Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

domenica, gennaio 25, 2009

Repubblica Etnea

Il mare colore del vino. Una delle più poetiche e struggenti immagini mai usate per descrivere la Sicilia. Ripresa nel novecento da Sciascia, questa frase antica di millenni racchiude ora la nostra storia legandola indissolubilmente a quelle di tutte le altre civiltà mediterranee.

Furono i greci, in tempi arcaici, a sentire per primi l'incanto di quella scia misteriosa che il sole seminava al tramonto sulle onde guidandoli verso i fertili campi della Sicilia e dell'Italia meridionale. La più antica testimonianza della pittorica visione ci è stata lasciata dal poeta Ermippo di Smirne, ma è facile vedere come essa fosse già in uso in tempi omerici, nascosta nel nome che alle nostre terre venne dato: Enotria, la terra del vino, quando di vino se ne produceva ben poco in queste contrade occidentali.

Ma quella scia non era esclusivamente il sole a lasciarla nelle ore del tramonto. Ad occidente vi era anche qualcos'altro, qualcosa di terribile e maestoso, faro di tutti i popoli antichi, divinità degli inferi posta al centro delle rotte di ogni civiltà. Ad occidente vi erano i vulcani, e quella scia colore del vino era anche il riflesso sulle limpide acque joniche delle fontane di lava del più imponente di essi, l'Etna.

Quando i greci sentirono quel richiamo che li spinse a seguire il voluttuoso colore, il nostro Mungibeddu (dall'arabo “ghebel”, montagna) si chiamava già in quel modo. Si è sempre chiamato così, sin da quando la civiltà come noi la intendiamo mosse i suoi primi timidi passi sulle sponde dell'oriente mediterraneo. Aitna (con “Ai” diventato in latino “Ae” e poi semplicemente “E”) è la nostra stessa ancestralità, la memoria della nostra alba, l'inizio del nostro genotipo.

Il suo nome è la radice indoeuropea rappresentante il fuoco: “idh” o “aidh”, ardere. Un nome che non è mutato ma che continua a bruciare perenne da quell'alba mediterranea.

Da quella radice, usata per la fornace di quel gigantesco Dio degli inferi, anche le piccole fornaci grazie alle quali l'uomo poteva forgiare armi sempre più temibili presero il nome. Ed ancora una volta il significato di quella scia venne traslato ad indicare l'aura proveniente dall'interno di quei piccoli inferni in cui tanti mortali Plutone lavoravano incessantemente con l'incudine ed il martello davanti al forno rovente.

I Greci infatti si dirigevano ad occidente anche perchè lì si trovavano le miniere ed accanto ad esse le fornaci che producevano le loro preziose leghe. Fu così che presto quella zona della odierna Calabria , tramutando come per l'Aitna il “dh” in “t”, prese in nome di Italia.

Fine della nostalgica storia. Che fantasia, diranno forse i saputelli cattedratici nostrani.

Nel XVI secolo Carlo V, Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia e di Napoli, fece emettere una moneta con impressa la trinacria circondata dal motto “ex visceribus meis” (in Italiano “dalle mie viscere”) poiché l'argento con cui fu coniata era stato cavato in Sicilia, nelle vicinanze di un piccolo paesino del Valdemone: Itala.

E' un po' come il discorso che fanno sempre i Siciliani, anche se nessuno li vuole ascoltare: la regione non è Sicilia, ma Siciliana. Alla stessa maniera in cui, come dimostrato sopra, la Repubblica non è Italia, bensì Etnea.


[Continua a leggere...]

venerdì, gennaio 23, 2009

Napolitano si è fermato a Reggio

L'ultima volta lo abbiamo visto defilato riparare all'isolotto di Stromboli grazie alla scialuppa della capitaneria di porto, mentre a Palermo ben altro tipo di scialuppa portava ospite il Sultano dell'Oman.

