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lunedì, marzo 07, 2011

Un Cavaliere senza più staffe

Mentre i fantini italiani cercano di mettere il piede in quante più staffe possibili, attaccando sia Gheddafi che gli anglossassoni ma in pratica facendo la stessa asinina figura che fecero con il crollo del fascismo, il rais libico sembra aver ritrovato una certa verve: apparentemente l'esercito regolare ha cominciato a guadagnare terreno contro torme di ribelli che non si capisce con quali mezzi possano averglielo tolto nelle prime fasi del conflitto.

Certo il sospetto che sottobanco la “nostra” quarta sponda abbia raggiunto un'intesa con Stati Uniti e Gran Bretagna comincia a farsi strada [*]: d'altronde il vero obiettivo degli occidentali non è quello di instaurare la farsa democratica in Nord-Africa, visto che in Egitto e Tunisia hanno appoggiato nient'altro che dei colpi di stato militari. Il loro vero obiettivo è proprio quello di buttare giù da cavallo Berlusconi con tutta la Padania ed allo stesso tempo dirottare il petrolio libico insieme agli investimenti di Gheddafi altrove.

E' facile notare in questo una certa coincidenza di “vedute” con i Siciliani. Ed in questo senso l'immediata presa di posizione di Raffaele Lombardo (si veda il post “Nel segno dell'Ariete”) è un segnale eloquente: Washington e Londra non sono riuscite a disarcionare il Cavaliere per quasi 20 anni e non ci potrebbero riuscire ora in piena crisi politica ed economica senza una sponda centro-mediterranea.

Chi scrive, crede che l'improvvisa decisione di Lombardo di “mettere mano” al tanto ventilato partito del sud dopo circa due anni di tentennamenti (si veda “Serve un grande movimento che lavori per lo sviluppo del sud”, pubblicato sul blog presidenziale lo scorso 23 febbraio 2011) sia legata anche alla congiuntura mediterranea attuale. Il prezzo che l'occidente pagherà per la spintarella da sud potrebbe essere la perdita del mezzogiorno d'Italia.

Abbiamo già rilevato come la stampa occidentale, a partire da un dato momento in poi, sia diventata piuttosto timida nel rilanciare le infinite accuse di mafia che da sempre condannano la Sicilia ad una immagine di irrimedibile serbatoio di mano d'opera delinquenziale (si veda il post “Corso di fotografia” del 15 novembre 2009). Valga come ulteriore esempio il mancato rimbombo oltre le Alpi delle svariate accuse mosse da alcuni organi di stampa settentrionali allo stesso presidente Lombardo (si veda il post “La cantonata” del 2 aprile 2010).

Ora sembrerebbe che un simile sentimento di pudore possa estendersi alla parte continentale del Regno di Sicilia.

La scorsa settimana il settimanale londinese “The Economist” ha recensito un libro di storia italiana che finalmente squarcia il velo su certi dettagli di un'infausta era ai lettori d'oltremanica (“Avanti”, Economist 24 febbraio 2011). Alcuni tratti sono così musicali per le nostre orecchie da non richiedere ulteriori commenti:

Gli uomini che unificarono l'Italia, segnatamente Camillo Cavour, Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini, e lo stesso d'Azeglio, furono patrioti (almeno per il Piemonte), ma eroi assolutamente no. Mazzini fu un sognatore rivoluzionario senza successo, Garibaldi un avventuriero senza scrupoli la cui invasione della Sicilia nel 1860 fu illegale e Cavour un vecchio cinico che non viaggiò mai a sud di Pisa.

Il libro
[The Pursuit of Italy: A History of a Land, its Regions and their Peoples. di David Gilmour. Allen Lane - la copertina è visibile in alto, ndr] Il libro approfondisce altre due debolezze del risorgimento italiano. La prima la mancanza di entusiasmo di tantissimi italiani. La chiesa era contro di esso (…). Venezia non ha mai voluto unirsi. E di enorme importanza, sebbene molti a Napoli ed in Sicilia videro di buon occhio la conquista da Torino, questo fatto rifletteva la disillusione verso i re Borbone, non entusiasmo per il re piemontese Vittorio Emanuele II.

