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mercoledì, ottobre 21, 2009

Girotondi

Fatti e misfatti di quel 1992 in cui, malgrado le bombe di Palermo, la storia d'Italia prese una piega diversa da quella voluta a Londra ed a Washington sono oggi tornati di moda.

Dal mitico “papello” sino alle recenti epidemie di problemi di salute per mafiosi ed esponenti dei servizi segreti (tutti seguiti dallo stesso avvocato...) che fanno temere un rilascio dei boss (“Vedrete che Riina tornerà libero”, LiveSicilia 21 ottobre 2009, ma anche il post "Ragazzi fuori"), la convergenza (non casuale) di tutto questo riaffiorare nel presente momento politico sembra segnalare la possibilità che una svolta definitiva nella storia della nostra Sicilia e dell'Italia in generale sia oramai vicina.

E se persino il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso si è lasciato andare a dichiarazioni eclatanti per chi ricopre ruoli istituzionali così delicati, dichiarazioni per giunta elargite con una apparente noncuranza che contrasta pesantemente con il nervosismo di certi ambienti politici e di certi apparati dello stato (vedi le dichiarazioni di Mori), vuol dire che una qualche resa dei conti è nell'aria.

Non bisogna però fare l'errore di credere allo specchietto per le allodole della “trattativa” tra mafia e stato, specchietto che vorrebbe fare da turacciolo ad un pericolosissimo vaso di pandora contenente l'architrave che ha retto il potere occidentale nel Mediterraneo da Portella della Ginestra sino a quel fatidico giorno del 1992 in cui morì Giovanni Falcone.

Lo scorso 4 settembre, il quotidiano La Sicilia ricordava l'assassinio del Generale Dalla Chiesa a Palermo. Casualmente veniva pubblicata anche una interessante intervista che ripercorreva la morte del Presidente della Regione Piersanti Mattarella rilasciata dal figlio dello stesso, Bernardo, oggi deputato regionale tra le fila del PD (Mattarella: "La politica nel nome di mio padre ucciso dalla mafia").

In essa si riportava in luce un episodio importante ma stranamente dimenticato da quei “professionisti” dell'antimafia che tutto cercano di fare tranne che arrivare alla verità, cosa che li lascerebbe senza lavoro.

Mattarella fu ucciso nel gennaio del 1980 mentre si trovava in macchina con lo stesso Bernardo, con la moglie e con il resto della famiglia. Ebbene, la moglie del Presidente riconobbe come killer del marito Giusva Fioravanti, noto esponente della destra eversiva oggi candidato alla partecipazione all'isola dei famosi!

Cosa ancora più incredibile, secondo l'intervistato questa versione era condivisa da Giovanni Falcone. D'altronde si era appurato che quel giorno Fioravanti si trovava a Palermo con il fratello. Questa versione fu però rigettata durante il processo. A questo punto il commento di Bernardo Mattarella potrebbe essere lasciato ai posteri come commento all'intera storia dell'Italia unita:

“Come avvocato debbo dire che è difficile accettare l'idea che su un testimone oculare prevalga il sentito dire di un pentito che non era presente. C'è qualcosa che non funziona dal punto di vista logico”

Non è solo come avvocato che è difficile accettare un'idea come questa. Pensate come ci deve essere rimasta la vedova quando il giudice diede più credito alle parole di un assassino piuttosto che alle sue.

Ma immaginiamo per un attimo cosa sarebbe accaduto se almeno una volta nella storia di questo inutile paese un giudice avesse fatto il suo dovere. Oggi ci troveremmo i soliti “antimafiosi” a parlare di contatti tra mafia e destra eversiva, cercando con un dito di nascondere l'elefante: il modo migliore per celare qualcosa è quello di lasciarla in piena luce.

Anche ammettendo questi ipotetici contatti tra destra eversiva e mafia, come mai cosa nostra avrebbe usato per una operazione così delicata come l'assassinio del Presidente della Regione un killer “esterno”? Semmai, logica suggerisce che una associazione considerata plurisecolare, tanto potente da poter competere con la quinta forza industriale al mondo avrebbe potuto dare una mano a questi poco probabili “Nuclei Armati Rivoluzionari” di cui il Fioravanti faceva parte. E non viceversa.