Nei giorni scorsi (15 gennaio) quel povero Cristo di Napolitano non è più riuscito neanche a sfiorarlo il territorio della Nazione Siciliana e si è fermato oltre faro, in quel di Reggio Calabria, per una visita di due giorni. Tre chilometri più a sud l'Arcivescovo di Messina, Mons. Calogero La Piana, nel frattempo iniziava l'assalto per la liberazione della città di Messina rompendo il secolare silenzio sulla “cappa massonica” che avvolge la città:

«C'è una forma di ipocrisia che è tipica della nostra città. Una città che troppo spesso vive di effimero e di apparenza. E l'ipocrisia è l'espressione di una realtà più vasta che è la massoneria. La nostra è una città che vive sotto una cappa massonica che controlla tutto e tutti, che impedisce lo sviluppo per poter dominare tutto»

Ed a poco servono le allucinate parole di replica del Grande Oriente d'Italia che, a mezzo del notaio Silverio Magno, piccato, puntualizza (La Gazzetta del Sud, 14 gennaio 2009):

Nelle 11 logge [?] del Grande Oriente esistenti in città, non si discute di affari, né di politica; si parla di come sia possibile elevare l'uomo, affrancarlo dai “metalli” [??] che ne sviliscono l'esistenza (...) Riteniamo che Messina non abbia bisogno di fantasmi o di anatemi, ma usando espressioni a noi care, operai che sappiano lavorare le Pietre [???] della virtù, dell'altruismo e della disponibilità etc etc.

Servono a poco perché nel confronto tra il numero di logge citato dall'uomo di chiesa («tra 32 e 38») e quello dichiarato dall'avvocaticchio (e nell'ipotesi che nessuno dei due sia completamente uscito di senno) c'è la conferma dell'esistenza di numerose logge segrete che parlano e straparlano proprio di affari e di politica [*].

L'area dello stretto aveva già visto attestarsi i due nemici su queste posizioni in un'altra recente occasione. Per l'anniversario dell'immane terremoto di Messina, avvenuto il 28 dicembre del 1908, una particolare agenzia di stampa fu diramata da una massoneria sin troppo loquace negli ultimi tempi:

“(...) la massoneria calabrese del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani commemorerà l'evento con un concerto di musica sacra cui faranno da cornice una introduzione dello storico Santi Fedele dell'università di Messina e le conclusione del gran maestro Raffi.”

Anche Raffi, Gran Maestro dell'Oriente d'Italia, sembra essersi fermato a Reggio. E siccome il fraseggio dei comunicati stampa non è mai casuale, l'Arcivescovo ne deve aver tratto le conseguenze che lo hanno portato a pronunciare (ed era ora, direi!) l'anatema di cui sopra.

Altri strani movimenti che denotavano un qualche cambiamento, come l'accucciarsi di Sgarbi all'ombra di Lombardo ed il lento spostarsi dell'Innominato verso lo stesso, sembrano ora tutti preamboli al simbolico capolinea di Reggio al quale si sono fermati determinati poteri “occidentali”. Il nemico riconosce la nuova linea del fronte con una ritirata sperando anche di lasciare i Siciliani (ed i loro alleati “esterni”) al faro, impedendogli di raggiungere l'obiettivo finale: la Puglia, ultima speranza rimasta all'Europa per affrancarsi dal ricatto energetico russo.

Pochi giorni fa a proposito della crisi del gas nostrana (poi terminata in coincidenza di quella russo-ucraina) avevamo scritto che: "L'Italia è già divisa in due: la Sicilia e la “Padania” (...) Il sud Italia invece è ancora conteso (...). Ed è per via di questa contesa che il governo nazionale (svuotato di ogni reale potere) è surrettiziamente tenuto in vita (...). Sarebbe preciso interesse dei “padani” fare precipitare gli eventi staccando la spina a Montecitorio e lasciando che la Sicilia vada per i fatti suoi sin da subito senza più avere la possibilità di immischiarsi politicamente in questioni d'oltre faro."

Torniamo a chiederci: è veramente questa la situazione?

Non appena Napolitano segnala il capolinea di Reggio Calabria, improvvisamente tutti i nemici interni di Lombardo, da Castiglione, presidente della provincia di Catania e delfino di Firrarello, sino all'ascaro Enzo Bianco, ex sindaco della città etnea, prendono il treno. Ma non per ritirarsi definitivamente dall'isola. Solo per arrivare a Palermo. Ed accortisi, dopo qualche decennio, che ci vogliono ben 5 ore per percorrere 200 km, invocano finalmente la costruzione della linea veloce tra le due città, l'opera simbolo della libertà e dell'autonomia della Sicilia:

«E’ una vergogna contro cui bisogna battersi, al di fuori di ogni schieramento politico. Negli anni sia il centrodestra sia il centrosinistra hanno dimenticato il Mezzogiorno. Di fronte a situazioni come questa, dobbiamo battere i pugni sul tavolo tutti insieme, anche con iniziative clamorose come questa, per reclamare il diritto di essere una regione moderna che può guardare con fiducia al suo sviluppo»

Già, “negli anni” tuona Bianco... ma lui, ex ministro dell'interno, dov'è stato sino a ieri?

