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sabato, luglio 18, 2009

Il califfo nel pallone

Il 3 ottobre del 1993 allo stadio cibali della città etnea non si giocò una importantissima partita di un calendario di calcio della C1 stilato dal TAR di Catania invece che dalla FIGC: Catania-Giarre.

La squadra ospite, seguendo il diktat degli organi della lega calcio, in mano alla congrega dei Matarrese, non si presentò al fischio d'inizio. Non che i tifosi si aspettassero di vedere apparire la compagine ospite, ma nonostante questo allo stadio ci fu il tutto esaurito.

Fu un bagno di folla per l'allora presidente Angelo Massimino che riuscì non solo ad evitare la cancellazione della squadra, ma anche ad impedire che il calcio a Catania cadesse nelle mani della cosca internazionalista della quale facevano parte, oltre a Matarrese, anche l'allora sindaco Enzo Bianco e l'imprenditore incaricato di prendere il posto di Massimino, quel Proto oggi improvvisamente coinvolto in delicate vicende giudiziarie.

In mezzo a quei cori dedicati ad una squadra che non giocava, le emittenti locali inquadrarono un lungo striscione, il quale recava a chiare lettere la scritta “Vogliamo Gheddafi” (“Catania in trionfo al Cibali”, Corriere dello Sport del 4 ottobre 1993) [*] .

Quello stesso Gheddafi che da Tripoli aveva già segnalato un anno prima la sua intenzione di accettare una eventuale proposta di questo tipo: “Sarò califfo di Sicilia”, titolavano i quotidiani italiani nel 1992.

Il colonnello era alquanto nervoso in quel periodo, con gli americani che grazie al servilismo di Roma lo potevano controllare impunemente da Lampedusa e si permettevano anche di dichiarare che “Noi qui solo per aiutare navigazione. Lanciamo segnale radio a tutte le barche. Anche a quelle della Libia. Solo un servizio di pace...” (“Gheddafi è come l'Etna”, Corriere della Sera del 3 aprile 1992)

Dall'Africa ritorniamo in Sicilia, ma per il momento cambiamo scena.

Siamo nel 1946, durante quel periodo di torbidi in cui la nostra isola accarezzò per qualche mese il sogno di risorgere libera. L'EVIS, l'esercito rivoluzionario siciliano, malgrado la morte di Canepa non si disperse come i mandanti dell'agguato avevano previsto (Vedi post “Que viva Canepa!”).

Il comando passò a Concetto Gallo, il quale guidò il gruppo di valorosi anche attraverso la battaglia di San Mauro, nei pressi di Caltagirone, sino alla conclusione delle trattative con lo stato, che fu costretto a concedere l'amnistia ai combattenti per i “reati” commessi in relazione alla lotta separatista.

Non tutti poterono beneficiare pienamente di questa amnistia. A Giuliano, ad esempio, furono condonate le morti dei militari uccisi durante la militanza nell'EVIS. Ma non i crimini comuni commessi prima. Troppo comoda la sua figura a certi poteri per poterla lasciare andare libera.

Come lui tanti altri, che emigrarono rifugiandosi nella legione straniera o finendo i loro giorni in altre zone “calde” del pianeta. O che rifiutarono di arrendersi accontentandosi della semplice autonomia. Uno di questi ultimi fu Michele Papa, catanese, avvocato, che riparò in Libia e che dopo la rivoluzione del paese africano divenne confidente del colonnello Gheddafi.

L'avversione di Papa per lo stato italiano era tale che arrivò a convertirsi all'islam: fu lui, nel 1980, a fare aprire a Catania la prima di tutte quelle moschee che oggi sorgono come funghi lungo lo stivale.

L'avvocato diventò praticamente l'agente di Gheddafi in Italia, operando attraverso l'Associazione dei Musulmani in Italia da lui diretta, associazione avente sede a Trapani nello stesso palazzo in cui avevano sede (pare) alcuni uffici del sisde e, pare ancora , diverse logge massoniche coperte.

Navigando su internet, troverete questo argomento collegato un po' a tutto: alla strage di Ustica, a quella di Bologna, agli omicidi di Falcone e Borsellino, persino alla morte di Aldo Moro. Tutti massoni, tutti mafiosi.

Troverete di tutto, tranne una semplice osservazione che stranamente si evita di fare.

Papa come detto, non ha mai rinnegato l'indipendentismo. (Come prova il suo libro “Storia dell'Evis”, scritto quando il nostro era già pienamente al servizio di Gheddafi e pubblicato postumo nel 1995.) Possiamo quindi farci un'idea di quale sia il prisma attraverso il quale il leader libico interpreta la politica italiana e collegarla alla sparata del “califfato” riportata sopra: tra i Patrioti Siciliani e la Libia vi è una certa “convergenza” di interessi.

Torniamo ai nostri giorni, sempre senza muoverci dalla Sicilia.

Pochi giorni fa il vicesindaco ascarizzato leghista di Lampedusa, Angela Maraventano, ha portato due colleghi, i senatori della Lega Nord, Sandro Mazzatorta e Armando Valli, in giro per la sua isola ("La rinascita di Lampedusa "Meglio di Virgin Islands", LaSiciliaWeb.it 12 luglio 2009) .