Ben presto dopo il 1861 sia i settentrionali quanto i meridionali criticavano la saggezza dell'unificazione. Lo snobismo del nord contro la presunta arretratezza di Napoli era (ed è ancora) sorprendente. Eppure Napoli per molti anni fu la più grande città della penisola; ha costruito al prima barca a vapore, il primo ponte in sospensione e la prima ferrovia d'Italia e, ancora più sorprendente, nel 1800 era più liberale di buona parte della nazione.


Macigni sullo stomaco dei massoni nostrani.

Ma oltre alle chiare lettere del brano riportato sopra, ancora più sorprendente dal punto di vista storico è l'ammissione fatta (finalmente) poche righe più sotto secondo cui “l'unificazione fu raggiunta combattendo poco”. Una implicita confessione circa il supporto dato da Londra all'operazione dei Mille?

Se le tanto gloriose (e sin troppo miracolose) vittorie di Calatafimi, di Messina, di Gaeta (per non parlare di Porta Pia, quando i bersaglieri finsero di combattere dopo che tutti gli accordi con il Papa e con i francesi erano già stati presi) possono essere riassunti in un “combattendo poco”, come furono conquistati il la Sicilia, il Sud Italia e Roma?

Non scordiamoci che sui libri di storia inglesi Garibaldi è venerato come un eroe proprio in virtù di quelle “vittorie”, questo per capire quanto il voltapagina non appaia solo storico, ma anche politico.

Dall'altro lato la situazione in Libia non dovrebbe preoccuparci più di tanto: Gheddafi pensava in caso di pericolo di poter contare sull'aiuto padano, aiuto che è venuto a mancare sul più bello facendogli perdere tutte le staffe. Se dovesse riuscire a rimanere in sella potrebbe, malgrado la presa di posizione di Lombardo, decidere di partecipare all'assedio finale al fortino di Arcore insieme alla nostra cavalleria rusticana.

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[*] Secondo il Financial Times (“Oil millions still flow for Gheddafi”, 5 marzo 2011) le banche americane continuano tranquillamente a comprare il petrolio libico finanziando così indirettamente la controffensiva di Gheddafi. Le sanzioni dell'ONU infatti non colpiscono la banca centrale libica e i gruppi libici registrati all'estero.

Gheddafi e Berlusconi ai ferri corti

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Ecco come riuscirono a conquistarci!

http://www.siciliainformazioni.com/giornale/politica/118830/ancora-soldi-nord-mentre-resta-guardare.htm

Con la complicità di chi dovrebbe fare i nostri interessi, ma anche per colpa nostra che siamo come bandiere al vento!
A questo punto sarebbe meglio che arabi e africani prendano il nostro posto, almeno loro hanno conservato la dignità.
Un popolo vinto (anzi a cui piace fare il vinto) merita di essere cancellato dalla storia.

zetan ha detto...

Ieri sera ho avuto la curiosità di vedere L’Infedele, la presenza di Pino Aprile è stata sicuramente uno stimolo importante sintonizzarmi con LA 7, devo ammettere di essere stato immediatamente assalito dall’amarezza e dallo sconforto. Certo non mi sarei mai aspettato, da parte dell’autore di “Terroni”, la difesa della specificità siciliana visto che le contrasta, ma quantomeno personalità, fierezza nel manifestare le proprie argomentazioni ed invece niente di tutto questo, rilevo il solito atteggiamento volto all’esclusivo riconoscimento della storia negata da parte dei Leghisti presenti o del conduttore stesso, quasi questo potesse risarcire interamente le umiliazioni subite e che Aprile ha scelto di farsi potavoce.

