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martedì, aprile 29, 2008

L'Ultimo


Che la rotta finale della mafia stia facendo pericolosamente scoprire le carte ai suoi sostenitori “esterni”? Da qualche tempo una “certa stampa” di regime si è esposta forse più del dovuto nel tentativo di mettere i bastoni tra le ruote a chi in Sicilia oramai va dritto per la sua strada e non teme più repentini cambi di vento.

Le strane complicità esistenti all'interno di un giornale quale “La Repubblica” sono state finalmente esposte lo scorso 17 gennaio quando alcuni giornalisti della sede palermitana del quotidiano furono messi sotto inchiesta con l'accusa di favoreggiamento nei confronti di cosa nostra. Gli indagati avevano pubblicato una lista contenente i nominativi delle aziende che avrebbero pagato il pizzo ai Lo Piccolo.

Il motivo per cui questo sia un favoreggiamento, e non solo una fuga di notizie riservate, non può risultare chiaro agli italioti imbevuti del razzismo terminale propagandato dallo stato per ribaltare la verità dipingendo le vittime della violenza mafiosa addirittura come i carnefici, come coloro i quali coscientemente e con omertoso orgoglio pagavano il pizzo permettendo alla delinquenza di prosperare.

Cosa è successo una volta pubblicata la lista? Grazie alle premesse di cui sopra, gli italioti hanno dato addosso ai proscritti. I “marchiati”, dopo aver subito per anni i soprusi di quelle bestie per mandare avanti la baracca, ora venivano anche assaliti dalla folla inferocita che, accusando le vittime dello stupro di aver essi stessi provocato la stupratore, gli ricordavano che l'unico Siciliano buono è quello morto (per mano di mafia, ovviamente). Quello vivo è sicuramente colluso.

Ma se la smettiamo con tutte queste “sovrastrutture” mediatiche e cominciamo a chiamare le cose con il loro nome, allora dovremmo tornare a sostituire il termine “proscritto” con quello di “vittima”. E le vittime di solito vengono ascoltate nei processi in qualità di “testimoni”, termine giuridicamente ben più rilevante. Non solo. I “testimoni” hanno sovente bisogno di protezione da parte delle autorità. Pubblicare la loro lista (segreta) su La Repubblica allora suona quasi come un avvertimento a chi fra quei testimoni avesse potuto dare qualche indicazione in più.

E quello che sta accadendo negli ultimi giorni poi è ancora più significativo.

Il 24 aprile scorso improvvisamente spunta la notizia del ritrovamento di un murales raffigurante Matteo Messina Denaro nei pressi della cattedrale di Palermo. Giorno 26 poi ne spunta fuori un secondo. Le Repubblica ed il Corriere subito parlano di “segnali inquietanti”, di qualcuno che inneggia alla mafia.

Il segnale lanciato dai giornali è sì inquietante, ma non nel senso che ci vorrebbero fare credere. Inquietante è il fatto che quel murales si trovava lì da mesi, e nessuno prima gli aveva dato alcuna importanza. Che il primo disegno esisteva già lo scorso gennaio lo mette in evidenza per primo Walter Giannò, affidabilissimo blogger(*) palermitano che riporta come prova anche una foto con data da lui stesso pubblicata su Flickr.

Certo potrebbe essere un caso: un giornalista se ne accorge all'improvviso e prende al balzo l'occasione per uno scoop, sul quale poi la solita “certa stampa” fa un bel ricamino.

Viene però difficile accreditare la “riscoperta” del murales ancora ad un caso quando un pentito, in passato appartenente (manco a dirlo) al clan di Matteo Messina Denaro, pochi giorni dopo, il 26 aprile, si “suicida” nella sezione di osservazione e trattamento psichiatrico dei detenuti. Certo un “pazzo” può anche suicidarsi, nessuno dovrebbe stupirsi (e per non fare stupire nessuno basta mettere in evidenza le cure alle quali si era sottoposta la vittima ed il luogo in cui il suicidio si è consumato). Ma la notizia così come diramata dalle agenzie contiene anche un inquietante messaggio ripreso da tutti i giornali: “Il suicidio è avvenuto nonostante il reparto fosse controllato da telecamere”. Praticamente, chi doveva capire ha capito. Viene solo da chiedersi se per caso i piedi del “suicida” toccassero terra quando il corpo è stato rinvenuto.

