Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

giovedì, novembre 30, 2006

Marchiature a fuoco

I nemici della Sicilia, quelli veri, dove stanno? Al di qua o al di là del faro? Difficile dirlo con precisione, anche se gli indizi che puntano verso la Sicilia stessa sono molteplici. E se ne trovano di nuovi in continuazione.

La situazione è tale per cui spesso ci trasformiamo in nemici senza neanche accorgercene, presi come siamo tra le spire di di un assalto "totale" capace di colonizzare anche quelli che si credono impermeabili alle malìe delle stupidate filopadane.

E così può anche capitare che una vittima del sistema segregazionista italiano, quale Tano Grasso, presidente onorario delle Associazioni Antiracket, proponga qualcosa di veramente sinistro, capace solo di favorire sempre di più l'immagine della Sicilia quale terra di mafia e di aiutare i nostri aguzzini.

L'idea è strabiliante: trasformare l'associazione antiraket in agenzia di servizi. E cosa dovrebbe fare questa agenzia di servizi? "L'associazione aiuterà (l'impresa che vuole investire tra i terroni) nella scelta evitando che incontri soggetti legati alla malavita. Insomma possiamo dare quelle notizie che non svela nemmeno il certificato antimafia"

In pratica i siciliani, oltre a doversi sottoporre alla vergogna del certificato antimafia (nè più nè meno che una marchiatura a fuoco da schiavi, visto che è necessaria solo in base alla razza di appartenenza dei soggetti in causa) dovranno anche pagare Tano Grasso per riuscire ad ottenere un ulteriore bollino di qualità.

E poi, scusi l'ardire, Lei come fa a saperne più del certificato antimafia? Non dovrebbe riferire queste cose all'autorità giudiziaria invece di fornire a pagamento le informazioni a terzi?

Scusi ancora, ma i Suoi avvisi all'imprenditore che "potrebbe essere avvicinato dagli estortori o da chi vuole imporre forniture, servizi o assunzioni. Anche in questa fase possiamo essergli vicini..." potrebbero essere fraintesi. Non Le sembra il caso di riformulare meglio i suoi pensieri?
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mercoledì, novembre 29, 2006

I mafiusi della Vicaria

Nei giorni scorsi a Catania si è potuta rivedere la rappresentazione di una simpatica opera teatrale ottocentesca, I mafiusi della Vicaria di Giuseppe Rizzotto, che sarebbe probabilmente rimasta confinata agli studi etnografici se non fosse per il fatto che grazie ad essa nel 1863 (annotate l'anno...) la parola mafia risuonò in tutta Italia. "Da allora molti", spiega il volantino pubblicitario di circa 150 anni dopo, "hanno provato a dare un significato a questo termine. Ma che cosa significhi mafia nessuno è riuscito a spiegare, forse è un pò come la fede, forse è come il diavolo o forse non esiste. E se fosse uno stato dell'anima?".

Parole che suonano bene, sicuramente. Anche un pò troppo intellettuali, volendo. Ma che danno una giusta idea della confusione e dei punti interrogativi che circondano l'argomento.

Era in occasioni come questa che al tempo dei nostri antenati sicelioti (o Greci di Sicilia che dir si voglia) saltava sulla scena il deus ex machina. Ed è così che ora ci appare lo spettro di Sciascia, nel suo Candido alter-ego, a sussurarci che "Le cose sono quasi sempre semplici" lasciandoci, al risveglio da questo sogno fatto in Sicilia, con una pulce che fastidiosamente saltella tra le righe appena scritte.

Ed allora per capire cosa significhi mafia proviamo a fare nel modo più semplice possibile: apriamo cioè il vocabolario. Non però uno Zingarelli qualunque, bensì un vocabolario più vicino ai fatti (o mis-fatti che dir si voglia), e cioè il vocabolario Siciliano-Italiano di Antonino Traina, stampato intorno al 1868.

Ecco cosa annota il Traina alla suddetta voce:

Mafia. s.f. Neologismo per indicare azione, parole
o altro di chi vuol fare il bravo.
Sicurtà d'animo, apparente ardire.
e poi ancora:
Insolenza, tracotanza, arroganza, alterigia, fasto, spocchia
ed infine:
Nome collettivo di tutti i mafiusi
e per quanto riguarda l'etimologia:
Smaferi si chiaman in Toscana gli sgherri;
e maffia dicon alla miseria, e miseria vera è
il credersi grand'uomo per la sola forza bruta!