Spesso ho criticato Lombardo per questo atteggiamento definito politicamente corretto, quello di Aprile, devo ammettere, è stato persino più irritante, ho rivissuto il film Palombella Rossa quando il regista dinnanzi ad un irreprensibile silente D’Alema lo incalzava, nella vana speranza che pubblicamente esprimesse un concetto di sinistra, allora come adesso le aspettative sono state totalmente disattese nessuna traccia di vita. Ma come si fa dopo aver investito buona parte della propria vita nella ricerca storica scrupolosa di eventi occultati, nel tentativo ben riuscito di restituirli integri dandogli massima diffusione e, contestualmente dichiararsi sentimentalmente italiano? beninteso qualora vi fosse ammissione sulle responsabilità storiche e una seppur minima quanto improbabili inversioni di tendenza rispetto ad investimenti riparatori?

Mi dispiace siamo messi male, non potrà mai essere quella attuale la classe dirigente politico-intellettuale che riscatterà il sud e la Sicilia, quella che sa coinvolgere le masse e che possa essere identificata per credibilità e personalità non vedo nell’immediato tra le personalità note quali possano ritenersi adeguate a condurre rivoluzioni di questa portata.

Pino Aprile ha rappresentato degnamente lo stereotipo espressione di un popolo senza nazione perché senza palle, e questa carenza non la possiamo addebitare certo alle responsabilità savoiarde, quantomeno non in linea diretta.

rrusariu ha detto...

Pino Aprile è lo stereotipo di un popolo che non ha avuto una nazione. Come calabrese ha fatto parte di quel fu regno di napoli che fin dai tempi angioini, i francesi e diciamolo i tosco-lombardi che li accompagnarono, assieme a quella gente partenopea non hanno mai voluto far nascere una realtà nazionale.
Poi il vicereame spagnolo mai ha voluto che si formassero sia in Sicilia che sulla parte continentale del vecchio Regno di Sicilia delle truppe stanziali locali. Spesso si è ricorso a truppe mercenarie appositamente pagate per reprimere.
Carlo di Borbone prima di prendere la corona di Spagna tentò in qualche modo la composizione di truppe regolari.
Ma suo figlio Ferdinando che gli successe nel 1816 si affrettò a liquidare i 13.000 siciliani che combatterono in Spagna. Truppe armate dal Parlamento Siciliano del 1812.
Fecero paura a lui e agli inglesi... (cfr. Giovanni Aceto, Il Giornale Patriottico) che presto s'affrettarono a richiamare il ministro Lord Bentinck e sostituirlo con uno inglese ligio ai dettami del dopo congresso di Vienna.
In un colpo solo Ferdinando liquidò il Parlamento Siciliano e l'esercito siciliano.
Mi direte che c'entra questo con l'Infedele e Pino Aprile?
Certo che centra, noi Siciliani possiamo rivendicare la ns. storia di Regno di Sicilia, il 31 marzo 1282 e la ns bandiera son nati come volontà di popolo.
Nel cosidetto meridione cosa possono proporre? Manco una bandiera hanno, devono abbarbicarsi su vessillo di regnanti che più non sono. Richiamarsi al nome delle due Sicilie e per giunta villaneggiarci perchè difendiamo la ns, identità?
Abbiamo una lingua, una cultura e una bandiera e un simbolo millenario.
Pino Aprile deve essere onesto e riscoprire la propria identità di siculo al di là dello stretto.
La vera identità è essere SHAKALALA i Sikuli che invasero le penisole balcanica e italica... chi si dimentica questo è perduto. Esistiamo dal piu' di 3000 anni e non come quei pezzenti da 150 anni che non sanno manco il perchè del termine italia.

U kuraggiu è nostru patruni!
Sicilia Nazzioni!

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Rusariu, nel Sud continentale stanno messi male: verissimo.
Ma nel Sud insulare come stiamo messi?
Pino Aprile, con tutti i difetti che ha, è stato l'unico che è riuscito a scardinare l'atavica indifferenza dei siciliani sul tema, persino Lombardo lo apprezza

p.s. l'esercito in sicilia è stato sempre composto di volontari.

