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giovedì, febbraio 25, 2010

Intesa segreta

La fine del cadaverico Banco di Sicilia, decretata con uno schiocco di dita dai vertici di Unicredit, non ha sdegnato più di tanto i Siciliani che, mettendo da parte le acute fitte nostalgiche, hanno addirittura salutato con favore la fine di questa lacrimevole telenovela coloniale.

Il voltafaccia di Passera avrebbe invece dovuto fare sobbalzare tutti dalla sedia. Ci siamo già scordati delle sponsorizzazioni degli eventi sull'indipendentismo siciliano (si veda il post “Il rastrello di Montalbano”)? Ci siamo già scordati della triangolazione tra il colosso bancario, Raffaele Lombardo ed il Catania Calcio (si veda il post “Vino dell'Etna”)? E del salvataggio di Gheddafi quando la finanza massonica ha tentato di sgretolare l'ultimo baluardo della finanza cattolico-padana?

La verità è che i mass-media sono riusciti a fare passare sotto il naso agli italiani tutti un fondamentale tassello del nuovo assetto geopolitico volto a ridisegnare il panorama finanziario non solo siciliano o padano, ma di tutta l'Europa.

Il gioco di prestigio è stato effettuato separando tra di loro due notizie che sarebbero dovute andare insieme e che invece, in tempo di federalismo spinto, sono state “regionalizzate” e diramate nei soli territori di presunta competenza.

La prima, destinata a deprimere i terroni, è questa:

Lo stesso giorno in cui i siciliani apprendono che il Banco di Sicilia abbassa le saracinesche e di esso rimarranno solo i fregi agli ingressi delle agenzie regionali per la fusione con Unicredit, arriva di rimbalzo un’anteprima sulle volontà di un altro gruppo bancario, la Banca Intesa San Paolo, di uno shopping nell’Isola per raddoppiare i 200 sportelli e fare nascere un nuovo istituto di credito, Intesa Sicilia, diretta filiazione di Intesa San Paolo. (SiciliaInformazioni.com 21 febbraio 2010).

La seconda, data in pasto ai polenta, invece è questa:

Intesa San Paolo cederà ad Agricole una rete di filiali compresa con 150-200 sportelli entro il 30 giugno. (IlSole24Ore.com 18 febbraio 2010).

E' venuto il momento di rimetterle insieme per cercare di capire cosa stia succedendo nei maggiori gruppi bancari italiani.

Come è facile notare al netto delle due operazioni le dimensioni di Intesa San Paolo rimangono immutate. Ma se i circa 200 sportelli in entrata si aggiungerebbero in Sicilia, per quelli in uscita il Sole 24 Ore suggerisce una “rete di filiali operanti prevalentemente in ambiti territoriali limitrofi a quelli di attuale insediamento di Credit Agricole, già presente nel Paese con CariParma” (“Intesa cede ad Agricole 150-200 sportelli”, IlSole24Ore.com, 18 febbraio 2010)

Nelle nostre città tra le tante sigle padane non ricordiamo di aver mai visto quello della cassa parmense, ed infatti CariParma, se si escludono le filiali di Napoli, è completamente assente dal Sud Italia e dalla Sicilia.

Passera, pressato sull'argomento, non si sbottona ancora (“Ha spiegato che per ora non ancora possibile dire quali saranno gli sportelli che verranno ceduti, nulla è ancora stato definito per cui non è ancora possibile fornire delle notizie certe in merito alla vicenda”, Corrado Passera parla della cessione sportelli a Credit Agricole , PiazzaAffari.info 22 febbraio 2010), ma se la previsione del Sole è corretta, quello di Intesa non è altro che un riposizionamento geografico che, nei ricordati tempi di federalismo spinto, diventa anche un riposizionamento geopolitico.

Che la politica sia uno dei motori principali dell'accordo lo suggerisce anche un'altra consequenziale doppia operazione: 1) Credit Agricole si è impegnata a sgonfiare il suo pacchetto di proprietà in Intesa sino al 2% (al momento la quota è al 5.8%), pacchetto che oggi conferisce il controllo ai francesi (“Intesa San Paolo, ok Antitrust”, IlSole24Ore.com 18 febbraio 2010), e 2) Generali e Credit Agricole hanno sciolto il patto di consultazione nell'azionariato di Intesa siglato appena 6 mesi fa grazie al quale francesi e austro-ungarici prendevano insieme tutte le decisioni che contavano senza bisogno di consultare gli altri azionisti.

