Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

mercoledì, novembre 15, 2006

Da dove viene la mafia (Seconda Parte)

Certo a considerare l'enorme mole di libri ed articoli, servizi giornalistici, film e sceneggiati che la riguardano, sembra che qui l'unico problema sia la mafia. Eppure sappiamo che non è così: ci sono i neonati malformi di Gela ed Augusta, ci sono le aziende che magari non hanno mai pagato una lira di pizzo ma sono strangolate dalla burocrazia, ci sono migliaia e migliaia di famiglie che vivono in baraccopoli che sembrano essere la periferia di una qualunque città africana. Insomma ci sono tutti i problemi di un pezzo di terzo (se non quarto) mondo. Però si parla solo di mafia, citando connessioni e trame degne di un film di James Bond, così simili ai film di Scorsese da far venire il dubbio su chi avesse copiato: Scorsese dalla realtà per i suoi copioni, o i saputelli nostrani da Scorsese?

Spulciando su internet si può leggere di connessioni con Gorbaciov, con Osama Bin Laden, con il traffico di Plutonio, con il Vaticano. Abbiamo addirittura trovato uno che diceva che la Sicilia sarebbe dovuta essere parte del famoso "Axis of Evil" di George Bush (Te li immagini gli americani a bombardare se stessi?).

Per chi vorrebbe una immagine migliore della sua Sicilia non mancano le occasioni per scoraggiarsi, riprendere le valige e tornare a masticare il pane amaro dell'emigrazione.

Eppure ogni tanto qualche spunto degno di nota lo si può anche trovare. Sul domenicale del 12 novembre de Il Sole 24 Ore Diego Gambetta, professore di sociologia ad Oxford, traccia un interessante parallelo tra la Russia post-sovietica e la Sicilia di metà ottocento.

L'articolo in realtà ci sembra forzatamente confuso, poichè associa un evento instantaneo ed epocale come il crollo del comunismo, ad una poco chiara "caduta del feudalesimo" nella prima metà dell'ottocento in Sicilia. In una terra dove rapporti di tipo feudale sono sopravvissuti sino almeno alla seconda guerra mondiale, parlare di "caduta" del feudalesimo limitata al periodo 1800-1850 mi sembra un poco forzoso(*). Semmai si potrebbe parlare di un lento declino. (**)

Piega poi il ragionamento ai propri bisogni confondendo il pre ed il post collocandoli ambedue oltre l'evento nel caso della Russia, ed ambedue prima dell'evento nel caso della Sicilia, cioè prima del tramonto definitivo del feudalesimo.

Correggendo queste distorsioni temporali si può trovare una soluzione. Partiamo dalla Russia.

Non vi è dubbio che l'esplosione del fenomeno mafioso sia da collocare oltre la caduta del regime comunista, ma visto che di regimi ne cadono continuamente nel mondo e non sempre come conseguenza ci si ritrova tale fenomeno, i pressupposti devono essere collocati prima della caduta, nei rapporti corrotti instauratisi all'interno di una macchina burocratica che non premiava le capacità dei singoli. I "boss" infatti sono spesso provenienti dagli apparati burocratici sovietici.

Sistemata la parte russa, passiamo a quella siciliana. Se il feudalesimo originava da qualche parte corruzione, questa doveva essere nell'amministrazione dei feudi, affidati ad avidi signorotti locali da una classe nobiliare sempre lontana ed impegnata nei complicati riti sociali delle città. Il disgregarsi di questo sistema, ha liberato tali signorotti dall'asservimento ai baroni e li ha proiettati verso il potere, aiutati da una conoscenza del territorio "palmo a palmo" e da campieri privi di scrupoli.

Quello che ci manca è l'evento che ha fatto crollare definitivamente il sistema. Tra ottocento e novecento l'unico evento in Sicilia assimilabile al crollo del muro è la caduta dei Borbone, con i nuovi padroni che per assicurarsi fedeltà mettono al potere i Sedara (quante verità ci ha detto Tomasi di Lampedusa...), avidi di denaro e senza scrupoli e quindi facilmente ricattabili.

Come sapevano, i tosco-padani, di potersi fidare di tale classe? Forse ne avevano avuto esperienza diretta in situazioni simili. Gambetta ci dice che "sul mercato non furono solo la terra ed i suoi prodotti, ma gli stessi bravi (tra virgolette, ndr), che un tempo agivano sotto il controllo monopolistico dei baroni". Anche qui un errore: i "bravi" sarebbero da identificare con i campieri, al servizio del "Don Rodrigo" di turno (il signorotto), e non con il signorotto stesso.

Ma allora... vuoi vedere che la soluzione l'abbiamo avuta tutti sotto i nostri occhi, sui banchi di scuola, e non ce ne siamo nemmeno accorti?


Post Scriptum: l'autore dell'articolo contenente la frase circa la pertinenza dell'inserimento della Sicilia nell' "asse del male" si chiama Diego Gambetta e l'articolo è pubblicato sul Boston Review. E' lo stesso Gambetta o un omonimo? Certo se fosse lo stesso ci sarebbe da ridere: il Professor Gambetta ha infatti ricevuto nel 2003 il premio "Paolo Borsellino", assegnatogli dall'Accademia di Studi Mediterranei di Agrigento. Complimenti.

(*) Il feudalesimo effettivamente fu formalmente abolito nel 1812 dai Borbone, ma basterebbe fare la fatica di andare a leggere qualche testo a riguardo per capire come l'abolizione fu, per l'appunto, solo formale. Anzi, paradossalmente si potrebbe sostenere che fu il feudalesimo nel 1861 ad abolire i Borbone: cosa fecero i baroni siciliani per difendere Napoli dai 4 straccivendoli garibaldini?
(**) L'articolo contiene altri spunti interessanti: pone innanzitutto un orizzonte temporale congruente alla messa in posa delle radici del fenomeno mafioso, senza più richiamare fantomatiche radici arabe. Esclude poi l'elemento genetico associando il popolo russo a quello siciliano. Invoca cioè le condizioni ambientali come prevalenti su quelle culturali, sconfessando praticamente il 90% della pubblicistica anti-meridionale tosco-padana.

Nessun commento: