoi esprimere le tue preferenze solo tornando al paese di origine (pensate voi ad un siciliano emigrato in Australia o in Argentina che torna a Rosolini per le elezioni europee...).

Si potrebbe pensare che forse vi sia una qualche legge o una qualche motivazione legale specifica per cui non si possa votare per corrispondenza o nelle ambasciate degli altri paesi.

No. Non vi è alcun ostacolo legale. Infatti se sei un professore universitario (e quindi sappiamo bene il voto che darai...) allora non solo puoi votare in Australia senza bisogno di tornare a casa, ma puoi anche farlo per corrispondenza, tu ed i tuoi familiari. Ecco la legge:

I residenti nei paesi extra-europei (dipendenti pubblici, professori universitari e ricercatori temporaneamente fuori sede per motivi di servizio e i militari in missioni internazionali) possono votare solo se hanno presentato entro il 3 maggio apposita domanda. Il voto in questo caso avviene per corrispondenza.

Il motivo per cui si cerca di impedire il voto agli emigrati delle circoscrizione isole e del sud (da cui la quasi totalità degli emigrati proviene) risiede probabilmente nel metodo di calcolo dell'assegnazione dei seggi.

In Italia si vota con il sistema proporzionale ed in base a delle circoscrizioni alle quali viene assegnato un numero di seggi in base alla popolazione. Nella circoscrizione isole (Sardegna e Sicilia) però questo metodo ha sempre causato una sotto-rappresentazione ed invece dei previsti 9 eletti se ne sono avuti 6 (anche se in questa tornata qualcuno prevede un settimo seggio in Sicilia).

I restanti tre cono andati a circoscrizioni del nord Italia, in base ad un astruso calcolo dei resti basato non più su base circoscrizionale, ma nazionale e nel quale entrano in gioco il numero di votanti per la lista ma di nuovo su base regionale. L'impressione è che la mancanza dei voti degli emigrati meridionali abbia contribuito a questa sotto-rappresentazione della Sicilia.

Che siano proprio i siciliani a destare preoccupazione a Roma lo segnala la recente proposta ben vista dalla Lega di separare la Sardegna dalla Sicilia, in modo da assicurare un seggio all'isola più piccola. Strana preoccupazione, visto che nessuna regione d'Italia ha un seggio garantito per legge.

E non finisce qui. L'inciucio più vergognoso è saltato fuori in Olanda, in Finlandia, in Francia, dove parecchi siciliani si sono visti assegnare d'ufficio dallo stato l'opzione per il voto locale (vedi citazione all'inizio del post).

Inutile dilungarsi, si tratta di puri e semplici brogli effettuati dallo stato stesso, brogli di cui ci sono prove evidenti ma che non verranno mai investigati. Non siamo certo nello Zimbabwe dove si sono ripetute le elezioni....

A questo proposito ripropongo la testimonianza diretta che il rappresentante de L'Altra Sicilia in Olanda (Piermarco Burrafato) ha postato nei giorni scorsi su questo blog:

Mi sono recato ad Amsterdam per votare (30 km da casa mia). Dopo essermi sobbarcato il viaggio, mi e' stato impedito di votare!!!

Ero incazzatissimo. Dice che il ministero degli interni della merdosissima repubblica italiana ha fornito al consolato un elenco di "optanti" da non ammettere al voto. Gli "optanti" sono coloro i quali hanno optato di votare per i candidati olandesi al parlamento europeo. Ma sia io che mia moglie avevamo "optato" di votare per i candidati italiani.

Cosa davvero raccapricciante: a mia moglie hanno consentito di votare, a me no!... Ho detto di essere rappresentante per l'Olanda de L'Altra Sicilia, mi sono seriamente incazzato e lì mi davano tutti ragione. Volevo una fotocopia della pagina di questo fantomatico elenco di "optanti" in cui figurava il mio nome, ma a quel punto mi hanno detto che non era possibile. A un certo punto hanno chiamato il presidente di seggio che distava solo un paio di metri da me ma faceva finta di niente... all'italiana!!! Si avvicina questo signor Precisetti del nord italietta e ribadisce che la fotocopia non la posso avere con tono disturbato. Mi incazzo ancora di più e a un certo punto un'anima "buona" mi consiglia di andare a parlare col console.

