Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

venerdì, gennaio 08, 2010

L'età dell'oro

Dalle infuocate dune del deserto arabico alle fredde notti polari islandesi il passo è molto più breve di quello che potrebbe sembrare.

Il 25 novembre 2009, poco prima della chiusura dei mercati azionari degli Emirati Arabi, di Londra e di New York per una serie di festività, a Dubai si è scritta la storia. Si è detta la parola fine al capitalismo ed alla speculazione finanziaria sistemica. La richiesta di un rinvio nel pagamento di una rata del debito di un conglomerato legato al governo della città-stato ha squarciato l'omertà ed ha rivelato al mondo l'imbroglio (si veda il post “Un tacchino indigesto”).

Malgrado il collega di Abu Dhabi, lo sceicco Khalifa, dopo averla ispirata abbia comunque coperto la falla, il dito puntato lo hanno visto tutti. Ed ora è arrivata la tanto attesa seconda puntata: i primi esploratori ad aver seguito le indicazioni di Khalifa, ancora memori del loro avventuroso passato vichingo, sono gli islandesi.

Il Presidente Olafur Ragnar Grimsson , pochi giorni fa (5 gennaio) si è rifiutato di ratificare una normativa che avrebbe costretto il suo paese a pagare per legge i debiti contratti verso i creditori inglesi ed olandesi da una banca locale coinvolta nelle immense speculazioni degli ultimi anni e per questo fallita.

"Ho deciso di accordare l'ultima parola al popolo islandese con un referendum che e' compatibile con i nostri principi democratici fondamentali" (“Islanda: il presidente difende il veto "democratico" su Icesave”, Il Sole 24 ore Radiocor, 7 gennaio 2010) ha detto il capo di stato dell'isola di ghiaccio e di fuoco, confermando che il motivo della sua decisione risiede nella salvaguardia della sovranità nazionale, il principale nemico della finanza globale.

Il capitalismo si dibatte nella sua fase terminale, mentre i congiurati hanno cominciato a piantare i coltelli. Ne vedremo scendere ancora tante di lame taglienti. Ed è inutile che gli adepti di satana invochino il loro dio promettendo di gettare il mondo intero tra le fiamme del (loro) caro inferno:

(...) questa guerra non finisce. Non fino a quando l’Occidente non prenderà definitivamente coscienza dell’essere in conflitto permanente per il suo modo di essere (...) Allora missili, bombe, arresti, carceri speciali. (...) L’America, l’Europa, l’Occidente di oggi devono usare le armi (...) Bombe, ancora bombe. Non c’è alternativa (...) (“2000-2009: SPECIALE Un decennio di terrore ma è ancora l'anno zero”, IlGiornale.it 30 dicembre 2009)

Un'allucinato delirio, ecco cosa ci promette l'occidente se non ci sottometteremo subito ai loro “body scanner”.

Ma lo loro rabbia non li salverà più mentre ad uno ad uno i popoli spezzeranno le catene. Le convulsioni diventeranno sempre più forti e dolorose ma il venir meno delle forze le renderà sempre meno pericolose.

Al contempo, la magnitudine dei tremori salirà via via di intensità ed ad ogni scossone non sapremo dire se l'edificio della nostra banca riuscirà a resistere. Non potremo più chiudere occhio a causa della paura di svegliarci e di non trovare più i nostri risparmi a portata di bancomat come è successo per chi aveva dato fiducia agli speculatori islandesi o a quelli arabi corrotti da mammona. E questo succederà ogni volta che un popolo eserciterà il proprio diritto di libertà e le banche che da quelle catene traevano linfa andranno in rovina.

Il capitalismo è morto e non potrà più risorgere perchè l'individuo sta perdendo fiducia nella sua struttura di base, quella che tiene in piedi tutta l'impalcatura: la banca.

Perché in ultima analisi siamo noi che diamo cibo al mostro consegnando nelle sue grinfie i nostri beni. Il capitalismo si fonda sul nostro consenso, sulla nostra accettazione del sistema bancario. Un sistema cresciuto a dismisura imponendo numeri di conto ai dodicenni come ai novantenni. Come automi ci rechiamo allo sportello senza renderci conto che per il 90% di noi il conto corrente è assolutamente inutile. Ci rechiamo allo sportello senza capire che è grazie a questa nostra accettazione che il mostro tiene sotto controllo il nostro portafoglio e di conseguenza le nostre vite.

Sino ad oggi ci siamo affidati a lui per la percepita protezione che esso offriva contro i furti nelle case. Spinti dalla disgregazione della famiglia che lasciava i nostri averi sguarniti la maggior parte del tempo. Ma ora che non sappiamo più se domani il nostro bancomat funzionerà, quell'alibi sottile è venuto meno.

