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mercoledì, novembre 03, 2010

Ivan il terribile

Il seguente articolo è stato pubblicato oggi dal Sole 24 Ore. Originariamente avevo intenzione di proporlo in alto, tra gli approfondimenti. Credo invece che debba essere letto il più possibile. Primo perché fa vedere come le nuove alleanze ai vertici del governo regionale abbiano rimescolato le carte, con personaggi quali il Lo Bello (autore del pezzo del Sole) o il Riggio (appollaiato ai vertici dell'ENAC) che di colpo con le nuove alleanze di Palazzo D'Orleans si sono trovati isolati è si sono ridotti a fare un tipo di opposizione dai toni di bassissimo profilo, quasi ricattatori. E secondo perchè espone quegli altarini che oramai solo i ciechi non riescono (o non vogliono?) vedere.

I miei commenti sono in grassetto, tra le parentesi quadre.

La Sicilia del futuro contro i nuovi Borboni
di Ivan Lo Bello [Presidente di Confindustria Sicilia]
2 novembre 2010

Da qualche tempo alcuni esponenti della politica siciliana e meridionale hanno avviato (con interventi estemporanei che vanno dalle nostalgie borboniche, alle invettive su Garibaldi, ad improbabili secessioni) una fragile e confusa revisione storica del processo di unificazione, rivalutando molti aspetti economici e sociali della fase preunitaria.

Il processo di unificazione nazionale rappresentò per il Mezzogiorno una grande opportunità di crescita civile ed economica, anche se nessuno ha mai voluto nascondere contraddizioni e zone d'ombra.


[Dichiarazione ancora condivisibile questa: è possibile che molti, in Sicilia per lo meno, avessero visto in quel processo una qualche prospettiva. Purtroppo tutti i sogni si infransero non appena Garibaldi approdò a Marsala: che speranza si può porre in gente che lancia il sasso e nasconde la mano – l'espediente dei Mille per camuffare l'intervento Sabaduo – e che fiducia si può sentire per uno stato che fonda le sue basi sul tradimento e la corruzione – vedi la strana mancanza di resistenza da parte dell'esercito borbonico]

Le condizioni economiche della Sicilia alla vigilia del 1861 presentavano un ritardo significativo rispetto alle parti più sviluppate del Nord del paese e rilevantissimo verso quelle nazioni europee che avevano avviato un serio processo d'industrializzazione, ma drammatiche erano le condizioni civili: un tasso di analfabetismo altissimo e infrastrutture pressoché inesistenti.

[Forse è vero che le condizioni della Sicilia, dal punto di vista industriale, fossero in ritardo rispetto a Napoli ed ad altri paesi europei – non certo rispetto al Nord Italia – ma le condizioni civili non erano per niente drammatiche: erano equiparabili a quelle di ogni altro paese del continente.]

I rapporti sociali, con particolare intensità nelle campagne, riproducevano schemi che sembravano consegnati alla vecchia cultura feudale e il latifondo parassitario rivestiva un ruolo centrale nell'economia siciliana, e questo nonostante lo sviluppo di altre colture intensive che iniziarono a fiorire in quegli anni.

[Vero, ma non è detto che questo si traducesse automaticamente in condizioni di vita peggiori, vedi le condizioni economiche e sociali dei contadini del Piano Padano]

La Sicilia ebbe dopo il 1861 un rilevante progresso economico e civile, basti guardare agli indicatori postunitari nel settore del trasporto ferroviario e nello sviluppo dell'istruzione. Mancò, è vero, un significativo sviluppo industriale che invece ebbe luogo nel Nord del paese. Ma questo non può essere addebitato all'ingresso della Sicilia nello stato unitario in quanto, come dice Guido Pescosolido, «non esisteva un'industrializzazione in atto al momento dell'Unità e dato l'atteggiamento dello stato borbonico non si vede come avrebbe potuto esservi se esso fosse sopravvissuto».

