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lunedì, maggio 12, 2008

A lezione di legalità

Riportiamo di seguito, anche per rendere chiari determinati passaggi di altri post, il testo del regio decreto di approvazione dello Statuto della Regione Siciliana e l'ottimo e preciso commento di Massimo Costa de L'Altra Sicilia.

Questo testo è di fondamentale importanza per la comprensione dell'istituto dell'Autonomia Siciliana e della stessa struttura dello Stato Italiano (una volta tanto lo scrivo maiuscolo...).

Sembra incredibile che una parte così rilevante delle nostre leggi costituzionali sia ignota persino a fini giuristi, quando dovrebbe essere la base del nostro sistema legale. Non solo in Sicilia.

Come si fa a parlare di costituzione, di leggi, persino di legalità nei termini più generali nel nostro paese quando si ignora (o peggio, si fa finta di ignorare) che l'Italia repubblicana nasce dall'unione di due nazioni?

Si sente spesso parlare a sproposito del MIS e dell'EVIS da figuri che in un paese civile non sarebbero neanche degni di apparire in pubblico.

Quelle persone hanno dato la loro vita per questo 'articolo unico'. Hanno compiuto il più alto sacrificio che possa mai essere richiesto ad un cittadino. E lo hanno fatto di loro spontanea volontà. Senza che nessuno li costringesse. Solo per amore della loro Patria: la Sicilia.

L'articolo completo, con altre fondamentali osservazioni sull'argomento, è pubblicato sull'ultimo numero de L'Isola, il quindicinale edito da L'Altra Sicilia, alle pagine 6-9.


Leggi costituzionali istitutive dell’Autonomia Speciale
REGIO DECRETO LEGISLATIVO 15 MAGGIO 1946, N° 455:
APPROVAZIONE DELLO STATUTO DELLA REGIONE SICILIANA
Articolo unico
È approvato, nel testo allegato, firmato, d'ordine Nostro, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, lo Statuto della Regione Siciliana.
Lo Statuto predetto sarà sottoposto all'Assemblea Costituente, per essere coordinato con la nuova Costituzione dello Stato.
Umberto II


Apparentemente si tratta di una norma tecnica di presentazione del testo dello Statuto. In realtà è di un'importanza storica e simbolica da non sottovalutare.

Intanto la "Regione-Stato" viene qui espressamente denominata per la prima volta "Regione Siciliana". Questo è il suo nome ufficiale, e non "Regione Sicilia", a simboleggiarne la sovranità (come la "Repubblica Italiana" e dizioni simili).

La Regione nasce quindi come riconoscimento di un ente sovrano, sia pure nei limiti dell'alta sovranità dello Stato Italiano. Ci sarebbe da dire che tutte le sentenze in cui la Corte Costituzionale fa riferimento ad un'inesistente «Regione Sicilia» sono nulle, ma la Corte non ha infatti alcuna competenza a dirimere i conflitti di competenza tra due enti sovrani quali lo Stato italiano e la Regione Siciliana che trovano la loro corte naturale in un organismo giurisdizionale paritetico espressamente previsto dal Nostro Statuto. Ma sulla nullità e sulla insensatezza delle sentenze della Corte Costituzionale torneremo più sotto.

In secondo luogo la firma di re Umberto II (forse l'unico Savoia che la Sicilia dovrebbe ricordare con un po' di rispetto) suggella la preesistenza dell'ente alla Repubblica Italiana:la Sicilia è l'unica "Regione" a essere nata durante il Regno d'Italia. Pertanto la Repubblica NON ISTITUISCE LA REGIONE, BENSÍ LA RICONOSCE, ciò che è manifestamente
diverso. Quindi l'Italia non ha potere di istituire e sciogliere l'Autonomia della Sicilia, bensì soltanto di regolamentarla (di comune accordo con la volontà del Popolo Siciliano, cfr. infra).