E questo non è tutto. Il mondo si sta riavvolgendo, l'economia sta tornando sui suoi passi. Ora che l'energia non si potrà estrarre più da un pozzo a causa dei costi proibitivi richiesti dai nuovi profondissimi giacimenti e che essa verrà prodotta in superficie la poetica “roba” verghiana tornerà a farla da padrone.

Uno stravolgimento che ci riporterà in un'epoca che, seppur avanzata tecnologicamente, vivrà di poca moneta circolante. Dove il capitale verrà immobilizzato in beni immobili quali terreni agricoli o in metalli preziosi, quali l'oro e l'argento. Chi ha ancora qualche nonno in vita, si faccia raccontare da lui. Chi ha la possibilità di viaggiare vada a vedere in India, dove le famiglie spendono tutti i loro risparmi in oro, gioielli e terreni, come questo funzioni.

Il problema della moneta globale diventerà irrilevante perché ogni moneta è controllata da un'autorità centrale. Questo significa che l'unica difesa che l'individuo (o meglio la famiglia...) ha contro questa autorità è la rinuncia al debito (a partire dalle carte di credito) ed alla liquidità, rinuncia che il nuovo sistema economico renderà ovvia.

Il processo è già iniziato da diversi anni, ma ha subito una accelerazione allo scoppio della crisi economica occidentale nel 2008 e si sta rafforzando proprio in questi mesi, tanto che nel 2009 già appare probabile che le cosiddette “Commodities”, e cioè i materiali grezzi quali oro, grano, petrolio possano essere state più lucrative rispetto agli investimenti finanziari (“Commodities Back as Gurus Eschew Financial Assets”, Bloomberg News 4 gennaio 2010).

Questo malgrado i paesi che si accingono a prendere il controllo dell'economia planetaria siano già usciti dalla crisi. O forse proprio per questo.

Come sempre, non c'è banca più sicura della nostra bisola.

-------------------
Bisola” in siciliano vuol dire “mattonella”. Nascondere il denaro sotto la “bisola” (che in senso figurato vuol significare la mancanza di un conto corrente personale) è oggi considerato segno di arretratezza e di grettezza. Presto potrebbe rivelarsi un saggia scelta.

3 commenti:

zetan ha detto...

Abate

Condivido il livello di rischio nel tenere i risparmi negli istituti di credito, poiché tutti sappiamo che non potranno mai renderci quanto abbiamo loro versato su c/c.

In questa logica si muoveva l’analisi di effettuare un tentativo nell’avviare un processo che tendeva a svincolarci dalla carta moneta straccia, che non riusciremo mai più nemmeno a toccare, visto che aderiamo alla perdita di possesso della stessa quando firmiamo il contratto con le banche.

Mettere la carta straccia sotto la basola, certo almeno il piacere di toccarla ma quale valore avrà? quando tutto salterà. Molte banche sono interessate ai beni immobili, derubando ad esempio i terreni ai nostri agricoltori rei di aver acceso un mutuo che non potranno mai onorare, rapina che ha lo scopo di bilanciare la perdita del valore monetario.

La riserva frazionata è l’origine di questa deriva, e non c’è soluzione se non quella di programmare l’uscita dal sistema monetario attuale.

Ripeto fino all’ossessione: facciamo caso che la moneta stampata circolante in € è pari a 1000 consideriamo che i debiti contratti con le banche sia centrali che periferiche con privati che Enti pubblici invece è di 100000. Avendo solo € 1000 quale moneta circolante come si può restituire un debito di € 100000? La cosa interessante è che questa forbice si allarga sempre più grazie all’utilizzo delle carte di credito assegni o bancomat invece che moneta. Poiché questo consente alle banche di accrescere la riserva frazionata riducendo il flusso di denaro da tenere disponibile.

amicopaolo ha detto...

Abate,
le tue valutazioni sintomatiche su quello che sta accadendo sono palesi a chi, come te, ha acume.
Purtroppo quello che dice Zetan, come, ripercussioni, è altrettanto vero.
C'è da dire che questo sistema infame ha, comunque, regalato ai Paesi occidentali un benessere che abbiamo vissuto a piene mani.
Secondo te, può esistere un'altro sistema che può sostituire questo? E se esiste, è possibile che possa essere il meno indolore possibile o siamo costretti alla catastrofe del nostro tessuto economico e sociale?

Peppinnappa ha detto...

Abate, un tuo commento sui fatti (tutti)di Calabria.