Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

venerdì, ottobre 29, 2010

La Nazione riesumata

Italiani popolo di ingenui. Che ancora segue i dibattiti, ascolta le interviste, legge l'ultimo saggio storico. Va a votare, persino.

E poi si meraviglia o forse anche si scandalizza dello strano feeling che sembra essere sbocciato tra i leghisti più irriducibili, quelli veneti, ed il Presidente della Regione Siciliana.

I Siciliani siamo esperti nel “porgere l'altra guancia”. Seguiamo con ardore gli insegnamenti del Cristo. Sopportiamo con pazienza e rassegnazione quello che il destino ha in serbo per noi. Ma lo facciamo con cinismo. Un cinismo spietato, innato. Opprimente, persino.

Qualcuno vorrebbe convincerci che Salvatore Giuliano fosse solo un bieco e spregiudicato delinquente. Che i Siciliani dovrebbero smetterla di portarlo sempre sugli scudi come un martire. Ma noi lo sappiamo benissimo chi era Giuliano, ed è proprio per questo che, immaginario o reale che sia, è e rimarrà sempre un eroe qui in Sicilia.

Giuliano è colui il quale ha abbandonato le convenzioni lasciando sgorgare per intero il suo legame con questa terra invece di pensare alle rappresaglie che lo stato avrebbe riversato contro la sua famiglia (rappresaglie che continuano ancora oggi...). Senza pensarci due volte, ha preso il fucile ed ha sparato contro il carabiniere che lo aveva sorpreso a contrabbandare grano, quando invece tutti noi a quel punto ci saremmo lasciati ammazzare, schiacciati da troppi secoli di storia, per non mettere in pericolo le nostre madri, sorelle, i figli.

Malvolentieri, ma ci saremmo lasciati ammazzare. Ci saremmo lasciati morire sognando di vivere almeno un giorno da Giuliano. Tutti vorremmo avere il coraggio di pagare per le nostre scelte. Invece non paghiamo mai. Tramiamo nell'ombra un passettino alla volta, secolo dopo secolo, millennio dopo millennio, camuffandoci di nobili intenti familiari, fino a quando il nemico, senza accorgersene, si ritrova un coltello piantato nel cuore.

Ed alla fine, otteniamo l'indipendenza senza prendercene la responsabilità. Vogliamo fare la parte delle vittime fino all'ultimo: la colpa è della Lega.

Raffaele Lombardo, dopo l'ultima caustica intervista rilasciata al Giornale (“Lombardo: secessione? La fa la Sicilia”, 28 ottobre 2010), spiega tramite il suo blog di aver usato la forte provocazione per dare una lezione a quella Lega che vorrebbe spaccare l'Italia (“Vogliamo ricostruire una vera unità nazionale”, 28 ottobre 2010):

Battono sulla secessione per liberarsi di questo peso morto che è il sud e la Sicilia. (…) Io ho risposto a questo continuo stillicidio di accuse dicendo 'Ma andare al diavolo voi, questa benedetta secessione datecela, così vediamo'

I veneti però non sono tanto fessi, ed oggi hanno risposto per le rime, coprendo il piatto e chiamando così il bluff del leader siciliano per bocca di Tosi, il sindaco di Verona (“La Lega benedice la formula siciliana”, SiciliaInformazioni.com 29 ottobre 2010):

"Se Lombardo vuole spezzare le logiche clientelari e ottenere il federalismo - prosegue - sarà il nostro migliore alleato"

Aggiungendo che non vi è alcuno bisogno del carroccio al sud, perchè “c'è l'MpA, è come se ci fossimo noi”

Popolo di ingenui, che ancora cerca di capire come stanno le cose. Sotto la benedizione del gran capo, Veneti e Siciliani sono d'accordo per smantellare l'Italia. Ma noi non ci vogliamo prendere la responsabilità, ed allora “porgiamo l'altra guancia”, aspettiamo di essere messi alle corde così che Armao possa poi andare in battaglia, lancia in resta, contro i torti promessi. Aspettiamo che il “popolo” venga a chiedere con forza a Palazzo Reale.

