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martedì, novembre 14, 2006

Da dove viene la mafia (Prima Parte)

Ci siamo ritrovati, negli ultimi giorni, ad una recrudescenza dell'arma mediatica che lo stato italiano usa per giustificare agli occhi del mondo l'oppressione delle regioni del sud.

Credere infatti che le campagne denigradive contro siciliani, calabresi, napoletani etc abbiano un origine per così dire "spontanea" è da ingenui ed anche un pò da fessi. Come l'Italia esporta nel mondo le imagini delle campagne toscane, dei vicoli veneziani, del colosseo romano, investendo sul ritorno di immagine, così ha esportato una certa idea di meridionale, investendo in un ritorno di immagine che le ha permesso di avere mano libera prima nel genocidio dei meridionali, poi nella loro schiavizzazione, ed ora nella loro totale emarginazione economica.

Ovviamente il meccanismo deve essere oliato, così come di tanto in tanto ci fanno rivedere il bel barbone di Osama Bin Laden, come ogni tanto ricominciano a parlare dei Ceceni (che a seconda dei rapporti con Putin diventano terroristi o vittime) o dei Curdi turchi (idem che i ceceni), ogni tanto all'opinione pubblica internazionale deve essere raccontata qualche bella storiella sulla mafia per fare spaventare i bambini prima di addormentarsi.

Il massimo della goduria per il regime è poi quando all'estero prendono la palla al balzo e approfittano della situazione per scaricare nello stesso piatto su cui (dopo averci mangiato)sputano i tosco-padani le loro immondizie. Ed allora: levata di scudi generale, censura assoluta, teste che rotolano quando da qualche parte sibila la notizia che l'ETA si sarebbe trasferita in Nord-Italia, spettacolarizzazione e scuola di ricamo sulle immense stronzate scritte riguardo al traffico di droga in Spagna (iniziato dai fuoriusciti corleonesi scappati dalla Sicilia) o a quello di armi in Germania (gestito dai calabresi).

Su queste ed altre ridicole campagne promozionali ci siamo soffermati altre volte, e non credo si debba ora andare a scavare sotto tanto per confutarle.

Possiamo solo riproporre agli autori ed a coloro che qui da noi ancora credono che tutto quello che viene da nord sia oro colato (inclusi i giornalisti dei giornali locali che riprendono le notizie appoggiandole) il consiglio già dato da Pulvirenti, noto imprenditore catanese: "Cambiate Spacciatore".

1 commento:

Anonimo ha detto...

Baeli Rosario della Multigraf Editrice scrive:
Potete usare anche solo l'ultima parte
che riguardano i fatti del 17.

Note complete


OGGI 17 DICEMBRE 2007

Si è tenuta presso il Tribunale di Messina l'udienza di Appello
del procedimento contro un editore per le accuse rivoltegli da 2 avvocati di uno studio di 7 avvocati
che si trova al piano superiore di quello occupato dalla casa editrice, per questioni di condominio.

Nella prima udienza del primo grado di giudizio , il 10 febbraio 2005, nell'aula F del Tribunale di Messina,

l'editore aveva chiesto di fare dichiarazioni spontanee, contestando i simboli presenti in aula chiedendo che fossero coperti e precisamente:
1) I simboli della PENA DI MORTE, la faretra con l'ascia indicava presso i giudici di Roma la possibilità del giudice di comminare la PENA DI MORTE agli incolpati di reati previsti dalle leggi romane, come ad esempio, PENA DI MORTE per i contadini (in Sicilia) che non tagliavano gli alberi per trasformare i boschi secolari in campi coltivati a grano.
2) I simboli della Giustizia non equilibrata, infatti nell'aula F esiste un bassorilievo (in alto a sinistra, sul muro dietro la poltrona dove siede il giudice) con una bilancia unita alla faretra con l' ascia, la BILANCIA pende a destra dal lato dell'ascia, indica la sottomissione della giustizia alla dittatura italiana.
3) Le frasi che invocavano LA GIUSTIZIA DIVINA, infatti, nell'aula F domina una scritta incisa in alto nella parete, di fronte al giudice, che recita DIO VUOLE IL GIUSTO,
si presume che essendo il cristianesimo arrivato dopo i tribunali di Roma, potrebbe trattarsi di un dio in senso lato, anche un dio degli antichi Popoli.
4) Le frasi delle precedenti dittature incise nei muri che spesso sono confuse con articoli delle leggi in vigore.
L'editore aveva chiesto anche che fossero collocate i simboli e le TARGHE con le scritte previste dalle leggi e cioè:
5) CHE FOSSERO ESPOSTI I SIMBOLI DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA, la stella a 5 punte con i decori floreali in cerchio
6) LE TARGHE con le scritte previste dalla Costituzione Repubblicana, LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI e
LA GIUSTIZIA E' AMMINISTRATA IN NOME DEL POPOLO.

