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mercoledì, dicembre 23, 2009

Il suggeritore

Le dichiarazioni di Marchionne intorno a quella che sembra essere la fine dei rapporti tra la FIAT e la Regione Siciliana impongono delle riflessioni, a partire dalla constatazione che il taglio politico di alcune frasi, improprio per un ruolo preminentemente economico come quello dell'amministratore delegato, sembri suggerire alle sue spalle il respiro pesante di un regista trascinato da un rancore puramente ideologico e pressato da una inarrestabile sete di potere.

La chiusura dell'impianto è stata giustificata dallo stesso Marchionne in modo contorto: “L'unico modo per risolvere il nodo Termini sarebbe spostare la Sicilia e metterla vicino a Piemonte o Lombardia.” (“Il no di Marchionne”, LaSiciliaWeb.it 23 dicembre 2009). Una circonlocuzione che ha molto poco di logistico, visto che non tutte le fabbriche dell'azienda torninese si trovano “vicino a Piemonte o Lombardia”, mentre mantiene tutto l'aspetto di una meschina ripicca politica.

La Sicilia va via allontanandosi sempre più dal Lingotto (Piemonte) e da Arcore (Lombardia) e dell'abbandono di FIAT dovremmo solo rallegrarci perchè nei fatti sono 150 anni che lottiamo affinchè questo momento si avveri.

Il problema dei posti di lavoro è un non problema: la Sicilia non è destinata a diventare un deserto produttivo e la stessa scelta dei tempi da parte di Marchionne (o chi per lui) ne è prova.

Piazzare una dichiarazione del genere sotto Natale non ha alcun senso logico se l'obiettivo fosse quello di abbandonare la Sicilia ad un destino infame. Se la decisione avesse avuto basi economiche o se fossimo in presenza di un “tracollo finale” come sbandierato da certi disfattisti nostrani, FIAT avrebbe fatto di tutto per uscirsene in punta di piedi e senza far rumore. Avremmo udito i nostri politici cercare di calmare gli animi.

Invece l'annuncio è stato ventilato per lungo tempo ed è stato poi effettivamente confermato in modo da provocare il maggior danno possibile tentando di condizionare l'umore dei siciliani. In particolare di quelli che da questa decisione saranno coinvolti in prima persona. Una rancorosa punizione finale per chi non si è voluto ri-assoggettare.

Ora non ci può essere più trattativa: la FIAT è fuori dalla Sicilia e non si deve più fare marcia indietro, costi quel che costi nel breve termine. Anzi, prima la proprietà verrà tolta dalle mani del nemico, meglio è (probabilmente andando a guardare nella vicenda dei finanziamenti pubblici alla SicilFIAT la fabbrica potrebbe essere espropriata per vie legali). Altro che 2012.

In questo senso l'assessore-ministro all'industria siciliano Venturi è sembrato molto più concreto dello stesso Presidente Lombardo:

“Noi non possiamo obbligare nessuno a rimanere (...) non si può sempre e solo parlare di salvaguardia dell'occupazione. Noi dobbiamo rilanciare il settore auto in Sicilia, con e senza FIAT (...) era giusto aspettare cosa ci dicesse la FIAT, ora però dobbiamo andare avanti.”

Indiani, cinesi, russi o brasiliani non ha alcuna importanza: ora tocca a noi agire per dimostrare se siamo capaci di andare avanti con le nostre gambe o se invece siamo solo dei “quaquaraqua”. Malgrado tutte le apparenti smancerie celebrative massoniche, da nord arriva solo il rifiuto assoluto a continuare con l'unità d'Italia se questa non includesse anche la totale sottomissione del sud a determinati potentati economici.

I tentativi di mediazione dell'MPA e del suo leader non hanno più prospettiva storica indipendentemente dal ruolo istituzionale che Lombardo ricopre.