Non ci volete credere ancora. Ma Zamparini a Palermo, non vi dice niente? E Zonin che investe sull'immagine della Sicilia invece di portarsi armi e baracche su al nord come era stato fatto sino e ieri? Ed i Siciliani che spopolano sia al festival di Venezia che al Vinitaly? I leghisti (veneti) e gli autonomisti (siculi) possono anche alzare la voce, ma a quanto pare lontano dagli schermi televisivi vanno d'amore e d'accordo.

Quest'anno per il giorno dei morti, dopo aver partecipato alla sfilata del 30 ottobre, tornerà anche Giuliano, riesumato fresco fresco per l'ennesima tragedia siciliana (o si tratta forse di una commedia italiana?).

Chissà cosa penserà di tutti noi che continuiamo con sempre maggior cinismo a porgere l'altra guancia. Che dichiariamo l'indipendenza per interposta persona. Chissà se alla fine deciderà di lasciarci lo stesso un regalino.

E comunque, Viva la Sicilia liberata e libera: domani a Palermo non mancate, mi raccomando. Domani a Palermo la storia della Sicilia farà un altro passettino avanti.


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martedì, ottobre 26, 2010

Indovinello

Raffele Lombardo, parlando con i giornalisti a Palermo ha ripetuto alcuni concetti che avevamo già sentito sibilare tra le sue labbra di tanto in tanto più o meno negli stessi termini (“Italia150: la Sicilia non dovrebbe festeggiare”, Industriale-oggi.it 26 ottobre 2010):

“L’Unita d’Italia - ha aggiunto - fu una vera e propria annessione, una guerra dichiarata al Regno delle due Sicilie che ha prodotto si qualcosa, ma non per noi. Si sono portati via le riserve auree delle nostre banche con cui hanno finanziato lo sviluppo industriale del nord, hanno determinato una serie di leggi per tassare il pane della gente e depredare la Chiesa. Si contano in quell’epoca decine di migliaia di emigrati e chi ha osato resistere è stato tacciato di brigantaggio o è stato ammazzato senza pietà Non credo sia un occasione per festeggiare, per noi siciliani.”

Più o meno. Perché qualcosina di nuovo c'è.

Il qualcosina di nuovo, introdotto dal neretto di sopra, ci viene sciabolato addosso nelle righe seguenti:

“Che il signor Bossi questa benedetta secessione la faccia, come se fosse una punizione per noi, vediamo se non ce la caviamo meglio, ma che nella nostra area non ci sia Roma, se no non abbiamo concluso niente.”

Ricapitolando: ora sappiamo che Lombardo non vuole Roma. D'altronde Bossi ha sempre lasciato intendere che di Roma non ne vuole sentire parlare.

Allora l'indovinello è il seguente: a chi la daranno questa benedetta città eterna quando si spacca questa maledetta Italia?

La soluzione entro il dicembre 2012.


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domenica, ottobre 24, 2010

Che confusione, sarà perché...

Sembra che in molti stiano cercando di capire cosa sia successo veramente in Sicilia. Che schieramenti sono mai questi, con i partiti spaccati, i presunti fascisti di AN con il neo-liberale Fini apparentati al PD in un epico compromesso storico insieme ai cattolicissimi palazzinari di Casini. Dall'altro lato Bianco, Cuffaro e Firrarello a tenere in Sicilia le posizioni del duo Alfano-Schifani.

Quello che veramente rende incomprensibile la situazione è la presenza ossessiva dell'alito caldo della mafia sul collo di ambedue gli schieramenti per mezzo di condanne, indagini e fughe di notizie. Forse per srotolare la matassa potremmo provare ad eliminarne gli effetti.

Ebbene si: per un attimo immaginiamo che la mafia non esista cancellandola dall'equazione e ritorniamo all'inizio del tutto. A quando cioè il guardasigilli Angelino Alfano per la prima volta propose di limitare l'utilizzo delle intercettazioni nelle indagini della magistratura.

Se teniamo fede alla premessa (la mafia non c'è – più), la proposta di Alfano non sembra poi tanto scandalosa. In realtà la cosa da chiedersi, sempre in base a quella premessa, è che motivo hanno le magistrature di fare un così largo uso delle intercettazioni.

