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domenica, novembre 07, 2010

La prova del Lupo

Se c'è un merito di cui questo blog è orgoglioso di fregiarsi è quello di aver contribuito in qualche modo alla riapertura del discorso sul fenomeno mafioso, mettendo in dubbio quelle origini mitologiche che alla fantomatica ed onnipresente organizzazione sono state affibbiate per assicurarle quella nobilitazione dei natali necessaria a poterla meglio piazzare sul lucroso mercato globale del truffa mediatica.

Con il recedere delle spinte post-risorgimentali in Sicilia ed il crollo dell'ideologia unitaria, quel capello che lega la mafia alla storia della nostra Terra è rimasto scoperto, ed ora rischia di essere spezzato: a tuttora non sembra che qualcuno sia riuscito a provare un qualche legame tra il fenomeno mafioso e la Sicilia pre-unitaria.

Su queste pagine abbiamo notato come la mafia fosse stata “scoperta” sono ad unità inoltrata, tanto che persino i vocabolari del tempo consideravano il termine come un neologismo (Si veda il post "I mafiusi della Vicaria"). Abbiamo chiarito come solo opera di fantasia fosse il collegamento ad una leggendaria e pre-esistente setta, quella dei Beati Paoli (Si vedano i post "Beata Ignoranza" e "L'eco della Baronessa"). Abbiamo riportato sempre più dichiarazioni sia di pentiti che si uomini di legge che configurano una regia esterna alla Sicilia se non addirittura all'Italia.

Di più, tra gli archivi locali o quelli borbonici non si è mai riusciti a trovare una qualche indicazione circa la presenza di questa “piaga” sociale che teoricamente teneva sotto scacco l'intera società civile.

Anche le teorie secondo cui essa si sarebbe originata nelle campagne per poi spostarsi in città, teorie che potrebbero in qualche modo spiegare la mancanza di documentazione storica negli archivi civici, in fin dei conti potrebbero anche rafforzare il partito di chi sostiene che la mafia sia una conseguenza dell'Unità, visto che in qualche modo il processo di migrazione deve aver trovato un catalizzatore risorgimentale che avrebbe favorito l'ingresso del potere agricolo-mafioso tra i palazzi di Palermo.

A me sembra invece che tra i palazzi di Palermo stia avanzando il coraggio di affrontare l'argomento e di riscriverne la storia. Una svolta questa che mette seriamente in crisi l'esistenza stessa di una delle industrie più floride mai sorte in Sicilia: quella dei professionisti dell'antimafia.

Professionisti che oggi si ritrovano una sola ed ultima arma a disposizione, e nella disperazione si sono finalmente decisi a metterla in campo.

Lampante esempio di questo può essere considerata la Conferenza organizzata dal Centro Studi Pio La Torre dal titolo “Dall’Unità d’Italia ad oggi: evoluzione del rapporto storico tra mafia, potere e opposizione sociale”.

Ecco cosa ci rivela Salvatore Lupo, docente di Storia Contemporanea presso l'Università di Palermo (A Sud'Europa, Novembre 2010):

“Con l’Unità d’Italia si affermano nel nostro paese i principi e diritti di uguaglianza dei cittadini tra di loro e davanti alla legge. Per questo motivo, da questo momento storico, la società civile comincia a percepire l’illegalità del fenomeno mafioso. Sbaglia quindi chi sostiene che la mafia nasca con l’Unità d’Italia. Semplicemente prima non veniva percepita come illegale.

Lupo, mentre ammette di essere con l'acqua alla gola – altrimenti non avrebbe dato spazio alla tesi “sbagliata” (“che la mafia nasca con l’Unità d’Italia”) – in sostanza ci ripropone sotto mentite spoglie la teoria secondo cui i conquistadores franco-anglo-padani ci avrebbero portato la civiltà, a noi popolo di selvaggi condita da un ulteriore “tutto prima dell'Unità d'Italia era mafia” che chiarisce il calibro culturale di questa categoria di affabulatori.

Il dipendente pubblico (nel senso di “pagato dai Siciliani”) espone dall'alto della sua cattedra una teoria, il ché può anche risultare lecito vista la posizione che ricopre all'interno del mondo accademico. Quella stessa posizione impone però allo stesso tempo qualcos'altro. Impone di utilizzare il metodo scientifico esponendo il ragionamento seguito e supportandolo con prove precise, magari evitando di dare del “poco intelligente” a chi sostiene tesi diverse.