[Non è chiaro quale sia questo progresso di cui va cianciando il Lo Bello, visto che il nuovo Stato si preoccupò di mantenere intatto il sistema feudale di proposito per crearsi a posteriori l'alibi del sottosviluppo. L'atteggiamento dello stato Borbonico era favorevole al giusto grado di industrializzazione, senza essere disposto a dare mano libera ai gaglioffi di Confindustria]

I veri limiti della stagione pre e post-unitaria vanno invece rintracciati nel trasformismo delle classi dirigenti risorgimentali e liberali che, pur con significative eccezioni, adottarono in larga parte gli schemi sociali ed economici della vecchia cultura parassitaria del latifondo.

Fu in quei decenni che si cementò un patto tacito tra le classi dirigenti del Sud e Nord del paese che pur con alterne vicende ha segnato la storia siciliana fino a tempi recenti, quando dopo la Seconda guerra mondiale l'egemonia sociale dei vecchi agrari fu sostituita da un nuovo ceto economico e politico che riprodusse e aggiornò attraverso la spesa pubblica, le distorsioni dello sviluppo urbanistico e la compressione del mercato la vecchia cultura parassitaria.

Per quale motivo allora questi rigurgiti storici emergono oggi in Sicilia e in altre parti del Mezzogiorno?

Due fattori sono intervenuti a modificare lo scenario economico e politico: la contrazione strutturale dei flussi di spesa pubblica; la prospettiva ormai ravvicinata del federalismo fiscale e le sue presumibili conseguenze politiche.

Il processo di contrazione della spesa pubblica ha preso avvio già dopo la crisi economica dei primi anni 90 e gli sforzi sostenuti dal nostro paese per l'ingresso nell'area dell'euro.

L'inizio dell'opera di contenimento della spesa non ha però modificato i comportamenti sociali e politici e questo prevalentemente per la mancanza d'incentivi e disincentivi adeguati. Troppo spesso la spesa in conto capitale è stata trasformata in spesa corrente, e i disastri e dissesti finanziari di alcuni comuni e di tante municipalizzate hanno trovato una «partecipe comprensione», cancellando di fatto il principio di responsabilità. L'esplosione del debito in questi ultimi dieci anni ne è stata la logica conseguenza.

La contrazione della spesa pubblica, e i meccanismi di responsablizzazione che con grande probabilità scaturiranno dalla piena applicazione del federalismo fiscale, minacciano oggi fortemente un pezzo del ceto politico ed economico che in questi decenni ha costruito fortune politiche ed economiche su una capillare redistribuzione e gestione assistenziale e clientelare di risorse pubbliche e prerogative amministrative.


[Una delle componenti del vecchio sistema ad essere minacciata in modo più serio è proprio la Confindustria Italiana, che non potrà più succhiare risorse pubbliche]

I rigurgiti neo-borbonici rappresentano pertanto una variante della vecchia ideologia sicilianista che è sempre risultata funzionale alle esigenze d'identità e di potere dei ceti parassitari che hanno nel tempo ostacolato il processo di modernizzazione della Sicilia e di gran parte del Mezzogiorno.

[Ci siamo: per vendetta verso Lombardo si scoperchiano quegli altarini che già tutti hanno visto. A primo acchito questa associazione tra neo-borbonismo e sicilianismo appare strabica. I Sicilianisti non hanno mai mostrato nostalgia per l'esperienza borbonica.... In realtà il nostro si sta riferendo alla nuova irreversibile struttura politica in cui sta per sfociare il sud Italia insieme alla nostra isola, una struttura probabilmente di tipo federativo che coinvolga le varie regioni (per quanto artificiosa la loro delimitazione sia sempre stata). La congiunzione tra Sicilianismo e Neo-Borbonismo sta in questo. La variante con l'antico Regno delle Due Sicilie che potrebbe soddisfare le richieste “Sicilianiste” risiede proprio nella struttura federata e nel fatto che la vera testa dell'operazione non sarebbe a Napoli ma in Sicilia, cosa questa che però l'ex capitale partenopea non vuole digerire – vedi defezioni dall'MPA e tentativo di formazione di una nuova forza politica meridionalista - Noi Sud - da parte di Vincenzo Scotti.
Oggettivamente Napoli non ha alcuna possibilità di ritornare ai fasti antichi di baricentro politico del Mediterraneo. Oggi che la principale rotta commerciale è tornata ad essere quella orientale, l'area campana è l'unica del meridione a non avere un proprio sbocco ad est, una “tara”che si dimostrerà insormontabile e che favorirà il rilancio di quelle che nel medioevo erano le regioni politicamente più avanzate d'Italia: la Sicilia e le Puglie a sud insieme all'area veneta a nord – tanto per chiarire ancora di più da dove proviene quella misteriosa alleanza tra Veneto e Sicilia di cui parlavamo nello scorso post.]


