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martedì, gennaio 29, 2008

Un nuovo padrone per il cane a sei zampe


Mentre Alitalia vola via lasciando Malpensa con una mano davanti e l'altra di dietro (un eventuale ritorno al potere di Berlusconi potrebbe solo ritardare l'esito scontato della telenovela) e Draghi promette la fine delle banche nazionali, un altro pezzo pregiato del tesoro padano potrebbe presto rispondere a dei nuovi padroni.

Tutte le mosse dell'ENI volte a diventare un vero leader mondiale nel settore degli idrocarburi sono fallite. Ma sono fallite in un modo molto particolare.

Paolo Scaroni, il CEO scelto dal governo Berlusconi nel 2005 ha iniziato il suo mandato buttandosi a capofitto nel business del gas russo. Dopo il completamento del progetto Blue Stream (una joint venture tra ENI e Gazprom) l'obbiettivo del cane a sei zampe è stato quello di trasformare la penisola italiana in un hub del gas per il Mediterraneo e l'Europa.

La sua strategia prevedeva due punti principali: la costruzione di una serie di rigassificatori per importare LNG prima dalla Nigeria ed in seguito dai paesi del golfo persico e l'intercettazione dei flussi di gas provenienti dal Mar Nero e destinati a raggiungere l'Europa da sud per mezzo del progetto South Stream, di nuovo una joint venture ENI-Gazprom.

Insieme a queste infrastrutture l'azienda riusciva anche ad assicurarsi un importante ruolo guida nello sviluppo del giacimento del Kashgan, in Kazhakhstan (2001), la più importante scoperta degli ultimi 30 anni.

Il successo di queste operazioni avrebbero portato l'ENI nell'olimpo delle aziende petrolifere più potenti, a metà tra le NOC (aziende petrolifere nazionali) e le sette sorelle (Shell, Exxon, etc etc). Il loro sostanziale fallimento la sta invece consegnando ad un amaro destino.

Per quanto riguarda il progetto South Stream basta aver letto i giornali in questi giorni per capire che l'ENI nel suo sviluppo conti quanto il due di coppe con la briscola a mazze. L'intero progetto dipende infatti dalla forza politica di Putin, che nei giorni scorsi è stato protagonista assoluto e con le sue visite in Serbia (dove si farà l'hub energetico che Scaroni voleva fare in Italia) ed in Bulgaria ha trasformato in una realtà il metanodotto disintegrando le pretese della concorrente Nabucco.

Nel frattempo il blocco della costruzione dei rigassificatori in Italia è stato seguito dalla perdita delle forniture nigeriane, conquistate dallo stesso Putin. Quando e se i terminali di ricezione si faranno, saranno sempre dipendenti dai russi.

L'ultima tegola infine riguarda il progetto Kashagan: l'ENI ha perso il ruolo guida nello sviluppo del giacimento (non solo per motivi politici, ma anche e soprattutto per motivi tecnici) ed ha dovuto accettare l'ingresso nel consorzio di Exxon, Shell e Total. Valery Nesterov, un analista moscovita del settore, ha così commentato:

“La storia del Kashagan ha dimostrato che l'ENI non appartiene al gruppo di aziende che possono trattare i compiti più importanti”

Chi si affiderà più all'ENI per sviluppare nuovi giacimenti, tutti scoperti in condizioni ambientali e geologiche critiche?

Le uniche mosse effettuate con qualche successo si devono quindi agli auspici di Gazprom, che in ogni caso non ha neanche preso gli italiani in considerazione per lo sviluppo del più importante giacimento russo, lo Shotkman, ma li ha accontentati con qualche posticino in alcuni giacimenti minori (ottenendo in cambio l'ingresso diretto nel mercato italiano!!!).

L'ENI è ora in un vicolo cieco e per giunta con le spalle al muro: anche se non si vede, Putin fa il bello ed il cattivo tempo a San Donato. E da quelle parti la nebbia è piuttosto frequente.