Insomma, tutto un crescendo che tende a stravolgere le posizioni e che porta allo scavalcamento della retorica autonomista del Presidente Lombardo da parte di quegli stessi che fino a pochi mesi fa chiedevano l'intervento dell'esercito nell'isola per ammazzare definitivamente ogni speranza di autonomia reale.

Con la ciliegina della clamorosa seduta all'ARS di ieri (21 gennaio) in cui “San Gennaro” ci ha fatto il miracolo, per dirla alla napoletana. Ecco come la racconta il quotidiano di Parlagreco:

I deputati del parlamento regionale per una volta si trovano tutti d’accordo, fanno pressing sul governatore Lombardo e votano all’unanimità due mozioni presentate dal Pdl e dal Pd, che mirano a salvaguardare gli interessi siciliani. Una, quella del centrodestra, applica l’articolo 37 dello Statuto, che prevede la riscossione da parte della Regione delle imposte pagate dalle imprese industriali e commerciali che hanno stabilimenti nell’Isola, ma sede centrale in altre Regioni d’Italia. L’altra, presentata dal Pd, primo firmatario il deputato questore Baldo Gucciardi, impegna il presidente della Regione Raffaele Lombardo a intervenire urgentemente affinché al disegno di legge delega sull’attuazione dell’art.119 della Costituzione sul federalismo fiscale, in discussione al Senato, vengano apportate modifiche “tali da rispettare la specialità siciliana e salvaguardare la piena attuazione delle norme sancite dallo Statuto autonomistico”.

Siamo al paradosso: mentre l'MPA rimane avvinghiato all'inconsistente stato italiano, lo stesso stato sembra volerci (finalmente...) mandare via per davvero. E Lombardo, legato mani e piedi non più a Roma o ad Arcore, ma a Mosca, non vuole acconsentire. Rischiando anche di essere veramente scavalcato e di vedersi nuovamente piombare l'insulso Napolitano a Palermo a riprendere possesso.

Se da un lato questa “richiesta” di separazione della Sicilia potrebbe essere una vera sfida dietro la quale si nasconde un insidioso tranello, dall'altro quali ragioni potrebbero esserci per continuare a temporeggiare?

Dall'unificazione ad oggi questa è la prima volta che la Sicilia si trova in una posizione di forza reale nei confronti di Roma. Applicando lo Statuto tutti i rapporti finanziari tra stato centrale e regione sarebbero regolati, costringendo Palermo a “vivere di quello che ha”. Tanto per fare un esempio, una volta applicato lo Statuto Berlusconi non potrebbe più “salvare” Catania. Visto che nel primo periodo di “autonomia” ci saranno sicuramente vacche magre per tutti, Lombardo potrebbe voler “spremere” il più possibile.

Abbiamo poi il “problema” russo. L'appoggio alla Sicilia non viene certo gratuitamente. Uno degli obiettivi russi è il controllo del sud Italia e della Puglia in particolare. Lombardo non può certo lavarsene le mani. Staccare la spina ora vorrebbe dire lasciare momentaneamente la preziosissima penisola pugliese all'Europa. Da qui la necessità di temporeggiare ulteriormente.

Rimane poi il discorso della sicurezza interna in Sicilia. Avere il nemico a pochi chilomentri di distanza non è certo una bella prospettiva. Come già detto altre volte, si rischierebbe una “belfastizzazione” di Messina. Quindi Lombardo ha le “sue” ragioni per voler fare le cose con calma. Vediamo quanto dovremo ancora aspettare.

E chissà che la prossima volta Napolitano non si debba fermare ad Eboli.

[*] Le parole del notaio non sembrano dirette a noi, ma ai poveri ingenui iscritti a quelle 11 logge ufficiali, la fede dei quali alle parole del prelato potrebbe aver vacillato infiltrando in essi il sospetto di essere semplici paraventi per le ben più significative logge segrete.
[Continua a leggere...]

martedì, gennaio 20, 2009

Sotto i raggi del sole


[Continua a leggere...]

domenica, gennaio 18, 2009

Dov'è la festa?

Il 63° anniversario della firma dello Statuto Siciliano si avvicina. L'Altra Sicilia anche quest'anno si sta occupando dell'organizzazione di un evento ufficiale che lo ricordi, organizzazione alla quale partecipa anche Il Consiglio con un piccolo contributo.