Il fronte nordista è anche estremamente fratturato al suo interno. Riprendendo il parallelo sportivo, in questo campionato la Juventus ha perso con Palermo, Bari, Napoli e Catania forse anche grazie anche all'appoggio in Lega di Massino Moratti (si veda il post “Panchine scottanti”). Una tale prospettiva, nella quale i tre principali gruppi politici ed economici italiani (rappresentati da Milan, Inter e Juventus) si combattono tra loro permettendo ai meridionali di infilarsi tra le crepe, fino a pochi anni fa era fantascienza.

Oggi il disastro padano lo tocchiamo con mano, eppure nella stessa Sicilia si respira come un rifiuto a voler credere ai propri occhi. Forse è anche paura: dopo aver vissuto di elemosina per tutto questo tempo è sicuramente fonte di preoccupazione il doversi rimettere in piedi e camminare da soli.

Il conforto della schiavitù è come una droga che cancella la coscienza regalando un oblìo farcito di insipidi diritti e libero di responsabilità e di doveri.

«Psss... psss.... 22 dicembre... psss psss ....spostare.... psss... Sicilia ... Piemonte... psss»

23 commenti:

Anonimo ha detto...

Parole semplicemente sante.
La Sicilia sta ormai rientrando nella storia dopo un sequestro di 150 anni (non ne era uscita nemmeno sotto le Due Sicilie). L'unico punto debole di questa problematica rinascita è la coscienza collettiva. Per ora la rivoluzione è condotta da una "congiura di palazzo", da "élite consapevoli" da "tecnocrati", che hanno sì un consenso popolare un tempo impensabile, ma ancora largamente minoritario nel Paese (la Sicilia intendo, ovviamente): tra un quinto e un terzo, contando anche le zone grigie, non di più.
Il resto dell'opinione pubblica è fortunatamente diviso tra "destra" e "sinistra" italiane, ma è unito nello sbalordimento, nella confusione, nel disorientamento, e può costituire una palla al piede pericolosa per l'esperimento autonomista.
Se Lombardo non saprà dotarsi in questi 3 anni di una TV siciliana (come c'è una TV catalana), se non inserirà Storia, Statuto e Lingua siciliana nelle scuole, e se non imprimerà una svolta identitaria (con la toponomastica, etc.), anche in modo soft, strisciante, per non squietare troppo il cane che dorme, sarà sempre strutturalmente debole e l'esperimento non può andare avanti all'infinito con gli equilibrismi.
Massimo Costa

rrusariu ha detto...

Condivido in pieno quello che dice Massimo.

Già alla sera quando capita di chattare con qualcuno su facebook, si vede l'ignoranza, e soprattutto la capacità di ascolto.

Non voglio sindacare nessuno, se non abbiamo una tv nostra il branco di pecore, di crasti e caproni non li sveglia nessuno.

Abate ricordati del luglio-settembre 1519, le intenzioni erano lodevoli, ma alla fine la piazza si trovò che la rivoluzione era stata decapitata! Non voglio ch l'attuale dirigenza si ritroi senza supporto di piazza!

Anonimo ha detto...

rrusariu

...allora compattiamoci, contiamoci, sosteniamo le nostre vere guide e spingiamole a fare il grande passo. Non è forse arrivato il momento di farci vedere, uniti, e spostare, anche di poco e con intelligenza, l'autonomismo verso l'indipendentismo? Luca

Peppinnappa ha detto...

Tanto per cominciare ad essere concreti si potrebbe anche mandare a dire subito a Marchionne e C. in Sicilia neanche ponte, perchè anche da li mangiano ed è negli interessi che bisogna cominciare a toccarli; così come l'energia elettrica con il nucleare se la facciano dove gli serve ed intanto comincino a pagare quella che gli mandiamo! E' iniziata la nostra solitudine, ma per ricominciare non possiamo più coglionare.

amicopaolo ha detto...

ragazzi i vostri commenti sono eccezionali, anzi, da scolpire su pietra.
Perché non passiamo ai fatti? Perché non ci organizziamo, unendo le nostre energie, anche nel tempo libero e costruire un movimento di partecipazione democratica sicilianista sul territorio di nostra pertinenza?
Ragazzi se pensiamo che devono essere gli altri a farlo non lo farà mai nessuno ed è sbagliato, e se ognuno di noi pensa di non essere all'altezza, sbaglia 2 volte.
Ragazzi non ci vogliono soldi, il capitale che ci vuole è dato soltanto dalle risorse umane che hanno tanta passione. Credetemi sono un manager è so quello che dico.

amicopaolo ha detto...

