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lunedì, marzo 16, 2009

Intervista a Massimo Costa (Seconda parte)

Seconda parte dell'intervista de Il Consiglio al Professore Massimo Costa, autore del libro "Lo Statuto Speciale della Regione Siciliana: un'autonomia tradita?" (Leggi la Prima parte). Ricordiamo ancora una volta che il libro verrá presentato ufficialmente giorno 18 a Palermo alla presenza del Presidente della Regione Siciliana, On. Raffaele Lombardo.

PS: nel testo di Costa mi sono permesso un grassetto. Chiedo venia per questo, ma la tentazione é stata troppo forte....


Puoi darci un giudizio sugli umori che circolano alla Regione riguardo alle varie modifiche proposte per il nostro Statuto. In che direzione credi che andrà l'ARS nel prossimo futuro? Vedi la concreta possibilità di un ristabilimento della legalità? Che in pratica vuol dire Alta Corte...

In passato abbiamo avuto una classe politica che preferiva tenersi “lo scheletro dell’armadio”, giacché questo Statuto, cosí inapplicato com’è, è una vera “mummia vivente”. Si preferiva tenere la mummia nascosta, non per applicarla in tempi migliori (forse qualcuno la pensava cosí, ma non la maggioranza) ma per lasciarla intravedere a Roma qualora qualcuno avesse minacciato i privilegi dei boiardi locali. Quanto ai Siciliani non c’era pericolo che ne chiedessero l’applicazione. Bastava che non sapessero niente. Da qualche anno a questa parte non è piú cosí. I Siciliani sanno, sempre piú numerosi, ed allora si è cercato di modificare lo Statuto “castrandolo”. Ma è troppo tardi. Il tentativo maldestro è riuscito solo in piccolissima parte con la controriforma del 2001. Poi nel 2005 stavano dando il colpo definitivo, ma non ci riuscirono. Ora il campo è diviso e molti non sanno che fare. Vorrei azzardare che all’ARS c’è una maggioranza trasversale, ancora timida in verità, che vorrebbe “osare” applicarlo. Ma ci sono altri due forti partiti, veri nemici dell’Autonomia.
Uno è quello tradizionale, che in piú oggi vorrebbe “emendare” lo Statuto per sancire costituzionalmente un’Autonomia del privilegio e dello spreco. Un’autonomia inutile, anzi dannosa. Ma hanno una forte motivazione alle spalle: in fondo è sempre stata questo, nient’altro che questo, la costituzione “reale” della Sicilia dal Dopoguerra. Quello che c’è scritto nello Statuto è solo “teoria”, per loro. Ma non mi sembra che a Roma o Francoforte nessuno abbia piú soldi o voglia di mantenere i gattopardi siculi.
Un altro è quello “giacobino” che vuole emendare per normalizzare, o addirittura sopprimere la specialità dello Statuto, nell’illusione che cosí geopoliticamente sparisca pure la Sicilia e si trasformi in una quieta provincia italica. Pia illusione, peraltro vigliaccamente prona agli interessi forti dei nostri nemici. Almeno il partito “assistenziale” vuole “mangiare” in Sicilia; questi vogliono solo venderci in cambio di una carriera personale o per una cecità antisiciliana.
Ma non confondiamo i “superiori” partiti con quelli veri. Sono partiti “trasversali”. Le carte, oggi, non sono chiare. Credo che il primo partito sia il più forte nella società e nel Parlamento siciliani.
Su un ripristino della legalità, invece, non sono ottimista. Nel senso che non lo vedo a breve. L’indipendenza (o l’applicazione dello Statuto che è quasi la stessa cosa) verrà solo quando la politica siciliana sarà cosí compatta da “prendersela” con le buone o le cattive. Alternativamente dovremmo cominciare a spiegarlo all’Italia. Se convincessimo l’opinione pubblica italiana sarebbe cosa fatta. Ma la vedo dura, durissima. Il che però non è una ragione per non tentare, per non iniziare. Ma come facciamo a spiegare all’Italia che la Sicilia è una Nazione se ancora qui siamo in pochi ad averlo capito?
L’Alta Corte l’avremo solo quando un partito siciliano sarà determinante per una maggioranza nazionale o quando un paese straniero con forti interessi in Sicilia lo chiederà d’imperio all’Italia o quando le forze USA se ne andranno dalla Sicilia con i loro piedi. A quel punto sarà la LIBERTÀ, quella per cui lottiamo da secoli. Ma senza queste condizioni non è bene farsi illusioni.
Certo, se questi diritti calpestati fossero noti a tanti siciliani…allora sí che la musica cambierebbe, e molto, molto presto.