Secondo i due senatori, nel famigerato centro di accoglienza “lavorano 89 persone che che ora si stanno girando i pollici.” Gli sbarchi sono finiti. All'improvviso. Sempre secondo i due, “Ora i pattugliamenti Italia-Libia stanno funzionando egregiamente”. “Grazie al ministro Maroni”, o grazie a Gheddafi che ha fermato il flusso alla sorgente?

Quell'inarrestabile fiumara umana si è esaurita istantaneamente dopo le ultime le elezioni europee, mentre il colonnello veniva per la prima volta in Italia dichiarando chiusa ogni questione con gli ex colonizzatori (vedi il post “Notizie di striscio”).

Una fiumara con il preciso obiettivo politico di mettere pressione destabilizzando per quanto possibile il governo romano. Dei disperati lanciati contro il muro occidentale nel punto in cui il "califfo" sapeva essere la sua falla più pericolosa: la Sicilia.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una escalation inarrestabile con le rivolte del centro di accoglienza, la sin troppo bene organizzata fuga, i viaggi di Maroni a destra ed a sinistra.

Forse Tripoli pensava di utilizzare questo tipo di pressione politica anche in occasione delle ultime elezione europee per dare il suo contributo allo smacco che si voleva fare subire a Berlusconi che sognava di annettersi l'isola eliminando i ribelli, cosa che avrebbe ostacolato non poco la realizzazione del progettato califfato. Un tempestivo naufragio nelle vicinanze delle coste libiche invece che di quelle siciliane ha forse suggerito al nostro che almeno in quel caso era meglio starsene buoni.

Alla fine comunque lo smacco il cavaliere lo ha subito lo stesso. Gheddafi [**] non ha perso tempo: come detto si è precipitato immediatamente a Roma a congratularsi con lo sconfitto per poi prepararsi a scendere in campo a viso aperto.

E' il Presidente della Fondazione Banco di Sicilia, Gianni Puglisi (proprio lui, il massone esplicito... vedi il post “Due stratagemmi”), a dare l'annuncio che in altri tempi avrebbe provocato stragi e guerre tali che quelle del 1992 impallidirebbero al confronto (“Nel 2010 può nascere la Banca del Sud. Azionisti di controllo la Sicilia e la Libia”, SiciliaInformazioni.com 16 luglio 2009):

“C'è un'ipotesi di risettaggio del sistema bancario siciliano in cui la Libia rientra tra i partner attendibili. Su sollecitazione del Presidente Lombardo, stiamo valutando l’ipotesi di una partnership finanziaria con la Libia, senza dubbio una interessante ipotesi di lavoro e di studio.”

Aggiungendo sibillino: “Del resto Tripoli se non sbaglio è più vicina a Palermo che a Milano”. Si parla qui solo di vicinanza geografica, o anche di vicinanza politica? E si dice Milano per dire Milano, o per non dire Arcore?

Secondo MilanoFinanza, si cercherà di coinvolgere anche alcuni imprenditori locali. In Sicilia di imprenditori nel campo bancario con un portafoglio tanto ampio da potersi imbarcare in una tale avventura ne ricordiamo solo uno: il patron della Banca Popolare Agricola di Ragusa, Giovanni Cartia. Proprio lui, l'obiettivo di uno strano tentativo di rapimento da parte di un ex-brigatista riconvertitosi a mafioso (vedi il post “Ci siamo”).

Come per il barcone di disperati affondato davanti alle coste libiche, anche questo tentativo di rapimento è avvenuto nello stesso clima pre-elettorale. Strana coincidenza. Come anche quella che vede il cda del Banco di Sicilia riunirsi proprio a Ragusa il giorno dopo le elezioni europee (“BdS, il cda va in trasferta a Ragusa”, EconomiaSicilia.it, 9 giugno 2009). E noi alle coincidenze continuiamo a non crederci.

Post correlati:
Due stratagemmi
Ci siamo
Una cosa che andava fatta
Notizie di striscio
In Libia con furore
Il rastrello di Montalbano

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[*] E' il caso di ricordare qui che dopo la morte di Massimino la vedova del Presidente consegnò il Catania a Gaucci che lo riportò in serie B mentre aggregava al suo Perugia un giocatore d'eccezione (dal punto di vista politico): Al Saadi Gheddafi (Nella foto in alto con lo stesso Gaucci). Gaucci fu “eliminato” dal vortice di Calciopoli e se ne andò in esilio nel maggio del 2005. Esattamente 4 anni dopo è finalmente rientrato in Italia, a pochi giorni dalla sconfitta di Matarrese e dalla sua deposizione dai vertici del calcio italiano grazie all'alleanza tra Palermo e Catania (vedi il post “Una cosa che andava fatta”).

[**] Il ras di Tripoli aveva a suo tempo già salvato Unicredit (la banca che sponsorizza gli eventi sull'indipendentismo siciliano, vedi il post “Il rastrello di Montalbano”) da un attacco finanziario londinese acquisendone una quota del 5% circa.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Da circa una settimana risulta difficile navigare su questo sito che impiega circa 5 minuti per caricare una pagina. non è normale
Brigante

Abate Vella ha detto...

Brigante,

ho provato diverse volte oggi ed ho controllato il numero di ingressi e di pagine visitate nelle ultime settimane e tutto mi sembta regolare.

Potrebbe essere un problema locale.

Se altri hanno notato un rallentamento fatemelo sapere.

Grazie!

Anonimo ha detto...

Il problema si è risolto
Brigante