Mafiopoli
L'articolo che segue, pubblicato per la prima volta nel 1975, è tratto dal blog di Meridio Siculo, una vera miniera di gemme preziose per tutti i sicilianisti, e non solo. Il pezzo mostra tutta la lordura di questo regime che ancora ci opprime e ci deprime. Fosse stato pubblicato ieri, nessuno si sarebbe accorto che risaliva a 3 decenni fa, tanto giriamo a vuoto oppressi dalle catene dell'ultimo regime segregazionista al mondo. Trent'anni che i governi nazionali lanciano lotte alla mafia di ogni tipo, trent'anni che gli ascari locali promettono svolte vicine mai raggiunte. Potrebbero letteralmente pubblicare domani mattina le notizie di 50 anni fa, nessuno noterebbe niente. E non è detto che ogni tanto non lo facciano...
(tratto da "INVIATI TROPPO SPECIALI"
di Giuseppe Litrico (1975)
In principio era la mafia siciliana. Anzi soltanto dell'Occidente siculo. Un autorevole rotocalco, anni fa, pubblicò persino una geografia della mafia i cui confini correvano netti da Nord a Sud nel cuore dell'Isola. Nessuno a quel tempo avrebbe immaginato il suo travalicare dai secolari confini e poi lo sbarco in Calabria e quindi via via la travolgente risalita della Penisola.
A tanti cronisti del Nord non parve vero. O meglio, non si chiesero nemmeno fino a che punto fosse vero tanto dilagare mafioso. A loro bastava che qua e là fosse segnalato qualche episodio criminale che implicasse una presenza mafiosa o semplicemente la facesse sospettare. A ingigantire, a travisare ci avrebbero pensato loro.
Nel frattempo anche la dialettica politica si appropriava del termine facendone un aggettivo per bollare le prevaricazioni, vere o presunte, degli avversari; un aggettivo truce ed evocatore di malefica, insondabile potenza.
Per la stampa del Nord che ha spesso trattato gli avvenimenti meridionali con una superficialità pari soltanto alla iattanza di certi suoi cronisti, queste metamorfosi mafiose, vere o presunte, rappresentano altrettanti motivi per dimostrare che al Nord la criminalità cresce perché la mafia tira le fila dalla lontana Palermo; la mai abbastanza vituperata Palermo che al Nord viene immaginata come un'immensa mafiopoli a organizzazione piramidale: al vertice i Don Calo' di turno chiamati a presiedere il governo dei padrini; alla base un vero e proprio esercito clandestino, agguerrito e spietato. Ogni tanto le spaccature verticali, come per le correnti dei partiti: scontri di fazioni, di gruppi, di interessi ed ecco la dialettica della lupara.
Settembre 1975: la stampa settentrionale scopre la "ndrangheta", cioè la mafia calabrese. L'episodio scatenante della nuova ondata di inchieste giornalistiche è il sequestro e l'assassinio di Cristina Mazzotti organizzato dalla mafia calabrese con la complicità di criminali del Nord. I rotocalchi, soprattutto, spillano mafia e violenza da ogni anfratto della terra calabra, integrando i loro servizi con le consulenze di esperti mafiologhi che sanno sceverare fra i misteriosi simbolismi della "ndrangheta" e tracciare paralleli e confronti con la mafia siciliana.
L' "Europeo" guarda al nuovo fenomeno mafioso con severo distacco intellettualistico formulando dotte derivazioni e puntigliose analisi socio-economiche.
Ma è lo stesso "Europeo", il 26 settembre 1975, a pubblicare una inquietante intervista con i poliziotti svizzeri che catturarono il ticinese Ballinari le cui rivelazioni permisero di risalire ai responsabili diretti del fatto criminoso.
Salvo un colpo di fortuna eccezionale — afferma un funzionario della polizia di Chiasso — non arriveremo mai a chi tiene le fila di questa attività. Teniamo presente che, tra qui e l'Italia, abbiamo messo in carcere una ventina di persone: la gang al completo, si dice. Eppure abbiamo trovato soltanto cento milioni del riscatto pagato dai Mazzotti. Manca un miliardo tondo. Quei cento milioni sono le paghe dei manovali, il resto, più o meno, è ciò che è andato alla "mente", al vero capo. E questo miliardo sarà difficile recuperarlo, perché occorrerebbe dare un nome e un volto a chi ne è in possesso. Noi siamo sicuri che un capo, potente e insospettabile, esiste, così come siamo sicuri che se ne sta nel Nord Italia, e non in Calabria. "Voi non potete nemmeno immaginare chi c'è dietro questa storia", ha detto Ballinari in un interrogatorio, ma non è andato più oltre. E' probabile che non ne sappia di più, come gli altri. Non è gente da miliardi, quella che abbiamo preso, non è gente che da ordini. Sono esecutori. Tra loro ci può essere un capo, ma è come in un’impresa di costruzione, il geometra o il capo operaio. L'ingegnere, l'imprenditore, quelli clic firmano i piani, se ne stanno al sicuro, nessuno li ha mai visti, l: godono di protezioni, di attenzioni; è gente che non si può "disturbare" nemmeno se ci sono di mezzo dei miliardi, e dei morti ammazzati. E' duro ammetterlo, ma questa è la nostra sensazione.