L'Altra Sicilia ha in questi giorni diramato un comunicato ufficiale per rendere noti la data ed il luogo in cui l'evento si svolgerà. Riporto di seguito il comunicato in versione integrale insieme al video di presentazione.

Chiedo nuovamente a tutti di dare un importante segnale partecipando con una cifra anche simbolica all'organizzazione della festa in quanto essa rappresenta una grossissima opportunità per fare in modo che la voce di chi per anni ha lottato per un cambiamento vero nella politica siciliana venga finalmente ascoltata.

Sul sito dell'evento è pubblicata una lista delle donazioni sino ad ora ricevute.

Antudo!

Quest'anno, il 15, 16 e 17 maggio prossimi, L'Altra Sicilia e il Comune di Adrano organizzano la Festa dell'Autonomia, che si svolgerà nei comuni di Adrano e Biancavilla per celebrare il 63° anniversario della conquista dell'Autogoverno da parte del Popolo Siciliano.

L'avvenimento avverrà sotto il patrocinio e con il contributo dello "Stato regionale di Sicilia", assicuratoci dal Presidente Raffaele Lombardo, al quale va intanto il nostro riconoscimento per la grande sensibilità dimostrata di fronte a una ricorrenza così importante per le istituzioni di una comunità politica che dovrebbe essere sovrana e che soltanto in questi anni, anche grazie alla nostra campagna di sensibilizzazione, sta riscoprendo le proprie potenzialità.

Un ringraziamento sentito e particolare va anche al Sindaco Giuseppe Ferrante ed all'assessore competente Salvatore Rapisarda che hanno fatto quest'anno della loro città, l'antica Adernò, l'antico insediamento dei Siculi, una roccaforte della sicilianità che sta risorgendo in tutti noi.

Noi abbiamo cominciato a rivendicare l'importanza della Festa dell'Autonomia già dal 2005 e il tempo ci ha visto perseverare dando sempre maggior lustro a quella che dovrebbe essere non solo una ricorrenza ma anche una vera solennità civile, una vera "festa dei siciliani" ,tutti, senza assurde distinzioni politiche che in questa occasione dovrebbero essere messe da parte: in primo luogo siamo cittadini siciliani e apparteniamo ad un popolo di antichissima civiltà che non ci sta a sparire come qualcuno avrebbe forse voluto ma che rinnova ogni anno il proprio orgoglio.

Nel corso dei tre giorni ci saranno occasioni di intrattenimento, esposizioni e dibattiti aperti a tutti, perché vogliamo che la Festa dell'Autonomia sia una festa popolare che chiuda per sempre con le algide celebrazioni nel chiuso di teatri. Finora il Popolo Siciliano è stato sequestrato dalle proprie istituzioni e dalla propria stessa patria: è ora di liberarlo, moralmente, economicamente e politicamente, per lasciare ai nostri figli una Sicilia diversa e di nuovo di tutti noi.

La Festa cade anche in un momento istituzionalmente assai delicato. Si parla finalmente di applicazione dello Statuto e di come ciò potrà convertire una massa di sudditi in una vera cittadinanza.
In questo e per questo la partecipazione dello stesso Governo della Sicilia sovrana e semi-indipendente darà una rilevanza e un lustro che mai la Festa era riuscita ad avere sinora, forse per qualche gelosia e litigiosità di precedenti governi, ma che ora vogliamo metterci dietro le spalle perché è il tempo di costruire la Sicilia che verrà.

W il Vespro! W la Sicilia!
ANTUDO

Ufficio Stampa
L'Altra Sicilia



[Continua a leggere...]

sabato, gennaio 17, 2009

Pomodoro marcio

La fertilità dei terreni siciliani è nota a tutti. In queste contrade baciate dal sole ed asperse di cenere vulcanica la natura è generosa, e la sapiente mano del contadino ha saputo aggiungere del suo, creando varietà autoctone di ogni frutto o ortaggio conosciuto. In Sicilia si fa manipolazione genetica da millenni e con risultati molto più soddisfacenti di quelli ottenuti dalle multinazionali anglosassoni. Bisogna ammetterlo però: ogni tanto qualcuna di queste “manipolazioni” non porta i frutti sperati.

Una di queste creature mal riuscite è in mostra in questi giorni a Milano, dove fino al 22 marzo sarà possibile ammirare le “Grandi Opere 1972-2008” dell'artista oriundo siciliano Arnaldo Pomodoro.

