A noi! Addis Abeba
Se l'oriente si fa sempre più vicino con il progetto di collegare Catania e Shangai con un volo diretto, dall'altro, qualora gli accordi presi recentemente tra la Sicilia ed il gruppo logistico Hna siano proprio quelli descritti nei comunicati stampa, l'occidente si fa sempre più lontano.
Secondo questi "intendimenti", una nuova pista dovrebbe (purtroppo) sorgere nella piana di Gerbini, al confine tra la provincia di Catania e quella di Enna. Ecco il succo degli accordi come pubblicato dalla stampa (“La Cina sarà più vicina con il futuro aeroporto di Gerbini”, EconomiaSicilia.com 22 gennaio 2010):
In sintesi si realizzerà un terminal per check-in e accoglienza passeggeri e ci sarà anche un free shop. Pista e terminal saranno comunque collegati all’aeroporto etneo di Fontanarossa che, in base agli accordi presi, gestirà il traffico. La cilindrica torre di controllo dell’aerostazione catanese servirà anche per il movimento aereo della nuova e non ancora esistente pista.
Questa sintesi ci dice che gli accordi si stanno giocando sulla pelle della base militare americana di Sigonella: infatti non si vede come la “cilindrica” torre di controllo dell'aerostazione catanese potrà mai servire anche per l'aeroporto di Gerbini se al momento non serve ad un bel niente, visto che al controllo radar ci pensa proprio Sigonella, impedendo nei fatti lo sviluppo dello scalo etneo.
La torre di Fontanarossa serve solo per il controllo a vista. A causa della distanza di Gerbini non sembra che la stessa funzione possa essere espletata per la nuova pista.
Gli accordi tra Cina e Sicilia suggeriscono quel notevole ridimensionamento della presenza americana nel Mediterraneo i cui segnali si sono già visti da più parti (si veda ad esempio il post "Fuori dai piedi"). Un ridimensionamento che dovrebbe permettere un po' a tutti di tirare un sospiro di sollievo. Perché oggi da Sigonella partono missioni sempre più sospette.
Basti pensare ad esempio alla strana coincidenza tra la brutta fine fatta di recente dal Boeing 737-800 della Ethipian Airlines dopo la partenza dall'aeroporto di Beirut e la presenza nell'area di un velivolo statunitense P-3 Orion di pattugliamento proveniente proprio da Sigonella, come rivelato dallo stesso Dipartimento della Difesa a stelle e strisce (“Navy Assists Ethiopian Airlines Search, Rescue Effort”, 25 gennaio 2010).
Nel Corno d'Africa l'Etiopia è un punto di riferimento per l'occidente contro le milizie islamiche somale appoggiate dal mondo arabo. Solo pochi giorni fa grazie anche al suo appoggio l'ONU è riuscita ad imporre sanzioni contro l'Eritrea, rea di avere finanziato i patrioti somali (quelli che i quotidiani italiani chiamano Jihadisti).
La decisione di Addis Abeba di votare a favore dell'embargo dice però poco e niente, visto che l'Eritrea e l'Etiopia sono in uno stato di guerra latente da sempre. Molto più istruttivo è invece concentrare l'attenzione sulla Somalia, uno dei punti di snodo cruciali per il controllo delle nuove rotte commerciali che dall'Asia conducono al cuore del Mediterraneo (si veda il post “La via della seta”).
Lì il tracollo degli interessi di Washington sembra essere inarrestabile mentre la nazione cade nuovamente nelle mani delle “coorti islamiche”. Il madornale errore tattico dell'invasione irachena viene ora pagato con l'impossibilità di entrare nel conflitto direttamente per la mancanza di mezzi logistici ed economici. Per questo motivo a condurre le operazioni sul campo sono stati gli etiopi guidati dal governo del Presidente Zenawi: grazie alla loro non indifferente forza militare le coorti erano state praticamente annientate,
Poi all'improvviso nel gennaio 2009 l'annuncio di Addis Abeba:
Oggi, alle prime luci dell'alba, (...) i 3000 soldati di Addis Abeba hanno abbandonato la più importante base di Mogadiscio e hanno iniziato a ritirarsi verso nord. L'avvio dell'operazione è stata accolta da manifestazioni di gioia. Centinaia di somali sono scesi per strada tra grida e spari di armi automatiche. La grande base è stata invasa e, ovviamente, saccheggiata.
(“L'Etiopia ritira le sue truppe la Somalia in mano agli islamici”, Repubblica.it 13 gennaio 2009)
Risultato: le coorti, responsabili di immani crimini come ad esempio quello di voler “imporre il velo ad una popolazione femminile tradizionalmente laica” si sono nel giro di un anno riprese il terreno perduto.
Una situazione davvero incresciosa che qualcuno forse vorrebbe raddrizzare. Specialmente ora che Zenawi si prepara a nuove elezioni. L'Economist prevedeva la settimana scorsa, qualche giorno prima dell'incidente aereo, che se queste non saranno trasparenti e democratiche al punto giusto, nuovi problemi potrebbero sorgere. Come “peggiorare le cose nel vicino Sudan, dove la guerra civile minaccia di ritornare. Le terre di confine con il Kenya, dove il furto di bestiame, i cacciatori di frodo e il banditismo è endemico, diventerebbero ancora più pericolose. Nuove tensioni in Etiopia potrebbero essere sfruttata dal suo arci-nemico, l'Eritrea (...) e potrebbe causare un peggioramento in Somalia (...). Fonti di intelligence straniere [straniere di dove?, ndr] hanno a lungo temuto un attacco dei Jihadisti nella capitale etiope, Addis Abeba” (“Jangling nerves”, 21 gennaio 2010).
Tutta una serie di jettature che potrebbero essere usate per convincere il restivo alleato a assecondare certe pretese. Non vorrà certo Zenawi rovinare i successi del suo paese, tra i quali il settimanale inglese (incredibile coincidenza a 4 giorni dal fattaccio) ricorda “una delle più grosse compagnie aeree dell'Africa”.
Dopo l'indicente intanto le autorità libanesi si sono affrettate, senza alcun dato in mano, ad affermare che non si tratta di terrorismo ma di una “severa tempesta di tuoni”. Chiediamo a Capuana, l'assessore alla base USA della Provincia di Catania, di fare il suo mestiere aiutando le indagini: quelli del velivolo partito da Sigonella ed in missione nell'area potrebbe saperne qualcosa, vada ad informarsi. Anche se ora lo stesso velivolo è impegnato nelle operazioni di “ricerca e soccorso” (qualcuno suggerisce del corpo del reato più che dei corpi delle vittime...) aiutato da un “distruttore di missili guidati” (chi è che vuole colpire con un missile i soccorritori?).
Ditemi voi se qui in Sicilia possiamo continuare ad ospitare una base che presti tanto facilmente il fianco a tali sospetti.
Nella foto in alto Meles Zenawi, il Presidente Etiope
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