Per come la vedo io:
1)Bisognerebbe fare un comitato direttivo (di tot persone) che prenderebbe le decisioni a maggioranza.
2)Creare un'organo d'informazione politica (cartacea) regionale e distribuirlo in modo capillare sul territorio.
3)Da un mio progetto editoriale si può finanziare il tutto e guadagnare tanto da rendere il movimento politico autonomo ed autosufficente.
Abate,
ti manderò una mail con il mio progetto editoriale e se lo ritieni opportuno la pubblichi.

Abate Vella ha detto...

Massimo,

media Siciliani ed istruzione Siciliana sono la chiave principale per risollevare il Popolo Siciliano.

Mi ricordo che se ne parlava più spesso qualche anno fa al tempo della tua candidatura a sindaco con L'Altra Sicilia.

Spero che i partiti e le associazioni sicilianiste, ma anche chi opera all'interno dell'MPA, vogliano riprendere il tema perchè i tempi sono maturi per fare sul serio in questo senso.

Ho provato parecchio fastidio per i recenti sviluppi della questione "Agrodolce" in cui la regione è diventata praticamente produttore della fiction... ma allora a che serve la RAI? Quante volte si dovrebbe pagare sto canone in Sicilia se poi ogni volta che veniamo nominati dobbiamo pagare tutto noi?

Produciamo Agrodolce e mandiamolo in onda anche su una televisione nostra.

Peppinnappa,

il ponte è crollato: forse dovevo evidenziarlo meglio nel post, ma la decisione della FIAT deriva dai rinnovati accordi politici in Sicilia, accordi politici cha fanno saltare anche il ponte, tanto è vero che nessuno si è voluto arrischiare ad andare a Cannitello:

http://www.siciliainformazioni.com/giornale/cronacaregionale/75468/sette-operai-lavoro-autorit-assenti-sono-davvero-iniziati-lavori-ponte-sullo-stretto.htm

http://www.siciliainformazioni.com/giornale/cronaca/75497/ponte-sullo-stretto-falsa-partenza-tutti-maliecco-terno-secco-sulla-ruota-palermo-messina.htm

Se Lombardo era tanto a favore del ponte, come mai non ha partecipato a questa fantomatica posa? E come mai non ha fatto il diavolo a quattro perchè la cerimonia fosse organizzata in maniera decente?

Lombardo è a favore del ponte se conviene politicamente. Ed oggi non conviene più.

Questo è un Natale carico di ottime novità.

Amicopaolo, nessun problema a pubblicare i dettagli del tuo progetto editoriale.

x_alfo_x ha detto...

Buon Natale Abate a te e a tutti i lettori del tuo blog!

Una domanda caro Abate, mi spieghi come gli asiatici possano permettersi di investire nell'isola, quando oggi la delocalizzazione avviene al contrario per il minor costo della manodopera?

amicopaolo ha detto...

Ad Abate ed a tutti gli affezionati del blog,
Auguri per un sereno Natale.

Abate Vella ha detto...

x_alfo_x,

i motivi potrebbero essere due:

1) A Termini cinesi o indiani (o chiunque altro) possono mettere una catena di assemblagio di auto per il mercato nord-africano. Le parti arrivano pronte dalle fabbriche asiatiche su nave e qui vengono montate. Il trasporto di una macchina intera sarebbe meno conveniente.

Se ci aggiungiamo la creazione di un'area di free trade...