In una Sicilia senza mafia, quello della magistratura sarebbe solo l'esercizio di un potere acquisito. In una democrazia potremmo definirlo un abuso. La legge bavaglio è allora solo il tentativo di limitare i poteri di un avversario che altri non è se non quella magistratura che ha ben posizionato i suoi rappresentanti tra le fila del governo siciliano, unici in questa squadra di presunti tecnici ad essere forniti di tessera di partito.

E' ovvio che per assicurarsi i buoni auspici di questo centro di potere il presidente abbia dovuto prendere posizione nella disputa, prima tramite l'On. Granata e poi personalmente (si vede il post “Sulle intercettazioni è in gioco il nostro vivere civile” del 24 maggio 2010 dal blog di Raffaele Lombardo).

Partito Granata, Fini non poteva che assecondare e scagliarsi contro la legge e contro Berlusconi: senza i voti siciliani forse Fini non sarebbe neanche in parlamento. Ritirata la legge bavaglio, ecco uscire la storia di Montecarlo che nei fatti impedisce a Fini di tornare indietro e lo costringe a seguire gli ordini provenienti dall'isola: nuove elezioni avrebbero come effetto la totale scomparsa di una AN isolata dalla scena politica.

Berlusconi sconfitto da Lombardo? Non proprio: difficile credere che palazzo D'Orleans possa avere la mano tanto lunga. E poi è strano che Miccichè ora fuori dall'esecutivo siculo non sia tornato a casa nel PDL.

Ed è questo il particolare che tradisce i retroscena: Miccichè continua a dire di non voler litigare con il Premier, mentre nel frattempo forma un nuovo partito in un modo o nell'altro contro lo stesso PDL. La cosa non quadra: o Miccichè dichiara il falso, oppure i veri nemici del cavaliere sono all'interno del PDL ufficiale. Ed allora questi nemici non possono essere altri che Alfano e Schifani (ed i poteri che li controllano).

Cosa vuol dire tutto questo? Che la manovra contro la legge bavaglio di Alfano è stata attuata di concerto da Lombardo e Berlusconi con l'aiuto della magistratura siciliana costringendo Fini a dare man forte al nuovo esecutivo siciliano (pena la scomparsa dalla scena politica) con l'obiettivo di isolare gli stessi Alfano e Schifani (ed i poteri che li controllano).

Stupefacente? Non tanto se si pensa a come il potere di Berlusconi vada scemando sin dalle scorse europee e dopo lo strano attentato subito a Milano. Costui è oramai quasi un pupazzo, ma non completamente, tanto che ha intimato al figliolo (Miccichè) di uscire dal governo a Palermo per non dare troppo potere a Lombardo. Ed alla magistratura.

Infine sulla mafia, questa misteriosa Al Qaeda centro-mediterranea, è inutile dilungarsi: non c'è peggior sordo di quello che non vuol sentire.

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domenica, ottobre 17, 2010

Il numero perfetto

I recenti fatti di Genova, con i “tifosi” serbi impegnati in una strana espressione di sostegno per la loro squadra, pongono diversi interrogativi.

Ci si potrebbe chiedere come mai la polizia italiana abbia lasciato fare, secondo una poco chiara tecnica di prevenzione del crimine, e non si siano accorti di come gli scontri fossero stati organizzati da tempo, quando persino un ragazzino lo ha capito facilmente (“Lo studente nell’inferno di Marassi «Tutto era già stato organizzato»”, Corriere.it 15 ottobre 2010).

Ci si potrebbe chiedere come mai i giornali italiani siano così pronti a pubblicare lettere di scuse da parte di tutti per cercare di riabilitare l'immagine di Ivan agli occhi degli italioti (“Ivan il terribile: «Chiedo scusa all' Italia»”, Corriere.it 15 ottobre 2010).

Ci si potrebbe chiedere, usando la dovuta cautela, se ci sia una qualche relazione tra l'epilogo della sfilata gay a Belgrado pochi giorni or sono ed i fatti di Genova (“Gay Pride, scontri a Belgrado, l'estrema destra contro il corteo”, Repubblica.it 10 ottobre 2010).