L'interessante (?) notizia viene quaggiù diffusa da Claudio Alessandri attraverso le pagine di SiciliaInformazioni (“Pomodoro, in mostra le sue grandi opere 1972 - 2008: l'affaire del portale bronzeo del Duomo di Cefalù” del 9 gennaio) senza risparmiare invettive contro gli ingrati conterranei di cotanto artista.

Motivo della “raggia” (trad. italiano: rabbia), proprio quel portale indicato nel titolo. Nel 1997 l'allora Presidente della Provincia Regionale di Palermo, Pietro Puccio, ha deciso “l’affidamento allo stesso di un portone bronzeo da collocare a chiusura del portale del Duomo di Cefalù, fino a quel momento costituito da un portone ligneo risalente al XVIII sec. in pessime condizioni di conservazione e privo di qualsiasi pregio artistico [sic!].” Solo che ancora oggi quell'arido portone ligneo del 1700 rimane al suo posto. Nessuno in Sicilia sembra volere veramente collocare quell'opera all'ingresso della Sacra Dimora dei resti mortali dei gloriosi eroi normanni.

A noi che di arte siamo digiuni sinceramente quella porta (foto a lato) fa ribrezzo. Ma Monsignor Valenziano, il Vescovo che presiede l'Opera del Duomo, è uomo di mondo, per cui crediamo che Sua Eccellenza se non si è ancora pronunciato apertamente debba aver visto qualcosa di poco chiaro nell'opera. In particolare, lo strano disegno collocato sul portone sembra idealmente riallacciarsi ad un discorso spirituale diverso da quello previsto:



E se la cosa a qualcuno sembra casuale, andando sul sito del pelato artista (www.arnaldopomodoro.it) si nota come questa strana piramide con l'occhio sovrapposto di muratoria memoria sia (insieme ad altri di matrice simile) un motivo ricorrente della sua produzione.

Il sito è seminato delle sue opere: troviamo la gigantesca piramide-obelisco denominata “Punta d'Oro” per la laica Turchia dei generali (non realizzata). Poi la “Piramide della mente” descritta come “una grande costruzione piramidale, di cui rimangono visibili solo frammenti della base a sorreggere una lucente cattedrale fatta di raggi di luce, allo stesso tempo mentali e spaziali” e destinata alla californiana Silicon Valley (non realizzata). E così via attraverso sfere tutto-vedenti e pitagoriche spirali, sino ad arrivare al monumentale “In memoria di Giovanni Falcone” (foto a lato), così descritto:

"Per ricordare Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia insieme alla moglie Francesca Morvillo e agli agenti della scorta, Pomodoro ha pensato ad una gigantesca freccia che si spezza penetrando sotto l’autostrada Palermo-Trapani nel luogo dell’attentato, Capaci, per uscire dal lato opposto, come se una mano gigantesca l’avesse conficcata nel suolo spaccandone l’esile superficie, per poi piegarla verso l’alto sotto l’impatto di una forza tremenda. Il progetto, che prevedeva anche una sala memoriale sotterranea a pianta circolare [l'occhio, ndr], è rimasto sospeso nella fase iniziale e non ha avuto seguito."

Sarà. Ma a noi quella freccia senza base per l'inserimento dell'asta di legno ricorda sempre la stessa salsa: una piramide che messa lì, in agguato ad aspettare il passaggio dell'eroe pronta a scattare per travolgerlo, ci procura un certo disagio.

Ritornando alla questione della porta, anche il critico d'arte in odor di zolfo Vittorio Sgarbi si è messo nel mezzo come un cetriolo ed apparentemente disattendendo le nostre aspettative si è dichiarato contrario al piantare quei cardini nelle sacre pareti della “fabbrica”. Ecco come Alessandri descrive la cosa:

“guardandosi bene di affrontare la validità dell’opera dello scultore romagnolo, oppose una obiezione che evidenziava il suo grande acume artistico cioè, quell’opera importantissima avrebbe potuto trasformare il resto della “Fabbrica” in semplice cornice all’opera di Pomodoro”

Sgarbi non si è espresso sul valore artistico dell'opera, ma si esprime in modo sin troppo chiaro sul suo valore spirituale: “avrebbe potuto trasformare il resto della “Fabbrica” in semplice cornice all’opera di Pomodoro”. Quasi quasi si ci inginocchierebbe di fronte a quel “capolavoro”. Ma Sgarbi sa quanto sono sottili i Siciliani, e quell'opera è troppo sfacciata per i sudditi dei Normanni.

