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venerdì, gennaio 07, 2011

Filo da sutura

Il Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso, parlando a margine delle commemorazioni per il 31° anniversario della morte del Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, ha finalmente incluso in modo ufficiale questo omicidio nella lista di quelli eseguiti dalla mafia su commissione di una “entità” esterna.

A chi ha posto la domanda sui motivi che renderebbero così difficile l'individuazione dei colpevoli, Grasso ha risposto secco “la particolarità del movente e la complessità dei moventi dell'omicidio. E' una mia intuizione che però non posso dimostrare, trovando gli esecutori materiali e i mandanti interni ed esterni a Cosa nostra” (“Grasso: "Lo Stato non contribuì a verità sull'attentato all'Addaura" . Poi sull'omicidio Mattarella: "Attività di depistaggio di Vito Ciancimino" ”, SiciliaInformazioni.com 6 gennaio 2011).

Per capire i moventi generali dell'omicidio Mattarella è necessario ricostruire l'ambiente politico in cui egli si muoveva. Grasso ne è pienamente cosciente, ed infatti aggiunge che “si trattò di un delitto politico-mafioso, che non è solo mafioso e non è solo politico”, parlando anche di alcuni depistaggi che cominciarono immediatamente dopo la morte del politico democristiano.

Di questi depistaggi ci siamo in parte già occupati nel post “Girotondi” (21 ottobre 2009) ricordando la testimonianza della moglie della vittima che riconobbe un estremista di destra (Fioravanti) come killer del marito e come detta testimonianza fu “insabbiata” da coloro che conducevano le indagini.

Abbiamo anche delineato altrove quale potrebbe essere stato il motivo scatenante che fece scattare il semaforo verde per il commando omicida pochi giorni dopo che il nostro ottenne una importante fetta degli utili su un gasdotto (si vedano il post “Doccia fredda” del 12 gennaio 2009 e l'articolo di SiciliaInformazioni.com “Gas, dall’Algeria in Sicilia e Sardegna”, 18 novembre 2007)

Tornando ora ai moventi generali, qui evidenzieremo solo che Mattarella appartiene ad una ben precisa categoria di politici democristiani definita non tanto da una qualche alleanza esplicita, ma da un “retroterra” culturale.

Nel 1971 egli affermavala necessità che la politica di centro-sinistra assuma un significato riformatore per una coraggiosa eliminazione di talune vistose sperequazioni e che la DC, partito di maggioranza relativa, sappia mantenere l'iniziativa e la guida politica”. Tradotto dal “politichese”, per riformare la Sicilia e debellare il fenomeno “mafioso”, secondo lui la cura non era altro che un governo di larghe intese che arrivasse a reclutare il PCI alla causa nazionale. Per questo avviò in Sicilia un confronto con i comunisti, allora guidati da Pio La Torre (come suona forte l'allarme...) ad immagine e somiglianza di quello avviato da Moro (sempre più forte...) con Berlinguer.

Possiamo stendere un filo “rosso” che partendo da Milazzo e passando appunto per Mattarella e Moro arriva all'attuale Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo con il suo governo puntellato dal PD regionale). Tutti democristiani che hanno seguito la strada del “compromesso storico”. Compromesso storico che a questo punto riesce difficile da leggere solo come “espediente” politico, visto che non fu affatto elaborato a Roma da Moro ma trae origini da più antiche vicende.

Leggendo quei nomi, il moderno cattedratico risorgimentale esclamerebbe tutt'al più (e con malcelato fastidio): “3 su 4 siciliani”. Chi invece conosce veramente la storia sarebbe costretto a dire “4 su 4 Siciliani”: solo un Siciliano potrebbe avere quel cognome, “Moro”. Ovviamente non si fa riferimento alla Sicilia in senso geografico, ma politico: Aldo Moro era di origine pugliese (provincia di Lecce), e dunque suddito del Regno di Sicilia. A questa spasmodica ricerca della “sutura” tra destra e sinistra qui si vogliono assegnare come detto origini culturali. Il Regno di Sicilia normanno infatti non era altro che un punto di sutura tra oriente ed occidente. Andando oltre la cortina fumogena delle ideologie non possiamo non notare come durante la guerra fredda quell'oriente era rappresentato in Italia (dal punto di vista squisitamente politico) dal Partito Comunista.

L'uomo del sud, grazie al suo retroterra culturale arabo-normanno, grazie a quella sintesi tra est ed ovest che fu il Regno di Sicilia (una sintesi ancora evidente nell'architettura della sua capitale, Palermo) capisce che la salvezza risiede non nello scontro tra le parti, ma nella ricomposizione del dissidio.

Un occidente votato in tutte le sue componenti alla totale sottomissione dell'altro da sé, visto sempre come un nemico, non può che trovare in quei tentativi di “sutura” delle minacce mortali da estirpare nel modo più radicale possibile.

Sanità, malgrado il TG1 a Palermo si curano i mali del mondo


1 commento:

Comitato Storico Siciliano ha detto...

Gli Stati Uniti si sono sempre serviti di Gladio per il contrasto del comunismo in Sicilia e molte stragi sono state accollate alla mafia con cui Gladio aveva comununque un rapporto diretto.

E' noto che Gladio proprio per il suo carattere anti-comunista, pescava uomini tra gli ambienti neo-fascisti italiani, così come i primi componenti di Gladio furono addirittura ex della X° MAS.

Ciò spiegherebbe l'assassinio del comunista Pio La Torre(opposizione ai missili americani di Comiso) dell'omicidio Mattarella(ucciso guardacaso da neofascisti, per aver fatto il compromesso con i comunisti). Stessa sorte toccata ad Aldo Moro.

La vera guerra fredda si è combattuta in Sicilia ed i morti sono stati giustificati dalla mafia.