Al solito, quando si eliminano tutte le soluzioni impossibili, l'unica che rimane, per quanto incredibile, è la verità: la mafia non disponeva di un killer abbastanza fidato tecnicamente per compiere una tale operazione.

Ma questo non è l'unico esempio di tale “anomala” situazione in Italia. Il 27 aprile 1982 un banchiere, tal Roberto Rosone, scampa ad un attentato nel centro di Milano.

Come capita di tanto in tanto in casi come questo, ci si scorda il coperchio della pentola. Una guardia giurata sin troppo zelante nel suo lavoro, spara al killer e lo uccide. Tra lo sbalordimento generale, si scopre che costui era Danilo Abbruciati, un componente della Banda della Magliana.

Il tentato omicidio fu poi collegato ad alcune osservazioni fatte da Rosone su certi prestiti ad un presunto mafioso. Un depistaggio preparato da prima che però ora traballava pesantemente. La domanda è la stessa di prima: una associazione tanto potente si va a rivolgere a quattro banditi di periferia per questa delicata esecuzione in pieno centro a Milano? Una Milano piena di siciliani. E poi, trasferta per trasferta, tanto valeva mandare qualcuno da Palermo...

Insomma, per spiegare la cosa si sono dovuti inventare non so quali collegamenti. Mentre esiste una spiegazione molto più logica e convincente: operazioni quali l'assassinio di un leader politico o di un'alta carica dello stato, le stragi, i sabotaggi, non possono essere lasciati nelle mani di piccoli delinquenti di quartiere. Per queste operazioni servono degli “hitman” professionali, bene addestrati e capaci di operare in condizioni di forte stress psico-fisico. Credete veramente che un picciotto di quartiere possa sparare al Mattarella o fare saltare in aria Borsellino?

Elementi con quelle caratteristiche, la cui posizione era in realtà “liquida” ed adattabile agli ambienti più diversi esistevano (esistono?) in Italia. Questi potevano essere spostati da una “operazione” all'altra a seconda delle necessità, visto che questo genere di “professionisti” sono merce rara.

Potevano anche essere spostati da destra a sinistra all'occorrenza senza alcun problema.

Giorgio Bocca scrisse in un articolo rimasto famoso su Il Giorno del 23 febbraio 1975 che «A me queste Brigate rosse fanno un curioso effetto di favola per bambini scemi o insonnoliti e quando i magistrati, gli ufficiali dei carabinieri e i prefetti ricominciano a narrarla mi viene come un ondata di tenerezza perché la favola è vecchia, sgangherata, puerile…».

Michele Brambilla, sulle pagine de Il Timone (maggio 2005) commenta la frase aprendo lo sguardo su un più ampio panorama: “erano in tanti, come Bocca a scrivere che le Brigate Rosse erano “sedicenti”, fascisti o poliziotti mascherati”.

E di recente abbiamo anche visto un “reduce” di quelle Brigate Rosse apparentemente in combutta con esponenti mafiosi pianificare il rapimento di un noto banchiere siciliano.

Fatti che suggeriscono un girotondo, una circolarità a cui anche quella frase di Bocca sembra alludere. Una circolarità in cui Mafia, Brigate Rosse, banda della Magliana e tante altre sigle minori non sono altro che “operazioni” le cui fila tiene sempre lo stesso potere.

D'altronde circola voce che il simbolo delle BR fosse un simbolo riciclato: esso infatti sarebbe apparso in alcuni volantini rivendicativi dell'attività terroristica del M.A.R. (Movimento di Azione Rivoluzionaria) di Carlo Fumagalli (vedi il post “Alcune considerazioni sul recente ritorno delle BR”, Paolo Franceschetti Blog 24 novembre 2008). Un movimento di estrema destra!

Agnese Borsellino ha riferito durante una intervista rilasciata a La Storia siamo noi (Rai Due) che “Stranamente negli ultimi giorni che precedettero via d'Amelio, mio marito mi faceva abbassare la serranda della stanza da letto, perché diceva che ci potevano osservare dal Castello Utveggio”.

