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domenica, gennaio 03, 2010

La via della seta

Dopo Tartaglia e la Maiolo è il turno di Abdulmutallab, il ragazzo con disturbi mentali che avrebbe pianificato ed attuato il complesso attentato su un aereo in volo sull'atlantico imitando un altro deficiente che aveva usato lo stesso tipo di esplosivo, tal Richard Reid autore di una simile performance nel dicembre del 2001 su un volo della American Airlines operante tra Parigi e Miami. Anche in quel caso il folle fu apparentemente fermato dai passeggeri.

Insomma, il mondo sembra essere in mano ad una manica di pazzi criminali.

Abdulmutallab è riuscito con la sua azione degna delle migliori pagine del manuale del perfetto estremista islamico a fare i seguenti favori a certi ambienti di potere USA:

1) Portare l'attenzione sul pericolo islamico nel suo paese d'origine, la Nigeria, dove immediatamente sono ripresi i disordini a sfondo etnico-religioso e dove recentemente sono stati intaccati importanti interessi occidentali, un sentiero che come visto passa anche da casa nostra (si veda il post “Turista per caso”).

2) Tramite la scelta della compagnia aerea su cui viaggiare indisturbato senza passaporto ed armato (la Delta Airlines) richiamare alla mente proprio il petrolio nigeriano, estratto per l'appunto dal delta del fiume Niger.

3) Facilitare l'introduzione forzata negli aeroporti del famigerato “Body scanner” che permetterà ai servizi segreti occidentali di mappare attentamente ogni dettaglio del corpo di ogni passeggero. Anche qui capita casualmente che l'aeroporto di partenza (Amsterdam) sia uno dei pochi al mondo dove uno di questi aggeggi sia funzionante. Ovviamente, non era stato usato in questo caso.

4) Terrorizzare la popolazione della nazione dove il volo era diretto (Stati Uniti) in modo da fare accettare le conseguenti azioni di rappresaglia a scapito di inermi ed ignari civili di un qualche paese straniero.

5) Tramite l'aggancio con questi fantomatici campi d'addestramento “qaedisti” dello Yemen che il ragazzo avrebbe visitato, permettere all'amministrazione americana di agire in quell'area senza risparmio di mezzi e di vite umane (quelle degli inermi civili di cui sopra) e senza avere tra le scatole l'opinione pubblica.

Sappiamo tutti le difficoltà economiche e le divisioni interne che affliggono l'unica [?] superpotenza del pianeta. Purtroppo tali problematiche si riflettono anche nel dispiego di tattiche e sotterfugi.

Nel caso in questione l'enorme falla è stata coperta in modo estremamente maldestro parlando di un padre che “aveva denunciato l'estremismo religioso del figlio [ed] espresso al Dipartimento di Stato le proprie preoccupazioni per le idee radicali e i contatti con gli estremisti del figlio. (Adkronos, 27 dicembre 2009)

Sembra di leggere la storia di un padre che fa la spia sul figlio. Come se domani il vostro vi denunciasse per la foto di Mussolini sul comodino. Secondo un giornalista americano ripreso dal periodico Russia Today (“Detroit jet terrorist attack was staged - journalist”, 29 dicembre) però il padre non aveva denunciato le idee del figlio; ne aveva chiesto la restituzione all'ambasciata USA in Nigeria, dopo aver saputo dove si trovavasse. Esattamente quello che avrebbe fatto qualunque padre preoccupato per le cattive frequentazioni del proprio figlio:

Il padre, un ricco banchiere nigeriano, era andato all'ambasciata degli Stati Uniti il 19 novembre scorso dicendo: «Mio figlio è in Yemen in un campo di terroristi, fate qualcosa»

Qualunque padre proprio no: non tutti padri si sarebbero recati all'ambasciata USA per rintracciare il proprio figlio in un campo di terroristi nello Yemen. Ma un padre che sa come funzionano certe cose, un ricco banchiere nigeriano, forse si. Insomma, tutti sapevano chi fosse e cosa stesse facendo Abdulmutallab, ma nessuno ha fatto qualcosa.