Sarebbe anche legittimo domandarsi per quale motivo qualcuno abbia pagato gli ultrà serbi per recitare quel miserrimo show (“«Ultrà serbi pagati da due boss latitanti» Versati 200mila euro a 60 teppisti”, Corriere 16 ottobre 2010).

Ad un giornalista siciliano invece preme un interrogativo molto più sottile: che cosa vorranno mai dire quelle tre dita levate al cielo verso da parte dei giocatori serbi?

I quesiti posti tramite l'articolo di SiciliaInformazioni.com (I separatisti siciliani adottarono lo stesso saluto dei serbi, tre dita aperte, le gambe della Trinacria. E i cetnici?, 15 ottobre 2010) sono precisi ed inevitabili:

E’ una coincidenza, dunque, il fatto che i separatisti siciliani e i cetnici abbiano lo stesso “saluto”? Probabilmente lo è, ma non ne possiamo essere affatto sicuri. Occorrerebbe effettuare una ricerca. Ma ne vale la pena?

Tanto per capirci meglio, i “cetnici” sarebbero gli irredentisti serbi, che wikipedia, la libera (o liberale...) enciclopedia, dichiara antisemiti, nazionalisti, responsabili di genocidi vari. Fascisti, insomma.

Sul nostro quotidiano online serpeggia dunque la stessa accusa contro l'indipendentismo siciliano, rafforzata dai colori suggeriti dall'immagine a corredo.

Si dovrà certo ammettere che la presenza di una base militare russa in Serbia, ed il collegamento con l'Italia operato dal vicino aeroporto di Nis da una compagnia siciliana (la Windjet di Antonino Pulvirenti) potrebbero anche far pensare ad un qualche collegamento.

Di questo collegamento siculo-russo si era a suo tempo già risentito l'Economist, la nota rivista finanziaria inglese (si veda il post “Giù la maschera”). Ma la cosa possiamo anche comprenderla: la Serbia è anche l'ultimo bastione politico dell'oriente ortodosso nei Balcani (l'agent provocateur russo, qualcuno direbbe).

I contatti tra Sicilia e Serbia non dovrebbero allora stupire più nessuno. Ci si dovrebbe piuttosto interrogare su quali siano i contatti tra Parlagreco (autore del pezzo di SiciliaInformazioni.com) e l'Economist.

E la cosa non finisce qui.

Oggi i giornali hanno dato notizia della svolta “cetnica” della Germania. La Merkel durante il congresso dei giovani del Cdu e del Csu ha dichiarato fallito il modello multiculturale (LaRepubblica.it, 16 ottobre 2010) imposto a tutta l'Europa dai magnati della finanza mondiale:

“Gli immigrati (...) si devono integrare e devono adottare la cultura e i valori tedeschi”

Insomma, la Serbia ai serbi, la Germania ai tedeschi e la Sicilia ai siciliani, ognuno secondo la propria storia e tradizioni.

Ecco il gesto fatto dalla Merkel per indicare il nuovo corso tedesco:


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venerdì, ottobre 15, 2010

Italia bye bye

Anche questa estate abbiamo dovuto sentire la storiella del crollo delle presenza turistiche in Sicilia, l'inadeguatezza delle strutture, gli alti costi. La solita solfa, insomma.

L'anno passato questa 'solita solfa' era stata fortemente messa in dubbio dai risultati di un sondaggio redatto dalla versione inglese di una nota rivista di viaggi, la Condé Nast Traveller, che aveva indicato come meta preferita mondiale dai lettori (prevalentemente britannici) proprio la nostra isola (si veda il post “La casa del figlio cambiato”).

Il fatto che la stampa nostrana avesse appositamente evitato di rilanciare la notizia (al contrario di molta stampa internazionale) poteva solo alimentare il sospetto che tutte quelle lagne avessero una base pretestuosa.

Visto il ripresentarsi delle lagne, vediamo di andare nuovamente ad aprire le pagine della prestigiosa rivista per verificare se questa volta esse (le lagne...) abbiano maggior ragione di esistere.

