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domenica, febbraio 06, 2011

Tutti i libri del Presidente

Per chi segue il blog del Presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, uno degli esercizi più interessanti è quello di cercare di interpretare il significato degli oggetti strategicamente posizionati sulle mensole della libreria che fa sempre da sfondo ai suoi monologhi.

Gli oggetti sembrano cambiare di volta in volta. Essi sostano in quella posizione per qualche giorno o settimana, giusto il tempo di registrare un certo numero di video, e poi a poco a poco vengono sostituiti.

Negli ultimi video-post pubblicati si nota il particolare di due libri che sollecitano l'occhio a saperne di più. Essi sono posti alla destra del protagonista in modo da essere visibili per tutta la durata del video. In basso, con la copertina bianca, troviamo “Il Regno delle Due Sicilie. Tutta la verità” di Gustavo Rinaldi, (Controcorrente Edizioni, Napoli 2001). Quale possa essere l'argomento trattato non credo ci siano dubbi.

E' comunque significativo che un tale libro possa trovarsi in quella posizione. Una sottolineatura del mai celato interesse di Lombardo per l'intero territorio dei due ex Regni di Sicilia e non soltanto per la parte isolana.

Sopra di esso troviamo invece “La nazione siciliana” di Massimo Ganci, risalente al 1978 ed edito sempre a Napoli.

Dobbiamo chiederci come mai proprio questo tra i tanti esistenti sull'argomento. E' stato scelto a caso per “fare scena”? Sono tanti i sicilianisti che accusano Lombardo di sconoscere la storia della terra che rappresenta... la stessa inelegante (almeno apparentemente) commistione di due elementi così antitetici tra loro (gli indipendentisti siciliani vedono come fumo negli occhi il Regno delle Due Sicilie ed i Borboni) potrebbe far propendere per la scelta a caso.

Invece su internet ho potuto recuperare un interessante estratto dal libro che indicherebbe come la scelta non sia casuale ma programmatica, volta a cercare di mediare in qualche modo tra le due parti. Il Ganci, se da un lato mette le mani avanti assicurandoci che non vi è Nazione più Nazione della Sicilia:

«Se il significato del termine “Nazione” - osserva Ganci - consiste nella capacità di dare vita ad uno “stile proprio di vita” e a manifestazioni d’arte e di cultura che siano autenticamente sè stesse, non vediamo come questa definizione non competa alla Sicilia»

Dall'altro, prima precisa la distanza tra la “questione siciliana” e quella “meridionale”:

«Storicamente e politicamente, la “questione siciliana” non può essere diluita nella genericità della “questione meridionale”, poiché vi si oppongono numerose ragioni geografiche, storiche e politiche. Con questo non intendiamo riaprire la “querelle”, ormai superata, intorno al Nord. Oggi si va verso una configurazione diversa dell’Europa, nella quale certi “Stati nazionali”, più o meno artificiosamente costituiti, dal punto di vista costituzionale ed amministrativo (e lo Stato “unitario” italiano è fra questi), tendono a sciogliersi nella più moderna realtà delle “aree regionali”.

E poi ci svela la sua posizione per intero:

Detto ciò giova ribadire l’antistoricità e l’inopportunità politica della soluzione separatistica, per quanto riguarda la Sicilia. ».

Dopo il Sud Sudan, non vediamo l'ora di dare il benvenuto a questa nuova nazione che speriamo ci voglia evitare lo stesso obbrobrio semantico (Sud Italia). In quest'ambito, il sacrificio richiesto ai Siciliani è ovvio: rinunciare al sogno di una Sicilia indipendente. Siamo curiosi di sapere a cosa rinunceranno gli altri per bilanciare le forze.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Francamente io ho avuto la sensazione che Lombardo, con il suo classico tatticismo, stia giocando proprio con due piste, con due strategie parallele: parafrasando i tedeschi dell'Ottocento direi una strategia "piccolo-siciliana" e una strategia "grande-siciliana", riservandosi di giocare la carta che al momento opportuno sarà più fattibile.
E come se il suo obiettivo, da tempo ormai, fosse una Sicilia che arriva al Garigliano e al Tronto, ma che ha una roccaforte inespugnabile nell'Isola. Proprio come facevano i re normanni, che stancavano gli invasori lombardi e germanici nel Sud e in genere a partire dalla Calabria erano costretti a fare marcia indietro perché non avevano intaccato la roccaforte. E infatti lavora da piccolo capo di stato nei suoi accordi economici, difende e cerca di attuare come può (molto poco) l'autonomia statutaria, ma al tempo stesso dichiara di non voler fare più il Presidente della Regione.
Perché? Per ritirarsi a vita privata? No, perché da Presidente della Regione non può dedicarsi al partito e quindi non può uscire dall'isola. Ha bisogno nel prossimo lustro di mani più libere, una volta che la rottura con il cuffarismo si è consumata.
Questo a prescindere dai nostri desideri. Personalmente credo sia un errore il suo "sud-italianismo", ma si deve obiettivamente riconoscere tanto che, piaccia o no, questa è la sua strategia massima (con l'opzione B in caso di insuccesso) quanto che, per come l'ha impostata, i sicilianisti possono essere rassicurati: sono certo che, anche in una formazione "sud-italiana", il lombardismo non diluisce un bel niente e lascia intatte le prerogative della Sicilia; tutt'al più le comporta qualche sacrificio in politica estera.
Diverso è Miccichè, molto diverso. Lui è un anti-autonomista siciliano, un meridionalista duro e puro, ma disposto a restare dentro casa Italia finché c'è il suo capo.

rrusariu ha detto...

Son d'accordo in parte con la disanima dell'anonimo dell 9.50.

Lombardo tentera' di giocarsi le sue carte, faccia il suo gioco... utilizzi pure il mo.si.f. , l'asso del m.i.s., etc ma non fara' scopa per incantare i sicilianisti.

Ho esperienza personale dentro M.P.A. Dal 2009 che novita' ha portato, a parte le iniziative del suo capo? Spartirsi i posti nel preteso sottobosco delle amministrazioni locali in nome di uno "autonomismo di facciata"?

Ci sono tanti problemi in Sicilia, certo lui non ha la bacchetta magica... e non puo' averla perche' tempo addietro faceva parte di quel sistema che adesso ha contribuito ad abbattere, ma perde il pelo ma non il vizio... ammesso che si sia rinsavito.

Non e' piu' tempo da aspettare tra terzo polo e ammiccamenti a destra e sinistra, al problema della gente senza lavoro non si risponde con le alchimie politiche... bisogna dare risposte!!!

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Io l'ho sempre detto parlamento a palermo e capitale a napoli

rrusariu ha detto...

Spero che alle prossime elezioni amministrative di Napoli, salga un'amministrazione che sappia dare lustro a questa capitale decaduta...

Mah, c'e' sempre un mah... quanto pesa 150 anni di diseducazione civile? Di diritti negati e repressioni garantite, salvo i soliti "camurrusi" collusi con la "legalita'" sabaudia che potevano fare affari...
Mi stupisce ogni tanto che nella Campania Felix ci siano molti comuni che portano i nomi di Piemonte e/o savoia...
Ma certamente per un'ex-capitale da recuperare c'e' tanto, soprattutto che non deve piu' pensare che le risorse provenienti dal Regno di Sicilia citra farum concentrate nella citta partenopea non vengano considerate come miele per una classe dirigente locale allocata a Posillipo che mai si e'degnaata di visitare i vari quartieri della citta', salvo essere a dirigere i vari uffici amministrativi.
Perche' mai i napolitani mal sopportavano il fratello Lodovico del re Ferdinando II, avevano paura di perdere le lucrose rendite dell'economia siciliana?

I partenopei assieme ai marsigliesi hanno medesima origine, greca, sempre in prima fila ad amministrare la propria citta' qualunque vento politico spirasse in quel frangente...

Una capitale e' importante quando ha legame con il proprio territorio circostante, non quando le sue sozzure le deve spargere nelle campagne altrui!

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Ciao Rosario,
fare autocritica prima di elencare le colpe altrui fa sempre bene.

Ricordo infatti che in Sicilia abbiamo un paese che si chiama Nizza di Sicilia.

Non mi risulta che Ferdinando II abbia avuto fratelli con il nome di Ludovico, a chi ti riferisci?
Oltretutto la Sicilia non aveva un'amministrazione finanziaria in comune con Napoli, saluti