2) In Sicilia si sperimenterá un sistema energetico non più basato sul petrolio. Per prima cosa vi sarà la transizione al gas, poi alle macchine elettriche. In questo caso sarebbe conveniente per chiunque investire qui perchè la regione assicurerà la riconversione del sistema di distribuzione carburanti ed energia, per cui i consumatori saranno invogliati ad acquistare quelle macchine. Essendo la Sicilia un isola, la riconversione è molto più semplice.

Il PEARS punta in questa direzione.

In definitiva credo che ambedue le possibilità vadano considerate.

Buon Natale a tutti!

rrusariu ha detto...

Buon Natale a tutti, i bbabbi ri natali sono rimasti bloccati con T.A.V., e non sono manco partiti con gli aerei... almeno quest'anno non ci sorbiremo panettoni marci con scarafaggi...

Che il Bimbo Eterno in ciascuno di noi possa gioire e portare luce nel mondo ai nostri fratelli e sorelle in difficoltà!

Anonimo ha detto...

Buon Natale a tutti, io già ho creato un progetto per le scuole medie dal nome " Sicilia storia e cultura di un popolo", e lo sto presentando nella provincia di Messina, credo che il prossimo anno dovrei girare una decina di scuole, e mi auguro di poter incrementare le scuole negli anni seguenti...
Abate complimenti per il blog, lo leggo appassionatamente tutti i giorni...un saluto a tutti in particolare a Massimo Costa sperando di poterlo avere il prossimo anno a Messina per un convegno sullo Statuto...

Gianluca Castriciano
Ass. Culturale Voràs Zancle

L'Ingegnere Volante ha detto...

Post da incorniciare insieme al commento di Massimo Costa!

Mi unisco agli auguri di Buon Natale!

E che la nostra Patria possa finalmente risollevarsi nel 2010!

Bonu Natali, Bonu Annu!

rrusariu ha detto...

Mio commento ad un'articolo su Siciliainformazioni!

Un sistema fiscale in cui il contribuente deve fare delle previsioni e versare in anticipo l'acconto.... ma non aveva detto Berlusca che l'iva si versa quando s'incassa?


Boh, in questo paese bisogna inventarsi di tutto come poter pagare le tasse, salvo avere un'amministrazione che non ti sa dire quanto devi versare...


Conosco italiani ormai residenti da anni in Francia, in cui l'amministrazione fiscale si preoccupa lei stessa di dirti quanto devi pagare e dove vanno a finire i tuoi soldi versati. Prima ancora di andare a pagare. Se poi hai da contestare eventuali differenze e hai diritto a versare di meno, prima paghi e poi ti viene fissato un appuntamente con un funzionario dove puoi esplicare quanto pensi di dover pagare meno. Dopo entro 30 gg ti rimborsano l'eventuale differenza che ti spetta!


Qui si fanno montagne di carta ma poi sembra proprio che nessuno ... sappia leggere, beh diciamo che adesso incrociano i dati ... o le dita?


Nel 1500 in Sicilia si facevano i censimenti a scopo fiscali. Una volta stabilito quante "fuochi", famiglie, ci fossero in ogni comune, veniva imputato ad ogni comune la quota spesa dello stato siciliano, poi ogni comune si adoperavaper tassare secondo le conoscenze delle capacità reddituali locali, non voglio nascondere qui eventuali abusi.

ALmeno lo Stato Siciliano faceva la sua finanziaria, e su quello faceva le spese. Non c'era debiti pubblici, signoraggi, banche centrali, rating A+B-C++aaa-baa-etc. senza debiti siamo sopravvissuti fino al maggio 1860. Poi arrivarono "i mille contrabbandieri" e ci portarono il debito pubblico per grazia ricevuta di un re che parlava soprattutto francese alla sua corte... il prossimo anno si festeggieranno 150 anni di debiti pubblici italiani! Questa è la vera ricorrenza...

link:
http://www.siciliainformazioni.com/giornale/economia/fisco/75551/acconto-prossima-scadenza.htm

Anonimo ha detto...