Da parte nostra aspetteremo, prima di dare un giudizio sul suo operato, di esaminare queste “prove” Documenti dell'epoca, soprattutto.

Speriamo di non dover aspettare troppo: in tempi di crisi economica credo i Siciliani abbiano il diritto di sapere se questi soldi siano stati ben spesi.

MP3 dell'intervento

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Lupo è un intellettuale organico all'antisicilianismo. Inutile aspettarsi da lui serietà storiografica. In un convegno recente allo steri ha sostenuto che un difetto dello Statuto siciliano sarebbe stata la carenza di democrazia nella sua elaborazione (secondo me non l'ha mai neanche letto). Che strano! Nella Consulta erano rappresentati tutti i partiti del CNL più tutti i rappresentanti delle categorie sociali più i rappresentanti delle università. Una sorta di "Stati generali della Sicilia", quasi un'assemblea costituente, se non fosse stato per la conventio ad excludendum dei separatisti (anche se qualcuno, un po' dissimulato, c'era pure là dentro). Quindi se lo Statuto (che è già di semi-indipendenza) fosse stato elaborato da una vera consulta democratica, esso sarebbe andato molto più in là, anzi, probabilmente, gli indipendentisti sarebbero andati in maggioranza.
Ma non distraiamoci.
Oggi è in gioco lo sfruttamento coloniale della Sicilia da parte del vecchio capitalismo padano.
Su queste battaglie siamo divisi e disinformati.
Per esempio l'attuale riforma dell'università pare un fatto neutro o che riguarda solo i professori universitari. E invece nel decreto gelmini ci sono gli strumenti di legge per declassare in modo legale gli atenei a sud di Roma e quindi negare al Mezzogiorno quella mobilità sociale, quella fucina di liberi intellettuali e di classi dirigenti, quel po' di ricerca di base ed applicata, che la vecchia università statale sia pure così così ha garantito sinora.
Le mani di Confindustria si stringeranno avide sul sistema universitario statale, e quindi i "privati" faranno la loro università, non con i loro soldi, che sarebbe legittimo, ma con quelli miei e vostri. E butteranno via tutto ciò che non serve. In questo il Sud sarà decapitato.
La prima cosa che fece Hitler in Polonia fu quella di chiudere le università e deportare in campo di concentramento tutti i professori. Il governo fascio-leghista sta facendo una cosa del genere, sia pure soft.
E poi c'è la vicenda del rigassificatore di Augusta (Delta del Niger lo definisce efficacemente Lombardo) che SI DEVE fare. E già qualche deputato di "sinistra" ha minacciato di far saltare l'appoggio a Lombardo su questo tema.
Curiosa questa "nuova sinistra": a servizio permanente dell'alta finanza europea, al punto che il DDL dell'Università che presenta non si discosta significativamente dal duo Tremonti-Gelmini.
E quella sinistra che ha il coraggio di combattere le politiche colonialistiche (Come dovrebbe essere nel suo DNA) è linciata ogni giorno da Repubblica per dire che "vogliono arraffare poltrone, etc."
E sul sociale e sull'economico che si gioca il nostro futuro.
Dovremmo essere in grado di creare un blocco dei produttori siciliani (imprenditori e lavoratori) che non si divide in lotte di classe decise dall'esterno e si coalizzi contro sfruttatori, speculatori e colonizzatori che vengono da fuori. La lista è lunga: BROKER di generi agro_alimentari; banche, assicurazioni, stato italiano, sindacati, confindustria, manutengoli del sistema di potere italiano... Tanti tentacoli di un'unica piovra: l'Italia, e, dietro di essa, l'Occidente.

Alessia ha detto...

Abate Vella che ne pensi della vendita delle quote azionarie del Palermo da parte di Zamparini?
Alessia

Anonimo ha detto...

Il Partito del Sud di De Santis a Palermo è stato un flop. Teatro biondo vuoto.
A proposito: il 30 ottobre secondo la Questura i manifestanti al Politeama erano in 500 per poi ingrossarsi lungo il corteo e raggiungere poco meno di 800 unità. E si sa che i questurini sono sempre molto prudenti.
Ho trovato or ora questo commento su Blog Sicilia che mi è piaciuto e vi propongo.