A Castel Utveggio, oltre alla sede del Cerisdi di Padre Pintacuda, si trovava un ufficio dei servizi segreti. Certo, in quella situazione sembra logico pensare che i servizi segreti dovessero tenere sotto controllo il giudice Borsellino. Ma quest'ultimo nelle parole riportate dalla moglie non sembra si sia riferito a tale controllo come ad un qualcosa di protettivo. L'abbassamento della serranda fa pensare piuttosto ad una minaccia.

Una considerazione che ci riconduce per mano a quella circolarità delineata sopra.

10 commenti:

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Non sembra strano che nessuna freccia è ancora stata scagliata contro il centrodestra in merito al discorso "papello" e "trattativa"?

Anzi, sembra quasi che sono più le personalità di centrosinistra ad essere coinvolte, vedi Mancino e Violante.

Anonimo ha detto...

Non dimentichiamoci chi approfittò della presenza di Salvatore Giuliano a Portella della Ginestra, sapeva già delle due intenzioni di andare a rapire Girolamo Li Causi. Ma qualcuno lo avverti, chi lo dovette sostituire fece in tempo a scassare la moto ad Altofonte, e il povero segretario di una locale sezione del PCI scelse di guardare al sole e dare le spalle alle alture dov'era appostato parte della banda. Suo malgrado, Salvatore Giuliano dovette sparare in alto per intimidire e far voltare l'oratore.
Ma chi tra i membri della banda, ex repubblichini di Salò, rifugiatisi in Sicilia, ben conosciuti dall'ex-questore di Lubiana, riciclato e "paracadutato" appositamente in Sicilia per il "nuovo" ordine filo-americano, ebbero gioco facile a sfruttare l'unica mitragliatrice in dotazione!
Il film "Segreti di Stato", ne spiega alcuni aspetti.
Di certo quelli che Aspanu accusò, poco prima di essere stato avvelenato, non era gente che aveva spiccate simpatie per i ns. conterranei. Tutti svanirono, anche quello dell'Arcivescovado di Monreale..., eppure quasi vent'anni dopo qualcuno si premurò a far saltare l'aereo di Montagna Longa! La figlia di una delle vittime di quella tragedia fece delle indagini, e si scoprirono degli altarini... e da lì il discorso si riannodò a quello del figlio di un sindacalista comunista ucciso presso una locale camera del lavoro... nell'epoca della lotta per l'assegnazione delle terre.

Dopo la strage di Via Maqueda in Sicilia si ebbero delle Repubbliche Popolari (Komisu, Kiana ri Greci, etc..) ma qualcuno storceva il naso al di là del mare.
Io penso che la calata successiva dei dirigenti legati al PCUS in Sicilia a quel tempo come il riciclo degli ex fascisti ancora dentro l'amministrazione italiana sia stata voluta per togliere la base popolare al Movimento per l'Indipendenza della Sicilia.
Il ricordo della strage dell'altro ieri e i 65 anni quasi passati nell'oblio, sia stato il tentativo di reprimere in ogni caso il ns. popolo.
A seguito di quella strage che si decise la costituzione del gruppo di Antonio Canepa, l'EVIS.

Oggi di quella stagione ci è rimasto il ns. Patto-Statuto vergato dal sangue dei ns. martiri.
Come il martire dell'altro post.
Ma questi non sono i martiri che verranno veicolati nelle litanie mediatiche italoidi!

Per fortuna gli italoidi son sempre quelli, cioè dei venduti parassiti... si attaccano a tutto pur di succhiare sangue dagli altri, oggi "la vacca" da cui mungere si chiama "ponte".
Ma stavolta la rivolta contro i romani di oggi avrà successo, come nel 1282!

Anonimo ha detto...

E se dessimo una mano nei gazebo PD a far vincere Lumia e il suo Partito Democratico Siciliano contro la nomenklatura proiettata da Roma?
Un'altra spallata al sistema.
Passaparola.
Massimo Costa

Anonimo ha detto...

Lumia kurri kku Gnaziu Marinu?

Anonimo ha detto...