All'indomani della (finta) Unità la parola era ancora considerata un neologismo, (e che pena vedere oggi tutti quei siciliani che fanno a gara a darsi del cornuto invocando una fantomatica origine araba) e non aveva niente a che vedere con alcuna società segreta o addirittura con la criminalità. Per indicare la criminalità organizzata anche in Sicilia era usato il napoletano "camorra", come suggerisce la stessa commedia di Rizzotto.

Il primo ad uscire fuori la storia dell'associazione malandrinesca pare sia stato l'allora prefetto di Palermo F.A. Gualtiero nel 1865.

In più il Traina avvalora la tesi della provenienza da nord (Toscana)... ed a questo punto non sarebbe troppo fantasioso ipotizzare una discesa in Sicilia tramite un altra commedia. Non quella del Rizzotto Giuseppe, ma quella appena di qualche anno più vecchia del Garibaldi, sempre Giuseppe.

PS: certe fonti sono capaci di svelarci passato e presente meglio di qualunque storico di professione. Ecco come il Traina spiega (nel 1868) la voce Autonomista:

Chi parteggia per l'Autonomia; oggi si mascherano di questo nome anco quelli che vorrebbero disunita la Sicilia dall'Italia e soggetta ad un Borbone a Napoli.

Più nitido di una fotografia. Ma chi c'è più cornuto e bastonato di noi siciliani?
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martedì, novembre 21, 2006

Ribelliamoci a chi vuole darci perline e vetri colorati in cambio di oro

Attenzione al nuovo tentativo di stupro ai danni della nostra Madre Terra, perpetrato come sempre da invasori appoggiati da ascari locali.

I rigassificatori sono un'opera di alta ingegneria: dotarsi di un rigassificatore significa armarsi per le prossime sfide energetiche assumendo una posizione di primo piano nel panorama energetico del Mediterraneo.

Ci sono però degli importantissimi SE, che devono essere soddisfatti per poter accettare la loro presenza sul territorio siciliano:

SE vi sono le dovute garanzie ambientali, rispettando l'ambiente e la salute delle popolazioni che si troveranno costrette a vivere in prossimità dell'opera.

SE il territorio (l'isola di Sicilia) ne riceve un vantaggio in termini economici.

Nessuna di queste due condizioni verrà soddisfatta se le cose procederanno sui binari tracciati dal governo regionale e (stranamente) neanche lontanamente criticati dalle solite buffonate politico-ambientaliste.

La Regione ha infatti concesso il nulla osta sulla fattibilità del rigassificatore di Porto Empedocle con un documento di DUE pagine nel giro di poche settimane, un documento che nel resto d'Italia richiede mesi e mesi di attesa per ottenersi e che dovrebbe includere le prescrizioni per i rischi dovuti all'opera. Sembra che l'opera di alta ingengeria, più che il rigassificatore sia da ricercare proprio nell'essere riusciti a ficcare tutte queste prescrizioni per una tale opera in due pagine.

Per quanto riguarda il secondo SE, non se ne sa nulla.

E' preciso dovere di TUTTI i siciliani ribellarsi a tale situazione, anche se solo firmando la petizione degli amici di www.norigassificatori.net

Ecco le parole di Gianfilippo Mancini, responsabile dell'energi management dell'ENEL:
"Porto Empedocle è nel centro del Meditterraneo e quindi le navi gasiere avranno un periodo di navigazione più breve. Due giorni in meno rispetto a Liguria o Veneto riducono molto la spesa dei noli e consentono una frequenza maggiore di viaggi di andata e ritorno"
(da Il Sole 24 Ore del 9 novembre 2006)

Avete capito? I rigassificatori in Sicilia servono a loro infinatamente di più che a noi!!!! Non facciamoci prendere per il naso con quattro perline e qualche pezzetto di vetro colorato!!! (Oltre a chissà che cosa per gli Ascari...)
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mercoledì, novembre 15, 2006

Da dove viene la mafia (Seconda Parte)