Che possibilità ha il cane a sei zampe se non quella di finire a fare una equivoca compagnia ai mastini russi? Solo una: Prodi potrebbe trovare un cavaliere bianco oltralpe (eufemismo del mondo finanziario che indica colui che ci guadagna in una svendita dei gioielli di famiglia) . E sicuramente ci avrà già pensato. Ma i tempi sono ristretti e prima dovrebbe fare fuori Scaroni. In tutti e due i casi il guinzaglio rimarrebbe corto. E l'accerchiamento dell'economia padana sempre più completo.

Per gli scettici riportiamo la frase di chiusura dell'agenzia dalla quale molte delle notizie riportate qui sono state tratte: “L'ENI si è rifiutata di commentare questo articolo”.


Le vie dell'ENI sono finite

10 commenti:

rrusariu ha detto...

Non è per caso che vogliono candidare Giuliano Amato, colui che offese i Siciliani l'estate scorsa accusando di picchiare le mogli?

Certo che vogliono mettere le mani addosso alla Sicilia sti vastasi!!!

Anonimo ha detto...

Se è per questo anche Prodi si è preso il gusto di dare un'ulteriore calcagnata alla Sicilia destituendo un Presidente, che peraltro si era già dimesso irrevocabilmente. La cosa, che oltre ad essere illogica e di assai dubbia legittimità in relazione allo Statuto siciliano, mi pare invero preoccupante è va comunque contestata, al di la della vicenda Cuffaro, perchè essa rappresenta un pericoloso precedente, con il quale si pone un ulteriore vincolo alla Sicilia.

Anonimo ha detto...

Finalmente la sinistra massonica ha gettato la maschera.

Adesso spero che si faccia fronte comune per impedire ai sinistri di occupare la Sicilia.
L'anti-mafia?E' solo un subdolo strumento politico per conquistare il potere in Sicilia e riportare gli abitanti allo stato di schiavitù.

Anonimo ha detto...

gonzalu, tu batti troppu versu est e a cosa non mi piaci pir nenti

Anonimo ha detto...

Gonzalo è cunvinciutu ca a Putin c'antiressa quarchi cosa da Sicilia...

Abate Vella ha detto...

A Putin sicuramente interessa la posizione strategica della Sicilia (come un pò a tutti direi...).

L'accerchiamento dell'ENI (che attenzione non è una mia idea: la cosa è stata notata da parecchi analisti in giro per il mondo!) suggerisce che Putin abbia messo mani in Italia già da tempo.

Che tra Berlusconi e Putin ci siano delle relazioni abbastanza strette lo dice anche Maurizio Blondet (potete vedere l'articolo ripreso da L'Altra Sicilia "dopo mortadella il salame").

Il gioco della Sicilia sta tutto nel bilanciarsi tra questi poteri (EU, USA, Russia, presto anche Cina) non certo nel consegnarsi armi e bagagli all'uno o all'altro.

Faccio l'esempio della Bulgaria, di recente visitata da Putin: fa parte della comunità europea, ma ha siglato con Putin l'accordo per il passaggio del South Stream con una joint venture al 50% e riceverà le tasse per il passaggio del gas (cosa che a noi hanno impedito illegalmente...).

La Sicilia (secondo me) dovrebbe seguire una strada simile, ma con il vantaggio di avere più controparti essendo al centro del Mediterraneo: una specie di Svizzera, dove invece di oscure banche ci sono le infrastrutture.

Qualcuno mi faceva notare che la Serbia non potrà mai essere un hub energetico.

Il motivo per cui la Serbia diventerà un hub del gas risiede nella sua vicinanza politica alla Russia. Le infrastrutture per il gas non sono solo le tubature. Il gas viene stoccato in depositi sotterranei (vecchi giacimenti esauriti) dalla notevole importanza strategica che servono a fare da cuscinetto quando i prezzi salgono e aggiungono gas quando saltano le forniture. In Italia ve ne sono parecchi. Putin oltre alle tubature vuole controllare anche il sistema dei serbatoi, ed il più grande sarà piazzato proprio in Serbia che così diventarà un pezzo fondamentale dello scacchiere energetico europeo.