Leggo un po' in ritardo i post e faccio gli auguri a tutti, e ringrazio chi mi ha chiamato in causa.
Una precisazione "pignola" all'amico Rrusariu.
I debiti pubblici c'erano pure negli antichi regimi, anche se il meccanismo di legarli all'emissione della moneta non era ancora stato inventato.
Anche il Regno di Sicilia di tanto in tanto si indebitava, ma non ricorreva ai privati, se non residualmente, ma in prevalenza alla Tavola di Palermo (banca pubblica).
Poi, a partire dal XIX secolo il debito pubblico cominciò a diventare un problema anche in Sicilia. Soprattutto dopo il '48 le finanze erano un po' sfasciate (i siciliani volevano fare la rivoluzione ma pochi erano disposti a pagare le tasse al governo rivoluzionario prima di essere certi che.. durasse). E Ruggero Settimo si trovò senza soldi, mentre Ferdinando II per la reconquista si fece fare una grossa fideiussione dal governo russo.
Nel Dopoguerra ('49) il governo siciliano (le cui finanze rimasero separate persino da quelle italiane, fino al 1862) ricorse al debito privato per sanare i conti.
La Sicilia aveva (sino al 1860) il "Gran libro del debito pubblico" ed emetteva titoli in proprio. Purtroppo il Banco dei Regi Dominii al di là del Faro (BdS) non poteva emettere moneta per un'onza in più di quanto oro possedeva, e quindi non poteva finanziare il debito con inflazione (come invece poteva fare il Banco delle 2 Sicilie, poi BdN che invece emetteva moneta per il doppio delle riserve possedute)- E i titoli monetari emessi in Sicilia non potevano circolare nel Continente mentre era possibile il viceversa. Risultato era che le finanze duosiciliane erano a credito e quelle siciliane a debito (c'era un po' di colonialismo anche allora) e che l'oro siciliano con la parità forzosa dei titoli apodissari dei due banchi finiva per affluire in parte al Continente come tassa occulta.
Insomma il debito c'era anche allora. Poi le cose sono peggiorate.
Un saluto,
Massimo

rrusariu ha detto...

Grazie Massimo per la precisazione.
Alle volte la pignoleria aiuta a scoprire pezzi di storia nascosta!

Purtroppo la storia delle finanze siciliane del 1848 dimostra certa cattiva coscienza dei siciliani a pagare le tasse.

Ma ritornando al tuo primo post e quello dell'amico Castriciano dovremmo a questo punto soprattutto focalizzare un progetto che sappia raccogliere lo spirito della nostra nazione e del nostro Popolo Siciliano.
Facendo campagna di marketing affinchè molta più gente prenda coscienza di ciò.
Tramite facebook sto vedendo un certo fiorire di iniziative ma manca un certo collante a far partire sul concreto le iniziative.

Se vuoi contattarmi la mia mail è rrusariu@libero.it

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Le spese infrastrutturali per la Sicilia erano in carico all'amministrazione centrale( il milione di ducati chiesto ai rotschild per dotare di strade la Sicilia)infatti non gravarono sul debito pubblico siciliano che fino al 1848 era pari a zero. Esso fu creato a causa delle spese fatte dal governo temporaneo siciliano nel biennio.

Inoltre le fedi di credito emesse in Sicilia potevano circolare in tutto il regno come è normale che fosse.

saluti a tutti e Buon Natale

Anonimo ha detto...

Ce l'hai un documento di bilancio che attesti ciò?

E' vero che il governo siciliano di Ruggero Settimo lasciò dei debiti, ma non vuol dire che i soldi chiesti dai Borboni ai Rotschild siano effettivamente andati in quel senso.
Sappiamo tutti che la bilancia dei pagamenti verso l'estero della Sicilia era in attivo. Non pensi opportuno verificare ciò?

McRoss

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Ciao McRoss, vi sono diversi testi che riportano queste informazioni.