Manovalanza meridionale, "azionisti" settentrionali. La storia si ripete: è quella di sempre. Del resto se le industrie del Nord si giovano della manovalanza meridionale, perché non dovrebbe fare altrettanto la fiorentissima industria del sequestro?
Sarebbe quasi divertente — se non si trattasse di un fatto tragico — il notare come in taluni articoli di stampa si è parlato di Libero Ballinari, o meglio come ne hanno parlato le persone che lo conoscevano: un balordo, si, un contrabbandiere, certo, ma uno che ha fatto quel che ha fatto perché si spaventava della "ndrangheta". Povero ragazzo, rovinato dai calabresi cattivi. Che strazio!
Ma intanto la stampa del Nord si guarda bene dall'applicare altrettanto massiccio zelo inquisitorio nel mondo dei contrabbandieri che agiscono ai confini con la Svizzera e che la crisi della loro abituale attività ha costretto a cercare un nuovo "lavoro", (gente un tempo abituata ad avere il denaro facile e che oggi è in difficoltà. Sono sempre i poliziotti svizzeri di cui sopra che parlano.
Manco a farlo apposta, mentre la solita stampa si occupava della Calabria, fa la sua apparizione nel Sud la salmonellosi. I grandi inviati non si lasciano sfuggire l'occasione: risalgono, a grandi passi, la penisola per convergere rapidamente su Avellino e ricominciare la tiritera sui mali del profondo Sud.
Microbi, fogne all'aperto, basse manovre dei notabili, coppole, malcostume politico, agricoltura in crisi: un potentissimo intruglio in dose urto di profondo Sud del quale, come al solito, si parla come se si trattasse di un altro pianeta distante da Roma e dal Governo migliaia di chilometri: un pianeta dove gli inviati atterrano come astronauti solitari alla ricerca di organismi sconosciuti.
L'"Europeo", ovviamente, intellettualizza le sue cronache affidandole a Enzo Magri (un giornalista siciliano che a giudicare dal tono dei suoi articoli, appare ormai gravemente contagiato dalla spocchia meneghina), che dedica spazio oltre ché alle salmonelle anche a Guido Dorso. Ad Avellino infatti l'insigne sociologo nacque, e, in barba alle salmonelle di quel tempo, sopravvisse.
Dalle salmonelle al trasformismo politico meridionale il passo è obbligato per un cronista settentrionale. Scandalizzato, Magri, rivela che un tizio di quei paraggi — monarchico — ha fatto il salto della quaglia passando dalla monarchia al PCI; che un ex missino è approdato al PSI; che un democristiano è scappato dalla DC per andare nel PLI, ma poi ci ha ripensato ed è tornato alla DC.
Peccato che Guido Dorso morì troppo presto per potersi occupare anche del trasformismo settentrionale e vedere per esempio come tanti ferventi fascisti avrebbero scoperto l'antifascismo e il prezioso bene della democrazia nonché l'amore sviscerato per il popolo lavoratore. E comunque non era questo il trasformismo stigmatizzato dall'illustre meridionalista, o, perlomeno, non solo questo. Si aggiunga anche che il Dorso non attribuì l'arretratezza meridionale esclusivamente alle classi dirigenti del Sud e al loro trasformismo, ma soprattutto alla cosiddetta conquista piemontese da lui definita grigia, fredda uniforme che a mano a mano che progrediva lasciò insoluti tutti i dati ideali della rivoluzione. Scrisse anche che il problema meridionale non è una questione tecnica o un coacervo di questioni tecniche ma un problema politico, anzi istituzionale e quel trasformismo ha permesso (e permette) lo sfruttamento del Mezzogiorno a favore delle minoranze antiliberali e cleptocratiche del Nord. Ed è sempre Guido Dorso — che tanto piace a l'"Europeo" — a scrivere che l'Italia settentrionale per ottantacinque anni non ha fatto altro che lavorare per tenerci, più o meno forzatamente, nella posizione di mercato di consumo.
Ed è sempre Guido Dorso a dire: Sostanzialmente noi siamo soggetti ad una doppia tirannide: dello Stato su tutta la vita pubblica meridionale e della vecchia classe dirigente sul popolo meridionale.