Fonte articolo: Il Sole 24 Ore

20 commenti:

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Ciao Abate, che dire il massone Ivan Lo Bello sa che sta per esaurirsi il potere grazie al quale signoreggia su un piccolo lembo di Confidustria Italiana. La quale ha il suo induscutibile potere a Milano. Difatti è proprio la borghesia industriale padana ad aver distrutto il Sud, più che i padani in generale.

Ma il problema grave di oggi è che la caduta di Berlusconi è vicina ed il Sud si trova impreparato a questi eventi di portata storica. La Lega invece controlla ormai quasi tutto il territorio del Nord Italia ed il proprio potere politico, in continuo aumento, li fa dormire sonni tranquilli.

Se la Lega decidesse per la via secessionista, il Sud si ritroverebbe in piena guerra civile, in quanto non c'è un potere forte che possa mantenere l'ordine. Urge per per questo un patto con tutte le forze che si ritengono meridionaliste, considerando anche quelli che perderanno il cordone ombellicale berlusconiano, per la sua caduta.

Un mancato accordo comporterebbe una guerra civile che alla lunga intaccherebbe anche il nord. Un Italia così sguarnita porterebbe ai lupi d'oltre confine a sbranare senza pietà le pecorelle che litigano tra di loro.

Oggi il Sud deve assolutamente ricompattarsi se vuole avere un minimo di possibilità di sopravvivenza, per questo è finito il tempo dei campanilismi. E' necessario creare un forte stato o macroregione del Sud, centralista.
Le debolezze saranno pagate senza sconti.

Anonimo ha detto...

Purtroppo il Sud farà fatica a ricompattarsi, ci sono troppe differenze di mentalità tra la stessa gente dove spesso prevale che ognuno pensi per se...

Non vuole essere una critica, ma solo una constatazione di come nel tempo chi dovrebbe istruire la gente fa di tutto per farla disimpare a non usare la propria testa.

Abbiamo una marea di persone che lavorano nei pubblici uffici, ma se gli chiedi chi rappresenta un semplice nome non sanno rispondere, non sanno neanche la storia del proprio paese in cui sono nati...

Certo Ivan razzolerà a manca e a destra perche' chi potrebbe rammentargli qualcosa purtroppo è ancora troppo prono, ma tra non molto anche la sua industria e sui fratelli/coltelli dovranno delocazzirare nella Padania Bundes Republik, perchè ormai i tedeschi si sono comprati quasi tutto...

Eppure su Ivan Lu Lariu sembra non accorgersi, senz'altro i suoi amici padani della Falck gli rimproverano i mancati incerinitori ... e lui è costretto a scrivere sulla carta.

Comitato cosa dici del 30 ottobre, l'unica meridionalista presente dopo alcuni minuti s'ammucciò li banneri... col giglio!

Abate Vella ha detto...

Comitato,

in linea di massima potrei essere d'accordo con te circa la necessità di un forte potere centrale per il sud Italia (anche se io mi rifaccio al regno Normanno e non a quello Borbonico).

Voglio però mantenermi sui fatti, ed i fatti dicono che in questo momento storico non vi è alcuna prospettiva di questo tipo.

L'unica soluzione è quindi il compromesso, che le due aree che hanno in mano le chiavi del futuro del Sud hanno già avviato, e mi riferisco all'accordo tra Lombardo e la Poli Burtone.

In quest'ottica, non credo sia un problema coinvolgere Calabria e Basilicata (che ha il petrolio). Il vero problema rimane Napoli che non sembra voler accettare la realtà.

Parli di guerra civile, ed anche qui sono propenso ad accettare che il rischio sia reale. Ma non in Sicilia: i disordini ci possono essere solo nel napoletano, dove sicuramente emergerà una parte più ragionevole che propenderà al compromesso con Sicilia e Puglia.