Certo a considerare l'enorme mole di libri ed articoli, servizi giornalistici, film e sceneggiati che la riguardano, sembra che qui l'unico problema sia la mafia. Eppure sappiamo che non è così: ci sono i neonati malformi di Gela ed Augusta, ci sono le aziende che magari non hanno mai pagato una lira di pizzo ma sono strangolate dalla burocrazia, ci sono migliaia e migliaia di famiglie che vivono in baraccopoli che sembrano essere la periferia di una qualunque città africana. Insomma ci sono tutti i problemi di un pezzo di terzo (se non quarto) mondo. Però si parla solo di mafia, citando connessioni e trame degne di un film di James Bond, così simili ai film di Scorsese da far venire il dubbio su chi avesse copiato: Scorsese dalla realtà per i suoi copioni, o i saputelli nostrani da Scorsese?

Spulciando su internet si può leggere di connessioni con Gorbaciov, con Osama Bin Laden, con il traffico di Plutonio, con il Vaticano. Abbiamo addirittura trovato uno che diceva che la Sicilia sarebbe dovuta essere parte del famoso "Axis of Evil" di George Bush (Te li immagini gli americani a bombardare se stessi?).

Per chi vorrebbe una immagine migliore della sua Sicilia non mancano le occasioni per scoraggiarsi, riprendere le valige e tornare a masticare il pane amaro dell'emigrazione.

Eppure ogni tanto qualche spunto degno di nota lo si può anche trovare. Sul domenicale del 12 novembre de Il Sole 24 Ore Diego Gambetta, professore di sociologia ad Oxford, traccia un interessante parallelo tra la Russia post-sovietica e la Sicilia di metà ottocento.

L'articolo in realtà ci sembra forzatamente confuso, poichè associa un evento instantaneo ed epocale come il crollo del comunismo, ad una poco chiara "caduta del feudalesimo" nella prima metà dell'ottocento in Sicilia. In una terra dove rapporti di tipo feudale sono sopravvissuti sino almeno alla seconda guerra mondiale, parlare di "caduta" del feudalesimo limitata al periodo 1800-1850 mi sembra un poco forzoso(*). Semmai si potrebbe parlare di un lento declino. (**)

Piega poi il ragionamento ai propri bisogni confondendo il pre ed il post collocandoli ambedue oltre l'evento nel caso della Russia, ed ambedue prima dell'evento nel caso della Sicilia, cioè prima del tramonto definitivo del feudalesimo.

Correggendo queste distorsioni temporali si può trovare una soluzione. Partiamo dalla Russia.

Non vi è dubbio che l'esplosione del fenomeno mafioso sia da collocare oltre la caduta del regime comunista, ma visto che di regimi ne cadono continuamente nel mondo e non sempre come conseguenza ci si ritrova tale fenomeno, i pressupposti devono essere collocati prima della caduta, nei rapporti corrotti instauratisi all'interno di una macchina burocratica che non premiava le capacità dei singoli. I "boss" infatti sono spesso provenienti dagli apparati burocratici sovietici.

Sistemata la parte russa, passiamo a quella siciliana. Se il feudalesimo originava da qualche parte corruzione, questa doveva essere nell'amministrazione dei feudi, affidati ad avidi signorotti locali da una classe nobiliare sempre lontana ed impegnata nei complicati riti sociali delle città. Il disgregarsi di questo sistema, ha liberato tali signorotti dall'asservimento ai baroni e li ha proiettati verso il potere, aiutati da una conoscenza del territorio "palmo a palmo" e da campieri privi di scrupoli.

Quello che ci manca è l'evento che ha fatto crollare definitivamente il sistema. Tra ottocento e novecento l'unico evento in Sicilia assimilabile al crollo del muro è la caduta dei Borbone, con i nuovi padroni che per assicurarsi fedeltà mettono al potere i Sedara (quante verità ci ha detto Tomasi di Lampedusa...), avidi di denaro e senza scrupoli e quindi facilmente ricattabili.

Come sapevano, i tosco-padani, di potersi fidare di tale classe? Forse ne avevano avuto esperienza diretta in situazioni simili. Gambetta ci dice che "sul mercato non furono solo la terra ed i suoi prodotti, ma gli stessi bravi (tra virgolette, ndr), che un tempo agivano sotto il controllo monopolistico dei baroni". Anche qui un errore: i "bravi" sarebbero da identificare con i campieri, al servizio del "Don Rodrigo" di turno (il signorotto), e non con il signorotto stesso.