L'editore chiedeva che fossero coperti tutti questi simboli o che la causa si svolgesse in un'altra aula con i requisiti previsti dalle leggi in vigore nella Repubblica, in caso contrario avrebbe lasciato l'aula senza partecipare alle udienze.
Subito dopo il Pubblico Ministero (avvocato giudice onorario, dott. Santa Nuccio) chiedeva per l'incolpato la PERIZIA PSICHIATRICA.
Il giudice onorario (dott. Katia Bagnato) nominava immediatamente il perito.

Precedentemente alle dichiarazioni dell'editore il suo avvocato aveva fatto richiesta al giudice onorario di astenersi dal giudizio essendo una delle parti due avvocati dello stesso distretto in cui era iscritta la stessa in contrasto con l'art 111 della Costituzione Repubblicana che prevede che il giudice sia terzo e imparziale, quindi non può essere un collega di una delle parti (in questo caso due avvocati di uno studio con 7 avvocati totali).
Si scoprì in seguito all'abnorne e non motivata richiesta della P.M. onoraria che la stessa era ex parente dell'amministratore del condominio dove sono i due studi della causa in corso. Amministratore che con la sua, assenza ingiustificata e sordità ad ogni lamentela dei condomini, aveva permesso ogni cosa nelle aree condominiali ai 7 avvocati.

Informata del fatti la Procura della Repubblica Italiana presso il Tribunale di Messina furono presi i seguenti provvedimenti:

La P.M. (dott. Nuccio Santa) fu subito sostituita da altro giudice togato (dott. Claudio Onorati).
Un anno dopo, una targa in plastica fu collocata sul fronte delle cattedre di molte aule che ne erano sprovviste, recante la scritta LA GIUSTIZIA E' AMMINISTRATA IN NOME DEL POPOLO ma, a differenza di tutte le altre targhe simili in tutti gli altri Tribunali della Repubblica, in questa di Messina c'è un seguito: I GIUDICI SONO SOGGETTI SOLTANTO ALLE LEGGI. Mentre in tutti gli altri Tribunali della Repubblica ci sono le targhe previste dalle leggi e specificatamente indicate e descritte dal Ministero di Giustizia, a Messina c'è una variante, rappresentata dall'intero testo dell'articolo n. 101 della Costituzione Repubblicana che contiene appunto le due frasi (incluso il numero).
Per quanto riguarda l'articolo 3 della Costizione Repubblicana, LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI, non si ha traccia nelle "antiche" aule del Tribunale di Messina.
Se dovessero essere collocate, un giorno, visto che è stato già citato l'intero articolo n.101 della Costituzione, sarebbe il caso di indicare l'intero articolo n.3 della stessa Costituzione che recita: "TUTTI I CITTADINI HANNO PARI DIGNITA' SOCIALE E SONO UGUALI DAVANTI ALLA LEGGE, SENZA DISTINZIONE DI SESSO, DI RAZZA, DI LINGUA, DI RELIGIONE, DI OPINIONI POLITICHE, DI CONDIZIONI PERSONALI E SOCIALI. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

L'editore si rifiutò di partecipare alle udiende nell'aula F, precludendosi la possibilità di difendersi dalle accuse dei 2 avvocati vicini sovrastanti.

Il 18 Febbraio 2005, dopo una settimana da quella prima udienza del 10, presso il Parlamento della Repubblica Italiana a Roma, il Deputato Russo Spena formulava una interrogazione con risposta scritta al Ministro della Giustizia ed al Ministro degli Interni in cui si poteva leggere:
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-13099
presentata da GIOVANNI RUSSO SPENA
lunedì 21 febbraio 2005 nella seduta n.589
RUSSO SPENA
Al Ministro della giustizia
Al Ministro dell'Interno
Per sapere - premesso che:
l'edificio del Tribunale di Messina presenta ancora molti simboli
della dittatura fascista. Nell'Aula in cui si amministra la giustizia, alle
spalle dei giudici, addirittura sono ancora presenti simboli raffiguranti il
fascio littorio, che allude alla possibilità di comminare, da parte del
giudice, la pena di morte;
nelle aule, invece, non sono esposti i cartelli e le scritte
previste dalla Costituzione italiana e dall'ordinamento repubblicano che
ricordano che la legge è uguale per tutti e che la giustizia viene
amministrata in nome del popolo -:
se il Governo non ritenga di dover intervenire per restituire ai
luoghi una dignità repubblicana e costituzionale. I simboli sono, infatti,
importanti per la dignità collettiva ed il senso comune. Essi non possono in
alcun modo offendere valori ed ideali delle cittadine e di cittadini;
devono, quindi, attenersi, per la stessa esposizione al pubblico, al dettato
della Costituzione.
Non si ha notizia della risposta scritta dei due Ministri del precedente Governo Italiano.

Tornando all'udienza di oggi tenutasi nell'aula A della corte d'Appello del primo piano del palazzo di Giustizia, si deve precisare che
l'aula A non è la prima entrando a destra, e neanche la più grande, che é invece l'Aula di Corte d'Assise (che si trova al piano terra),
ma è la più alta di tutto il Tribunale salendo le scale a destra (coincidenza),
In questa occasione di oggi, dopo la lettura della precedente attività d'aula,
l'editore ha chiesto nuovamente di fare dichiarazioni spontanee. Il Signor presidente,dopo aver fatto chiamare l'addetto alla registrazione audio, ha dato la parola all'incolpato.
Anche in questa occasione l'editore ha chiesto che fossero rimossi i simboli presenti in aula non previsti dalle leggi in vigore, e precisamente:
1) "Coprire i bassorilievi delle tre grandi figure di donne seminude in alto dietro la poltrona del giudice, una delle quali tiene nella mano sinistra (come fosse un pacco sul pavimento) una bilancia inclinata a DESTRA, mentre con la mano destra (in alto sopra la testa)indica con una spada romana (GLADIO) la bilancia, stando a significare la sottomissione della Giustizia al volere della forza della dittatura italiana. Essendo la bilancia inclinata a destra non rappresenta l'equilibrio che deve avere la giustizia per essere esercitata, quindi non è un simbolo corretto per le aule dei tribunali".
2) " Togliere il grande crocifisso (con base di sostegno, alto circa cm 40 ) posto sulla cattedra dei giudici, di fronte a tutti, perchè rappresenta il simbolo della pena di morte applicata tramite la tortura, cose non previste dalle leggi della Repubblica, sia la pena di morte che la tortura ". A tal proposito l'editore proseguiva spiegando che "nel 131 a.C. a Messina furono posti a morte, mediante la croce, 8.000 cittadini siciliani (Paolo Orosio V sec.d.C.) e a ENNA nello stesso anno 20.000 inermi cittadini siciliani furono trucidati (dai romani) sulle croci dentro il castello (sempre da P. Orosio). Quindi le croci erano già strumento di tortura e di pena di morte un secolo prima dell'avvento del Cristianesimo. Per tale motivo non possono essere esposte nell'aula perchè rappresentano uno strumento di morte non compatibile con le leggi in vigore".
Questa contestazione è volta a contestare non la funzione simbolica della croce come simbolo di una religione, ma come simbolo di morte e tortura, in alternativa si potrebbe esporre un volto di dio sorridente e non il volto in bassorilievo del monarca piemontese Umberto I, rappresentato nell'aula di profilo alla maniera dei tempi dei faraoni .
Nel rispetto dell'articolo 3 della Costituzione si dovrebbero esporre i volti di tutti gli dei, un simbolo per ogni religione delle varie parti, come chiede da alcuni anni il giudice Luigi Tosti del Tribunale di Camerino.
3) "La faretra con l'ascia, che, come i presenti in aula già sanno, rappresenta la differente possibilità dei giudici di comminare anche la pena di morte mediante l'ascia, piuttosto che le sole vergate con le verghe di cui è composto il fascio littorio". In altre parole i giudici di Roma fornivano una giustizia ambulante facendosi accompagnare da due guardie che portavano il littorio. Quando erano giudici che avevano solo verghe potevano comminare pene sino alla battitura in piazza con le stesse verghe. Quando avevano anche l'ascia legata alla faretra erano giudici con poteri superiori che potevano condannare a morte l'incolpato mediante decapitazione .
4) "Togliere le scritte che invocano la GIUSTIZIA DIVINA e le frasi delle dittature precedenti (scolpite in latino sui muri)"
5) Che fossero esposte le TARGHE previste con le scritte LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI e LA GIUSTIZIA E' AMMINISTRATA IN NOME DEL POPOLO.
6) Nel caso in cui non fossero state coperti questi simboli o spostata l'udienza in un'altra aula a norma di leggi Costituzionali, l'incolpato avrebbe lasciato l'aula.
Il presidente della Corte d' Appello ha quindi risposto (se non sbaglio) "prego Signor Baeli " (verificheremo nella trascrizione della registrazione che avremo tra qualche giorno). A questo punto l'incolpato lasciava l'aula.
