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martedì, dicembre 28, 2010

Debitori rubati all'agricoltura

Il debito che schiavizza le masse non è solo debito pubblico. Il dialogo del film “The International” citato nel post “Gli schiavi” (E questa è la vera essenza dell'industria bancaria: fare tutti noi, sia che siamo nazioni o individui, schiavi del debito) si riferisce anche al caso della singola persona.

Spiegare il concetto può apparire semplice, in quanto intuitivamente tutti comprendiamo che chi è pieno di debiti è schiavo dei detentori di quel debito, siano essi degli strozzini o una banca.

Più difficile è invece trarne le giuste conseguenze ed applicarle alla nostra vita quotidiana e questo perché il più delle volte l'immagine che ci costruiamo è quella di casi limite quali un fallimento aziendale o di una perdita al gioco. Un immagine in fondo rassicurante perché forse più lontana da noi.

La realtà è molto più sottile, fatta di catene che ci hanno avviluppano suadenti nel vortice superfluo della modernità e destinate a serrarsi al momento opportuno con un meccanismo che si ripete sempre uguale.

Se da un lato è vero che essendo in debito la comunità alla quale apparteniamo (in questo caso lo stato) siamo in debito anche noi individualmente, dall'altro dobbiamo anche rilevare come il debito nazionale non si traduca istantaneamente in una menomazione delle nostre libertà individuali.

Ma il debito pubblico è solo la prima parte di una più larga strategia.

Bloccati gli stati grazie al ricatto del disavanzo, la “crescita” economica continua tramite il credito al consumo, permettendo al sistema finanziario di passare al suo obiettivo finale: l'individuo. Un individuo drogato da quel fittizio benessere materiale diventato irrinunciabile. Un po' come il topolino da laboratorio che continua ad attivare sino all'autodistruzione quella leva che procura la piacevole scarica elettrica. Il ribasso del costo del denaro, la possibilità di accedere a mutui ipotecari per importi spropositati su periodi di tempo estesi (a volte l'intera vita lavorativa di una persona), le rate per gli elettrodomestici, costituiscono quelle catene che si serrano lentamente ma inesorabilmente.

Il meccanismo è azionato dal modello della crescita continua, svenduto alle masse come “progresso”. Una volta messa in moto la ruota dentata del continuo miglioramento delle condizioni materiali, questa continuerà a girare senza tenere in conto le risorse naturali rinnovabili nella disponibilità della comunità risultando praticamente impossibile da fermare senza provocare instabilità nel sistema. Quel tipo di instabilità che poi passa alla storia con il termine di rivoluzione.

Va da sé che non potendo l'autorità politica costituita accettare la perdita di potere a causa di queste instabilità, continuerà a sottoporsi ai diktat del detentore ultimo del debito, in un ciclo perverso che in ogni caso non potrà non sfociare in un evento traumatico. Il modello della crescita continua adottato nell'era moderna in tutto l'occidente è solo un truffaldino schema a piramide dove gli ultimi a metterci i soldi (ultimi in senso generazionale...) ci rimangono fregati.

La recente crisi finanziaria è quindi una crisi sistemica finale inevitabile (e quindi prevedibile e programmabile...) che nelle intenzioni dei suoi pianificatori dovrebbe consegnarci in catene a quel “detentore ultimo”.

Chiuso il capitolo occidentale, lo stesso meccanismo può ora cominciare a girare per le masse che solo adesso si affacciano sull'orlo del progresso economico. Le masse di nazioni quali la Cina, l'India, i paesi arabi produttori di petrolio.

Si sta semplicizzando un sistema molto complesso. Ma queste poche righe potrebbero essere sufficienti a metterci di fronte ad alcuni quesiti che sino ad ora abbiamo tutti evitato di porci. D'altronde oggi siamo già oltre l'orlo del baratro e non abbiamo scelta.

Il principale di questi è certamente quello che riguarda la sostenibilità del “progresso materiale”.Una considerazione va fatta: le società meno indebitate e più stabili sembrano essere quelle che si appoggiano su di una larga base agricola. In esse troviamo bassa circolazione monetaria ed un modello di sviluppo che non prevede la necessità di una crescita materiale continua.

In altre parole: se vogliamo liberarci del debito, l'unica cosa da fare forse è quella di andare a riprendere la zappa. Non a caso una delle missioni (neanche tanto nascosta) della Comunità Europea è sempre stata quella di distruggere il settore agricolo dei suoi stati membri.

Addirittura l'Economist ha definito l'agricoltura (tradizionale) un'attività che “emette gas serra alla pari della deforestazione”, cioè un'attività dannosa per l'ambiente che potrebbe essere vietata d'ufficio (“Back from the brink”, 18 dicembre 2010): evidentemente il libero mercato non sopporta la libera agricoltura.

Il debito non è altro che una catena che accetto nel momento in cui lo contraggo rimettendo la mia libertà nella mani del “detentore ultimo”. Inseguendo il mito di una crescita materiale continua, l'unico obiettivo che siamo riusciti a raggiungere è stata la perdita del libero arbitrio.

6 commenti:

zetan ha detto...

Come è possibile che non ci si pone questa semplice domanda? Alla quale si dovrebbe pretendere una solenne risposta su cosa comporterebbe estinzione del debito quando anche la semplice contrazione devasta ogni cosa. Come mai tutti gli stati che sono collegati ad un sistema monetario subordinato soffrono questa condizione di soffocamento? Che risulta di gran lunga superiore a quella, Cina in testa, collegata al sistema di produzione monetaria pubblica?