Ti posso consigliare: Viabilità della Sicilia borbonica - Di Maggio - Acireale(CT) oppure Del Governo di Sua Maestà Ferdinando II in Sicilia - Napoli - 1849

Le strade, la cui costruzione è stata ordinata, furono tutte costruite, sono esistenti ancora oggi e fino al 1950(anno in cui vennero rettificate) rappresentavano le uniche arterie per collegare le varie province siciliane.

Anonimo ha detto...

Con il Comitato siamo alla fantastoria: ci hanno fatto le autostrade dal 1849 al 1859 e nessuno se ne è accorto. Le uniche strade fatte in Sicilia prima delle strade statali del XX secolo sono le regie trazzere che il governo borbonico, quando era in vena, mai dopo gli anni '30, si limitava a manutenere.

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Anonimo,
le strade statali e e provinciali non sono altro che le strade fatte dai Borbone.
Che vennero poi rettificate negli anni 50, ma ancora oggi costituiscono l'asse viario principale della Sicilia, non considerando le autostrade.
(esempio SS114 Messina-Catania-Siracusa oppure la provinciale Randazzo-Francavilla di Sicilia- Terme Vigliatore)

I Borbone furono gli unici che in 200 anni costruirono ponti, strade ed altre infrastrutture in Sicilia.

Anonimo ha detto...

Posso intervenire? Non è vero che i Borbone non fecero niente per le strade siciliane. Però per accertare i fatti non si devono dimostrare teoremi, come fa il Comitato, ma cercare la verità, anche quando non è piacevole.
Il governo borbonico, soprattutto sotto la Luogotenenza del Principe Leopoldo, inaugurò un percorso di opere pubbliche, riaprì l'università di Messina, , costituì l'istituto di incoraggiamento, etc.
Va pure detto che nell'ultima decade (gli anni '50) si fermò tutto. Il clima politico e morale del Regno volgeva al termine in tutti i sensi.
Però devo obiettare al Comitato che le strade "fatte" dai Borbone, furono in realtà in massima parte solo "rifatte". Non è una colpa dei Borbone, semplicemente allora non si concepiva ancora la grande progettualità di creare nuovi assi viari propria del XX secolo.
Alcune vie in cui è riconoscibile tutt'oggi la mano ottocentesca, nel tracciato risalivano agli antichi romani (come la Consolare Valeria che univa Palermo a Messina) o addirittura a tratte dell'antichità siceliota (come l'attuale "provinciale" che da Siracusa va verso l'interno per arrivare via via a Palermo.
Nel Medio Evo queste strade si andarono consolidando in un sistema a raggiera che si dipartiva da Palermo e che serviva per la transumanza di greggi e per gli spostamenti politico-amministrativi (eserciti, posta).
Federico II "nazionalizzò" queste strade e le costituì in Regie Trazzere. Da allora la loro manutenzione ebbe alti e bassi, anche sotto la dinastia Borbone. Ma nessuno mise in discussione i tracciati o progettò o realizzò strade nuove.
Persino i progetti di rete ferroviaria (che ho appreso dal sito del Comitato, confesso) ricalcavano minutamente quell'antica rete di strade.
E l'attuale sistema di strade statali e provinciali è ancora riconoscibile in quella rete, ma... con una piccola grande differenza.
La distinzione (con legge del 1865) delle strade in statali, provinciali e comunali, consentì di privilegiare alcune arterie e declassarne altre. E gli aggiustamenti di percorso e le aggiunte fatte da fine '800 agli anni '60 del '900 hanno completato l'opera.
Con queste "piccole" modifiche il tessuto viario della Sicilia italiana ne restò completamente modificato. Prima, con l'eccezione della costiera ionica (antichissima, ma rifatta bene solo nell'Ottocento borbonico), tutto si dipartiva da Palermo. Ora tutto il sistema viario (e ferroviario) si concentrava su Messina e sul traghetto, mentre Palermo ("delenda iam erat tunc?") veniva declassata a centro secondario di attrazione. Ognuno faccia le sue considerazioni geopolitiche al riguardo.
Sotto il governo duosiciliano questi tentativi erano invece appena appena abbozzati (la ionica, ad esempio).
Comunque in un altra cosa l'anonimo ha ragione, non so da dove prenda la fonte.
Rimosso il fratello Leopoldo dall'incarico (1835, vado un po' a memoria) per timore che si affezionasse troppo alla luogotenenza, Ferdinando II sulla Sicilia operò un giro di vite, svuotando di competenze la luogotenenza e raffreddando sino a fermare l'intervento pubblico infrastrutturale già dalla fine degli anni '30. Fra le altre cose di quegli anni fu chiusa la zecca di Palermo (per sempre? diciamo sino ad oggi). Dopo il '49 le priorità erano altre, ma timidamente qualcosa riprese. La riorganizzazione/fondazione del Banco di Sicilia (1850) e la successiva liquidazione delle Tavole di Palermo e Messina (1854). L'introduzione di un sistema postale siciliano moderno (famosi i francobolli del 1859).
L'idolatria di un sistema che assegnava alla Sicilia un ruolo tutto sommato subalterno però non ci serve.
Massimo Costa

