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lunedì, febbraio 28, 2011

Nel segno dell'Ariete

Tra gli immutabili muretti a secco delle campagne iblee qualcosa di nuovo comincia a farsi spazio: sono le insegne dei distributori di carburante della Lukoil, la società russa che ha acquisito già da qualche anno una quota del 49% della raffineria ISAB di Priolo dalla ERG e che più di recente (febbraio 2011) ha aggiunto una ulteriore quota dell'11% diventando il socio di maggioranza.

Ma se della penetrazione russa in Sicilia abbiamo già parlato ampiamente, il particolare interessante da analizzare oggi è derivato dal fatto che quelle insegne non sono sorte sul nulla, ma sono andate a sostituirne delle altre. Per la precisione quelle della Tamoil, compagnia di distribuzione libica in mano al Colonnello Gheddafi.

Il nostro negli ultimi decenni non ha solo venduto petrolio all'industria italiana. I legami economici italo-libici sono molto più stretti e passano, oltre che per i distributori della Tamoil, per le quote azionarie in FIAT e per quelle più recenti in Unicredit, la principale banca italiana (proprietaria, lo ricordiamo, del Banco di Sicilia) ed una delle maggiori d'Europa salvata un paio di anni fa dai petrodollari di Gheddafi. Si potrebbe arrivare a sostenere che la padania sia in fondo tenuta in piedi dal rapporto instaurato con la “quarta sponda” di coloniale memoria.

Dal canto suo, Gheddafi, non ha mai nascosto le sue enormi ambizioni Mediterranee che qualche tempo fa lo portarono a auto-proclamarsi futuro califfo di Sicilia (si veda il post “Il califfo nel pallone”). Gli stessi siciliani dal secondo dopoguerra in poi hanno visto nel colonnello un punto di riferimento in chiave anti-romana, come testimonia la vicenda umana dell'avvocato catanese Carmelo Papa, reduce indipendentista e braccio destro del regime libico in Italia.

Poi all'improvviso l'idillio sembrò provvidenzialmente interrompersi e nel 2010 l'assetto di Unicredit mutò in maniera inaspettata. La provvidenza ce la mettiamo oggi, perché quello che successe lo scorso settembre (2010) fu salutato da tutti noi quaggiù come un disastro: se da un lato Gheddafi continuava la sua scalata in Unicredit superando il 7% e diventando il maggiore azionista, dall'altro la stessa Unicredit decideva di staccare la spina al Banco di Sicilia e di portarne la direzione al nord (si veda il post “Intesa segreta”). Possibile che il paladino dei diritti degli oppressi ci stesse svendendo in questo modo?

In realtà la modifica nell'assetto del colosso finanziario liberò le bocche ai politici siciliani che cominciarono a parlare di vendita delle quote.

Ebbene, immaginate come ci sarebbe finita oggi se invece avessimo continuato a sostenere una banca destinata a crollare travolta dalla fine del suo maggiore azionista. Una banca che nel migliore dei casi passerà in mano ai potentati europei trasformando tutto il Nord Italia in quella colonia che noi siamo stati per 150 anni [*].

Guarda caso, le bocche si sono riaperte in questi giorni di furore libico con l'assessore all'economia, Gaetano Armao, che ha dichiarato che la rimanente partecipazione azionaria siciliana in Unicredit Spa (pari allo 0.5%) sarà venduta entro l'anno (notizia nascosta in fondo a “Regione, "cura dimagrante" per le società partecipate”, SiciliaInformazioni 25 febbraio 2011).

Messe insieme al passaggio dei distributori Tamoil alla Lukoil (e volendo anche a quelle di FIAT a Termini Imerese), le vicende di Unicredit assumono l'aspetto di un disimpegno del Raìs dalla Sicilia.

A questo punto credo sia il caso di richiamare alla mente un altro episodio avvenuto lo scorso settembre. Durante una battuta di pesca, un peschereccio di Mazara del Vallo, l'Ariete, fu preso di mira da una vedetta libica e mitragliato più volte. I dettagli che vennero fuori avevano dell'incredibile: insieme ai militari nordafricani erano presenti a bordo dei finanzieri italiani (“I libici mitragliano un peschereccio. Finanzieri italiani sulla nave di Tripoli”, Repubblica.it 13 settembre 2010).

Quest'altro evento insieme al suo collocamento temporale inducono un altro interrogativo riguardante la volontarietà o meno di quel disimpegno. Interrogativo intorno al quale ruota la inusitata veemenza con la quale Raffaele Lombardo, al contrario di Maroni, ha richiesto l'uso della forza contro il regime di Tripoli (si veda il post “Surriscaldamento globale”).

L'aggressività del Presidente Siciliano è forse acredine per il precedente abbandono di Gheddafi, oppure il Governo Siciliano da tempo tramava insieme agli anglosassoni contro Tripoli per colpire Roma, come suggerirebbero le mitragliate sparate nel Canale di Sicilia contro la motovedetta “Ariete”... e come suggerirebbe la recente alleanza politica con l'atlantico Gianfranco Fini?

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[*] Nel febbraio 2010 Repubblica titolava pomposamente “Profumo comincia da Trieste Alleanza a guida Unicredit per farne la porta d'Europa”: secondo il progetto dettagliato dal quotidiano la banca avrebbe guidato l'ingresso trionfale della padania nel secolo asiatico. Non oso pensare cosa ne sarà di questo bel progetto se Gheddafi dovesse cadere...

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Poco fa all'Infedele Lombardo ha dichiarato di concedere eventualmente il "Villaggio della Solidarietà" a Mineo per ospitare 1500 richiedenti asilo politico, sparsi nei vari centri di accoglienza italiani, ha inoltre aggiunto di augurarsi che in Libia dopo i tumulti possa sorgere un regime democratico, al che un libico di cui non ricordo il nome lo ha ringraziato pubblicacamente per tale disponibilità. Vorrei sapere un vostro parere.

Abate Vella ha detto...

Lombardo appoggia i ribelli contro Gheddafi. L'apparizione in televisione mostra la totale contraddizione con quella del governo che non lo puo' urlare forte ma parteggia per Gheddafi.

Tra l'altro in questo modo la Sicilia si assicura buone relazioni con il dopo-Gheddafi.

Anonimo ha detto...

Desideravo se possibile un commento su qusto articolo.
Grazie
http://temi.repubblica.it/limes/nazioni-e-antinazioni-parallelismi-tra-il-sud-italia-e-lasia/10359?h=5

Peppinnappa ha detto...

Credo ci sia anche una presenza "nuova" dell'America nel Mediterraneo, voglio dire non più uniforme ai modelli israelinai. Tra i primi effetti dei recenti sconvolgimenti africani, oltre la sconfitta del piano coloniale di Berlusconi, già argutamente individuata nel predente post dall'Abate, credo ci sia anche uno stop americano all'attuale politica israeliana.

Abate Vella ha detto...

Peppinnappa,

anche io la penso come te... il sionismo sembra arrivato al capolinea.

Anonimo ha detto...

Insomma, i russi vogliono il metano, gli americani il petrolio, i cinesi porti per le loro merci, l'Africa un porto per i suoi migranti, e gli istituti di credito europei gestire gli investimenti, tutti volgliono qualcosa, ma i siciliani cosa vogliono per se stessi. La Storia non aspetta gli indecisi.

Peppinnappa ha detto...

Non c'entra nulla, ma credo sia utile far girare il più possibile i nomi e i cognomi dei siciliani, che hanno votato il bizantinismo colonial federalista di Bossi.

http://www.blogsicilia.it/blog/ecco-gli-ascari-che-hanno-votato-il-federalismo-della-lega/33606/