Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

mercoledì, novembre 29, 2006

I mafiusi della Vicaria

Nei giorni scorsi a Catania si è potuta rivedere la rappresentazione di una simpatica opera teatrale ottocentesca, I mafiusi della Vicaria di Giuseppe Rizzotto, che sarebbe probabilmente rimasta confinata agli studi etnografici se non fosse per il fatto che grazie ad essa nel 1863 (annotate l'anno...) la parola mafia risuonò in tutta Italia. "Da allora molti", spiega il volantino pubblicitario di circa 150 anni dopo, "hanno provato a dare un significato a questo termine. Ma che cosa significhi mafia nessuno è riuscito a spiegare, forse è un pò come la fede, forse è come il diavolo o forse non esiste. E se fosse uno stato dell'anima?".

Parole che suonano bene, sicuramente. Anche un pò troppo intellettuali, volendo. Ma che danno una giusta idea della confusione e dei punti interrogativi che circondano l'argomento.

Era in occasioni come questa che al tempo dei nostri antenati sicelioti (o Greci di Sicilia che dir si voglia) saltava sulla scena il deus ex machina. Ed è così che ora ci appare lo spettro di Sciascia, nel suo Candido alter-ego, a sussurarci che "Le cose sono quasi sempre semplici" lasciandoci, al risveglio da questo sogno fatto in Sicilia, con una pulce che fastidiosamente saltella tra le righe appena scritte.

Ed allora per capire cosa significhi mafia proviamo a fare nel modo più semplice possibile: apriamo cioè il vocabolario. Non però uno Zingarelli qualunque, bensì un vocabolario più vicino ai fatti (o mis-fatti che dir si voglia), e cioè il vocabolario Siciliano-Italiano di Antonino Traina, stampato intorno al 1868.

Ecco cosa annota il Traina alla suddetta voce:

Mafia. s.f. Neologismo per indicare azione, parole
o altro di chi vuol fare il bravo.
Sicurtà d'animo, apparente ardire.
e poi ancora:
Insolenza, tracotanza, arroganza, alterigia, fasto, spocchia
ed infine:
Nome collettivo di tutti i mafiusi
e per quanto riguarda l'etimologia:
Smaferi si chiaman in Toscana gli sgherri;
e maffia dicon alla miseria, e miseria vera è
il credersi grand'uomo per la sola forza bruta!

All'indomani della (finta) Unità la parola era ancora considerata un neologismo, (e che pena vedere oggi tutti quei siciliani che fanno a gara a darsi del cornuto invocando una fantomatica origine araba) e non aveva niente a che vedere con alcuna società segreta o addirittura con la criminalità. Per indicare la criminalità organizzata anche in Sicilia era usato il napoletano "camorra", come suggerisce la stessa commedia di Rizzotto.

Il primo ad uscire fuori la storia dell'associazione malandrinesca pare sia stato l'allora prefetto di Palermo F.A. Gualtiero nel 1865.

In più il Traina avvalora la tesi della provenienza da nord (Toscana)... ed a questo punto non sarebbe troppo fantasioso ipotizzare una discesa in Sicilia tramite un altra commedia. Non quella del Rizzotto Giuseppe, ma quella appena di qualche anno più vecchia del Garibaldi, sempre Giuseppe.

PS: certe fonti sono capaci di svelarci passato e presente meglio di qualunque storico di professione. Ecco come il Traina spiega (nel 1868) la voce Autonomista:

Chi parteggia per l'Autonomia; oggi si mascherano di questo nome anco quelli che vorrebbero disunita la Sicilia dall'Italia e soggetta ad un Borbone a Napoli.

Più nitido di una fotografia. Ma chi c'è più cornuto e bastonato di noi siciliani?

Nessun commento: