Il costo della vita visto da nord
L'aeroporto di Palermo accoglie i turisti con degli eleganti cartelloni pubblicitari che contrastano con i freddi pannelli lasciati nell'aeroporto di partenza e dedicati al culetto di qualche aspirante velina o ai soliti prodotti industriali. A pochi metri dall'uscita della sala degli arrivi è quindi possibile prendere il treno che arriva sino al centro città. Ed è a questo punto che il piacevole benvenuto avuto sino ad ora si interrompe bruscamente.
Dopo aver pagato 4,50 € di biglietto (un prezzo in linea con le altre città d'Europa) saliamo su delle carrozze sporche e malandate, vecchie di almeno vent'anni e che pare non abbiano mai visto un restauro. La linea ferrata sino al centro città è sporca, infestata dai rovi, e ad ogni stazione vediamo materiale ferroviario abbandonato sparso ovunque, proprio come in tutti i paesi del terzo mondo che si rispettino.
Può mai essere questo il benvenuto che la capitale di una nazione che vuole investire sul turismo offre ai suoi più preziosi clienti, i turisti?
Verso la fine degli anni 80 all'arrivo alla stazione di Bologna i ragazzi meridionali ammiravano i graffiti metropolitani che già allora ricoprivano i muri di alcune città del nord. Questi graffiti arrivarono in Sicilia con qualche anno di ritardo, ma è interessante notare come da noi i primi vagiti di questa cosiddetta “arte” metropolitana non comparvero sui muri, ma sulle vecchie carrozze dei treni che le allora FS spedivano in Sicilia, senza neanche ripulirle, ad uso e consumo dei terroni.
Nessun politico locale si è mai lamentato a proposito, anzi: il solito ascaro camuffato da artista impegnato falsificava la realtà sostenendo in un bel film (Lamerica, parliamo del calabrese Gianni Amelio) che le carrozze vecchie venivano date agli albanesi, facendo finta di non sapere che i primi albanesi eravamo noi.
La tesi di Amelio risulta ancora più fuorviante quando pensiamo che gli albanesi sicuramente pagavano il giusto prezzo per lo scadente servizio offerto da quelle vecchie carrozze, mentre i terroni pagavano (e pagano) per lo stesso squallido servizio degli albanesi un prezzo padano.
Lo stesso discorso potrebbe essere fatto per ogni altro servizio offerto dallo stato nei possedimenti del sud: oggi l'aeroporto di Catania è collegato con molte delle principali città europee e presto con quelle del Nord Africa con voli affollatissimi. Come mai Alitalia non ci ha pensato prima? Costringendoci a fare scalo a Roma o a Milano di fatto estorceva una tratta aerea al nostro portafoglio (per non parlare del tempo).
Per arrivare poi della corrente elettrica: le interruzioni al sud raggiungono livelli insopportabili per le attività produttive, eppure il kWh costa quanto al nord. Ed il gas: non abbiamo bisogno delle infrastrutture, visto che i giacimenti sono a portata di mano, ma dobbiamo scontare sulla nostra bolletta quelle necessarie per l'industrializzazione del nord.
Fino alla sanità: il fatto che da noi gli ospedali non funzionino proprio come dovrebbero non rende alla Regione il costo degli esami e degli interventi inferiore rispetto al Nord Italia.
In pratica tutto questo può essere riassunto in un sovvenziona mento del dispendioso stile di vita padano da parte di tutti i meridionali, che pagano servizi pubblici di competenza statale a prezzi altissimi rendendo di fatto il costo della vita esorbitante per il suo livello effettivo.
Avete mai udito un politico dei nostri dire qualcosa in proposito? Mai. Anzi, ora che al nord incominciano a scricchiolare si sta cercando di fare passare per buono l'esatto contrario, anche perchè il mondo sta cominciando a notare quanto questo divario tra nord e sud sia sospetto.
Non potendo truccare più di tanto le loro graduatorie (peraltro sbugiardate dalle dichiarazioni IRPEF che vedono in Rimini una delle province più povere d'Italia, a dimostrazione del fatto che da quelle parti sono liberi di evadere il fisco quando e come vogliono) pescano strani indici di “well being” (dello “stare bene”) direttamente dal paese delle meraviglie.
E' il caso (esempio tra i tanti) di un articolo apparso su L'Espresso del 5 aprile, 'Si fa presto a dire povero', che inizia con queste parole:
'Non è detto che una famiglia catanese sotto la soglia minima di reddito sia davvero più povera di una che vive a Vicenza con uno stipendio superiore'
Secondo l'articolista altri elementi dovrebbero entrare nel computo come le opportunità, la libertà di realizzazione personale, la qualità della vita. Ora, chiunque abbia una sia pur minima esperienza delle due realtà si rende conto di come una volta presi in considerazione questi ulteriori elementi la famiglia catanese non è più povera, ma MOLTO più povera di quella vicentina, l'unico fatto a vantaggio dei catanesi essendo il clima. Invece secondo il nostro è vero il contrario.
Cosa ancor più sinistra si fa un accenno alla percezione del reddito. Cioè: una famiglia dal reddito x si sentirà comunque povera se tutti gli altri hanno un reddito 5 volte x, mentre sarà felice se sarà circondata da tante famiglie composte da altrettanti poveracci. Praticamente si invoca apertamente il segregazionismo, la costruzione di un muro di cemento a sud del Lazio.
Sicuramente alla lettura delle ultime righe qualcuno potrà sorridere. Mi chiedo allora se anche in Germania qualcun altro a suo tempo abbia sorriso alle prospettive dei lager nazisti pensando che si stesse andando troppo in là con la fantasia, e che mai si sarebbe arrivati sino a quello.
E comunque non mi sembra il caso di verificare la cosa sulla nostra pelle: rimbocchiamoci le maniche e cominciamo a lottare.
Nessun commento:
Posta un commento