Ma torniamo allo Yemen, dove immediatamente la Casa Bianca, imbeccata dall'imbecille nigeriano, si è detta pronta ad inviare i suoi micidiali caccia.

Il nuovo ordine mondiale (economico e politico) che in questi anni sta vedendo la luce è basato su due poli principali: quello asiatico e quello africano. In Asia sono piazzate quasi tutte le potenze destinate a controllare lo scacchiere globale in questo secolo: Cina, India, Russia, Iran. In Africa si trovano le aree che nei prossimi decenni cresceranno con i ritmi più elevati, dal Nord Africa, oramai prossimo ad un vertiginoso sviluppo, al corno d'Africa tra un decina d'anni circa.

Questo percorso, che potremmo considerare come un moderna via della seta, implica il ritorno delle principali rotte commerciali dall'asse atlantico, che si è imposto a partire dalla scoperta dell'America tagliando fuori il Mediterraneo (ed in particolare il Regno di Sicilia e la Repubblica di Venezia), a quello asiatico-mediterraneo.

La presenza del Canale di Suez eviterà la circumnavigazione del continente nero e farà convergere i flussi commerciali sulle autostrade del mare attraverso alcuni snodi già individuati. I porti di Karachi (attraverso l'Afghanistan ed il Pakistan) e di Burma ad est fungeranno da sbocco per le merci cinesi, mentre Mumbai tornerà ad essere la porta dell'India come ai tempi del Raj britannico.

Ai flussi provenienti da queste tre aree si aggiungeranno quelli del Golfo Persico attraverso l'hub di Dubai e quelli provenienti dal Sud Africa. Essi convergeranno in direzione del Canale di Suez per essere smistati nel Mediterraneo dalla piattaforma logistica siciliana (se i Siciliani saranno capaci di realizzarla) ed in parte risaliranno l'Adriatico verso il Veneto (che potrebbe tornare ad essere la porta dell'Europa verso l'oriente in competizione con le Puglie).

(Ingrandimento)

L'occidente purtroppo è già stato tagliato fuori da tutte queste aree. Ha perso la possibilità di controllare l'India (si veda il post “L'ingresso dell'India”), è stato costretto a programmare il ritiro dall'Afghanistan (si veda il post “Il generale ci va giù duro”), non ha avuto alcun successo nei tentativi di far cadere la dittatura militare in Burma (oggi Myammar). Nel Golfo Persico da un lato lo sceicco di Abu Dhabi ha assestato un duro colpo alle pretese dell'elite finanziaria globale (si veda il post “Un tacchino indigesto”), dall'altro i progressi in Iran si fanno con il contagocce o non si fanno per niente. Il Canale di Suez è in mano agli egiziani che hanno già manifestato la loro posizione aprendo ad Hamas dopo la guerra di Gaza lo scorso anno. Infine nel Mediterraneo i nuovi accordi con la Russia dovrebbero includere la ritirata dalla Sicilia e probabilmente dal Sud Italia (si veda il post “Tutte le scarpe del presidente”).

Rimane un solo punto dove i “folli criminali” possono forzare la mano ad Obama e piantare grane al resto del mondo: il golfo di Aden, il punto in cui tutti quei flussi convergono verso il Canale di Suez, tra la Somalia e lo Yemen, due aree il cui disastro è dovuto più ai tentativi di incursione americani che alle varie teorie lombrosiane dispiegate dai giornalisti italiani.

La tentata invasione USA della Somalia degli anni '90, fallita grazie anche al lavoro clandestino di agenti russi e cinesi (che la propaganda ha poi spacciato per “mercanti d'armi”) era continuata tramite azioni di disturbo volte ad impedire la formazione di uno stato poco favorevole all'intromissione di Washington.

