Sicilia all'attacco del World Wide Web
Non passa giorno senza che qualche nuova agghiacciante scoperta venga fatta dall'associazione di Don Fortunato Di Noto, che nuovi filmati di pestaggi e violenza vengano diffusi in rete da qualche adolescente cresciuto allo sbando come molti oggi, che la minaccia di un nuovo virus tenga il mondo con il fiato sospeso. In questi tre clichè potrebbe essere riassunto internet da chiunque si tenga informato solo tramite la TV o i quotidiani. Italiani, si intende.
E sì. Perchè stranamente questa idea del web viene diffusa in occidente solo dai media italiani. Chiunque abbia avuto modo di leggere la stampa estera o magari di seguire la BBC sul satellite, o anche solo di aver visto con un pò di spirito critico il serial CSI in televisione (l'originale americano, non la patetica imitazione nostrana) avrà notato un qualcosa di differente nell'atteggiamento con cui all'estero ci si pone di fronte al nuovo mondo informatico: i pericoli esistono certamente, ma anche le opportunità vengono messe in giusta luce.
La globalizzazione dei mercati (o come abbiamo già detto più volte il ritorno alla globalizzazione pre-guerra fredda) poteva sembrare ovvia sin dal giorno dopo la caduta del muro. Ciò che nessuno si aspettava avvenisse in questi termini era la delocalizzazione in settori quali i servizi (il centralinista che ci risponde da Bucarest... o da Palermo, di tanto dobbiamo ringraziare l'Italia) o addirittura quella che potremmo chiamare “decentralizzazione”, una specie di sviluppo dal basso piuttosto che un percorso da seguire dettato dallo stato-regista novecentesco.
Nel nuovo contesto tecnologico lo spettatore non esiste più. Il web fornisce una vera e propria struttura sociale che ricalca sempre più le dinamiche tipiche delle comunità rurali pre-industriali amplificandole a scala globale. Nel web la famiglia, il gruppo, il popolo ritrovano la loro identità spezzata nel novecento dall'invasione di radio e TV: Orwell è stato sconfitto, e l'occhio del Grande Fratello di è dimostrato una vetrata attraverso la quale, è vero, il re può spiare tutti, ma anche noi possiamo spiare il re, oramai nudo.
Lo stato italiano, cioè, non può più opprimere un popolo senza che questo non si accorga delle strategie messe in atto allo scopo. Non può più chiudere le sue frontiere perchè basta un “browser” per aprirle. Non può più costringerci a leggere i suoi giornali (o quelli dei suoi lacchè) perchè tutti possiamo pubblicare. Può farci credere di averci messo sotto controllo, ma in realtà è matematicamente impossibile esaminare l'intero flusso di informazione scambiato in rete.
In questo clima ogni protezionismo è destinato ad essere duramente colpito. Ed infatti lo stato italiano, la cui ricchezza era basata proprio sull'isolamento economico dal resto del mondo del suo popolo e delle sue colonie, sta tentando in tutti modi di rallentare il processo impedendo per quanto possibile la diffusione di nuove tecnologie di comunicazione (il tentativo di bloccare il VOIP, il ritardo nelle aste per il Wi-max) e diffondendo una immagine sinistra della libertà della rete.
Oggi possiamo farci recapitare il nostro libro preferito a casa in lingua originale saltando i rivenditori locali e senza che la dogana possa farci niente. Possiamo ordinare i nostri biglietti da visita o il materiale pubblicitario per la nostra azienda che verranno stampati da una tipografia in un altro stato. Posso organizzare la mia vacanza, incluso il biglietto aereo, senza dover passare dai Travel Operators milanesi. Posso usare un blog come questo e diffondere idee che saranno lette e ripubblicate da decine o forse centinaia di persone che potranno fare a meno di vedere il mondo solo attraverso i filtri dell'ufficialità.
Ecco allora che la nuova internet diventa un'arma. Una nuova arma che dà una possibilità in più ai siciliani, ma che al contempo ne toglierà un'altra: quella di nascondersi, quella della deresponsabilizzazione e del fatalismo. Armi di cui, è inutile nasconderlo, negli ultimi decenni abbiamo abusato un pò troppo.
Sul web possiamo ri-costruire la notizia, spogliandola delle falsità appiccicaticce dell'ufficialità e riproponendola al mondo con il nostro punto di vista, un punto di vista siciliano. Se sappiamo utilizzare gli strumenti giusti, possiamo fare in modo che essa venga letta dal più ampio numero di naviganti possibile, venga citata in altri siti e ripubblicata da altri “blogger”. A poco a poco possiamo costruire una rete, una comunità fatta di forum, blogs, portali, file video ed audio così potente che chiunque cerchi qualcosa sulla Sicilia non potrà sfuggirne.
Possiamo non solo scavalcare il perverso sistema di distribuzione che ci costringe a consumare le scadenti merci padane, ma addirittura sostituirlo con il nostro: se i catanesi, ad esempio, si vantano così tanto delle loro capacità commerciali perchè non aprono i loro negozi on-line vendendo in tutta Europa?
Pensate che beffa: siamo stati trasformati tutti in commercianti per soddisfare i bisogni del regime, ed ora abbiamo la possibilità di andare a vendere a casa loro senza neanche dover affittare una bottega a Firenze o a Milano... o a Londra. Cosa aspettiamo ad aprire i nostri centri commerciali “delocalizzati” on-line?
Ed infine, la cosa più importante: avremo finalmente la possibilità di saldare i due popoli siciliani, quello al di qua e quello al di là del faro: potremo ricongiungerci ai figli della diaspora, sapere cosa fanno o come vivono i siciliani di New York, di Buenos Aires o di Parigi, conoscerci ed unire le nostre forze per combattere affinchè la nostra patria torni a splendere come le compete.
Forza siciliani: alla conquista del world wide web!
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