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sabato, dicembre 09, 2006

Scotland Blues

"Alcuni dicono che gli irlandesi siano l'immondizia d'Europa. Cazzate. Sono gli Scozzesi. Gli irlandesi hanno avuto il fegato di riprendersi la loro nazione, o almeno buona parte di essa"
Queste le parole che lo scrittore scozzese Irvine Welsh mette in bocca al suo antieroe ed alter-ego, Renton, nel suo libro "Trainspotting" (il film di successo tratto dal libro evita di riproporle...).

Parole che indicano un sentimento alquanto diffuso tra i pub e le taverne di Edimburgo e tra i pensieri degli scozzesi, si può dire da sempre: secoli e secoli di guerre per tenersi lontani dagli odiati anglosassoni, insurrezioni, persecuzioni, punizioni atroci, imbrogli e tradimenti culminati culminati nel "trattato" d'unione del 1707, versione londinese degli italici "plebisciti".

La storia scozzese non è però tanto "ammucciata" quanto la nostra: basta girovagare tra gli scaffali di Waterstones a Glasgow, ad Aberdeen, ad Inverness e nella stessa Edimburgo per trovare accostati libri di storia con due versioni differenti: quella scritta a sud del muro di Adriano e quella scritta a nord. E basta sfogliarle per notare delle differenze sostanziali.

Gli scozzesi però, dopo un sonno molto più lungo del nostro, negli ultimi anni del novecento hanno trovato la forza di farsi avanti, e di superare lo stato di tossicodipendenza da Londra di cui il libro di Welsh sembra rappresentare una parafrasi e finalmente nel 1999 ad Holyrood hanno riaperto le porte del parlamento scozzese.

La cosa non è piaciuta troppo "al di là del muro", così i mezzi d'informazione si sono scatenati cercando in tutti i modi di screditare la giovane istituzione dipingendola come un centro di corruzione e di clientelismo politico (no, non siamo tornati "al di là del faro": questa è ancora la Gran Bretagna!).

Tra un'accusa e l'altra (e tra un barile di petrolio e l'altro, come vedremo tra poco...) ora però a Londra cominciano a spaventarsi per davvero. Gli scozzesi infatti sono andati avanti malgrado i tentativi di sabotaggio, e così l'anno prossimo se da un lato gli Ascari festeggieranno i 300 anni di "unione" (Ahi! Come ritornano certe parole...) con una moneta commemorativa da 2 sterline in versione inglese e scozzese (Già: la Scozia batte addirittura moneta propria da qualche anno!), dall'altro due giorni dopo (il 3 maggio) si terranno le elezioni per il parlamento scozzese.

Un posizionamento strategico, così vicino ad un evento che forse secondo Westminster dovrebbe far rivivere nei "barbari" del nord qualche barlume di "orgoglio britannico" in vista del voto, ma che potrebbe anche avere uno spiacevole effetto collaterale, e riaprire vecchie ferite incancrenite nel fiero popolo scozzese.

Anche l'Economist suona l'allarme con un articolo sul numero del 2 dicembre scorso in cui si cerca (come al solito) di ribaltare maldestramente la realtà delle cose. La situazione è in qualche modo simile a quella già sperimentata da noi, a latitudini più basse. Gli scozzesi hanno infatti quello che potrebbe considerarsi un "loro" partito a Londra: si tratta del Labour di Tony Blair, che ha propio negli scozzesi il suo zoccolo duro di votanti (Gordon Brown, prossimo primo ministro in pectore è scozzese) e che non ha esitato a giocare con il fuoco concedendo ai suoi elettori un bel parlamento pur di mantenere il potere pensando poi di poterne intasare il funzionamento infiltrandolo di ascari e seguendo l'esempio dei tosco-padani (A qualcuno è tornato in mente qualcosa di un recente passato in Italia?).

Il giochetto pare non sia riuscito a perfezione, ed ora più del 50% degli scozzesi vuole la piena indipendenza, e circa il 60% degli inglesi è pronta a concedergliela. E visto che i nazionalisti (SNP: Scottish Nationalist Party) hanno buone possibilità di controllare il prossimo esecutivo scozzese, la prospettiva del referendum sull'indipendenza promesso dall'SNP prende sempre più corpo.



La vignetta dell'Economist a corredo dell'articolo: nel circo della politica le acrobazie degli ascari non sono solo uno spettacolo nostrano.

Per difesa Blair e Brown hanno agitato un bastone per aria, suggerendo la fine di certe sovvenzioni che da Londra fluirebbero verso nord (e che in fondo sono la stessa fonte di sopravvivenza di Blair e Brown), un sitema di assistenzialismo simile a quello che ha massacrato Sicilia e Siciliani nel secondo dopoguerra.

Cosa rispondono da Edimburgo? Che i sussidi in fondo se li potrebbero anche tenere: gli scozzesi vogliono le tasse sul petrolio del Mare del Nord, che seppur in via di esurimento è ancora una grande risorsa che per la maggior parte si ritrova nelle loro acque territoriali.

E potremmo terminare con un altro pensiero di Renton-alias- Irvine Welsh da Trainspotting, e scusate la scurrilità: "Gli inglesi sono solo dei segaioli. Siamo stati colonizzati da dei segaioli. Non siamo neanche capaci di seglierci una civiltà decente, vibrante, piena di salute, da cui farci colonizzare". Questo lo trovate anche nel film.

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