Due anni fa le coorti islamiche (così sono stati ribattezzati in occidente i patrioti somali) erano state quasi annientate dai bombardamenti aerei americani e dall'invasione etiope. A quel punto dal nulla apparvero pirati capaci di assalire petroliere e navi da guerra, il primo (maldestro) esplicito tentativo di controllo delle rotte attraverso lo stretto. La destabilizzazione causata dalla crisi economica ha però ridato fiato alle “coorti” che hanno ricominciato a marciare verso Mogadishu, mentre l'attività piratesca continuava a rilento anche per l'arrivo di navi da guerra dei paesi interessati a bloccare il velleitario tentativo anglosassone (Francia, Russia, Cina, Italia, India). A Washington devono aver capito di non avere più speranze nel corno d'Africa, e stanno ora provando ad intrufolarsi sull'altra sponda. Da notare che Obama preferirebbe il dialogo, ma i suoi nemici interni non ne vogliono sapere.

Dall'Inghilterra Brown è ansioso di buttarsi nella mischia (“Brown convoca un vertice sullo Yemen”, IlSole24Ore.com 1 gennaio 2010):

Il premier britannico Gordon Brown ha convocato il 28 gennaio a Londra un summit con alcuni alleati chiave per definire un fronte di lotta comune contro l'estremismo crescente nello Yemen (...) La riunione è stato indetta a seguito del fallito attacco di Natale sul volo 253.

Il Sole 24 Ore continua tracciando la stessa parabola accennata sopra tra le due sponde del golfo di Aden:

Intanto gli integralisti islamici somali del gruppo al Shabaab hanno dichiarato a Mogadiscio l'intenzione di andare militarmente in aiuto dei gruppi di al Qaida operanti in Yemen, soprattutto in caso di intervento Usa. «Siamo pronti ad attraversare il mare ed a soccorrerli per combattere i nemici di Allah», ha dichiarato oggi a Mogadiscio Sheikh Muktar Rabow Abu Mansur, uno dei loro leader, lanciando un appello analogo a tutti gli arabi perchè si uniscano alla guerra santa. Lo riferiscono numerosi siti somali [?]. Shabaab, che vuol dire gioventù in arabo, è il braccio armato somalo di al Qaida; controlla buona parte della Somalia, e quasi tutta la capitale. In Yemen opera un agguerrito gruppo di terroristi di al Qaida, contro i quali sta combattendo l'esercito regolare, che chiede però aiuti internazionali per sconfiggerli.

L'esercito regolare yemenita non sta combattendo contro alcun terrorista. Nello Yemen è in corso una guerra civile che vede gli sciiti del nord, appoggiati da Iran e forse sottobanco anche da Cina e Russia, opposti al governo centrale appoggiato da americani ed inglesi (esattamente come in Somalia) e nessuno dei ribelli ha mai detto di fare parte di Al Qaeda: più che censurare i blog si dovrebbero censurare certi giornalisti con il patentino.

La risposta cinese all'attentato del folle nigeriano imbarcato sul volo della Delta Airlines proveniente da un imbarco di Amsterdam dove non era installato il body scanner e diretto negli USA dopo un periodo di addestramento nello Yemen non si è fatta attendere:

La Cina ha bisogno di una base navale permanente nel Golfo di Aden per rifornire le proprie unità impegnate nella missione anti-pirateria in Somalia: lo ha affermato uno dei portavoce della marina militare cinese, Yin Zhuo, senza fornire ulteriori dettagli in merito alla localizzazione ma sottolineando come una decisione in merito spetti ai vertici militari. (APCOM – 30 dicembre 2009)

Augusta accoglie le carovane di ritorno dall'oriente

4 commenti:

zetan ha detto...

Complimenti Abate grandissimo lavoro.

A tale proposito, tuttavia, non riesco a scorgere i confini della retrocessione americana dal nostro territorio. Una spontanea ritirata che quasi ci mette a riparo dall’essere annoverati tra gli stati canaglia tanto cari a inglesi ed americani.

Anche se con delle piccole ritorsioni, se confrontate a quelle del post, quali quelle del Siciliano rapito da Al qaeda, comunque sembra che intendano abbandonare, e perché costoro dovrebbero farlo dal nostro territorio quando lottano strenuamente per la controllo dispendioso sullo Yemen.

