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giovedì, dicembre 15, 2005

Un ponte bipartisan

Quando si vogliono capire come vanno realmente le cose, dove è nascosta la realtà, no c'è bisogno di andare a scovare documenti segreti, di andare a parlare con testimoni scomodi, di fare ricerche negli angoli più nascosti della rete. Basta sedersi davanti al televisore ed accendere lo spettacolo coloniale.

Mentre andava in onda il solito show teleguidato, a Ballarò, martedì scorso (13 dicembre), si sono verificati almeno due fatti di una certa importanza: il primo è che la Borsellino, candidato dell'Unione alle prossime regionali, ha dichiarato a chiare lettere di essere contro la costruzione del ponte. La novità non sta nelle motivazioni (i motivi per cui il ponte è un'opera senza senso li sanno tutti) quanto nel fatto che, escluso qualcuno dei Verdi, la Borsellino è il primo esponente politico di una qualche importanza a prendere una posizione netta sull'argomento. Il ponte viene generalmente percepito come un mostro progettato dalla destra berlusconiana, ma in realtà nessuno a sinistra ha mai espresso la sua chiara contrarietà al progetto. Neanche la Lega si è poi sbilanciata più di tanto. Questo perchè il ponte è un progetto Padano, prima che di destra o di sinistra. Un po' come la terza corsia sulla Salerno – Reggio Calabria: un'opera impossibile che non sarà mai completata (per inciso, neanche la seconda corsia era mai stata completata), ma che fa girare soldi che finiscono quasi tutti alle imprese del nord, con qualche contentino (o sarebbe meglio dire finanziamento?) per la delinquenza locale. I lavori per il ponte (non il ponte in sé, sia chiaro) servono ad incanalare fondi pubblici (cioè soldi rubati ai contribuenti) verso le imprese del nord. In questo senso, a nessuno interessa se il ponte è un'opera tecnologicamente e/o economicamente possibile. L'obiettivo di tutti, a destra ed a sinistra, è quello di iniziare i lavori per sbloccare i fondi. Poi si procederà a forza di varianti per 20 0 30 anni. Un pozzo senza fondo per i conti pubblici di uno stato già fallito, un cantiere infinito in una città preparata “ad hoc” con umiliazioni di ogni sorta. Tutto questo è stato anche accennato da un intervistato durante un servizio, ma nessuno in studio osa toccare l'argomento. Che fine farebbe l'economia Padana senza questi trucchetti?

Ma dicevamo di due fatti importanti: il secondo è una dichiarazione di Nino Calarco, siciliano, presidente ad honorem della Stretto di Messina spa. Costui si lamenta del fatto che la scusa delle infiltrazioni mafiose è stata (ed è) usata come arma dal nord per impedire lo sviluppo al sud. Verissimo. Bravo. Ma come mai ce ne ricordiamo solo ora che siamo ne siamo toccati di persona?

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