E ancora:Con l'emigrazione il contadino meridionale non è riuscito che a porre le basi di una altra truffa storica: l'impossessamento da parte dello Stato, attraverso i prestiti di Stato, i risparmi postali e le sonde bancarie, di tutte le rimesse per irrobustire le industrie parassitarie del Nord e finanziare la politica di megalomania nazionale.
Concetti attualissimi ancora oggi ma la stampa del Nord si volge al Sud soltanto per denunciare carenze "endemiche" o parlare delle salmonelle trasformiste di Avellino; trasformiste al punto che ai primi esami riuscirono a far credere di appartenere ad altro schieramento microbico, ingannando le autorità sanitarie.
Più capacità trasformistiche seppero esprimere tuttavia le salmonelle di Latina, se è vero — come scrive il "Borghese" — che avevano fatto capolino già un anno prima nella città laziale.
Sono pochi a sapere — afferma infatti il "Borghese" (12 ottobre 1975) — che la salmonellosi non è esplosa ad Avellino, ma che casi di neonati colpiti da questa malattia si sono verificati nel nostro Paese sin dall'anno scorso. Nel luglio del settantaquattro infatti, a Latina, due bambini morirono per la salmonellosi ed altri quattordici ne furono contagiati. Sarebbe stato logico — continua il "Borghese" — che si fosse lanciato un allarme sanitario a livello nazionale, che si fossero prese tutte quelle misure atte a circoscrivere il fenomeno.
L'inviato del "Borghese" pone al medico provinciale di Latina un pesante quesito: Dottore, oggi si fa un gran parlare dell'epidemia di salmonella scoppiata ad Avellino eppure già un anno fa a Latina si moriva per questa malattia senza che l'opinione pubblica ne fosse informata. Come lo spiega?
il sanitario non sa spiegarlo. E ciò lascia aperto il campo alle ipotesi e agli interrogativi a catena. Perché la stampa nazionale non si è avventata su Latina, sviscerandone le vergogne e le "problematiche" come ha fatto per Avellino? Forse perché Latina è al di sopra del Garigliano e più vicina a Roma? Non fanno notizia i microbi di Latina? E quelli di Roma? E quelli di Brunico? La verità è che alle vergogne del Centro-Nord un certo giornalismo guarda senza lenti colorate e quando si prova a denunciarle lo fa con la normale, scarna metodica cronistica, senza derivazioni folkloristiche, scandagli sociologici, considerazioni gratuite;in poche parole,senza quel contorno, più o meno velatamente razzista,che trasforma in un fenomeno da baraccone qualunque episodio di una certa gravità che viene segnalato dal Sud.
Come dicevamo, 1'"Europeo" si è abbondantemente occupato della salmonellosi di Avellino e della "ndrangheta" calabrese. Per l'occasione Lamezia Terme si è vista così ribattezzare, con un titolone ad effetto, "'La capitale dei sequestri'".
Ora anche a voler concedere un buon margine alla esigenza giornalistica del titolo stuzzicante, la forzatura è eccessiva per non dire mostruosa anche tenendo nel dovuto conto la situazione obiettiva della zona, relativamente ai crimini mafiosi e a certi legami con alcuni sequestri avvenuti al Nord: un fenomeno, quello dei sequestri, ancora tutto da definire e i cui vaghi contorni se non altro dovrebbero consigliare una certa prudenza nel trarre conclusioni e giudizi che pesano come un marchio di infamia su intere popolazioni.
Il resto era scontato. L'elencazione di carenze, il solito rosario di problematiche, la solita fotografia della strada principale con i giovani che fanno lo "struscio": ed ecco il "servizio" bello e pronto, in confezione intellettualizzata. Non è mancato anche in questo caso il rilievo su l'eccessivo numero di negozi, in rapporto al livello economico generale della zona, quasi una implicita allusione a un ipotetico, vorticoso giro di denaro sporco (ben riciclato però) che starebbe ponendo le premesse per un decollo economico del Sud più di quanto non abbiano fatto le politiche meridionalistiche e la "Cassa".
Ma sentiamo ancor meglio perché l'"Europeo" (19 settembre 1975) si è occupato di Lamezia. L'articolo contiene e sintetizza tutti i "perché" dell'inchiesta, in un prologo vagamente archeologico:
Ora che abbiamo sepolto Cristina andiamo a dissotterrare 'sta Lamezia Terme.
Sia pure un frammento d'un qualcosa lo troveremo per capire i perché.
Una cosa è certa a questo punto: sia pure inconsciamente, l'autore dell'articolo rivela inclinazioni da tombarolo. Avrebbe potuto realizzarsi meglio (come si dice oggi) nella terra che fu degli Etruschi; invece no: eccolo a Lamezia a dissotterrare cocci e "perché".
