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mercoledì, aprile 15, 2009

L'obelisco del mondo (prima parte)

Venti di profezia
parlano di nuovi dei che avanzano
Il vuoto – Franco Battiato


Premessa: La storia scritta dai romani ci dice che le donne puniche dell'isola di Mozia, oggi nel trapanese, erano orgogliose di poter donare i loro figli appena nati per quegli assassinii rituali, tanto il potere era stato capace di manipolare il popolo.

Molti secoli dopo in quei placidi lidi sbarcarono gli inglesi, che si misero subito in affari impiantando produzioni di vino Marsala da esportare attraverso il loro impero.

Fu un (siculo) inglese, Giuseppe (Joseph) Isaac Spatafora Whitaker, proprietario dell'isola, a dare inizio agli scavi archeologici nel 1906, individuandone gli elementi principali: dal Tofet (il cimitero degli infanti sacrificati), al santuario del “cappiddazzu”, al Kothon.

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Gli scavi di Mozia sono oggi divenuti uno dei principali siti archeologici della Sicilia. L'attenzione è sicuramente giustificata, essendo questo l'unico insediamento fenicio in Sicilia ad essere giunto ai nostri giorni quasi intatto. Malgrado i libri di storia siano dimentichi a riguardo, i fenici prima dell'arrivo dei greci controllavano tutti i maggiori centri dell'isola incluse Siracusa e Catania (particolare questo che contribuisce a rendere poco credibile la supposta divisione dei popoli siciliani pre-greci in Elimi, Siculi e Sicani, vedi il post “Da dove vengono i Siciliani”). Costretti a retrocedere, l'ultima loro roccaforte fu l'isolotto dello stagnone di Marsala, conquistato da Dionigi, tiranno di Siracusa, nel 397 a.c.

Gli ultimi eccezionali ritrovamenti stravolgono completamente molte delle idee sul significato dei principali edifici della cittadina, in particolare quello del cosiddetto “Kothon”.

Un dettagliato resoconto dello stato attuale delle ricerche è stato pubblicato dalla rivista “Kalòs – Arte in Sicilia”, un prodotto editoriale di altissima qualità e che mette in risalto sempre il meglio della nostra storia e della nostra cultura.

L'articolo “Il lago sacro e l'obelisco”, scritto dal Professore Lorenzo Nigro dell'Università La Sapienza di Roma e pubblicato nel numero di febbraio-marzo 2007, rende noti ad un pubblico più vasto dettagli che suggeriscono un lungo filo, sottile ma resistente, che collega l'antica Mozia con l'era moderna.

Chi ha visitato il sito, incastonato tra i cristalli di sale dello stagnone, ricorderà come la guida turistica segnalava nel quadrante sud-occidentale dell'isolotto un “bacino di carenaggio” o porticciolo dove avrebbero riparato le barche dei pescatori, appunto il “Kothon” (vedi mappa dal sito dedicato alla campagna di scavi dall'ateneo de La Sapienza).

Le ultime scoperte hanno dimostrato che il significato di questo “bacino” è totalmente differente:

Nel suo impianto originario la vasca non era collegata con il canale che, apparentemente, la connette alla laguna dello stagnone di Marsala.

Particolare che non rende plausibile il suo utilizzo quale bacino di carenaggio. Invece, a ridosso del margine orientale del Kothon è stato scoperto un imponente edificio sacro, anch'esso distrutto da Dionigi di Siracusa nel 397 a.c.

La struttura di quest'area sacra presenta dei particolari di notevole interesse: oltre una porta monumentale affaciantesi sul Kothon, all'interno del perimetro del tempio troviamo degli elementi che ci avvicinano alle origini fenicie dei coloni punici di Mozia, e cioè un pozzo sacro ed un obelisco addossato ad una piccola piattaforma cultuale.

Dal pozzo e dall'obelisco si dipartono due condotti che poco dopo si uniscono per andare a terminare nel bacino del Kothon. Questi condotti sono da mettere in relazione con un'altra recente scoperta: sul lato settentrionale del bacino, una volta prosciugato lo stesso, sgorga la stessa sorgente che alimentava il pozzo sacro. E “se si ripristina il livello originale [di 2500 anni fa, ndr] delle acque dello stagnone (...) la sorgente non è più sommersa e riprende ad alimentare la vasca del Kothon e il pozzo sacro al centro del tempio. Il Kothon appare allora come una grande piscina d'acqua dolce, la cui funzione deve essere ricercata in ambito religioso.

Secondo il ricercatore questi condotti erano “per lo scolo nel sottosuolo e lo smaltimento dei liquidi” provenienti dal consumo di libagioni nell'area cultuale. Ma il termine “smaltimento” non sembra il più appropriato, quando il canale di scolo terminava all'interno del bacino sacro fulcro del rito. Più che ad un rifiuto, quello che arrivava al laghetto tramite le canalette dovrebbe essere associato ad una offerta. E' difficile credere che un semplice canale di smaltimento possa essere stato collegato al lago sacro.

