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lunedì, marzo 12, 2007

I ceci dei Savoia

Gli eventi storici descritti sono veritieri. Le ardite conclusioni finali tratte, un plausibile modo di spiegarli. La seguente “storia” non ha dunque pretese di verità assoluta. Essa vuole essere solo un volo attraverso un millennio di storia siciliana e non solo, un “Meltin' pot” di fatti e di collegamenti volto più a spingere la curiosità del lettore che a convincerlo di qualcosa. Un invito a fare del proprio sussidiario cibo per il caminetto e ad incamminarsi con il proprio passo alla ricerca della verità sulla storia della Nazione Siciliana.

Cosa c'entra la Repubblica Popolare Cinese con i Normanni dell'XI secolo, con i ceci e con i Savoia? Apparentemente nulla. Solo che ora ci divertiremo a stendere un filo che piano piano li colleghi in una sequela di eventi fusi in una di quelle schizofrenie temporali che solo la storia di Trinacria è capace di regalarci.

Nella versione cinematografica de “Il Gattopardo” il guardiacaccia del Principe asseriva di aver votato no al plebiscito del 1861, e di non sapersi spiegare (anche se in verità se lo spiegava benissimo) come mai il Sedara avesse poi comunicato una percentuale dei Sì del 100%. I fatti nella realtà non poterono andare esattamente in questo modo. Malgrado l'orgoglioso tentativo del regista di far passare per “siciliana” la matrice dei brogli, le carte del tempo (e la versione originale del romanzo) dimostrano il contrario. Il voto era infatti palese ovunque e si votava di fronte a gendarmi armati. Per questo si sa esattamente quanti furono i pochi che ebbero il coraggio di votare no: ci furono 667 eroi.

Facciamo un salto ai nostri giorni.

Una delle zone di frizione più forti tra il Celeste Impero e l'occidente, almeno dal punto di vista cinese, non è relativo all'infinita serie di prodotti (contraffatti e non) che dall'oriente giungono nelle nostre case, ma bensì riguarda la religione cattolica. Nello specifico il Vaticano non accetta il tentativo di controllo del pervasivo stato asiatico nelle nomine delle gerarchie ecclesiastiche. Il partito comunista cinese teme infatti molto più gli eserciti composti da anime che quelli fatti con i dollari dell'occidente materialista, già resi inoffensivi grazie all'intervento sui mercati finanziari americani.

La pretesa cinese viene presentata in Europa come degna del più lurido delirio dittatoriale, anche se a tutti qui da noi piacerebbe avere il potere ricercato da Pechino, se non altro per usarlo contro la stessa Chiesa Cattolica. Eppure qualcuno che lo possedeva in un recente passato c'era.

Saltiamo all'improvviso indietro di circa un millennio, ed atterriamo a Troina, in provincia di Enna, nel 1088 circa. E qui che Ruggero, re dei Normanni, impegnato nella conquista della Sicilia musulmana, incontra il Papa Urbano II, bisognoso dell'aiuto dei nordici per ridare forza e credibilità alla missione di Roma. Ruggero si inchina ma in cambio, nel 1098, ottiene la Legatio Apostolica, e cioè l'autorità di esercitare giurisdizione anche in materia religiosa. In pratica nel Regno di Sicilia da quella data in poi il clero è indipendente da Roma in quanto i vescovi sono nominati dal re.

Tale prerogativa rimarrà un potere esclusivo di chi avesse indossato la corona di re di Sicilia fino al 1861. Praticamente sino a ieri. Sino a quando stranamente un re decise che non sapeva cosa fare di tale privilegio e lo rispedì al mittente.

Dal canto suo la chiesa nei (quasi) 800 anni trascorsi tra i due eventi non se ne stette con la mani in mano. Il riappropriarsi del privilegio detenuto dall'odiato Regno di Sicilia costituì per tutto il periodo indicato uno dei suoi impegni principali, come Sciascia ci ha ricordato nella sua “Recitazione della controversia liparitana”, una guerra scatenata per un pugno di ceci, con tanto di persecuzioni ed incarcerazioni di vescovi alla maniera cinese, ma il cui vero obbiettivo era la “Legatio”.