Anonimo ha detto...

Ciao Abate, il tuo ragionamento funzionerebbe se la Sicilia fosse uno stato autonomo come la Bulgaria, ma siccome non lo è non funziona il discorso del bilanciamento tra questi poteri.
Oltretutto non mi risulta attualmente nessuna forza politica bilanciatrice in competizione in Sicilia, ne noi che ne stiamo parlando lo siamo...

Forse intendi dire che ci vuole "neutralità", ma io personalmente non mi starò senza fare nulla, dando un colpetto li ed uno qua, aspettando che il nemico avanzi incontrastato.

Può darsi che perderò, ma se succederà lo farò a testa alta e soprattutto non salirò sul carro dei vincitori tipico degli attendisti.

Delle relazioni strette tra Putin e Berlusconi ne parlo da mesi, così come ne parla Blondet che secondo me va seguito costantemente e non a secondo se parla bene o male del Sud.
(Lo spessore morale viene sempre prima dell'ideale)

Ci sono diverse nazioni/regioni che sono vicine politicamente alla Russia(come la Sicilia, ma lo dico da sempre) e molti stati presentano i famosi serbatoi che ha la Serbia(ma quello di quest'ultima risulta perennemente vuoto...)

La Serbia può essere un paese di transito e non un hub, fare un hub all'interno dei Balcani è una pazzia per via della miriade di stati che lo compongono e che comporterebbe la stipula di troppi contratti unilaterali.

Il motivo per cui gli USA premono sull'indipendenza del Kosovo è proprio quello di fare l'ennesimo staterello nei Balcani(dopo il Montenegro) e oppore alla Russia decine di stati cuscinetto rendendo impossibile qualsiasi iniziativa(come quello dell'hub appunto)

Per ultimo, ma non meno importante, la Serbia non ha sbocchi sul mare, il che preclude definitivamente qualsiasi ipotesi hub.

Il vero HUB su cui la Russia sta puntando è il SUD ITALIA, ha tutte le caratteristiche che servono, gasdotti e sbocchi sul mare al centro del Mediterraneo.

saluti
Gonzalo

Abate Vella ha detto...

Gonzalo:

1) La Sicilia è uno stato autonomo (almeno formalmente), ma non è indipendente. Che è uno stato lo dice la forma pattizia dell'Autonomia abbia .

2) La forza politica bilanciatrice c'è e si chiama Popolo Siciliano. Il problema è che non è organizzata.

3) Se dobbiamo seguire le idee di Blondet, Berlusconi è un salame (sono d'accordissimo) e Putin un pericolo (Putin potrebbe essere un opportunità se la sappiamo sfruttare, altrimenti diventerà un altro tiranno)

4) L'hub del gas in Serbia è una realtà e questa è un altra sconfitta dell'ENI che pensava di farlo al nord Italia. Un hub non certo importante quanto la Sicilia. Vorrei anche farti notare che la Serbia e la Bulgaria stanno sostituendo il sud Italia nelle mire di Putin. Ma forse era da sempre così: in Puglia arriverà un ramo secondario del South Stream da utilizzarsi solo per il mercato locale. Il ramo principale risalirà i Balcani. Solo se il South Stream nei Balcani verrà bloccato la Puglia diventerà il tracciato principale.
Per la Sicilia invece non ci sono sostituti (tranne il progetto antieconomico del Galsi), quindi le mire di tutti (non solo della Russia) sono sulla Sicilia.

Anonimo ha detto...

Ciao Abate, dovresti seguirlo più attentamente Blondet: ha persino scritto un libro: "Stare con Putin"

saluti
Gonzalo

Anonimo ha detto...

stacci tu cu putin. vatinni in russia