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domenica, aprile 24, 2011

Padania sbranata (prima parte)

Il discorso sulla attuale situazione interna italiana iniziato nel post “Oncologia”, può essere completato includendo nel quadro i dettagli del piano politico internazionale. Anche questi infatti hanno subito una recente accelerazione, tanto che certi meccanismi fino ad ora solo intuibili si sono manifestati in maniera palese.

Il primo dei sintomi della suddetta accelerazione è dato dal drammatico evolversi del contrasto italo-francese. La discordia sulle vicende libiche è solo una delle componenti di questo contrasto. La Francia si sta muovendo con rapidità per conquistare le posizioni lasciate aperte dal vuoto venutosi a creare negli interessi padani a causa del continuo regredire del potere anglosassone e della contemporanea crisi delle forze endogene locali, vedi il rapido ed inarrestabile declino di Berlusconi e di tutte le varie forze paramassoniche raggruppate nelle varie P2, P3, chissà persino P4....

Neanche il movimento cattolico nord-Italiano, raggruppato dietro ai vertici della CEI, la conferenza episcopale italiana, messa sotto pressione dallo stesso papato, sembra avere la forza di riempire questo vuoto. E così mentre la FIAT arretra arroccandosi in Nord America dietro l'acquisizione di Chrysler, sono la già ricordata Francia e la potente Germania a trovarsi nella posizione migliore per recuperare le posizioni perse durante il periodo risorgimentale.

Tremonti potrebbe riuscire ad arginare momentaneamente le mire di Sarkozy nei confronti della Parmalat, ma gioiellini meno ingombranti seppure altrettanto significativi stanno già valicando le Alpi. E' il caso dell'industria della moda, dove per vari motivi diverse aziende entrate in crisi d'identità non hanno trovato di meglio che farsi soccorrere dallo straniero: Gucci ed il recentissimo caso di Bulgari sono due esempi. Ma il discorso continua ad allargarsi.

Se ne è occupato di recente anche il Financial Times (“Vicenza's artisans go hell for leather to meet expensive tastes for new rich”, 16 aprile 2011) che parlando della boutique “Bottega Veneta” dà un quadro chiaro e conciso della situazione:

Dove 10 anni fa Vicenza era la patria di 1300 manifatture orafe, ve ne sono ora 600. In alcune aree della città la disoccupazione femminile che hanno sopportato il peso dei licenziamenti, ha raggiunto il 90%. Ma mentre gli artigiani dell'oro di Vicenza perdono il lavoro a favore di lavoro più economico in Cina e chiudono i loro laboratori, un'altra industria italiana si affretta ad assumerli”.

L'altra industria italiana sarebbe quella della pelle, da sempre una forza del paese (niente di nuovo quindi). La novità è che oggi possono permettersi di dare ai lavoratori stipendi più bassi a causa dell'alto livello di disoccupazione. E non solo: oggi i pezzi pregiati di questa industria potrebbero non essere più tanto italiani:

Tra i loro nuovi datori di lavoro troviamo Bottega Veneta, il gruppo per beni di lusso appartenente alla francese PRR

I negozi dell'azienda rappresentano il Made in Italy nelle più prestigiose piazze del mondo, come spiega l'articolo. Ma i guadagni non rimangono certo a Vicenza.

Dall'altra parte, l'integrazione tra industria italiana e tedesca nei settori metalmeccanici si fa sempre più inestricabile, come sottolineato da un altro articolo del Financial Times (“Germany might boost Italian entrerprise”, 17 aprile 2011) in cui si ora si prende ad esempio la Brembo, il primo produttore mondiale di freni per automobili:

Lo sviluppo di relazioni con l'industria automobilistica di fascia alta tedesca ha permesso a Bombassei di difendere i margini dei suoi prodotti, al contrario dei produttori nel mercato di massa in Itali che sono stati quasi interamente spazzati via [anche loro..., ndt] dalla competizione indiana e cinese.
Molto bene: grazie alla cooperazione con la Germania il Made in Italy riesce in alcuni casi a rimanere italiano. Ma anche qui c'è il trucco, un paio di righe più sotto:

Bombassei ha recentemente aperto una secondo fabbrica in Cina, in parte, dice, per soddisfare la domanda delle aziende automobilistiche cinesi per il mercato di fascia alta dei sistemi frenanti. Ma allo stesso tempo anche perchè le aziende automobilistiche tedesche stanno aprendo succirsali in Cina e Brembo vuole esser loro vicino per poterli rifornire.

Più che una collaborazione sembra una totale dipendenza le cui conseguenze non tarderanno a rendersi sempre più evidenti nelle madre patria.

Che dire poi dello scudo russo? La famosa amicizia tra Berlusconi e Putin sembra oramai essersi dissolta. Il presidente russo Dmitri Medvedev non ci ha pensato due volte ad astenersi insieme ai colleghi del BRIC (Brasile, Cina, India, oltre alla stessa Russia) dal voto sulla risoluzione dell'ONU 1973 che ha aperto le porte all'azione occidentale contro Gheddafi (e contro gli affari italiani in Libia). Salvo poi pentirsene per voce di Putin che preme per evitare una ulteriore escalation negli interventi che vedono ora l'Italia in prima fila.

(Fine prima parte.)

1 commento:

peppinnappa ha detto...

Abate, un tuo commento su questo commento di "Libero":
http://www.siciliainformazioni.com/giornale/politica/122785/lombardo-proclamato-secessione-della-sicilia-secondo-libero-anche-minacciato-togliere-luce-allitalia.htm
Quello che tu dici, quelli della "Padania" non lo avvertono? Si troverebbero in una tenaglia tra l'assalto alla diligenza che viene dal "loro" Nord e "l'emergenza energetica siciliana". Ma sono veramente queste le pedine della scacchiera? Se così fosse, temo che tra poco cominceremo veramente a vedere "giocare sporco": la pelle è pelle ...