No, curri sulu. Iddhu è sicilianu e basta.
Però si dici ca nna la so lista ci su' chiddhi chi vòtanu (a tìtulu pirsunali) pi Bersani e chiddhi chi vòtanu pi Marino; e ci su' macari chiddhi ca si ni fùttinu.

Anonimo ha detto...

«A me queste Brigate rosse fanno un curioso effetto di favola per bambini scemi o insonnoliti e quando i magistrati, gli ufficiali dei carabinieri e i prefetti ricominciano a narrarla mi viene come un ondata di tenerezza perché la favola è vecchia, sgangherata, puerile…».

E così è.

Mi chiedo chi sarà il sacrificato in questione. Qualcuno dovrà pur essere fatto fuori (non ucciso sia bene chiaro) per dare un minimo di credibilità alla questione.

mala tempora curunt...

Peppinnappa ha detto...

l'idea di Lumia mi pare ottima, anche se non me ne frega niente del PD. Prestiamo attenzione e vigliliamo anche sulla campagna stampa in atto su Repubblica e Corriere della Sera che propugna un mantenimento del Sud come ai tempi dei Savoia.

Abate Vella ha detto...

Massimo,

sono d'accordo con te per l'aiuto a Lumia.

Anche se dico, sottovoce, speriamo di non dovercene pentire piú in la. A suo tempo feci lo stesso per la Borsellino....

zetan ha detto...

Si Abate per la Borsellino lo feci anch'io e condivido in pieno le tue perplessità.

Tuttavia appare verosimile che la segreteria Lumia sarebbe la meno peggio.

Anche se Lumia ha avuto una militanza nell’antimafia alla Violante, non è proprio un bel viatico.

Ritornando al post sono convinto come già in precedenza ho sostenuto che il papello non è uno specchietto per le allodole.

Anzi mi appare come qualcosa di tutt’altra natura, è sicuramente una resa dei conti tra ex P.S.I. e ex P.D.S..

Prende corpo solo adesso perché quanti hanno riacquisito la memoria come Martelli, guarda caso; avranno ritenuto di riscontrare le condizioni necessarie per cancellare l’amnesia.

Ma perché adesso conviene ricordare? Forse proprio perché adesso si ravvisano le medesime condizioni che hanno sovvertito gli equilibri politici e gestionali nell’italietta del 92.

Il P.D., specie in Sicilia, avverte di trovarsi esposto verso un baratro, persino peggio di quanto avvenne al P.S.I. a cavallo di quegli anni e tenta di aggrapparsi ad un’ancora di salvataggio, vedi le posizioni di Cracolici verso Lombardo o lo stesso Lumia.

Ma questa condizione di evidente disperazione, non gli fornisce, a mio avviso, le credenziali della minima affidabilità.

Ritengo che quando arriva il momento della resa dei conti bisogna farli senza la minima esitazione e, quella con la sinistra traditrice della Sicilia, che si è collocata nel P.D. non merita da parte degli indipendentisti, per quanto mi riguarda, alcuna considerazione.

Lombardo ha tutto il diritto di cercare e trovare le alleanze alternative, non può permettersi tanta intransigenza ma, chi ha a cuore Canepa, Portella, non può ritrovarsi a fianco con chi sponsorizza gli interessi anglofoni in Italia.

E il P.D. di Lumia e Cracolici deve ancora dimostrare di che pasta è fatto, per quanto mi riguarda possono anche scomparire, questa è la mia valutazione.

Abate Vella ha detto...

Zetan,

nel post appena pubblicato (trattativa riservata) faccio un quadro generale. Come vedi anche io ho riportato la cosa agli equilibri politici del 1992.

Per quanto riguarda il PD in Sicilia, ricordati sempre dei partiti trasversali. La saldatura tra Lombardo e spezzoni della sinistra fa da specchio ad una saldatura simile tra sezioni del pdl e del pd, una saldatura più evidente al nord con Franceschini.

Lumia si è posizionato a sud, ma il suo passato di "antimafioso" non lo scordo neanche io. Al momento opportuno si potrebbe riposizionare con il nemico. Detto questo, come anche tu hai detto appoggiare Lumia sembra il male minore al momento.