Inserisco una considerazione spinosa, chi c’è dietro la nostra tutto sommato facile riemersione. Facile tutto sommato. E’ legittimo chiedersi come mai in Sicilia ad un tratto tutto sembra facile, mentre in altrove si fronteggiano aspramente cinesi ed americani. Invece da noi assistiamo ad una ritirata spontanea di una delle parti in contesa.

Comprendo che l’euforia del momento potrebbe toglierci la voglia di andare a fondo in questa direzione ma, considerata la difficoltà di questi ultimi mesi di Lombardo, difficoltà tutte interne, se qualcuno potente dall’esterno avesse voluto avrebbe potuto far saltare il banco, ed invece no, e come se si godesse di una sorta di protezione quasi sospetta.

La chiamo sospetta perché cerco di immaginare a chi gli americani non possono dire di no.

Abate Vella ha detto...

Zetan,

in Sicilia non sembrano abbattersi vendette e sciagure immani perchè tutti sono interessati a metterci le zampe ed ognuno aspetta che l'altro faccia un errore per additarlo.

E' questo che permette a Lombardo di cambiare alleati a piacimento e che gli permette al contempo di incrementare sempre il potere.

A questo dobbiamo aggiungere la ritirata degli USA che hanno barattato il Mediterraneo per altre posizioni di copertura che non reggeranno comunque.

Di più, nessuno ha interesse ne a far saltare il banco, cosa che potrebbe provocare una vera e propria guerra che nessuno vuole, ne ad infastidire troppo gli altri per paura di perdere posizioni importanti.

La Sicilia trae forza dal bilanciamento di poteri. Di contro, sino ad ora ha sofferto dello strapotere anglosassone. Tolti gli usa quelli che rimangono (Russia, Cina, India, Brasile, Nord Africa, Europa) non sono un unico blocco il che vuol dire che preferiscono accettare una Sicilia equidistante piuttosto che rischiare di perdere il proprio posto al sole.

Bisogna vedere se in Sicilia sapremo stare al gioco, come abbiamo già fatto ai tempi dl vespro.

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Ciao a tutti,
io credo che alle potenze stranierie non conviene forzare la mano, perchè se le cose vanno male rishciano di perdere completamente la loro bandierina.
Così si stanno zitti e mantengono tranquillamente la loro posizione.

Ed in ogni caso, eventuali manovre poco pulite le fanno fare ad altri e non si espongono mai in prima persona: vedi l'assassinio per mano "mafiosa" del comunista Pio la Torre che si opponeva alla costruzione della base missilistica americana di Comiso.

Ai tempi della Guerra Fredda la Sicilia poteva sfruttare la situazione per sganciarsi dall'ombrello americano, ma la principale problema fu il comunismo russo che strideva con una Sicilia profondamente cattolica.

Non a caso Silvio Milazzo, che aveva ben capito come funzionavano le cose, instaurò un inedita alleanza tra cattolici e comunisti.

Oggi si vive in una situazione più favorevole grazie all'abbandono del comunismo da parte della Russia e ad una DC meno potente rispetto ad allora.

Abate Vella ha detto...

Comitato,

pienamente d'accordo.

C'é peró una precisazione da fare.

In quel periodo non vi era alcuna reale possibilitá di successo perché i sovietici erano solo apparentemente opposti agli USA.

Il comunismo reale era anch'esso una creazione della cosidetta "Entitá", il che vuol dire che ai vertici vi era coincidenza d'intenti. Grazie a questo meccanismo infernale (rivelato da Orwell nel libro 1984, che non parlava dell'URSS, ma degli USA e dell'URSS) non vi era spazio per nessuno di sfuggire.

In Italia furono in molti quelli che cercarono di sottrarsi al meccanismo, come appunto MIlazzo, ma non essendovi un terzo fronte abbastanza potente da fare d'appoggio, i tentativi erano destinati a fallire.

Moro fu ucciso per avere imboccato la stessa via. Il Papa fu quasi ucciso sempre per lo stesso motivo. Il Vaticano peró grazie al fallimento di quell'attentato poté agire e portó a casa il risultato che sappiamo.