Così faccio, ma il console è impegnato. Trovo la vice-console, che rammaricata mi dice che l'unica cosa che può fare è prendere nota dell'accaduto e rendersi disponibile per testimoniare in caso di necessità. Devo dire che la signora era veramente cordiale ed è riuscita a farmi calmare.

Ma com'è possibile? Sia io che mia moglie abbiamo optato di votare per i candidati italiani. Sia lei che io abbiamo ricevuto sia i certificati elettorali del consolato, sia quelli del comune di residenza qui in Olanda. Tant'è che ci eravamo detti: forse ci lasciano la possibilità di scegliere... mah! Arriviamo lì, dopo che uno si sobbarca chilometri per recarsi alle urne (anzi nel mio caso, 30 km sono niente rispetto a chi vive in parti più lontane del paese) e non sanno neanche dirti quanti sono i votanti che sono stati esclusi. Non sanno niente o fanno finta di non sapere. Sapevano solo che erano tanti. E a loro discolpa hanno detto che hanno perfino dovuto negare il diritto di voto a membri del parlamento europeo che si trovavano nella mia stessa situazione.

Una cosa è certa, a queste elezioni noi siciliani e meridionali siamo stati boicottati. E forte mi sorge il sospetto che nel mio caso, come rappresentante de L'Altra Sicilia, la cosa non sia per niente casuale!

Che ci vuole a negarmi di votare con la scusa che qualcosa è andata storta a causa del comune di residenza... scaricando in questo modo la colpa sugli olandesi.

Piermarco Burrafato
L'Altra Sicilia - Olanda


Che dopo aggiunge:

Avrei voluto andarmene gridando che tanto l'italietta sta per crollare... ma poi mi sono detto, da buon Siciliano... ca 'a megghiu parola è chidda ca un si dici!

Avremmo potuto allegare a questo post, per esempio, una bandiera italiana con al posto dello stemma dei Savoia un bel fecaloma. Ma non ne vale la pena, dare a questi barbari una scusa per colpirci.

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venerdì, giugno 05, 2009

Le buone notizie non vengono mai sole

Recentemente ci siamo occupati del subcontinente indiano e degli sviluppi che l'arrivo del “secolo asiatico” ha portato nell'area (Vedi il post “L'ingresso dell'India”).

Come detto, la vittoria alle elezioni del “Congress Party” di Sonia Gandhi e la contemporanea fine della guerra civile dello Sri Lanka hanno decretato la sconfitta dei piani americani per limitare l'influenza di Russia e soprattutto Cina nell'Oceano Indiano. Non solo: potrebbero anche aver fatto saltare i piani dei “liberali” di trasferire al colosso indiano il dovere di proteggere i volenterosi “ri-costruttori del tempio” grazie alle affinità politiche del BJP, il partito d'opposizione.

I media occidentali comunque si sono guardati bene dall'ammettere apertamente una così schiacciante sconfitta, che di fatto chiude la porta all'avventurismo anglosassone in Asia meridionale ed orientale. E pone dei seri dubbi sulle reali capacità di resistere in Asia centrale (leggi Afghanistan).

L'occidente ha, diciamo così, censurato momentaneamente la sconfitta elettorale indiana, parlando solo degli aiuti cinesi e russi all'ex isola di Ceylon e addirittura festeggiando l'esito della gigantesca tornata elettorale (la copertina dell'Economist riportata sopra dice testualmente “Buone notizie dall'India”). Su queste pagine avevamo però detto a chiare lettere che una così flagrante intromissione di Russia e soprattutto Cina nel subcontinente senza l'assenso del governo indiano era impensabile.