L'Ingegnere Volante ha detto...

Una bella pernaccia al 150esimo dell'italietta da due lire!!!!!!!!!!!!!

Anonimo ha detto...

Il Sud insulare è costituito dalle isole ponziane, le Tremiti, Ischia, Procida, Capri e qualche altro scoglio che non ricordo.

Peppinnappa ha detto...

Zetan una cosa è lo stato unitario italiano di questi centocinquanta anni, altra cosa è l'Italia e la sua storia. Non credo che noi siciliani dobbiamo definirci a tutti costi, quasi per partito preso, anti italiani, anche perchè rinnegheremmo quel tanto del patrimonio italiano che viene proprio dalla Sicilia, a cominciare dal primo balbettio della lingua, tanto lodato da Dante. Anzi sento di dover dire che lo stato unitario, che oggi si festeggia, non solo ha distrutto il Sud e la Sicilia per la tutela di pochi, ottusi interessi nordisti,ma ha distrutto proprio l'Italia, nella sua anima.Questo è da gridare in faccia a questi "patrioti", che espongono il tricolore e girano con le coccardine. Noi dobbiamo liberarci dal giogo coloniale di persone, per giunta ottuse, noi dobbiamo rivendicare la nostra autonomia, la nostra specificità, ma non dobbiamo gettare quelle affinità, che anche per ragioni storiche pure ci sono, almeno con una certa parte d'Italia, non con la Gallia cisalpina, almeno credo.

zetan ha detto...

Peppinnappa concordo sulla legittimità dei sentimenti di ognuno, il tuo qualora ti dovessi sentire italiano lo rispetto pienamente, però permettimi di affermare che lo stato italiano degli ultimi 150 anni è strettamente connesso alla storia dell'Italia unita, se così vogliamo definirla. Il dolce stil novo nello specifico ritengo centri poco con il periodo risorgimentale.

Personalmente contesto un atteggiamento, che spesso ritrovo al nostro interno, quello di rilevare, come fa Pino Aprile, persino le più bieche aberrazioni, senza essere poi consequenziali nel trarne conclusioni adeguate e testimoniarle ogni dove. Ammiccamenti mancanza di personalità, onestamente mancanza di palle lasciami passare la volgarità, che conduce diritti verso l’ascarismo di cui ancora siamo pervasi.

Rilevare le atrocità e renderle pubbliche comporta una grossa responsabilità, fintanto che i malfattori credono di essere riusciti nell’intento della mistificazione avranno timore delle possibili reazioni, ma quando poi la realtà viene fuori cosa si fa? quello diviene il momento cruciale, si manifesta tolleranza oppure intransigenza? Ognuna delle due avrà delle conseguenze distinte, la tolleranza comporta anche la perdita di credibilità e consente ai malfattori di innalzare l’asticella concedendogli ulteriori degenerazioni.

Ci sono dei momenti nei quali bisogna scegliere e testimoniare la propria scelta anche a costo di perdere alcuni dei privilegi ai quali si era abituati, viceversa si rischia di fare solo ulteriore danno, oltre ad alimentare l’ascarismo che a mio avviso è il peggiore tra i nostri mali.

Peppinnappa ha detto...

Zetan, forse sono stato poco chiaro. Quanto ai 150 anni risorgimentali sono perfettamente d'accordo con te. Ho solo voluto dire che questi squallidi 159 anni fatti di ipocrisie, miserie e scheletri nell'armadio, non sono, per fortuna, tutta la storia d'Italia e della Sicilia.Per questo dico che chi inneggia a questa unità, in fondo non solo insulta la Sicilia ed il sud, ma insulta tutta l'Italia. C'era un tempo un' Italia in cui magari ci si scornava, ma ci si rispettava e c'erano dei grandi scambi interculturali, che erano un esempio per il mondo. Ecco, per questi scalzacani degli ultimi 150 anni non vorrei buttare tutto nel cesso.