Ma allora... vuoi vedere che la soluzione l'abbiamo avuta tutti sotto i nostri occhi, sui banchi di scuola, e non ce ne siamo nemmeno accorti?


Post Scriptum: l'autore dell'articolo contenente la frase circa la pertinenza dell'inserimento della Sicilia nell' "asse del male" si chiama Diego Gambetta e l'articolo è pubblicato sul Boston Review. E' lo stesso Gambetta o un omonimo? Certo se fosse lo stesso ci sarebbe da ridere: il Professor Gambetta ha infatti ricevuto nel 2003 il premio "Paolo Borsellino", assegnatogli dall'Accademia di Studi Mediterranei di Agrigento. Complimenti.

(*) Il feudalesimo effettivamente fu formalmente abolito nel 1812 dai Borbone, ma basterebbe fare la fatica di andare a leggere qualche testo a riguardo per capire come l'abolizione fu, per l'appunto, solo formale. Anzi, paradossalmente si potrebbe sostenere che fu il feudalesimo nel 1861 ad abolire i Borbone: cosa fecero i baroni siciliani per difendere Napoli dai 4 straccivendoli garibaldini?
(**) L'articolo contiene altri spunti interessanti: pone innanzitutto un orizzonte temporale congruente alla messa in posa delle radici del fenomeno mafioso, senza più richiamare fantomatiche radici arabe. Esclude poi l'elemento genetico associando il popolo russo a quello siciliano. Invoca cioè le condizioni ambientali come prevalenti su quelle culturali, sconfessando praticamente il 90% della pubblicistica anti-meridionale tosco-padana.
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martedì, novembre 14, 2006

Da dove viene la mafia (Prima Parte)

Ci siamo ritrovati, negli ultimi giorni, ad una recrudescenza dell'arma mediatica che lo stato italiano usa per giustificare agli occhi del mondo l'oppressione delle regioni del sud.

Credere infatti che le campagne denigradive contro siciliani, calabresi, napoletani etc abbiano un origine per così dire "spontanea" è da ingenui ed anche un pò da fessi. Come l'Italia esporta nel mondo le imagini delle campagne toscane, dei vicoli veneziani, del colosseo romano, investendo sul ritorno di immagine, così ha esportato una certa idea di meridionale, investendo in un ritorno di immagine che le ha permesso di avere mano libera prima nel genocidio dei meridionali, poi nella loro schiavizzazione, ed ora nella loro totale emarginazione economica.

Ovviamente il meccanismo deve essere oliato, così come di tanto in tanto ci fanno rivedere il bel barbone di Osama Bin Laden, come ogni tanto ricominciano a parlare dei Ceceni (che a seconda dei rapporti con Putin diventano terroristi o vittime) o dei Curdi turchi (idem che i ceceni), ogni tanto all'opinione pubblica internazionale deve essere raccontata qualche bella storiella sulla mafia per fare spaventare i bambini prima di addormentarsi.

Il massimo della goduria per il regime è poi quando all'estero prendono la palla al balzo e approfittano della situazione per scaricare nello stesso piatto su cui (dopo averci mangiato)sputano i tosco-padani le loro immondizie. Ed allora: levata di scudi generale, censura assoluta, teste che rotolano quando da qualche parte sibila la notizia che l'ETA si sarebbe trasferita in Nord-Italia, spettacolarizzazione e scuola di ricamo sulle immense stronzate scritte riguardo al traffico di droga in Spagna (iniziato dai fuoriusciti corleonesi scappati dalla Sicilia) o a quello di armi in Germania (gestito dai calabresi).

Su queste ed altre ridicole campagne promozionali ci siamo soffermati altre volte, e non credo si debba ora andare a scavare sotto tanto per confutarle.