Ebbene, il numero di ottobre 2010 rilancia e raddoppia. Non solo le classifiche annuali confermano la Sicilia come una delle mete preferite dai turisti di lingua inglese, ma include anche un interessante articolo (“The New Sicily” - perdonate la foto che vedete in prima pagina) che mette sugli scudi l'assoluta attualità della proposta turistica siciliana, un'offerta che riesce a coniugare perfettamente la modernità con la tradizione e che nel campo dei viti-vinicolo è oramai una realtà di primissimo piano (l'Etna è definita la “Burgundia del Mediterraneo”).

Tornando alle classifiche, quest'anno la Sicilia è seconda tra le isole (davanti alle Maldive e dietro Hong Kong) e quinta in graduatoria assoluta (qui viene superata anche dalla Turchia e da due alberghi).

Interessante è vedere anche per quale motivazione viene votata. Le principali sono due: l'ospitalità ed i costi, considerati bassi in relazione all'elevato standard dei servizi offerti. Le lastime dei giornalai siculi appaiono senza fondamento.

E l'Italia come nazione? L'anno scorso era terza, appena dietro la Sicilia. Quest'anno è scesa al 21° posto assoluto e dal primo al quarto nella categoria “Nazioni”.

Insomma, gli inglesi stanno abbandonando in massa il belpaese per spostarsi a sud, in una terra che strizza l'occhio alla Russia ortodossa ma che non fa distinzioni di religione ed accoglie tutti: massoni e cristiani.

Arrivederci, Italia.

Classifica generale 2009

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martedì, ottobre 12, 2010

In marcia per lo Statuto




Con la preghiera di darne la massima diffusione. Grazie.
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• Al Ministro-Presidente della Regione siciliana
• Al Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana
• Ai Sig. Assessori regionali
• Agli On. Deputati regionali siciliani
• Ai Ch.mi Senatori eletti in Sicilia
• Agli On. Deputati eletti nelle circoscrizioni della Sicilia
• Ai Sig. Eurodeputati eletti nella circoscrizione Sicilia-Sardegna

APPELLO PER L’ATTUAZIONE DELLO STATUTO SPECIALE DELLA REGIONE SICILIANA

Sabato 30 ottobre 2010 alle ore 15:30 a Palermo, in piazza Ruggiero Settimo, si raduneranno i partecipanti alla manifestazione “30 ottobre – La Sicilia e i Siciliani per lo Statuto“; il corteo dei manifestanti raggiungerà, transitando per via Maqueda e corso Vittorio Emanuele, il Palazzo Reale, sede del Parlamento Siciliano.

L’obiettivo è richiedere l‘applicazione dello Statuto Siciliano.

Con la presente i cittadini siciliani chiedono alla loro legittima rappresentanza istituzionale democraticamente eletta di porre termine alla situazione di illegalità costituzionale in cui la Nostra Regione versa da più di sessant’anni dall’ottenimento di quello Statuto autonomistico, di natura pattizia, che le avrebbe consentito un’ampia forma di autogoverno.

Nonostante talvolta i media dicano diversamente, infatti, lo Statuto Siciliano è operante soltanto in minima parte, talvolta distorta, e neanche nei suoi punti più qualificanti, grazie anche ad un sistema di giurisprudenza costituzionale che non è conforme agli accordi che con lo Statuto si erano stabiliti tra lo Stato Italiano ed il Popolo Siciliano.

Come è noto, inoltre, questa Carta non è un “incidente” della storia, ma una precisa riparazione contro le tante violazioni costituzionali che avevano contrassegnato in precedenza la confluenza dello Stato di Sicilia nelle formazioni politiche dapprima duosiciliane e poi italiane, e quindi un ordinamento che dettava le linee guida per il futuro, in uno spirito di cooperazione tra concittadini della Sicilia e del resto del Paese, in modo da evitare che si ripetessero i saccheggi, li sfruttamenti indiscriminati, le forme di vero colonialismo interno, che avevano
caratterizzato la storia precedente.

Questa promessa, vero patto tra Sicilia e Italia, è stata unilateralmente tradita o stravolta dallo Stato italiano, dai suoi poteri forti in molti modi e, purtroppo, anche da larghi strati della sua classe politica e dirigente.