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Certo che si può intervenire, ogni commento è ben accetto.
Ma non c'è bisogno di dimostrare teoremi, semmai di avere la buona volontà di leggere i testi che sono arrivati fino ai giorni nostri, anche quelli che non ci piacciono.

Il periodo di massima costruzione delle strade siciliane avvenne nel periodo 1832-1848(difatti è del 17 dicembre del 1838 il decreto reale che tramuta tutte le strade siciliane in provinciale in modo che si potesse intervenire direttamente sulla loro costruzione e per non consentire ai baroni che facevano continuamente pressioni per spostare più qua e più la i tracciati. Tant'è che i soldi spesi erano tanti e le strade costruite poche e fatte male) e dunque nel periodo Ferdinandeo, ci sono i documenti che lo provano e le strade sono state costruite davvero tant'è che, personalmente, ci sono passato e continuo a passarci su di esse.

L'opera di costruzione si fermò nel biennio 48-49 per poi riprendere lentamente dopo il 50.

La volontà di infrastrutturizzazione di Ferdinando II è dimostrata dalla cura che aveva anche per le altre opere siciliane come la costruzione delle linee telegrafiche elettriche che iniziò proprio negli anni '50 e furono aperte al pubblico.
Consegnata l'opera, la rete risultò la migliore del Regno.

Tornando al discorso strade, la Consolare Valeria era la strada romana di cui oggi si sono perdute quasi completamente le tracce e che alcuni studiosi hanno ipotizzato pochi tratti, in quanto nel corso di 2000 anni l'orografia siciliana, soprattutto nella costa ionica si è profondamente modificata.
Parlo di costa ionica perchè la Consolare Valeria secondo alcuni storici si dipartiva da Messina verso Siracusa mentre per altri verso Palermo, il risultato è che nei comuni che si affacciano sul tirreno e sullo jonio non è raro trovare "vie consolare valeria".

Personalmente ho visitato alcuni tratti ipotetici della Consolare e sono stretti ed irti oltre che in zone interne e collinari, mentre la "statale borbonica" rispettava dei requisiti di larghezza, ripidità e qualità della costruzione che possono essere riscontrati tutt'ora in tutta l'Isola.

Chiaramente è possibile che gli ingegneri borbonici abbiano davvero sfruttato delle zone pianeggianti dove in passato passava tale Consolare, ma ciò non significa che abbiano necessariamente trovato il lastricato, ma solo erbacce e campagna.

Per concludere, credo che non ci serva la concezione di una Sicilia considerata sempre "subalterna" quando al tempo delle Due Sicilie il rapporto con le altre regioni era più che paritario, grazie soprattutto ad antiche concessioni e se non era ricca come la Campania lo era certamente più delle altre regioni meridionali.

Ti ringrazio per avermi dato lo stimolo, di queste 2 righe ne farò un articolo.

saluti