Si parla tanto di federalismo in Italia e spesso a sproposito. Intanto il futuro dello Stato diventa più incerto ogni giorno che passa. Credi che il nostro Statuto possa essere applicato in altre parti d'Italia? Credi che possa fungere da modello per la creazione di una vera e propria “casa” dei Popoli Italiani?

Nessuno ha la sfera magica se non con un dono di profezia che personalmente credo di non avere. Certo l’Italia come stato sta malissimo. Sotto ogni punto di vista. Non esistesse Roma, con tutto ciò che rappresenta, sarebbe sepolta da un pezzo. Questa grande citta “settentrionale” e “meridionale” ad un tempo ne è il grande cerotto, ma fino a quando?
Lo Statuto Siciliano non è estensibile per la sua profondità a tutte le altre 20 regioni e province autonome. Cosí com’è o farebbe tornare l’Italia allo spezzettamento medioevale o sarebbe solo una farsa (“la seconda che hai detto” direbbe il comico Guzzanti).
Per lo meno si dovrebbero creare le tre macro-regioni di Miglio, con l’inglobamento di Friuli e Trentino nell’Italia Settentrionale, giacché non avrebbero piú alcuna ragion d’essere, e con il mantenimento delle sole regioni alloglotte e della Venezia Giulia, per la particolarissima situazione geopolitica di quel brandello mutilato di regione italiana. Oppure di solo due macro-regioni (con uno statuto speciale “interno” all’Italia del Nord per le tre regioni speciali alpine) e con Roma/Lazio “distretto federale”. In ogni caso la Sicilia e la Sardegna resterebbero due realtà geopolitiche a sé. Cosa succederebbe però in tal caso? Che l’Italia sarebbe una blandissima confederazione destinata a sciogliersi nel giro di uno o due decenni, con i cinque pezzi che prenderebbero ognuno per la sua strada.
Altra alternativa è che si “stacchi” il solo Nord (fino all’Umbria) e, in tal caso, poi si aprirebbe un fronte interno all’Italia del Sud perché fatalmente le Isole vorrebbero sottrarsi al dominio peninsulare, il cui esito potrebbe anche essere tragico.
Altra alternativa ancora è che tutto rimanga com’è e si applichi la Costituzione del 1948, e lo Statuto Siciliano del 1946, trasformando la sola Sicilia in uno stato semi-indipendente, quasi “dominion” italiano.
Secondo me, in ultima analisi, l’Italia e la Sicilia saranno quello che i suoi cittadini crederanno di essere. Per questo la piú grande lotta è oggi spirituale, senza per questo tacere la struttura di fondo, quella dei rapporti economici, che interagisce con la prima.
Diciamo che oggi per la Sicilia sta passando un grande treno. Rischia di perderlo, come ne ha perduti tanti in passato, per mancanza di maturazione politica. Possiamo fare niente al riguardo?
Quanto all’Italia mi permetto di osservare una cosa che pochi dicono. Paradossalmente mi auguro che resti unita. Solo quando ci sarà una Sicilia indipendente (o quasi) “vicino” e “in pace” ad un’Italia unita la nostra libertà e stabilità non sarà piú in discussione, anche per secoli. Finché nella memoria storica si sovrappone l’indipendenza dell’isola alla “disunità d’Italia”, varrà l’implicazione che “se” l’Italia è unita “allora” la Sicilia ne deve fare parte. Legare la nostra autonomia o indipendenza ad analoghe rivendicazioni sulla Terraferma è pericoloso. Noi dobbiamo lottare per la libertà “a prescindere” da ciò che avviene sul Continente. Oggi nessun tedesco pensa di annettere l’Austria, un tempo non era cosí. È un buon modello da imitare, anche con un lavoro pluridecennale.
E lo stesso penso, caro Abate, anche se non me l’hai chiesto, dell’integrazione europea. Sappiamo tutti che cosa è questo straccio d’Europa dei banchieri. Ma se, su altre basi, l’Europa continentale trovasse un altro tipo di integrazione (l’Europa dei popoli, delle regioni, delle sue radici storiche, magari con un latino moderno come lingua ufficiale e non con l’inglese che unisce il mondo ma non l’Europa), allora potremmo vedere con favore questa integrazione, ma … sempre per gli altri. Anche se l’Italia cedesse la sua sovranità all’Europa, noi avremmo sempre tutto l’interesse a restarne fuori, o blandamente associati, un po’ come la Norvegia, un po’ come la Svizzera. Questo non farebbe di noi antieuropeisti o euroscettici. Semplicemente non siamo in Europa, e nemmeno in Italia se vogliamo. Un’Europa unita non schiaccerebbe un piccolo stato insulare di frontiera, lo corteggerebbe. E cosí farebbero la Russia, la Cina, i paesi arabi. Il nostro potere contrattuale salirebbe moltissimo stando in equilibrio fra grandi potenze. Ecco perché non ho nulla contro l’unità d’Italia e quella d’Europa, purché non si estendano al nostro territorio. Ma ovviamente anche questo è un progresso culturale molto difficile da acquisire per l’autocoscienza siciliana.