A proposito del 131 a. C. , a seguito di quelle decine di migliaia di condanne a morte eseguite sulla croce dai romani, fu promulgata la famosa Lex Rupilia.
In questa legge speciale, si riconosceva ai siciliani la diversa nazionalità rispetto ai romani, infatti la Sicilia fu considerata la prima provincia, cioè un popolo diverso dai romani , il primo regno dell'impero di Roma, un'altra nazione NON romana con cittadini residenti non con i diritti dei cittadini romani ma siciliani cittadini di un altra nazione-regno.
Questa Lex Rupilia conteneva uno statuto di "indipendenza" della Sicilia e integrava alcune leggi del Diritto Siciliano come:
IL TEMPO DETERMINATO PER I GIUDICI PER DICHIARARE LA SENTENZA
Cicerone, alcuni anni dopo, raccolse in Sicilia le prove contro il pretore Verre in soli 110 giorni (massimo concesso dal diritto romano), in tutte le città dell'isola compresa Enna (dove fece uno storico discorso contro Verre) ed esclusa Messina, dove Verre aveva la sua sede, i suoi fedeli amici e teneva il silenzio con il ricatto e la vendetta .
Il 7 dicembre 2007 ricorreva il 2050° anniversario (43 a. C. ) dell'omicidio di Cicerone per mano dei sicari di Antonio contro il quale Cicerone aveva pronunciato le famose "Filippiche". In questo stesso giorno (7.12.2007) Luigi Tosti presso il Consiglio Superiore della Magistratura in Piazza Indipendenza a Roma, contestava l'uso delle croci nei Tribunale chiedendo che fossero esposti tutti i simboli religiosi in osservanza dell'articolo n.3 della Costituzione Italiana.
Vedere www.RadioRadicale.it registrazione audio intervento Luigi Tosti presso il CSM del 7.12.2007 (molto interessante da sentire).
L'editore aveva oggi esordito scusandosi per il tono della voce che risentiva di un grave incidente stradale, era stato investito da un Tir di fronte al proprio studio (in Via Giuseppe La Farina, il primo giorno di apertura della strada ai TIR, nel 2001). Aveva anche detto di occuparsi di cartografie, carte turistiche. In effetti in questa città di Messina è nata la cartografia. nel III secolo avanti Cristo. Un certo Dicearco da Messana disegnò la PRIMA CARTA GEOGRAFICA DEL MEDITERRANEO per conto di Alessandro il Grande di Macedonia. Inventò un sistema di linee perpendicolari molto simili a quelle usate oggi in cartografia ma rimaste per oltre mille anni nascoste e dimenticate.
Poi nel 1571 il Maurolico, grande astronomo, geografo, matematico e cartografo consegnò (a Messina) a Don Giovanni d' Austria le Carte nautiche di Lepanto disegnate a Messina nella Antica Officina delle Carte Nautiche, con le quali vinse la famosa battaglia di Lepanto. Non è un caso se oggi a Messina esistono due editori che si occupano esclusivamente di carte geografiche, uno di questi è il Signor Baeli che ha ottenuto dal Ministero dell'Industria Italiano un brevetto industriale per aver inventato una "nuova caratteristica" da applicare alle carte topografiche. Un evento più unico che raro in un settore in cui operano le più grandi case editrici italiane e straniere. Non è un caso se questo novità è nata a Messina.
Il Tribunale di Messina ospita sul prospetto principale il bassorilievo di Dicearco da Messana insieme ad altri fondatori delle arti e del diritto la nuova piazza del Tribunale di Messina porta il nome di Francesco Maurolico con tanto di lapide commemorativa, i due avevano in comune la cartografia e la lingua , pur essendo siciliani parlavano e scrivevano benissimo in greco (la madre del Maurolico era greca).
Dicearco da Messana aveva anche trascritto le Costituzioni delle 200 città stato della Koinè di Alessandro il Grande, cento anni prima che 8.000 siciliani fossero trucidati sulle croci a Messina . Quelle 200 costituzioni hanno fatto da base a Dicearco per scrivere "la migliore forma di governo" il TRIPOLITICO, da cui Polibio ha tratto ispirazione per ideare la prima Costituzione scritta di Roma (in latino).
Le Costituzioni continuano a cambiare, anche nella traduzione, sta ai cittadini vigilare per farle rispettare.

Per altre note telefonare al numero 333 7477702 090 9432048 chiedere di Baeli Rosario