Le motivazioni fornite da Passera o dai francesi per queste operazioni le lasciamo a quelli che ancora credono che nell'alta finanza vi siano delle regole da rispettare.

A prima vista la posizione dei francesi in Italia sembrerebbe rafforzata dall'acquisizione delle 200 filiali, ma non bisogna scordare che Agricole è destinata a perdere il controllo di Intesa ed a vedersi tagliata definitivamente fuori dal Sud Italia: una ulteriore barriera alle aspirazioni mediterranee di Sarkozy che si aggiunge a quella schierata dall'ARS contro le grinfie atomiche di Areva (si veda il post “C'est la vie”).

Dall'altra parte Unicredit rappresenta l'ultimo bastione della finanza padana: la decisione di Profumo di arroccarsi al nord sa tanto di “va dove ti porta il cuore” ed è forse l'ultima carta che l'economia padana può giocarsi, una volta persa la Sicilia, per non cadere in mani straniere.

Un articolo di Repubblica (“Profumo comincia da Trieste Alleanza a guida Unicredit per farne la porta d'Europa”, La Repubblica 22 febbraio 2010) delinea chiaramente un progetto post-unitario di ampie vedute. Profumo parla di “un grande progetto per Genova, per Trieste e per il Paese" (...) le due porte naturali del nostro Paese: Genova e Trieste”.

Il piano ha però un punto debole. Esso è infatti troppo sbilanciato sull'area triestina (“l' operazione su Trieste (...) è più matura rispetto a quella gemella su Genova”).

Venezia e Trieste hanno avuto un ruolo di piattaforma logistica continentale in passato quale porta dell'Europa sull'oriente:

Claudio Boniciolli, presidente dell' Autorità portuale di Trieste sostiene che «la ratio di base del progetto è largamente condivisibile, poiché non si tratta che di risvegliare lo storico ruolo di Trieste quale porto privilegiato dei mercati centrali e orientali d' Europa»

La logistica moderna però non è più quella del medio-evo ed un collegamento ferroviario decente tra Taranto e Napoli basterebbe a mettere fuori gioco l'alto Adriatico.

Sempre se è veramente la “Padania libera” il mandante. Questo sbilanciamento a nord-est del progetto è un po troppo targato “Generali”, un lembo di un passato imperiale non tanto remoto: la padella francese potrebbe trasformarsi in una brace mitteleuropea.

La definizione di Parlagreco (SiciliaInformazioni.com) è lapidaria:

Una porta del nord est che risponda ai bisogni di Austria, Ungheria, Baviera e Cekia” (“Bds chiude, Intesa Sicilia arriva”, 23 febbraio 2010)

In Sicilia nel frattempo a piangere non sono certo i vari Lombardo (la Regione detiene una bella fetta di Unicredit e senza il suo avallo politico le cose non sarebbero state così semplici) o i vari Miccichè (il fratello Gaetano è direttore generale di Intesa San Paolo). A piangere saranno al solito i piccoli imprenditori che rischiano di vedersi restringere ulteriormente i cordoni del già limitatissimo credito che riuscivano ad ottenere da quel poco di siciliano che rimaneva nel Banco di Sicilia.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

...megghiu S.U.L.I.
Sicilia Una Libera Indipendente
Luca

Anonimo ha detto...

Abate
invito te e tutti gli amici del blog ad intervenire nel dibattito relativo all'articolo di sicilia-informazioni sotto riportato. Può, deve essere l'occasione per far capire ai numerosi lettori del giornale online quali sono state le ingerenze dello stato italiano verso la nostra terra, verso il nostro statuto.
Luca

http://www.siciliainformazioni.com/giornale/politica/82231/direttori-generali-alla-regione-corte-costituzionale-decider-nove-incarichi.htm

pietro ha detto...

Nessun problema per i correntisti bancari che vogliono avviare o che hanno avviato una causa per ottenere il rimborso degli interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto ed interessi ultralegali, sarà il gruppo unicredit a rimborsare i correntisti.
Fonte: www.snomar.com