Finiamo con i tuoi impegni futuri sul fronte “Siciliano”. Hai qualche altro progetto in cantiere?

Sí, vorrei completare l’opera con una vera trilogia. Il siciliano oggi non deve sapere solo qual è la sua costituzione calpestata. Deve conoscere anche la propria storia e la propria lingua.
Sul primo fronte vorrei scrivere un agile opuscolo divulgativo dal titolo “La storia di Sicilia in 35 lezioni”. È chiaro che già è in bozza. Spero fra un anno o due di finirlo. Anche qui non sarà “il solito libro”. Sarà il libro che non c’era, quello non scritto per avere l’imprimatur dei dominatori italiani ma per dire la verità ai siciliani. E poi, ma non mi sento pienamente all’altezza, un manuale di scrittura in prosa in lingua siciliana. Forse mi farò aiutare da qualche amico linguista che ne sa più di me, che sono solo un appassionato della lingua siciliana, che parlo scioltamente, ma che, complice la dominazione italiana, ho difficoltà a mettere in prosa. Eppure è la prosa la chiave di sopravvivenza dell’idioma siculo. Fateci caso: nessuno in Italia contesta la poesia, la cantante Rosa Balistreri, indimenticata, era invitata persino a Canzonissima. Ma la prosa no, è un nervo scoperto. Quella è riservata alle lingue vere, quelle con esercito e passaporto (per dirla con Chomsky). E invece dovremmo imparare a scrivere in siciliano. Per secoli i nostri poveri padri parlavano in siciliano e si sforzavano di scrivere in italiano. Tanto si sono sforzati che ce l’hanno fatta ad imparare questa lingua straniera. Oggi a noi tocca l’inverso: parliamo pure in italiano, ma sforziamoci di scrivere in siciliano, alla fine diventerà naturale. Ma dobbiamo essere in tanti.