Per quanto rigurda il nord, la sua unità è solo apparente. Anche qui l'area lombarda non accetterà la spavalderia veneta e nel giro di poco tempo sarà tutto nuovamente disgregato.

Anonimo ha detto...

Il vero fatto è che Lo Bello non dice solo minchiate. Tira fuori mezze verità, le mischia e fa il suo discorso di ascaro.
E in fondo invoca centralismo come hanno fatto sempre tutte le oligarchie sicule negli ultimi 600 anni circa, perché con un "re" lontano qui si mangia meglio.
Il punto è che siamo alla svolta, piaccia o no a Lo Bello e i suoi che possono solo piagnucolare e rallentare la rivoluzione. Oggi il movimento nazionale siciliano è popolare, trasversale e crescente. Le élite devono scegliere se adattarsi a questa novità o emigrare nella Penisola a fare i pensionati.
Sull'unità con i meridionali, beh, la auspichiamo tutti, ma mi pare difficilotta. Anche il MIS è entrato nella grande federazione di De Santis, ma senza rinunziare a niente.
Su una cosa concordo con il "Comitato": il sud non ha classi dirigenti all'altezza. Se ancora si invoca un stato meridionale rigidamente centralizzato in cui la Sicilia perderebbe persino le poche competenze che ha oggi... se (sito di Miccichè) un certo "Crocco" definisce i Siciliani "traditori del Sud"... non si può fare molta strada insieme.
Ma tanto la Sicilia è in marcia e non la ferma più nessuno.
Ho parlato con De Santis ed ho letto ciò che scrive(che non è siciliano se non d'adozione). Per lui il meridionalismo politico oggi dev'essere unito ma espressamente sostiene che tutto ciò non esclude che in prospettiva si possa e si debba parlare di uno stato insulare indipendente per la Sicilia. E se lo dice lui...
M.Costa

Anonimo ha detto...

E comunque nessuna "regione" come la Sicilia può vantare una continuità di rivendicazioni nazionali anche dopo la cosiddetta unità. Perché non si parla mai di questo?
Ho scoperto una cosa interessante, da poco.
Nelle elezioni politiche del 1861, quando si votava con suffragio ristrettissimo, persino più ristretto di quello con cui si era votato l'ultima volta nel 1848, sotto il controllo delle preftture, in pieno terrorismo post-unitario, con il sistema dei collegi uninominali, ebbene...
in quelle condizioni il partito "regionista" arrivò terzo, per numero di deputati, dopo i liberali moderati e i democratici garibaldini, e prima dei c.d. clericali.
Nel 1865, dopo 4 anni di cura sabauda, raddoppiò i suoi deputati, andando a ridosso delle due maggiori formazioni. Si tenga conto che anche la "sinistra" era moderatamente autonomista. In quell'occasione il Perez, loro leader, fu accusato di combutta con i clericali e con i borbonici. Lo stesso confuta sdegnosamente la seconda accusa ma non la prima (che peraltro era inconsistente, essendo tutti liberali e cattolici che, peraltro, avevano partecipato al '48), ricordando la storia personale di lotta contro le Due Sicilie.
Negli anni successivi avrebbero conquistato le maggiori città dell'isola, dopo l'ampliamento del suffragio.
Beh, tagliamola qui.
Nel frattempo quale formazione troviamo di carattere "anti-italiano" o anche semplicemente autonomista nel Sud continentale? Nessuna! E siamo ancora là. Su questa differenza si dovrebbe riflettere. Perché è molto più attuale di quel che si pensa.
M.Costa

Anonimo ha detto...

cosa ne pensate di fini ?

Abate Vella ha detto...

I fili di Fini li tirano da occidente, ma allo stesso tempo una buona parte di voti li prende in Sicilia. Senza i voti siciliani sarebbe nei guai, per cui deve sottostare ed appoggiare Lombardo, altrimenti scomparirebbe.

Anonimo ha detto...

Sta settimana parlando con una mia zia, e chiedendo della foto del mio bisnonno Paolo, mi disse che era stato soldato e tornò dopo parecchio tempo a casa.