Possiamo solo riproporre agli autori ed a coloro che qui da noi ancora credono che tutto quello che viene da nord sia oro colato (inclusi i giornalisti dei giornali locali che riprendono le notizie appoggiandole) il consiglio già dato da Pulvirenti, noto imprenditore catanese: "Cambiate Spacciatore".
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lunedì, novembre 13, 2006

L'isola da quarto mondo della UE

Lo scorso giovedì forse l'unico quotidiano nazionale a dare un risalto adeguato alle notizie sull'inquinamento del petrolchimico di Gela è stato Avvenire. Riportiamo alcuni stralci dei tre articoli a firma Laura Malandrino apparsi a pagina 9:

A Gela il doppio dei tumori. Petrolchimico nel mirino

<<... I dati parlano chiaro: il rischio di tumori e malformazioni a Gela è il doppio della media nazionale. (...) Dati in linea con la ricerca condotta dai consulenti della Procura della Repubblica di Gela da cui era emerso che tra il 1990 e il 2002 nella cittadina industriale furono registrati 398 casi (su 10.000) di persone con anomalie al sistema nervoso, cardiovascolare, urinario e digerente e ai tegumenti: circa il doppio rispetto a quelli registrati a livello nazionale (205 su 10.000). E da meno non sono certo le anomalie cromosomiche: 50 e 60% in più risptto al resto della Sicilia e del paese. E per questo che a Gela intere famiglie si stanno mobilitando, medici ed amministratori chiedono misure di emrgenza contro l'inquinamento ambientale. (...) Dati allarmanti che hanno indotto Crocetta (il sindaco, ndr) ad annunciare la costituzione di parte civile del Comune ai processi per inquinamento e danno biologico. (...) Da parte nostra non c'è nessuna criminalizzazione del Petrolchimico - dice Enrico Vella, assessore all'Ambiente - quell'industria è la principale fonte di occupazione per la nostra gente. >>

Ed ora le mamme sono pronte a scendere in piazza

<< "Ho visto il mare di casa mia cambiare colore. Fino agli anni sessanta era azzurro, color pavone come lo descrive Tomasi di Lampedusa. Una delle coste più belle della Sicilia sud orientale. Poi, pian piano, l'ho visto diventare del colore caffellatte". A parlare è don Palmiro Priscutto, da 28 anni sacerdote e da 14 assegnato alla parrocchia san Nicola nella frazione Brucoli di Augusta. (...) Negli anni 80 la situazione precipitò. A partire da quel momento la morìa di pesci diventò una costante e nel reparto di pediatria dell'ospedale Muscatello di Augusta le mamme cominciarono a partorire bambini malformati. "Nelle nostre case è entrata la sofferenza - continua il sacerdote - . Eppure la gente non ha saputo reagire a quello che stava succedendo. Facile capirne la ragione: la paura di perdere il posto di lavoro". Oggi la sistuazione però è cambiata. (...) E pensare che ad Augusta passa più del 50% del petrolio italiano, per un valore di 18 miliardi di euro ogni anno; e che il 100% del carburante con cui vola la flotta aerea del nostro paese viene dalle raffinerie siciliane. Come spiega Giacinto Franco, dal 1969 primario del reparto pediatria dell'ospedale di Augusta, ancora oggi il problema più grave è il "ricatto" occupazionale. "Basta pensare a quello che una volta ho sentito con le mie orecchie dalla bocca di un malato terminale nel reparto di oncologia - racconta -. dopo tre mesi di sofferenze atroci per un tumore ai polmoni per cause professionali, mi ha sussurrato: " preferisco morire di tumore lasciando la mia famiglia con la pancia piena, pittosto che morire zappando la terra lasciando i miei cari con la pancia vuota" >>

Pochi commenti a queste parole, se non l'impressione che l'assesore di Gela all'ambiente non abbia alcuna intenzione di porre termine al "ricatto occupazionale", sul quale peraltro generazioni di amministratori locali si sino ingrassate.

All'inizio abbiamo detto che gli articoli erano tre. Il terzo titola L'Eni: "Emissioni entro la norma" e non credo che a nessuno interessi sapere cosa dice. D'altronde se per 60 anni non abbiamo avuto alcun diritto di parola, non vedo perchè ora dovrebbero averlo loro.

Riguardo al nostro titolo (L'isola da quarto mondo della UE) è la parafrasi di un famoso articolo de "The Economist" (L'isola da terzo mondo della UE) riferito alla Sicilia e pieno della solita spazzatura e disinformazione pilotata. C'è da dire che comunque l'isola di Sicilia non può essere inserita nel terzo mondo perchè lì vi sono paesi che si sono già affrancati del giogo coloniale. La Sicilia si trova ancora sotto il tacco dell'ultimo regime colonial-segregazionista al mondo (altro che Corea del Nord...) e non può essere degna di essere inserita nel terzo mondo, insieme a popoli che hanno sofferto e lottato per la loro libertà.