E l'ipotesi della coincidenza cade completamente dopo che alcune dettagliate lettere e intercettazioni del Denaro vengono pubblicate con dovizia di particolari sul Corriere e su altri giornali.

Come mai i muratori della carta stampata all'improvviso hanno costruito tutti questi scoop riguardanti “L'Ultimo”? Può anche darsi che non ci sarà mai permesso di venire a capo di tutta la rete di protezioni extra-siciliane con nomi e cognomi di cui gode “L'Ultimo”, ma questi sono segnali chiarissimi di come il cappio (quello della giustizia questa volta) si stia stringendo e l'ultimo in libertà diventerà presto l'ultimo dei grandi boss ad essere assicurato alla giustizia.

La cosa è degenerata tanto che Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, è dovuto intervenire (visto che tra l'altro in alcune intercettazioni si discuteva di un possibile attentato contro di lui...) parlando apertamente di “tradimento di servitori dello stato” in merito ad un articolo del Corriere della Sera:

“Rimane il panorama desolante del 'tradimento' del giuramento di fedeltà che ogni servitore dello Stato fa all'inizio della sua attività, unitamente alla mancanza di remore di qualsiasi natura da parte di chi ha proceduto alla pubblicazione di notizie di tale gravità, da poter mettere in pericolo l'incolumità delle fonti originarie, ben individuabili dalle organizzazioni mafiose”.

Come nel caso della lista delle vittime dei Lo Piccolo, anche qui il problema è l'incolumità delle fonti originarie che, a quanto sembra, quella solita “certa stampa” cerca costantemente di minare. Quando ci sono dei fratelli in pericolo...

(*) Ecco la vera forza dei blog: tranne che in rare eccezioni, non possono raggiungere le masse. Ma mettono in circolo testimonianze e dettagli a volte fondamentali sui quali gli “addetti ai lavori” (avvocati, inquirenti, giornalisti veri) possono lavorare per arrivare alla verità.

16 commenti:

Stanton ha detto...

Grazie per l'attenzione che mi riservi...merito addirittura l'approfondimento anche se sono una mente colonizzata...che onore!Spero che tu riesca a liberare con le tue argomentazioni la Sicilia schiavizzata dagli italioti!

Abate Vella ha detto...

Liberare la Sicilia con le mie argomentazioni? Mi sembra difficile, sarebbe molto più facile rinnegare le mie origini.

La Sicilia la liberano tutti i Siciliani. Non io da solo. Io al massino sto prendendo nota.

In bocca al lupo per la tua nuova vita... da milanese? Da padana? Cosa sei diventata ora?

Stanton ha detto...

E' necessario collocarsi geograficamente per vivere con consapevolezza? Io non credo! Anzi, certi estremismi mi fanno paura.

Anonimo ha detto...

Forse lei non si rende conto che, qua, l'unico estremismo è il suo.

Anonimo ha detto...

Gentile stanton,a me pare che tuttavia la collocazione geografica lei la utilizzi, proiettadola in negativo per far emergere di se stessa, che la rinnega, un'immagine positiva. Superfluo appare ogni ulteriore commento.

Abate Vella ha detto...

Stanton,

le nostre radici non le decidiamo noi. Ce le assegna il destino. E non possiamo cancellarle.

Anche se non siamo d'accordo con niente di quello che succede nella nostra terra, non possiamo farci niente.

Peggio ancora quando veniamo da una terra dai confini così netti e definiti come quelli di un'isola.

E poi paura di che? Più forti sono le nostre radici, meno avremo timore del diverso, dell'altro da noi. Solo la coscienza di noi stessi può permetterci di confrontarci con l'esterno.

Chi non è sicuro di sè invece avrà timore, e di fronte a qualcosa di sconosciuto si comporterà come di fronte ad una minaccia, reagendo in modo incolsulto.

Forse il problema è qui: per dire che la Sicilia non ha mai avuto niente è non avrà mai niente, effettivamente un fondo di identità debole sembra esserci.

Per questo ho usato il termine colonizzata: tra gli appartenenti ai popoli colonizzati il rifiuto della propria cultura è una cosa piuttosto comune.

Stanton ha detto...

Forse della mia provocazione avete colto soltanto l'aspetto più superficiale. Io non rinnego niente della mia cultura vorrei solo che ogni tanto si alzasse la testa..

L'Ingegnere Volante ha detto...