Nei giorni seguenti la fine delle ostilità contro le Tigri Tamil, l'occidente non è stato con le mani in mani ed ha cercato (inutilmente) di fare passare alle Nazioni Unite diverse mozioni che condannassero il governo cingalese per le supposte atrocità compiute (“After the slaughter”, 28 maggio 2009):

Il 25 maggio il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite si è riunito per una sessione speciale sullo Sri Lanka a seguito di una richiesta tedesca per conto di 17 nazioni per lo più europee. I suoi membri hanno proceduto a respingere una risoluzione proposta volta alla condanna del governo dello Sri Lanka per il poco conto in cui aveva tenuto la vita dei civili.

Invece ecco quello che è successo:

Un altra risoluzione messa sul tavolo dal governo dello Sri Lanka, che encomiava il proprio impegno verso i diritti umani, è stata accettata con un voto di 29 a 12.

Notare chi ha votato, tra gli altri, per questa risoluzione: Russia, Cina, Pakistan e.... India! La coperta si fa sempre più corta.

Ma non è finita qui. Tra i firmatari troviamo infatti quello che fino a pochi mesi fa era il più importante alleato degli americani in medio oriente: l'Egitto.

E proprio in Egitto ieri Obama ha rilasciato un discorso così significativo che avrebbe potuto benissimo riassumerlo mettendosi a sventolare il foglio di carta come bandiera bianca (“Il discorso di Obama al Cairo”, Corriere.it 4 giugno 2009):

Nessun sistema di governo può o dovrebbe essere imposta su di una nazione da un'altra [precisamente quello che Inghilterra prima e Stati Uniti poi hanno fatto per 2-300 anni, ndr]. Questo non diminuisce il il mio impegno, comunque, verso forme di governo che riflettano il volere del popolo [Quindi, se il Popolo vuole la monarchia (ad esempio), così sia, ndr]. Ogni nazione dà vita a questo principio a modo suo, in un modo radicato nelle tradizioni del proprio popolo. L'America non presume di sapere cosa sia meglio per tutti, allo stesso modo in cui noi non presumeremo di scegliere l'esito di una elezione pacifica.

Il crollo dell'Unione Sovietica iniziò con un tracollo economico (ricordate le file per il pane?) ma in fin dei conti fu un crollo politico, il crollo del comunismo reale prima esterno (sconfitta dei regimi allineati) e poi interno (collasso della stessa URSS)

Il crollo economico americano è già un fatto (come si fa ancora a non vederlo, dopo che nei giorni scorsi anche la General Motors, la spina dorsale dell'economia americana, è fallita?). Abbiamo assistito in questi mesi al cambio di regime dei paesi allineati (perso l'Egitto, l'ultimo stato di un qualche peso ancora allineato interamente a Washington è l'Arabia Saudita). Aspettiamo nel giro di pochi mesi quello politico interno, cioè il crollo della democrazia intesa come sistema bipartitico a suffragio universale.

Torniamo all'Economist per cogliere ulteriori segnali di questo oramai prossimo crollo (nel caso in cui il discorso di Obama non sia convincente. Del resto sono ambedue portavoce degli stessi poteri...). Già lo scorso 16 maggio il settimanale britannico scriveva un pezzo dal titolo emblematico, “I dolori del parto” (“Birth pains”):

Si è sempre pensato che la Cina sarebbe dovuta andare verso il modello occidentale. Ma perchè non viceversa?

L'articolo apparentemente faceva riferimento al solo sistema economico. Ma questi non può andare in un verso mentre il sistema politico va dall'altro. E l'inizio dello stesso pezzo lascia intravedere proprio questa connessione chiamando in causa la cosiddetta “democrazia”:

In una democrazia (...) i creditori hanno il denaro e perciò l'orecchio dell'elite politica; i debitori di solito hanno i voti.

Una ammissione di colpa che confessa senza giri di parole la truffa del suffragio universale moderno non bilanciato da un potere controllore manifesto: il popolo vota, ma i politici ascoltano qualcun altro, e cioè i vertici del sistema finanziario.

Quale sarà il sistema politico verso cui ci dirigeremo dalle nostre parti di mondo? Nel medio termine si direbbe una sorta di monarchia costituzionale, un sistema in fondo nato in Sicilia circa 1000 anni fa. La stessa Nazione Siciliana poi lo perfezionò con la costituzione del 1848 in un modo radicato nelle tradizioni del proprio popolo Ma allora gli anglosassoni presumevano di sapere cosa fosse meglio per tutti.


