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domenica, febbraio 07, 2010

Giù la maschera

Nel corso del documentario “Maradona”, il Pibe de oro discute con il regista serbo (Emir Kusturica) i motivi del ritardato intervento occidentale per fermare la disastrosa guerra che distrusse negli anni '90 la oramai ex Yugoslavia: il menefreghismo degli USA Diego lo spiega con la mancanza nei Balcani di petrolio.

La spiegazione non è però convincente: è vero che da quelle parti non vi sia granché nel sottosuolo, ma a quanto pare in un prossimo futuro del prezioso liquido ne dovrebbe scorrere parecchio in superficie.

I progetti sul tavolo sono almeno tre: da un lato il South Stream, proposto da ENI (Italia) e Gazprom (Russia), dall'altro il cosidetto AMBO (Albania-Macedonia-Bulgaria-Oil pipeline) e il Nabucco (oleodotto Turchia-Austria), ambedue caldeggiati dall'occidente.

Di questi quello che oggi sembra avere più possibilità di essere realizzato, malgrado gli uffici di Londra e Washington, è proprio il South Stream che lo scorso anno ha ricevuto il disco verde anche dalla Bulgaria.

I progetti concorrenti hanno trovato poco entusiasmo nella stessa Bulgaria ed in Asia Centrale (Nabucco) oppure si sono ritrovati dentro un vicolo cieco (AMBO)

Il tracciato di quest'ultimo prevede di portare il greggio dal Mar Nero sino al porto Adriatico di Vlora in Albania. A parte il punto interrogativo rappresentato ancora una volta dalla Bulgaria, il problema principale è dato dal destino di questo greggio una volta arrivati a Vlora: dall'altra parte si trova infatti la Puglia, il cui posizionamento politico sembra oramai destinato a ricalcare quello Siciliano, lontano dagli interessi occidentali.

Anche per questo l'enclave Kosovara sempre aver perso l'attenzione della UE, che ora sembra temporeggiare sul suo destino. In quell'enclave gli americani avevano piazzato una base militare, Camp Bondsteel, che a quanto pare doveva servire a sorvegliare quel vitale oleodotto.

Ora i russi rispondono creando un centro di coordinamento per le emergenze intorno all'aeroporto di Nis in Serbia, a suo tempo diligentemente bombardato dagli “alleati”, che ovviamente genera il sospetto di una base militare appena appena camuffata e strategicamente piazzata lungo il tragitto del South Stream.

Questa settimana l'Economist riprende l'argomento infastidito forse dall'impennata dell'attività di Mosca nell'area e preoccupato dal contemporaneo ritiro americano da Kosovo:

Dopo la guerra gli americani costrirono Camp Bondsteel, una base capace di ospitare 7000 uomini, in Kosovo. (...) Ci sono solo 1400 soldati americani lasciati nel Kosovo. Quando il numero totale di soldati guidati dalla Nato nel Kosovo scenderà dagli attuali 10000 ai pianificati 2300, Camp Bondsteel potrebbe chiudere per sempre. ("Base Camps", 4 febbraio 2010)

Chiaramente la breve vita della repubblica Kosovare rischia di giungere ad un precoce capolinea.

Dall'altra parte, in Serbia, dove è stato rinnovato e riaperto al traffico internazionale l'aeroporto Costantino il Grande di Nis, i preparativi fervono. Il settimanale britannico questa volta non riesce più a trattenersi e strappa la maschera agli infidi siciliani:

Windjet, una compagnia aerea low-cost italiana, ha appena iniziato i voli verso l'aeroporto di Costantino il Grande.

Sì, proprio Windjet, la compagnia di Antonino Pulvirenti presidente di quel Catania Calcio sulla cui panchina da poche settimane siede il serbo Sinisa Mihalovic (si veda il post “Panchine scottanti”).

La dipartita politica di Silvio Berlusconi (si veda il post “Mi arrendo”) con il suo viaggio a denti stretti in Israele ed il successivo annuncio dell'abbandono dell'Iran da parte dell'ENI (“Italy's ENI to pull out of Iran”, Washington Post 4 febbraio 2010), se da un lato potrebbe avere indebolito l'alleanza con Gazprom alla base della realizzazione del progetto South Stream, dell'altro ha lasciato liberi i siciliani di stabilire relazioni più dirette e proficue con Mosca.

Speriamo che la prestigiosa citazione sull'Economist non porti scalogna all'imprenditore siciliano.


Chi gioca veramente per il Catania?


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Non sempre le citazioni sul famoso settimanale di propaganda capitalista portano fortuna alle compagnie aeree. Si veda a questo proposito il post “A noi! Addis Abeba”.

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