Per chi vuole avere più informazioni su padre Priscutto e la vergogna dei petrolchimici in Sicilia (vedete come grondano sangue le mani dei nostri aguzzini...) può visitare il sito www.terremotodeisilenzi.it
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mercoledì, novembre 08, 2006

Non è ancora troppo tardi

Cuffaro alza il tiro e minaccia la chiusura delle raffinerie siciliane se la finanziaria non verrà cambiata.

Una presa di posizione che sicuramente non avrà conseguenze pratiche (verrei vedere come farà a chiuderle se prima non si decide ad applicare lo statuto siciliano che lo renderebbe capo della polizia... a meno che non decida di incatenarsi ai cancelli!) ma che credo si debba giudicare positivamente perchè se non altro rende esplicito, almeno dal punto di vista politico, un fatto: le raffinerie a noi praticamente non servono, mentre sono di importanza vitale per lo stato italiano. Anche se questo lo sappiamo già, ora anche il Presidente della Regione accetta ufficialmente questa versione dei fatti.

La cosa strana è però un'altra, e cioè la dichiarazione di Miccichè che dovrebbe andare accoppiata a quella di Cuffaro. L'esponente di Forza Italia ha infatti minacciato una uscita della Regione da Capitalia.
Attenzione: associare questa minaccia alla prima le da una luce alquanto sinistra. La Regione è infatti entrata nel patto di sindacato della Banca Romana come scambio per le azioni che deteneva nel Banco di Sicilia, un'oerazione finanziaria che in fin dei conti avrebbe potuto portare grossi vantaggi alle imprese siciliane.
Ora Miccichè ci "suggerisce" che tale operazione non è servita alla Sicilia, bensì ad interessi esterni. Ciò in pratica viene a dire che l'operazione è stata conclusa contro i nostri interessi con l'avallo dei nostri deputati. E non stiamo parlando degli anni '50...

Presidente, a che gioco giochiamo? Anzi... a che gioco abbiamo giocato? A quali condizioni siamo entrati nel patto di sindacato? Non è che per caso abbiamo messo i soldi dei siciliani in cambio di una manciata di voti dovuti all'elemosina di quattro posti di lavoro?

Comunque appoggiamo le dichiarazioni dei nostri rappresentanti: non è ancora troppo tardi per cambiare registro.

Non è ancora troppo tardi. Ma fino a quando?
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martedì, novembre 07, 2006

Immigrazione nella terra di santi e sciacalli

La trasmissione "Le Iene" andata in onda martedì della settimana passata (31 ottobre), non ha certo suscitato il clamore delle settimane passate, anche se conteneva un importante servizio (coraggioso ed ingenuo allo stesso tempo) sull'utilizzo di immigrati clandestini nelle campagne del Nord Italia. Come mai (si chiedevano i nostri) stampa e televisioni danno ampio spazio ai casi di sfruttamento solo quando questi avvengono nelle regioni del meridione d'Italia? (Nel servizio si dimostrava come questi casi erano comunissimi anche al nord). Non lo sanno le ingenue Iene che per capire e spiegare "come mai" bisognerebbe allargare di molto l'orizzonte, sino ad includere quelle vere, di iene: a Lampedusa, al terrorismo, al declino demografico italiano, al tracollo economico del Lombardo-Veneto.

Torniamo indietro di qualche mese, ad un editoriale estivo di Busetta su "La Sicilia" nel quale si puntualizzava qualcosa sui fatti di Lampedusa, e cioè che non proprio di sbarchi sull'isola si sarebbe dovuto parlare, perchè a Lampedusa i barconi ci venivano portati dalle navi italiane.
Andiamo ancora più indietro nel tempo, alla fine dell'ottocento, grazie alle immagini di Nuovomondo (il film di Crialese) o agli anni '60 del novecento, con un famoso articolo di Fava sul suo libro "I Siciliani": ambedue facce della medaglia a due conii (quello di latta per noi, quello d'oro per Roma) della diaspora siciliana, continuata ininterrotta per almeno un secolo e gestita ad arte per ricavarne valuta pregiata.