O siamo tutti degli idioti nella gestione economica e finanziaria, Germania compresa, oppure bisogna accettare l’idea che il sistema è stato strutturato per produrre gli effetti che sono sotto gli occhi di tutti. Ognuno scelga liberamente ciò che meglio ritiene ma, si confronti oltre le parole altisonanti usate da finanzieri ed economisti.

Personalmente rimango convinto che gli stati non contano nulla oltre la gestione dell’ordinario e che gestiscono in modo barbaro? Ed invece si pretende l’accettazione coatta di questo principio che prende spunto dalla manifesta superiorità del sistema bancario come lo sonno gli iniziati di una organizzazione massonica della peggiore specie.

La riserva frazionata bancaria, che in altre occasioni è stata affrontata grazie al contributo di Massimo Costa, risulta essere la ciliegina sulla torta che distrugge definitivamente ogni possibile prospettiva.

Rifletto sulla condizione di una disponibilità monetaria inferiore alla quantità di debiti contratti, in un contesto nel quale non si possono ulteriormente incrementare senza che produco altro debito, l’alternativa rimane l’eliminazione fisica degli stati e quella delle persone per appropriarsi dei loro beni.

Vi ricorda qualcosa? oppure è solo una mia elucubrazione l’assimilazione ai genocidi ai quali assistiamo?

zetan ha detto...

Come è possibile che non ci si pone questa semplice domanda? Alla quale si dovrebbe pretendere una solenne risposta su cosa comporterebbe estinzione del debito quando anche la semplice contrazione devasta ogni cosa. Come mai tutti gli stati che sono collegati ad un sistema monetario subordinato soffrono questa condizione di soffocamento? Che risulta di gran lunga superiore a quella, Cina in testa, collegata al sistema di produzione monetaria pubblica?

O siamo tutti degli idioti nella gestione economica e finanziaria, Germania compresa, oppure bisogna accettare l’idea che il sistema è stato strutturato per produrre gli effetti che sono sotto gli occhi di tutti. Ognuno scelga liberamente ciò che meglio ritiene ma, si confronti oltre le parole altisonanti usate da finanzieri ed economisti.

Personalmente rimango convinto che gli stati non contano nulla oltre la gestione dell’ordinario e che gestiscono in modo barbaro? Ed invece si pretende l’accettazione coatta di questo principio che prende spunto dalla manifesta superiorità del sistema bancario come lo sonno gli iniziati di una organizzazione massonica della peggiore specie.

La riserva frazionata bancaria, che in altre occasioni è stata affrontata grazie al contributo di Massimo Costa, risulta essere la ciliegina sulla torta che distrugge definitivamente ogni possibile prospettiva.

Rifletto sulla condizione di una disponibilità monetaria inferiore alla quantità di debiti contratti, in un contesto nel quale non si possono ulteriormente incrementare senza che produco altro debito, l’alternativa rimane l’eliminazione fisica degli stati e quella delle persone per appropriarsi dei loro beni.

Vi ricorda qualcosa? oppure è solo una mia elucubrazione l’assimilazione ai genocidi ai quali assistiamo?

Anonimo ha detto...

Abate manca la prima parte del post che non riesco ad inserire.

zetan

Abate Vella ha detto...

Prova ad inserire solo quella... oppure mandala a me e provo io...

Anonimo ha detto...

Mi dispiace Abate ma non mi è consente di inserire il post, nemmeno suddividendolo in due parti, desisto dal tentativo.

zetan

Abate Vella ha detto...

Ecco la prima parte: i tuoi commenti sono comunque arrivati alla mia casella postale:

PRIMA PARTE

Abate, altre volte hai affrontato il tema legato all’autodeterminazione finanziaria delle nazioni, e nei commenti spesso ci siamo confrontati e non sempre con visioni convergenti.

Ritengo che bisogna cominciare da un origine circoscritta per comprendere da dove nasce il problema della sudditanza economica dei popoli e dei singoli, che si traduce poi nella sudditanza politica generale, a cui assistiamo, indipendentemente da chi governa, ed indipendentemente dalla condizione di sovranità o meno di un popolo verso il proprio territorio.

A mio modesto parere, per non girarci intorno, il peccato originale risiede nel signoreggio bancario, per dirlo in termini semplici, ed adeguati ad un commentatore non specializzato quale io sono, il signoraggio consente alle banche centrali di produrre denaro per poi venderlo agli stati “sovrani”, guadagna da questo passaggio oltre alla differenza tra il valore nominale e quello reale, che è abissale, si tenga conto che una banconota da € 100 costa alle banca 30 centesimi e viene venduta agli stati 103 euro, 3 euro è il costo del denaro, non contenti della plusvalenza, che è vergognosa, gli calcolano anche il costo del denaro; vergognoso così come il silenzio assordante dell’informazione integralmente funzionale a questo sistema.

Andare oltre non avrebbe senso, però una domanda è d’obbligo, considerata la semplicità e che non pone nessuno, quantomeno nessuno che io abbia ascoltato nei vari confronti sul tema, neanche sui siti di informazione alternativa di economia e finanza, ma il debito è estinguibile? Quel debito che gli stati hanno contratto e continuano a contrarre e che cresce indipendentemente dallo loro gestione più o meno approssimativa dei conti pubblici, questo debito è ipotizzabile che possa essere estinto?

zetan