E continua: Perché qui, proprio qui, c'è la centrale dalla quale sono partiti gli ordini di un sequestro di persona che, proditoriamente o casualmente, si è trasformato nel più abominevole crimine che si sia mai verificato in Italia. Perché qui, proprio qui, hanno ammazzato un avvocato generale dello Stato.
Perché qui, proprio qui, c'è un tragico sospetto sulla morte di un magistrato che faceva il suo dovere.
Perché qui, proprio qui, la mafia in versione calabra, detta pure "ndrangheta", vive alligna e comanda. Solo che una volta spaccata la crosta — continua l'articolista, nel suo raptus archeologico — e si superi la sedimentazione di trent'anni di strapotere democristiano, di vent'anni di impostime fascista e il deposito millenario dell'abbandono, bisogna pur fermarsi un tantino di più in questa stazione di cambio delle locomotive per esaminare i reperti.
Perfetto. Ma se il Sud avesse una stampa potente e diffusa non potrebbe benissimo dissotterrare anche al Nord "reperti" d'ogni genere? E il medesimo inviato non potrebbe benissimo esordire alla medesima maniera se si occupasse di rompere le croste (si fa per dire) delle sedimentazioni del Nord? Certo che lo potrebbe. E ne verrebbero fuori filastrocche ancor più lunghe e ancor più dense di delitti e di "perché".
Per esempio. Siamo venuti a Genova, perché qui, proprio qui, hanno proditoriamente (e non casualmente) assassinato Milena Sutter, una ragazzina di tredici anni; sequestrata, strangolata e buttata a mare. Un crimine abominevole, il più abominevole che si sia verificato in Italia.
Perché qui, proprio qui, è stato perpetrato il primo clamoroso caso di sequestro di persona a sfondo politico: il sequestro Gadolla.
Perché qui, proprio qui, hanno ammazzato un povero fattorino di banca in una rapina del medesimo stampo.
Perché qui, proprio qui, hanno rapito e quasi ammazzato il giudice Sossi.
Perché qui, proprio qui, alcuni industriali finanziavano un tentativo di "golpe" fascista.
Perché se cominciassimo dal Settentrione, da lì, proprio da lì. a rompere le croste di tante sedimentazioni non finiremmo più di cercare e di trovare reperti.
E tutto ciò senza nemmeno scavare troppo.
3 commenti:
Magnifico questo articolo. Un grazie di cuore a Meridio Siculo e all'Abate Vella per averci donato questa perla di conoscenza.
Lotterò con tutta l'anima per smascherare la stampa di regime.
Cari amici, restiamo uniti e facciamo più rete possibile. Creiamo una rete che fornisca ai nostri fratelli siciliani un punto di riferimento fatto di documentazione sulla nostra storia. Attraverso la conoscenza possiamo ribaltare la situazione. Sappiamo che il cammino è lungo ma alla lunga vinceremo. Facciamolo per la nostra Amata Patria. La Sicilia non deve morire. La Sicilia non può morire.
ANTUDO!
Ciao ragazzi, ma se la vera mafia è al nord secondo voi qual'è il vero scopo di inviare l'esercito in Sicilia?
Eppure la Sicilia,mafiosamente parlando, sembra molto più tranquilla delle altre regioni del Sud, è stato arrestato pure Provenzano...
Secondo me l'invio dell'esercito in Sicilia è un vero e proprio atto di forza(se no avrebbero mandato i fiorai) nei confronti del governo regionale, come se questo si volesse "emancipare"...
Sono programmati parecchi investimenti in Sicilia per la costruzione delle infrastrutture che adeguino la nostra regione al nuovo assetto strategico-economico dell'area euro-mediterranea.
Chi sta seguendo questa politica è il centrodestra siciliano(guidato da Berlusconi) mentre il centrosinistra sta in tutti i modi cercando di impedirlo perchè vuole mantenere la supremazia del nord(in rapido declino) nei confronti del Sud.
Sanno tutti bene che tra non molto chi controllerà la Sicilia controllerà il comparto logistico euro-mediterraneo.
Presto vi dimostrerò che tutti gli appalti per la costruzione di queste infrastrutture siciliane sono in mano ad imprese vicine a Berlusconi.
Ragazzi, si è spezzata la storica alleanza massoneria-mafia, è un occasione imperdibile per ottenere l'indipendenza politica da Roma.
Se il centrosinstra dovesse tirare troppo la corda con la scusa dell'esercito e della Salerno-Reggio non è escluso che presto cada il governo nazionale.
ben venga questa indipendenza!!!!!!!!
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