Poteva mai pensare il soglio pontificio che tale immenso privilegio se lo sarebbe trovato un giorno tra le mani come appunto un pugno di ceci dato in carità ad un infelice in cerca di elemosina?

Non sono molti oggi gli estimatori di casa Savoia, ma è possibile credere che il re (ed il conte-spia con lui) non si rendesse conto del potere che si ritrovava tra le mani? Avere in pugno la tanta odiata chiesa cattolica non era cosa da poco per i massoni che avevano messo in opera la più grande truffa degli ultimi due secoli, l'Unità d'Italia. Ovviamente i libri di storia glissano sull'argomento. Da nessuna parte si legge della Legatio, e nessuno sembra chiedersi i motivi di una rinuncia da cretini.

Già prima della fatidica rinuncia (e prima del plebiscito) dei rumori erano però trapelati, rumori che, come testimoniato dal romanzo lampedusiano che quei fatti racconta, avevano portato non poche preoccupazioni nel clero. Si diceva infatti che i miscredenti (leggi massoni tosco-padani) si sarebbero appropriati dei beni della chiesa. E così fecero!

Nel 1866 l'esproprio dei beni ecclesiastici fu esteso a tutta l'Italia: i beni della chiesa venivano confiscati e messi all'asta. Bada bene: i beni della chiesa siciliana erano immensi. Può darsi quindi che detta legge non fosse una trovata post-unitaria, bensì il risultato di un vero e proprio calcolo economico precedente alla conquista (e che forse la motivò) per ripagare le spese delle prime guerre risorgimentali. Senza queste confische lo stato sarebbe nato già fallito.

E' lecito quindi pensare ad uno scambio tra la chiesa ed i Savoia “consigliati” dal finto piemontese Cavour.

I problemi a questo punto sono due. Il primo è che di fatto, dato che il clero siciliano era indipendente da Roma, i suoi averi non erano nella disposizione del soglio pontificio. I Savoia quindi ordirono una vera e propria truffa espropriando e poi rivendendo ai fessi terroni (e qui è proprio il caso di dirlo!) i loro stessi averi con il piccolo espediente di far prima passare tutto dalle mani del Papa*.

Il secondo è una conseguenza del fatto che il Plebiscito, condotto con le modalità indicate sopra, fu anch'esso una truffa ed anche oggi, dopo quasi 150 anni, non sarebbe difficile dimostrare la sua invalidità. Per cui il Savoia non aveva il potere di rendere il privilegio indietro, non essendo legalmente re di Sicilia.

Sembrano tempi lontani, quelli di cui parliamo. E sembrano perdute le storie che abbiamo raccontato. Però in Russia molte famiglie i cui beni furono espropriati dai sovietici all'inizio del '900 sono riuscite, tramite battaglie legali, ad avere indietro il maltolto, o almeno un risarcimento, dopo il crollo di quel regime.

E quando crollerà il regime Tosco-padano... Non oso pensarci. Un bel casino.

*Sotto questo aspetto, la Chiesa non perse nulla dall'annessione del Regno di Sicilia al tristo nuovo stato. Tutt'altro: visto che non tutti i possedimenti del clero siciliano furono confiscati e che qualcosa rimase allo Stato Pontificio insieme alla “legatio”, si può tranquillamente affermare che questi partecipò alla spartizione del bottino.

Bibliografia essenziale:
Il Gattopardo – Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Il Gattopardo – Versione cinematografica, Luchino Visconti
I Beati Paoli – Luigi Natoli
Recitazione della Controversia Liparitana – Leonardo Sciascia
Federico II di SveviaEberhard Horst
Sicilia Normanna – Salvatore Spoto
Unità Truffaldina – Nicola Zitara

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