Non si rallegrino troppo i nemici del meridionalismo (quasi tutti meridionali): esso rappresenta l'unica risposta possibile allo sfruttamento selvaggio e coloniale del Mezzogiorno (si vedano i 2 inceneritori imposti di mafia da Bertolaso a Lombardo un giorno prima di andare in pensione).
Anche obiettare ai meridionali la pochezza della loro classe politica è fuorviante, poiché la classe politica meridionale è quella di ascari imposti e nominati da partiti nazionali e nordici.
Detto questo, però, De Santis ha fatto tre gravi errori sui quali spero mediterà:
1) Non si apre la fronda "contro" l'MPA che è l'unica forza meridionalista in Parlamento e tutto sommato ancora in fasce. Se ha dei limiti crei un movimento a fianco, un'area politica, quel che vuoi, ma non ti metti così spudoratamente in concorrenza al solo scopo di dividere il campo in maniera molecolare (vedasi l'esempio costruttivo del MIS che è diverso dall'MPA ma che mantiene un rapporto di collaborazione maturo);
2) L'insistenza maniacale sul valore dell'Unità d'Italia è fuori luogo, lasciagliela fare (ora ci vuole) all'MPA che è costretto ad un linguaggio "politicamente corretto" (eppure ogni tanto a Lombardo qualche frase in codice scappa); non dico che si deve predicare apertamente l'indipendenza, ma un meridionalismo nazionalista sì, aperto anche all'indipendenza senza invocarla né rinnegarla;
3) E infine, errore gravissimo, non accorgersi che dentro la questione meridionale ci sono due questioni nazionali: quella sarda e quella siciliana. NON PUOI venire a Palermo e ignorare il Sicilianismo sperando che i siciliani, che hanno la loro di nazione, facciano da grancassa ad un generico nazionalismo, NON PUOI predicare una macroregione unitaria del Sud, quando anche Miglio, che era alieno dalle nostre cose, parlava apertamente per le due isole di indipendenza o semiindipendenza al di fuori delle tre macroregioni, NON PUOI ignorare il fossato, la faglia che corre lungo lo stretto di Messina quando ancora oggi i rancori dei Siciliani verso i Borboni e le Due Sicilie non sono sopiti. E infatti c'era Pino Aprile, Ciano, lo stesso De Santis che è molisano, etc. ma - di proposito - non c'erano i siciliani. E nessuno venga oggi a parlare del "solito" tradimento dei siciliani contro il sud. Altrimenti siamo messi proprio male e non andremo da nessuna parte.
Spero che il leader rifletta su questa lezione e capisca. Proprio lui che, mesi fa, ha fondato con la Trinacria il Movimento Terra è Vita con grande successo; proprio lui che ha visto mille bandiere della Trinacria sventolare a Palermo il 30 ottobre scorso, se non coglie che solo questo risveglio identitario e nazionale può dare la marcia in più, il suo tentativo sarà solo velleitario.

Abate Vella ha detto...

Cara Alessia,

nel periodo in cui non ho potuto lavorare al blog, uno degli argomenti che avrei voluto proporre era proprio questo: la possibilità che Zamparini potesse presto lasciare il Palermo come conseguenza degli stravolgimenti politici che stavano per verificarsi, in particolare l'allontanamento tra Lombardo e Miccichè.

L'anno scorso il Catania perse a Napoli mettendo nei fatti i bastoni tra le ruote al Palermo per la Champion e poi lo stesso Napoli perse con la Sampdoria: proprio le squadre che avrebbero dovuto aiutare i rosanero, li affossarono.

Ho parlato in passato di come l'allenza tra Catania e Palermo aveva fatto saltare Carraro. Oggi Pulvirenti dichiara: "non siamo alleati con Zamparini", dimenticando di aggiungere un "più" prima di alleati:

http://www.calciocatania.info/news/pulvirentinon-siamo-alleati-di-zamparini

Se Lombardo continuerà a prendere potere, potrebbe esserci un cambio di guardia ai vertici del Palermo, a meno che non raggiunga un accordo con Zamparini.

Anonimo ha detto...

Ma se De Santis ha parlato male di Lombardo, come mai il leader del MPA risultava invitato alla manifestazione?