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lunedì, ottobre 16, 2006

In nota alla proposta dei politici siciliani per l'autofinanziamento del ponte

Questo blog ha espresso un giudizio poco favorevole alla realizzazione del Ponte sullo Stretto (vedi articolo), posizione questa non pregiudiziale o ideologica ma basata su diversi indirizzi di sviluppo e comunque all'interno (almeno idealmente) di un dibattito aperto e franco che coinvolga l'intero Popolo Siciliano, per lo meno nelle sue componenti di rappresentanza (politica, civile, imprenditoriale), dibattito che dovrebbe produrre una maggioranza democratica.

Per onestà intellettuale devo però aggiungere che il beneficio del ponte ai trasporti ferroviari sarebbe innegabile, tanto da poter ritenere il collegamento ferroviario come l'obbiettivo principale dell'infrastruttura, in quanto l'unico capace di trainare lo sviluppo del territorio grazie all'apporto logistico dato allo smistamento delle merci ed all'intercettazione di un traffico passeggeri che preferirebbe la comodità del treno allo stress del volo aereo moderno.

Detto questo, credo però si debba riflettere su due punti:

1) I benefici dovuti allo sviluppo di tale collegamento sarebbero sicuramente considerevoli per la Sicilia (meno per la Calabria, che vedrebbe sminuita l'importanza di Gioia Tauro), ma si estenderebbero all'Italia ed all'Europa intera, che potrebbero contare su di una logistica più efficiente ed economica. Ecco perchè esiste il corridoio Berlino-Palermo: per cercare di compensare la posizione marginale dell'Europa continentale rispetto alla Centralità Mediterranea della Sicilia, e non viceversa!!! (e comunque è importante rilevare che questo corridoio esisterà con o senza ponte)

2) Significativamente, il progetto attuale non è accompagnato dai complementari progetti per collegare le reti ferroviare sulle due sponde. In questo modo il ponte servirebbe veramente a poco. Il suo scopo sarebbe quello di "far lavorare" alcune imprese settentrionali con limitate ricadute locali durante la costruzione e quasi niente dopo, visto che poi dovremo comunque implorare Roma di portare la TAV a Reggio Calabria.

Alla luce di queste due considerazioni, inviterei innanzitutto la classe dirigente siciliana a riflettere sull'opportunità di mettere i soldi dei siciliani in QUEL progetto di ponte, così com'è praticamente inutile allo sviluppo della Sicilia.

Dopodichè vorrei capire perchè i Siciliani dovrebbero farsi le opere "pubbliche" con i loro soldi metre al nord utilizzano i nostri soldi per fare le loro, inutili per noi. Per di più un'opera pubblica di interesse europeo, e non solo locale.

L'affermazione di Di Pietro, riguardo la disponibilità del governo ad accettare un autofinanziamento dei siciliani, oltre che furba, è di una gravità senza eguali, in quanto pone un pericoloso precedente rendendo esplicito e legalizzando l'immenso travaso (forse furto sarebbe più appropriato) di risorse che ogni anno fluisce da sud verso nord.

Se la Sicilia deve finanziarsi da sola le opere "pubbliche", al contrario delle altre regioni italiane, ne risulta di conseguenza che la Sicilia non è parte dello stato italiano.

La verità è che oramai l'unione della Sicilia all'Italia è un fatto puramente ideologico e non sostanziato da efficienti "economie di scala" o da chiari intendimenti culturali (quelli storici non sono mai esistiti). In pratica siamo indecentemente caduti in un paradosso secondo cui la Sicilia fa parte dell'Italia solo perchè ci ricordiamo di averlo letto sul nostro sussidiario.

L'unica speranza per la classe politica siciliana è di prendere atto con coraggio (e riconosco che per certe cose di coraggio ce ne vuole) della situazione e di alzare il livello dello scontro. Altrimento il suo irreversibile destino sarà quello di essere scavalcata e spazzata via dall'onda del divenire della geopolitica attuale, che non è più quella che detta classe politica, ancorata ad una superata visione democristiana (in senso politico) del mondo, crede che sia.

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