E poi ho un’altra iniziativa in cantiere non meno rivoluzionaria. Fare lezioni volontarie a giovani che si vogliono impegnare in politica, qualunque sia il “partito” in cui vogliono militare. Non basta scrivere libri. Sono tante le cose da spiegare per formare una classe dirigente: storia, economia, diritto, retorica,… Non sono uno spirito militante ma credo che i giovani oggi debbano avere quei maestri che noi purtroppo non abbiamo avuto. Per quello che posso…

7 commenti:

rrusariu ha detto...

Assà bbinirika a-ttutti

akkuminzanu a skriviri lu novu Alfabetu Sicilianu

A Bb C D E F G H I K L M N O P Rr S T U V X Z

K sta per c dura komu Kasa o kiddhu

X sta per il suono Ssc forte ma dolce komu si skrivia na vota Xiakka

S'avissi a skriviri akkussì puru Xicilia komu skrissiru a Madinat-Habu l'Igiziani: Scecles

Abate Vella ha detto...

X sta per il suono Ssc forte ma dolce komu si skrivia na vota Xiakka

E come sino al 1861 troviamo scritto negli atti il cognome di un famosissimo scrittore siciliano: Xàxa

Anonimo ha detto...

Tutto OK per quanto riguarda il siciliano, ma non mi sento di definire l'italiano, che io personalmente ritengo assai bello, lingua a noi "straniera", anzi dovremmo rivendicare di più che l'italiano siamo stati proprio noi siciliani col cominciare a costruirlo. Il bilinguismo è in ogni caso una ricchezza.

Abate Vella ha detto...

Peppinnappa,

la penso come te: a me l'Italiano come lingua piace... e' la koine' dei popoli italiani.

I bambini devono essere abituati al bilinguismo da piccoli e piu' tardi verra' loro molto piu' facile imparare altre lingue.

Anonimo ha detto...

avete letto l'articolo Sicilia di Beppe Grillo?
è d'accordo sul fatto che la Sicilia meriterebbe di staccarsi dall'Italia

Anonimo ha detto...

A scanso di equivoci...
Che la Sicilia consideri l'italiano lingua straniera sarebbe altrettanto folle quanto il Messico che considerasse straniero lo spagnolo o l'Austria il tedesco o l'Irlanda l'inglese. Vero è che il Nahuatl (lingua degli aztechi) è ancora parlato come seconda lingua (di fatto dialetti) dal 3,5 % della popolazione, ma...ci sono processi irreversibili.
Quando parlo di bilinguismo per il siciliano parlo di lingua "nazionale" co-ufficiale all'italiano non alternativa allo stesso. Credo che ogni persona di buon senso possa concordare su questo.
Massimo Costa

Abate Vella ha detto...

sR, grazie della segnalazione. Ho linkato il pezzo sopra.

Grillo ora se ne esce così. La cosa non mi stupisce per niente. Se vedi i post che ho scritto a proposito della storia del gas e di Napolitano che si ferma a Reggio, ho suggerito che certi poteri ora che non controllano più la Sicilia la vogliono fuori dall'Italia per evitare che si intrometta negli affari "loro" nella penisola.

Visto che Grillo non è completamente libero di muoversi, ma è tenuto sotto controllo da quei poteri di stampo diciamo "massonico", deve accodarsi a certe cose.

Egoisticamente parlando, per quanto ci riguarda una volta liberato il meridione dalla criminalità per stabilizzarlo, noi siamo a posto. L'Italia si può anche spaccare (fermo restando che se si riuscisse a tenerla unita come una VERA federazione sarebbe meglio per tutti).

Qualcosa potrebbe avvenire già con le prossime elezioni europee.

Per risolvere il problema "Sicilia" in un Italia unita o federata, basta che funzioni l'Autonomia. E per farla funzionare si devono impegnare ambedue le parti (di più i Siciliani ovviamente). Ma fino a quando in Italia non si capirà cosa sia questa "autonomia siciliana" ed il fatto che essa sia una garanzia di stabilità per tutto il paese (perchè terrebbe a bada certi "poteri"), farla funzionare in modo pacifico sarà impossibile.