Ma non stavamo parlando di Obama?

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mercoledì, giugno 03, 2009

A ruota libera

Siamo al momento della divaricazione. Al momento in cui i politici siciliani si devono decidere sul futuro della loro Patria: libertà o schiavitù. Un momento che sapevamo dovesse arrivare prima o poi (Vedi i post "Repetita juvant" e "Ci siamo").

Raffaele Lombardo, dopo qualche tentennamento ha trovato il coraggio di affrontare la sfida anche grazie al sostegno di Gianfranco Miccichè, che sino a poco tempo fa lottava per essere lui il “Lombardo” della situazione e diventare Presidente della Regione Siciliana.

L'intervista rilasciata a Klaus Davi da colui che sta di fatto decretando la fine della parabola berlusconiana chiarisce una cosa: lui ad essere il “Lombardo” della situazione ci tiene ancora. E di questo i due ne riparleranno dopo le elezioni. Per il momento rilascia delle dichiarazioni che definire epocali non è esagerato.
Ascoltiamole attentamente: finalmente un politico che parla chiaro e senza troppi calcoli (sotto ad ogni spezzone è inserito un elenco dei punti salienti).




Prima parte

Solo per la Sicilia – Miccichè esordisce con il suo programma politico: “Qualsiasi cosa la faccio più per la Sicilia che altro”. Tradotto dal linguaggio politico, “il mio obiettivo è il potere in Sicilia”.

Lombardo – Il Presidente lo volevo fare io (e lo voglio fare io). Tutto quello che sta succedendo in questi giorni parte da lì.

Lega Sud – Un giro di parole per dire che di quello che succede a Roma non frega niente a nessuno qui.

Internet – L'esperienza con il blog



Seconda parte

Europee – Se Lombardo raggiunge il 4% o no, non cambia niente nella sostanza. La Sicilia ha imboccato la sua strada. Il PDL deve diventare il partito del Sud, cioè: Berlusconi deve fare quello che dico io...

Rivolta nel PDL – Il problema oggi sono gli ascari. Sono più di 600 gli amministratori che si sono autosospesi. Insomma, Berlusconi è avvertito.

Rifiuti a Palermo – Stuzzicato sulle ultime dichiarazioni di Berlusconi sulle cause della “crisi”, Miccichè rifila una bella stilettata: “Orlando non c'entra niente, facciamo autocritica”. Tra le altre cose, la rivolta di Miccichè ha bloccato la finta crisi dei rifiuti preparata come trappola per Raffaele Lombardo.



Terza parte

Ancora PDL – Berlusconi per la prima volta non è venuto in Sicilia per questa campagna elettorale. Questo per dare un idea di quello che sta succedendo. Ora ci penserà bene e poi prenderà le sue decisioni (Cioè calerà le ali).

Termini Imerese – La Fiat se ne va? Non so se gli convenga, in ogni caso benissimo, troveremo qualcun altro o qualcos'altro.



Quarta parte

Mafia – La bomba di Miccichè. Il primo politico ad avere il coraggio di dire le cosa in modo chiaro e senza contare i voti. Come da tempo diciamo su queste pagine, la mafia è crollata insieme all'abbattimento del muro di Berlino. Oggi non vi è più pressione da parte della mafia. Basta con i ricatti dell'antimafia: da manuale il modo in cui accusa sottilmente l'antimafia, tramite una esperienza personale che nessuno può smentire. Potrebbe uscire le prove.... Una dichiarazione pesantissima.

Vittime della mafia – Le vittime della mafia sono tutte siciliane, eccetto Dalla Chiesa. E' la Sicilia che ha sconfitto la mafia, ed è questo che deve essere detto dei Siciliani.



Quinta parte

Siciliano – Piccola “sciddicata” di Miccichè che parla di “dialetto siciliano”.

Ponte sullo stretto – Intanto non ci sono i soldi. E poi: avete visto fare espropri? Allora per ora niente ponte.

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Articoli sull'argomento:
LaSiciliaWeb.it
LiveSicilia.it

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