Padania sbranata (seconda parte)
Il cinico gioco di Mosca (abbasso Gheddafi, lunga vita a Gheddafi) non è poi così difficile da capire: prima ha fatto intendere di voler scaricare il rais libico vietandogli addirittura l'ingresso nel paese e favorendo l'impantanamento occidentale in una lunga guerra di posizione, ora il Cremlino preme affinché questa guerra si allunghi il più possibile. La difficile situazione di Berlusconi non ha minimamente preoccupato il duo Putin-Medvedev.
Ed infatti a partire dal voto delle Nazione Unite sulla Libia la posizione di Arcore è precipitata. Il 18 aprile uno dei pezzi strategici più importati dell'arsenale del cavaliere è saltato: secondo il resoconto di Repubblica “Giuseppe Recchi è stato indicato nuovo presidente dell'Eni al posto di Roberto Poli, storico commercialista di Silvio Berlusconi, mentre Scaroni è stato confermato ad. Recchi, scelto personalmente da Tremonti, è uno stimato manager della multinazionale americana General Electric.”[*].
Sarebbe proprio Tremonti il “traditore”, come già a suo tempo segnalato da Il Consiglio (Si veda il post “La sfilata di Tramonti” del 1 giugno 2009), e come indicato dal titolo del pezzo di Repubblica (“Tremonti e l'allarme Usa sull'Eni «Col gas russo spinti troppo in là»”, 18 aprile 2011). Già nel 2008 Tremonti veniva segnalato dall'ambasciatore americano a Roma come “particolarmente convinto dell'esigenza di riequilibrare la politica energetica con i russi”.
Va da sé che una volta scollegata l'ENI da Berlusconi, anche l'entente cordiale tra il cane a sei zampe e Gazprom potrebbe presto entrare in un vicolo cieco.
Sino a ieri Scaroni aveva tenuto testa alle pressioni degli USA riguardo ai rapporti di ENI con i russi. Basti pensare che ancora a gennaio in una intervista su La Stampa, si concedeva il lusso di esprimersi senza mezzi termini riguardo alla possibile sinergia tra il progetto South Stream (portato avanti da ENI e Gazprom ma inviso agli americani) e quello del gasdotto Nabucco (caldeggiato dalla UE):
«C’è una parte “a terra” che potrebbe farli viaggiare paralleli, dalla Bulgaria in su. Un anno fa avevo pensato che si potessero ridurre gli investimenti con un tratto comune. Poi il tema è morto, perché il Nabucco non mi sembra avanzi. Non si può essere sinergici con chi non esiste».
(Scaroni: "Così ci siamo spiegati con l’America", La Stampa 11 gennaio 2011)
Ma oggi, dopo la defenestrazione di Poli e le pressioni di Tremonti rafforzate dalla debilitata posizione politica di Forza Italia, non sarebbe prudente scommettere sulla ripetizione di quelle parole. La posizione del ministro dell'economia è in ogni caso perfettamente coerente con il quadro geopolitico internazionale: tramontata la speranza di un sostegno russo, l'unica mossa che può in qualche modo aiutare ad arginare l'avanzata delle potenze economiche europee nel nord Italia evitando di essere sbranati senza opporre resistenza è quella di un riavvicinamento a Washington.
Meno comprensibile è invece la confusa virata verso Parigi che sta tentando Berlusconi (vedi la novità del coinvolgimento degli aerei italiani nei bombardamenti di Tripoli...) con il rischio di spaccare la sua stessa maggioranza che ora tenta di mettere il piede in troppe staffe dopo aver perso sia quella libica che quella Siciliana (si veda il post “Un cavaliere senza più staffe”): quella anglosassone (Tremonti), quella tedesca (la Lega) ed appunto quella francese.
Mosca dal canto suo non è da meno. Il nord Italia viene certamente visto dal Cremlino come facente parte dell'Europa sia dal punto di vista storico che da quello culturale. Immischiarsi nelle faccende del vecchio continente sarebbe visto da Francia e Germania come un ingresso a gamba tesa nella loro sfera di influenza. Al contrario il miglioramento delle relazioni con le due potenze europee fornisce a Putin il supporto necessario per allontanare la Nato dai suoi confini. Niente lacrime dunque sulla fine della luna di miele dalle parti di un ramo del lago di Como.
Diverso è il caso della Sicilia e del Sud Italia (Puglia in particolare), due aree dove il profumo d'oriente si respira ad ogni piè sospinto: i legami con Bisanzio prima e con la Russia zarista dopo non si sono mai del tutto spenti ed oggi ritornano prepotenti alla ribalta.
A questo proposito basti notare la recente acquisizione da parte di Lukoil del pacchetto di maggioranza della raffineria Isab di Priolo, la più grande in Sicilia (si veda il post “Nel segno dell'Ariete”, 28 febbraio 2011). Una mossa che regala una certa profondità strategica al centro del Mediterraneo Senza scordarci del nostro uomo al Cremlino (si veda il post del 2 dicembre 2010) che ora spinge anche la produzione agricola siciliana nella sua seconda patria (“I prodotti d'eccellenza made in Sicily sbarcano in Russia”, SiciliaInformazioni.com 22 aprile 2011):
“Creare una piattaforma Sicilia - osserva Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Mosca e rappresentante in Russia del gruppo Intesa Sanpaolo - deve rappresentare il punto di partenza per attivare il rapporto di collaborazione tra mercato e aziende”
Come hanno reagito i russi? “La Federazione russa e' ben felice di accogliere le aziende siciliane nel proprio mercato”: parola di Alexey Meshkov, ambasciatore russo in Italia... o in quel che resta di un'Italia fatta a pezzi.
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[*] Un altro “americano” dopo Marchionne alla FIAT....
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