La 'ndrangheta come al-Qaida: ecco come l'Italia giustifica agli occhi del mondo l'oppressione del sud
La 'ndrangheta come al-Qaida: ecco il surreale titolo di un articolo a tutta pagina apparso lo scorso 23 novembre sul Sole 24 ore. Che significa? Che un kamikaze reggino abbia cercato di uccidere un alto esponente del governo? Che un altro aereo da turismo si sia schiantato contro il Pirellone ma il pilota questa volta era di Locri? Che dietro uno stabilimento d'acqua minerale calabrese si nascondesse in realtà una fabbrica di armi di distruzione di massa? No, ovviamente. Però leggendo il fantasioso articolo dell'autorevole giornalista del Sole (Claudio Gatti) si scoprono cose interessanti: che la 'ndrangheta usa tecnologie sofisticate “quali le comunicazioni VoIP via web” (personalmente, non so programmare nemmeno una sveglia ma ho un telefono VoIP in ufficio), che la 'ndrangheta “agisce in ogni angolo del mondo, dalle Americhe all'Europa, dall'Asia all'Oceania” (cioè che, per esempio, in Calabria - Europa - si è trovata droga di provenienza Colombiana – Americhe – e qualche calabrese emigrante in Australia – Oceania – se ne è portato un po' d'appresso facendo uno stop-over a Singapore - Asia), che come “non è stato casuale che al-Qaida abbia colpito le Torri Gemelle ... così non è stato casuale che la 'ndrangheta abbia ucciso Francesco Fortugno” (ci manca solo che qua si mettano ad ammazzare le persone a caso...), che “Africo, il paese dell'Aspromonte, non somiglia forse - anche dal punto di vista SOCIAL-TOPOGRAFICO - ad un villaggio sulle montagne afgane?” (ovviamente no, ma presentandolo così chi si lamenterà se un giorno decidiamo di chiudere i suoi abitanti in un lager?), e via così con altre amenità, il tutto condito con gli oramai stantii rapporti tra abitanti ed affiliati (una specie di indice di mafiosità per classificare i terroni).
Articoli e servizi come questi, che cercano di legare la mafia al terrorismo internazionale, ad esempio associando la latitanza di Provenzano a quella di Bin-Laden, circolano già da un po' di tempo. D'altronde l'improvviso interessamento dello stato alle vicende calabresi appariva sospetto. Ed infatti, visto che in Sicilia non succede più niente di eccitante, bisognava mettere nuovamente il Sud Italia sotto i riflettori (negativamente) con qualcosa di nuovo ed eclatante, e l'uccisione di Fortugno ne ha dato l'occasione.
Ma cosa ci guadagna il “sistema Italia” da tutto questo? Tante cose: l'isolamento del Sud Italia a livello internazionale, appoggio per la repressione sociale e culturale che si continua ad attuare da quasi 150 anni oramai, il mantenimento dello stato coloniale al sud (se non li teniamo a bada chissà cosa sarebbero capaci di fare), una scusa morale per la disastrosa situazione economica in cui versiamo, vergogna dell'occidente tutto. Ed infine la parte più inquietante: la mano libera nell'uso della forza qualora troppi terroni si decidessero ad alzare la cresta. Anche, se fosse il caso, andando a bombardare qualche villaggio afgano che, non si sa come, si sia ritrovato a stare isolato sull'Aspromonte. Social-Topograficamente parlando.
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