Sappiamo in famiglia che fu pensionato come danneggiato perseguito da Garibaldi... indagherò

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Ciao a tutti, facciamo attenzione a non scambiare la cassa di risonanza che da sempre la Sicilia offre a chi svolge un qualsiasi tipo di politica, con un improbabile passo avanti che i siciliani avrebbero rispetto agli altri meridionali. Perchè se nel Sud continentale i meridionali stanno messi male, non credo che in quello Insulare se la passino molto meglio...

Ho visto le foto della manifestazione del 30 ottobre, bella ma non vi erano certo le 1000persone che sono state dichiarate, dalle foto si vede che saranno un centinaio. Ma a prescindere da questo un altra occasione sprecata per dire che lo Statuto Siciliano dovrebbe essere allargato alle altre regioni del Sud, dunque coinvolgere le altre associazioni meridionaliste a tali manifestazioni. Purtroppo non è stato fatto, non si capisce ancora che la Sicilia da sola non andrà da nessuna parte, figuriamoci parti piccole di Sicilia visto che è mancata l'opinione pubblica ma soprattutto due importanti movimenti sicilianisti che hanno pure parlato male dell'iniziativa, saluti a tutti.

Anonimo ha detto...

quali sono questi movimenti che hanno parlato male dell'iniziativa?

Anonimo ha detto...

FNS ed EVIS hanno rilasciato dichiarazioni negative

Anonimo ha detto...

evis è solo la persona che tiene la bandierina in mano... non certo un'esercito...

Fns , certo non ha partecipato il suo segretario, ma la gente che aderisce e la segue era là presente...

Anche se non fossimo stati i mille, mi dici una manifestazione di meridionalisti simile , con le allegate le foto?

Anonimo ha detto...

La manifestazione di Torino contro il Museo Cesare Lombroso, a cui partecipò peraltro l'EVIS.Su Internet vi sono le foto ed i video, più i numerosi articoli su quotidiani nazionali e trasmissioni di primo piano che hanno parlato dell'evento.

Il panorama è cmq scarso di truppa ovunque e sono molti gli one man flag, saluti

Anonimo ha detto...

Comitato,
capisco che ti dispiaccia che una manifestazione siciliana sia andata tanto bene, quando per i borbonici mettere in Sicilia 10 persone in fila è un'impresa.
Ma ti assicuro, io c'ero, che dire come fai tu che erano 100 è solo una stronzata pazzesca.
Sappi che c'erano anche sicilianisti che flirtano con voi, come quelli di Alleanza Etica per la Sicilia di Nino Sala.
E solo solo quelli lì erano potevano essere una cinquantina.
C'è stato un momento in cui gli ultimi del corteo lasciavano Piazza Politeama e già i primi svoltavano per il Cassaro. Fai tu i conti, se sei intellettualmente onesto e se conosci come è fatta Palermo.
Ma non finisce qui.
Comunque la manifestazione non era contro di voi.
I Siciliani neanche vi calcolano.

Anonimo ha detto...

1000 o 100 poco importa ,bisogna creare coscienza di massa in sicilia , ma che sia sistema non una semplice manifestazione , per quanto importante era. la domanda è : gli attuali movimenti sicilianisti sono in grado di farlo? oppure è meglio "sfruttare" la macchina mpa? dotata di molti più mezzi,fondi e appoggi?

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Non è vero che mi dispiace che la manifestazione sia andata bene, anzi spero che ve ne siano in futuro altre, magari allargate a tutti i meridionalisti...

Anonimo ha detto...