In fondo, la funzione simbolica (o anche esoterica...) di queste offerte è spiegata poco oltre nell'articolo:

al tempio degli dèi Atargatis e Hadad a Hierapolis di Siria (De Syria Dea, 12-28), dove le libagioni venivano effettuate in memoria del Diluvio, versando acqua marina in una “voragine”, e stavano a rappresentare il ritorno agli inferi delle acque dell'abisso (fuoriuscite con il diluvio), dal quale doveva riemergere la vita

inoltre per “le acque e la loro presenza nei templi (...) non [si deve escludere] il più ampio e fondante significato che alle stesse veniva attribuito come elemento di connessione tra il mondo terreno e quello sotterraneo, dal quale doveva essere riportata la vita sulla terra in occasione della primavera. Il dio Baal, nei testi mitologici della città di Ugarit, riusciva nell'impresa affrontando il malvagio dio delle acque marine Yam, un successo che si doveva rinnovare ogni anno e che era propiziato dalla sua paredra Astarte e suggellato anche da precisi eventi naturali ed astronomici[*]

L'autore ci fa notare anche un altro interessante particolare, risiedente nella prospettiva offerta a chi dal bacino osservasse la porta monumentale. In questo caso l'obelisco apparirebbe inquadrato nel portale del tempio, “in un modo che possiamo immaginare grazie alle rappresentazioni scolpite sulle numerose stele del Tofet” (vedi figura a lato).

Non dovrebbe allora sembrare troppo azzardato mettere in relazione i sacrifici di infanti (seppelliti nel Tofet) con quei rituali che si sarebbero celebrati nel tempio, tanto più che secondo quanto rivelato da un'altra campagna di scavi dello stesso Nigro (“Mozia ed il segreto di Astarte”, Archeo luglio 2008) il culto di Astarte era sentitissimo a Mozia e che incidentalmente, tra le stele del Tofet di Mozia si sono ritrovate diverse statuette rappresentanti la dea.

Se i fanciulli venivano sacrificati ai piedi dell'obelisco, allora la canaletta avrebbe portato al lago come offerta il sangue di quelle piccole vittime come elemento propiziatorio in vista della battaglia tra Baal e Yam, tramite la sua associata Astarte (o Venere, il pianeta rosso).

I collegamenti tra i sacrifici umani, l'obelisco e l'acqua sgorgante dal sottosuolo sono stati suggeriti anche altrove. Un esempio di notevole forza scenografica proviene da un film : “From hell” o “La vera storia di Jack lo squartatore” nella sua versione italiana (vedi il post “Labirinto infernale”), successo hollywoodiano interpretato da Jhonny Depp.

Secondo la versione romanzata della torbida vicenda londinese, quegli assassini sarebbero maturati in ambito massonico e sarebbero stati eseguiti secondo determinati rituali. In questi rituali l'importanza dell'elemento acqueo nel film viene suggerita senza essere citata esplicitamente. Alcuni degli omicidi avvennero in giorni di pioggia (un diluvio simbolico) mentre in un altro caso una delle vittime si vedeva riflessa nello specchio di una pozzanghera (il lago sacro, appunto) prima di essere sacrificata. Nel frattempo un obelisco viene inquadrato nel film nelle notti in cui il killer (o la setta...) agiva (vedi immagine all'inizio del post o trailer film in basso).

Per quanto questi siano solo degli artifici narrativi non verificabili nella realtà, nei resoconti dei fatti di allora si ritrova un dettaglio tralasciato nel film ma pertinente. Vicino al corpo della seconda vittima, Annie Chapman, sotto un rubinetto dell'acqua fu trovato un grembiule di cuoio sporco di sangue ed inzuppato d'acqua, come se fosse stato lavato.

La simbologia di questo ritrovamento è fenomenale: il grembiule richiama l'ambiente massonico, lavato in acqua dopo (immaginiamo) essere stato sporcato di sangue, azione che richiamerebbe i riti di Baal descritti sopra. In quel luogo ed in quel momento storico poi richiama anche il Tempio di Salomone: nella realtà quello era un grembiule da macellaio, il principale mestiere degli ebrei nel quartiere di Whitechapel a Londra sul finire del XIX secolo.

Quel ritrovamento non avrebbe dovuto incolpare gli ebrei, come credette il popolo allora (e come preferirono credere gli inquirenti). Avrebbe dovuto indicare un luogo preciso, anche in virtù del fatto che i liberi muratori fanno idealmente risalire la loro origine proprio alle congregazioni dei manovali che costruirono quel Tempio.

Come rileva il professore Nigro nell'articolo pubblicato su Kalòs, “Il portale monumentale [del tempio addossato al Kothon di Mozia, ndr] era contraddistinto, inoltre, dalla presenza di due pilastrini inseriti all'interno delle ante, privi di qualsiasi funzione strutturale,e che devono essere considerati una rielaborazione punica di un classico apprestamento dei templi fenici, già descritto da Giuseppe Flavio (C. Ap. 1, 112-127) a proposito del tempio di Zeus (Baal Shamin) a Tiro, ossia la coppia di pilastri anteriori riccamente decorati e recanti probabilmente alcuni simboli divini (e realizzato dagli architetti tirii anche nel Tempio di Salomone a Gerusalemme, secondo la nota descrizione del I Libro dei Re, 7:21)

(Fine prima parte)

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[*] L'obelisco e le due stele eretti accanto al pozzo sarebbero allineati con il punto dove, al solstizio d'inverno (21 dicembre) sorge la costellazione di Orione, il Baal fenicio. Recenti “profezie”, riportate anche dal programma televisivo Voyager, indicano per la fine del mondo la data del 21-12-2012.

Sui fenici e sui sacrifici umani vedi anche i seguenti post:
Figli di (prima parte)
Figli di (seconda parte)
Figli di (terza parte)



Ten Bells: pub o ingresso del Tempio? (vedi a 0:36”)

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