La «Regione Siciliana» dentro il Regno d'Italia ha precedenti illustri. Negli anni immediatamente successivi al 1860 il governo della "Dittatura" (formalmente sovrano) passò i poteri non allo Stato italiano bensì alla "Luogotenenza", istituto di autogoverno amministrativo che già era in vigore nelle Due Sicilie e che era l'ultimo retaggio del governo viceregio dell'antico Regnum. In tal modo le istituzioni della Sicilia indipendente vivevano ben oltre la conquista garibaldina e si ricongiungevano all'attualità.

La "Luogotenenza", però, lungi dall'essere un governo autonomo come avevano sperato i Siciliani si era tradotta in un governatorato militare che diede pessima prova di sé. I Siciliani ne chiesero la soppressione e il governo italiano non aspettava altro.

La normalizzazione della Sicilia e la sua assimilazione, anche giuridica, al Continente, fu però processo lentissimo e contraddittorio (si pensi che, fino al 1870, Vittorio Emanuele II deteneva l'Apostolica Legazìa di Ruggero II era cioè “Capo della Chiesa di Sicilia” nella qualità di ... Re di Sicilia!).

Il passaggio di poteri dalla Luogotenenza alle famigerate "province" fu imperfetto e generò nella realtà un caos istituzionale, per cui in fretta la Sicilia dovette essere militarizzata ed affidata a commissari militari straordinari. Ci vollero trent'anni circa per pacificare la Regione ribelle e coincisero all'incirca con la sedazione dei Fasci Siciliani e l'istituzione di una nuova comunità politica unica nel contesto pubblico italiano: il Commissariato Civile, che succedeva a quelli militari, ma che non avrebbe dato anch'esso alcun risultato positivo privo com'era di alcuna rappresentatività popolare.

Gli anni successivi, fine '800 e primo '900, non avevano più visto alcuna forma di autogoverno dell'Isola ma un crescente sentimento "Regionista", delle più varie estrazioni politiche, che fu soltanto soffocato ma non sradicato durante gli anni del regime fascista.

Le epurazioni di funzionari siciliani negli anni '40 (forse con qualche sospetto sulla purezza etnica degli stessi in tempi di leggi razziali), la rivolta separatista successiva allo sbarco degli alleati, le convulse vicende politiche interne e internazionali successive, avevano infine costretto lo Stato italiano a capitolare e a riconoscere nuovamente l'originaria sovranità del Popolo Siciliano per mezzo di un suo corpo politico democratico di autogoverno.

L'Autonomia della Regione Siciliana, quindi, proposta su un testo approvato dalla Consulta, dietro ispirazione della componente più radicalmente autonomista (Guarino Amella), su un canovaccio (il progetto Vacirca) presentato dagli stessi alleati alla riconsegna della Sicilia all'Italia, incalzata da una guerra civile strisciante, e sottoscritta infine dal Presidente del Consiglio dei Ministri, non fu quindi concessa neanche da Umberto II, ma da questi subìta e promulgata.

Essa - come riconosciuto poi da sentenza dell'Alta Corte - ha origine pattizia. Essa non è dunque soltanto la piccola "Costituzione" del rinnovato "Stato di Sicilia" inquadrata come "Statuto" nella più grande "Costituzione" dello Stato italiano. Essa è anche come un trattato internazionale tra due popoli e come tale deve essere riguardata: immodificabile senza l'esplicito consenso dei rappresentanti dei due popoli formalmente pacificati, quello siciliano e quello italiano.

Il tradimento, quindi, perpetrato ai danni della stessa suona come un'insanabile violazione del diritto costituzionale e del diritto internazionale; violazione che riporta la Sicilia nell'occupazione illegale e che potrebbe rimettere in discussione i rapporti tra le due entità politiche.

Quando venne promulgato il decreto in questione non si sapeva ancora se l'Italia sarebbe stata repubblica o monarchia. Qualunque fosse stata la forma di stato, però, il decreto impegnava i Costituenti a rispettare l'Autonomia della Sicilia e del suo "quasi-stato", la Regione Siciliana, limitandosi al "coordinamento" dello Statuto con la nuova Costituzione Italiana.

Altro non potevano fare i costituenti, né - a fortiori - i legislatori di poi in sede costituzionale (sempre a meno che non ci fosse stato il consenso dei Siciliani).

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