Cara Stanton,

Chi legge queste pagine è gente che che la testa l'ha già alzata.

Il nostro amore per la Sicilia è tanto autentico quanto sconfinato. La nostra Patria millenaria ha storia, cultura e identità che non possono essere cancellate né rinnegate a causa dello squallore degli ultimi 160 anni. Le nostre radici sono semmai la nostra più grande risorsa per guardare avanti con speranza. E con la forza di chi sa di avere alle spalle degli avi che furono grandi e sempre al centro della storia del mondo.

Noi abbiamo riscoperto la nostra storia, quella che ci hanno negato a scuola a favore delle vanaglorie risorgimentali. Perfino Marx ha parlato della Sicilia e dei Siciliani come popolo fiero che ha sempre lottato per la libertà.

Se capisco le tue dimissioni, spero si tratti solo di una provocazione per invitare a riflettere.

Se vuoi, continua a seguirci su queste pagine.

Un caro saluto,
Ing. Volante

Anonimo ha detto...

Ma cosa intendi per tradimento o follia quando parli di Rarika Blog?

Abate Vella ha detto...

Il post di A Rarika blog riporta un comunicato stampa del Partito del Sud. Erasmo Vecchio starebbe raccogliendo le firme per trasformare la provincia di Catania in provincia autonoma sul modello di Trento e Bolzano.

Questa pazzia (poi parlano di Lombardo che crea clientelismo...) é anche un tradimento dello Statuto Siciliano secondo il quale le province andrebbero invece abolite.

Non so come interpretare questa uscita di Vecchio... ma allora perché non dare Lampedusa a Bergamo? O appoggiare la formazione della regione Messina-Reggio?

Mi piacerebbe sapere da dove é saltata fuori sta cosa!

Vabbé che tanto sta stramberia non andrá da nessuna parte...

Anonimo ha detto...

Dopo l'ultimo ennesimo fallimento elettorale, Erasmo Vecchio è praticamente impazzito. Le province autonome servono solo a distruggere la Regione; era una vecchia idea di Bianco (altro campione di fallimenti). Mi ricordano il "federalismo comunale" voluto qualche anno fa da D'Alema contro il vero federalismo "regionale". E poi penso che Catania sia troppo importante per la Sicilia per farsi imbrigliare in una dimensione così provinciale e fuori dalla storia. Comunque, tranquilli, Vecchio non conta più niente nella politica da quando qualche anno fa (96) partecipò (attribuendoselo) al successo di Noi Siciliani. Poi è rimasto orfano. Difficile seguirlo in tutti i suoi passaggi. Dopo qualche esitazione, passa in Nuova Sicilia, poi ne esce fondando un "one man party" chiamato con il bel nome di "Nazionalisti Siciliani" (bel colpo, ma privo di frutti); poi si innamora di Lombardo con il qual cerca di fare la "mosca cocchiera" (favola di Trilussa: una mosca su un bue che si illudeva di guidarlo), poi ne esce e fa il "partito del sud". Credo che di questi sicilianisti non ci sia davvero più bisogno. Fanno "male" alla causa.

Anonimo ha detto...

Dimenticavo: con l'uscita del FNS è già finita l'esperienza del Partito del Sud, unione di meridionalisti e sicilianisti che, però, ha la forza di presentarsi solo in Sicilia e solo al Senato.
Ora non esistono più. Meno male che non ci ho creduto.

Anonimo ha detto...

Si dice tanto che occorre abolire le province che non servono a nulla...che strana mossa politica

Anonimo ha detto...

La "Sindrome del Kosovo" comincia a fare effetto...

Anonimo ha detto...

"La "Sindrome del Kosovo" comincia a fare effetto"

cioè?

Abate Vella ha detto...

Per sindrome del Kosovo al Comitato Siciliano intendono il sovvenzionamento da parte della Comunitá Europea dei vari indipendentismi ed autonomismi che stanno smembrando gli stati nazionali europei. Ne accenno nell'ultimo post, "un occhio dietro le quinte".

Non credo che questo avverrá mai per la Sicilia. Non lo vogliono le "sinistre" che sanno che una Sicilia indipendente o anche veramente autonoma troverebbe tutti gli alleati che vorrebbe in giro per il mondo e diventerebbe realmente indipendente. Non lo vuole Berlusconi, che invece ha in mente uno stato fantoccio con capitale Napoli facilemente controllabile dalla "Padania".