• Dov’è la nostra Alta Corte?
• Dove sono le norme attuative dello Statuto?
• Dov’è l’ordinamento tributario separato che ci era consentito?
• Dov’è l’applicazione generalizzata del principio di territorialità nell’attribuzione del gettito tributario?
• Dov’è la devoluzione del demanio e del patrimonio dello Stato alla Regione ed ai suoi enti locali?
• Dov’è la determinazione certa del Fondo di Solidarietà Nazionale per la
programmazione di piani di investimento infrastrutturale?
• Dov’è la compartecipazione della Sicilia alla gestione della politica
valutaria e, implicitamente, monetaria (oggi in parità con gli altri membri del SEBC)?
• Dov’è la devoluzione di tutte le funzioni amministrative ed esecutive
dallo Stato alla Regione ed agli enti locali?
• Dov’è la soppressione delle province e delle prefetture?
• Dov’è la partecipazione strutturale del Presidente della Regione al Consiglio dei Ministri per rappresentare l’amministrazione statale in Sicilia?
• Dov’è l’esenzione daziaria sull’importazione dei beni per il capitale
agricolo e agro-industriale?
• Dov’è la gestione autonoma dei prestiti interni con la possibilità di
ricorso diretto al risparmio pubblico?
• Dov’è la sezione siciliana della Corte di Cassazione?
• Dov’è la gestione autonoma dei vitali settori del credito, delle assicurazioni e della finanza?
• Dov’è la Polizia regionalizzata?
• Dov’è la scuola autonoma, con la scuola primaria in competenza esclusiva, dove poter insegnare lo Statuto, la storia, l’arte, la musica e la lingua e letteratura siciliana?
• Dov’è la nostra compartecipazione alla formazione degli atti comunitari
europei su materie di nostra competenza e la nostra autonoma attuazione degli stessi?

E si potrebbe continuare.

I cittadini siciliani che consegnano questo appello considerano la propria “deputazione”, lato sensu intesa, l’unica che legittimamente possa chiedere a gran voce nelle sedi istituzionali competenti il mantenimento dei diritti costituzionali del Popolo Siciliano.

Senza il rispetto dei diritti costituzionali della Sicilia non ci sarà uscita dal sottosviluppo, non ci sarà liberazione possibile dalla mafia e da ogni altra illegalità, non ci sarà una propulsione autonoma che possa condurre a vere condizioni di cittadinanza, ma solo assistenzialismo e subalternità. Senza l’applicazione dello Statuto saremo sempre sudditi, piegati alla richiesta del “favore” al posto di ciò che è invece un “diritto”.

Siamo coscienti che le emergenze oggi appaiono altre: una disoccupazione ormai abnorme, i nostri produttori strangolati dal “racket” dei compratori nazionali, i nostri redditi erosi da una continua e strisciante inflazione e da politiche centrali dissennate, gli enti locali sovraffollati e in dissesto, servizi pubblici e infrastrutture indegne di un paese civile, chiusure continue di ogni struttura, impresa, centro decisionale, nonché emergenze sociali ed ambientali da tutte le parti. Ma siamo anche coscienti che se continueremo a delegare ad altri le decisioni cruciali per la nostra Terra, le cose non potranno che andare a peggiorare. Solo noi siciliani possiamo farci carico dei nostri problemi e tornare a
camminare sulle nostre gambe finalmente come un paese normale. È da circa sei secoli che lottiamo per l’autogoverno e finora l’avere affidato ad altri il nostro destino ha prodotto soltanto un lento e inesorabile declino.

Su questo chiediamo chiarezza e coraggio da parte di tutti.
Noi non ci fermeremo.
W la Sicilia!

Santo Trovato (Catania), Rosa Beatrice Cassata (Messina), Gianluca Castriciano (Messina),Domenico Corrao (Palermo), Carmelo Cuschera (Favara - AG), Mimmo Dagna (Palermo), Beppe De Santis (Palermo), Mario Di Mauro (Catania), Antonio Fricano (Palermo), Fonso Genchi (Palermo), Giuseppina Marrone (Siracusa), Gaetano Simile MacColl (Palermo)

Ufficio stampa
L’ALTRA SICILIA – Antudo
www.laltrasicilia.org
Sito Web evento

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