Comitato,
stranamente siamo d'accordo.
Quella manifestazione però era aperta ai meridionalisti e infatti ne ho trovati tanti. Lo si evince dalla corrispondenza mail che è girata nei giorni precedenti, tra l'altro.
Il punto è che era una manifestazione per l'applicazione dello Statuto speciale della Sicilia, aperta a tutti quelli che condividevano questa battaglia.
Io non sono mai stato duosicilianista, eppure ho riconosciuto molti sicilianisti che conciliano le due cose. Fra gli altri ho avuto il piacere di incontrare Placido Altimari, che forse qualcuno conoscerà.
Con questi "duosiciliani" mi piace dialogare perché sono innanzi tutto siciliani, e quando c'è la Trinacria su sfondo giallo-rosso intanto si mettono sull'attenti, vengono alle manifestazioni, riconoscono i diritti storici della Sicilia, poi su altre cose magari si hanno vedute diverse.
Se invece ci si arroccasse in un duosicilianismo settario, antiautonomista per la Sicilia, che vuole dare alla nostra Patria insulare meno spazio di quello che concedono persino politici che appartengono a schieramenti e forze "italiane", beh, non saprei proprio cosa dire. E' come se viene uno di Forza Nuova qui e cerca di parlare con noi dicendoci che intanto dobbiamo abolire il Parlamento siciliano. Quanto meno è un intruso.
E comunque si isolerebbe persino dentro il microcosmo duosicilianista siciliano, da quello che ho visto il 30 ottobre ("micro", senza offesa, siamo tutti piccoli, a fortiori una corrente non certo maggioritaria).
Comunque ho notato un fervente autonomismo anche dentro FLI: sembra strano, ma è come se ci fosse un partito "regionale" a trazione propria dentro il cartello del grande partito "nazionale". Ne conosco molti di persona, e non posso dire per niente che sono i "rappresentanti" di Fini in Sicilia. Sono persone che ragionano con la loro testa. Se questa frattura avviene un po' in tutte le formazioni politiche non vedo come Lo Bello possa ricondurci all'ovile.
Resteranno disegni frustrati.
Massimo Costa

Abate Vella ha detto...

Massimo,

per come la vedo io sono stati proprio i "finiani" di Sicilia (primo tra tutti Granata) a costringere Fini ad uscire allo scoperto in modo da isolarlo e non lasciargli altra scelta se non quella di appoggiare Lombardo: Granata praticamente ha precipitato le cose per bloccare i disegni del PDL lealista, con il risultato che ora Alfano & co sono sotto ricatto visto che la tenuta del governo dipende dai voti di FLI ed MPA.

Granata ha puntato il dito contro la "legge bavaglio" prima di Fini, il quale poi non si e' potuto titare indietro, anche se quello che aveva piu' da perdere dallo strappo era lui, che in caso di elezioni sarebbe completamente scomparso.

Per quanto riguarda il discorso sul meridione invece voglio aggiungere un semplice ragionamento. Comunque la vogliamo girare qui in Sicilia, non ci potra' essere divergenza di interessi tra Sicilia e meridione, altrimenti non vi sara' stabilita' nel Mediterraneo ed i nostri appoggi internazionali, che ci sono e sono estremamente forti, dipendono da questo: dal riuscire (tramite compromesso) a creare equilibrio.

Il che vuol dire che o ci si mette d'accordo o finisce male.

Devo dire pero' che gli unici a fare le bizze sono proprio i napoletani, che non si capisce cosa credono di poter fare: oggi si e' visto dove vogliono arrivare con la storia di Tirrenia. Infatti hanno presentato una proposta autonoma contro la Regione, di cui prima erano soci.

Lo scherzetto e' pesante.

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Massimo,

non credo che la manifestazione fosse indirizzata ai meridionalisti o per dirla in maniera più corretta la loro presenza era tollerata perchè comunque fanno numero.

Il fatto è che quella del 30 ottobre è stata una manifestazione localistica, fatta esclusivamente per i siciliani. Dunque chi dalle altre regioni meridionali ha partecipato lo ha fatto per buon cuore.

Certo, c'è chi dice che "prima bisogna liberare la Sicilia" o che "se venisse applicato lo Statuto, si formerebbe un traino per le altre regioni meridionali" Probabilmente tutte cose vere, ma fatto sta che quando sono state organizzate manifestazioni meridionaliste, che ovviamente riguardavano anche i siciliani, si è visto solo l'Evis ed ovviamente i siciliani meridionalisti.

All'interno del duosicilianismo non esiste un settarimo anti-siciliano a parte qualche caso patologico da isolare come vi sono pure alcuni sicilianismi anti-duosiciliani.

saluti

Anonimo ha detto...

abate una domanda quali sono i nostri appoggi internazionali?