Abbiamo quindi un regime (quello Tosco-Padano) già scaltro nel commercio di carne umana e nel lucrare sulle rimesse degli emigranti, a gestirli nelle loro fabbriche costruite sul dramma di milioni di terroni. Abbiamo poi un'isoletta posta al centro del Mediterraneo, lontana da occhi indiscreti e che comunque già provocava un certo fastidio (invidia, forse è meglio aggiungere) per le sue acque cristalline e spiagge immacolate (ricordiamo che il New York Times qualche anno fa la pose tra le dieci isole dal mare più bello del mondo). Abbiamo infine il declino economico del Lombardo-Veneto, per giunta accoppiato ad un declino demografico generalizzato in Europa che promette di far saltare completamente il sistema delle pensioni.

In pratica ci sono i presupposti per mettere tutti d'accordo (su al nord): a destra come a sinistra, la chiesa ed i massoni, i servizi segreti di mezza Europa. E così possiamo costruire un bel romanzo, che noi ovviamente considereremo solo immaginario.

Tutte le nazioni europee si stanno prodigando nel favorire un'immigrazione per quanto possibile selezionata al fine di ottenere la crescita demografica necessaria al ricambio generazionale. Questo vale ancora di più per l'Italia, il paese che in Europa sta invechiando più velocemente.
Il problema come detto è chiaro a tutti, solo che politicamente spinoso per almeno una parte politica. All'inizio tutto avviene in modo molto caotico: vi sono sbarchi ovunque in Spagna e nel Sud Italia (ricordate che un tempo anche la Calabria e buona parte delle coste Siciliane ne erano affette?) Gli attacchi dell'11 settembre negli Stati Uniti, e la scoperta di cellule terroristiche islamiche (una volta dette semplicemente spie) portano però a più miti consigli: il flusso deve essere controllato.

Si erano già istituiti i centri di accoglienza, quindi si inventarono delle false leggi anti-immigrazione come la Bossi-Fini (abilmente sfruttata dal centro-sinistra ma assolutamente innocua), si fa anche qualche finto accordo con Gheddafi e si mandano indietro un paio di aerei carichi di disperati per "fare la parte". Alla fine la grande idea: deviare tutto il flusso verso un'unica porta d'ingresso, per rendere tutto più facile e per schedare tutti. L'Europa è d'accordo, anche perchè la Sicilia (grazie alla sua posizione) può facilmente diventare l'hub della disperazione mondiale. Viene deciso di convogliare tutti verso Lampedusa (tra i tripudi degli amici di Rimini). Che questa sia una chiara decisione strategica non vi sono dubbi, tanto è vero che l'estate scorsa si è deciso di raddoppiare la capienza del centro di accolgienza dell'isola: evidentemente ne vogliamo ancora di più.

Si scatena nel frattempo una cascata mediatica orchestrata ad arte che ha lo scopo principale di ammansire i Siciliani con una serie infinita di servizi mandati in onda da quel covo che è la sede di Palermo di Rai3. Giornalmente ci fanno credere che la notizia principale per noi sia l'arrivo di un barcone di disperati e non sapere cosa sta succedendo a Palermo (dove gli ascari, presidente incluso, appoggiano il gioco parlando dei "doveri di accoglienza verso chi soffre"). E non dimentiachiamoci uno degli scopi secondari: distruggere il turismo di Lampedusa, per il quale nessuno a Palermo alza un filo di voce.

Ma sorge un piccolo problema logistico: gli immigrati infatti servono alle fabbriche del nord, e non si può rischiare che rimangano al sud dove il clima è più piacevole, a lavorare per i terroni. Allora via con la nuova campagna mediatica anti-meridionale: il caporalato di Foggia, quello di Cassibile, le irregolarità nelle imprese edili siciliane e così via. Ed intanto i numeri dicono qualcos'altro, e cioè che tra il 2004 ed il 2006 le irregolarità sul lavoro degli extracomunitari rilevate dalla guardia di finanza sono circa 2000 l'anno per la Lombardia, 1000 per il Veneto, 500 per il Friuli. Ed a sud? Un centinaio per la Sicilia, circa 150 per la Puglia, 300 per la Campania.

E così abbiamo chiuso il cerchio arrivando, nella terra degli sciacalli, sino al servizio delle Iene.

Ma ovviamente tutto questo è solo immaginazione.
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