Dal sito del bucolico artista inoltre si apprende benissimo come non siano solo i presunti conterranei a rifiutare la realizzazione di certi progetti altamente spirituali. Addirittura la sua Porta d'Europa (a lato) era destinata ad una piazza di Bruxelles:

Questa porta è stata progettata per la piazza Montgomery a Bruxelles per celebrare i mille anni della fondazione della storica capitale belga ed ha un valore rappresentativo delle relazioni fra le nazioni europee; ma non è stata poi realizzata.

La foto offre la prospettiva vista dalla strada che vi sarebbe dovuta passare in mezzo, ed è evidente come l'ideale circolarità del movimento delle ante sulla rotaia (I due elementi della porta, articolati fronte e retro, sono disposti in modo da potersi muovere su una rotaia circolare) avrebbe creato la solita piramide troncata con l'occhio posto in cima. Come mai persino la Comunità Massonica Europea ha rifiutato un'opera così sublime? Si deve riconoscere che in quella cucuzza (trad. italiano: zucca) c'è del genio.

Il problema del Pomodoro è che le sue opere sono troppo esplicite, precorrono troppo i tempi. Pomodoro corre troppo. Lui è già maturo. Ma il popolo non è ancora abbastanza bue per tale solare rivelazione. Ed i Siciliani sono troppo sottili e taglienti per accettare in “dono” una porta da adorare come un idolo: alla prima occasione gliela sbatterebbero in faccia. La riprova si è avuta in un febbraio di fine millennio.

Quello zozzone dell'ex sindaco di Catania (no, non mi riferisco al “brasiliano”, così soprannominato per via di alcune sue debolezze tropicali, ma a quello precedente, Enzo Bianco) pensò bene di fare un regalo alla città in occasione della festa della Santa Padrona della città, S. Agata, nel 1999.

Egli fece realizzare al Pomodoro un immenso cero (simbolo della devozione dei catanesi a S. Agata) da collocare in una piazza cittadina che una volta acceso si sarebbe dovuto consumare durante l'arco dei giorni finali culmine delle celebrazioni, sino a spegnersi da solo l'ultimo giorno mentre il fercolo rientrava in cattedrale.

La Santa ci ha fatto il miracolo? Forse no, ma per lo meno avrà suggerito a qualcuno cosa fare per evitare che scendendo dalla montagna i devoti trovassero i catanesi adoranti un vitello d'oro (o meglio, di cera). Il giorno dell'accensione erano tutti presenti, dallo zozzone al transgenico artista. Ma niente catalizzò l'attenzione di tutti più delle attonite ed impaurite espressioni dei due mentre osservavano il cero sciogliersi nel giro di pochi minuti (circa 30) invece che nei previsti 3 giorni.

L'episodio fu ripreso persino da Striscia la Notizia, e poi condito da una voce rivelatrice diffusasi a Catania secondo la quale Bianco era stato preso per i fondelli da qualcuno che aveva fatto la cresta sulla qualità della cera. Sarà. Per fortuna la storia di quest'isola ci ha insegnato quanto velocemente certi “idoli” si consumano. E che cosa resta di loro.

Potremmo chiederci cosa resterà un domani di questo Pomodoro, allora. Il suo capolavoro dovrà conservarselo in scatola? La verità è che noi qui puntiamo ancora sull'agricoltura biologica. Di falsi profeti in patria ce ne sono già abbastanza in giro. La porta per ora può restare a marcire alla mostra di Milano.



Cero? Ma quale cero e cero: quello è un obelisco pagano, zozzoni!

[Continua a leggere...]

giovedì, gennaio 15, 2009

Eutanasia di uno stato

L'assessore Gianni ha dato mandato agli uffici di predisporre l'invio degli ispettori nelle stazioni minerarie di pompaggio per verificare se tutto è in regola e in caso di minima inadempienza l'ordine è di chiudere gli impianti.

L'eventuale chiusura di stazioni si ripercuoterebbe sulla produzione di energia, riducendo la quota che la Sicilia destina alle altre regioni d'Italia. Gli ispettori del corpo delle miniere in Sicilia hanno compiti di polizia per via delle norme contenute nello statuto autonomistico.
[*]

La crisi del gas italiana, parallela a quella sviluppatasi tra Russia ed Ucraina, esattamente come quest'ultima non sembra calmarsi. Ed esattamente come l'altra sembra nascondere motivi più seri e più profondi di quelli esplicitamente dichiarati.

Vediamo di cercare di capire quali potrebbero essere queste motivazioni.

Inizieremo analizzando più attentamente la famosa Ansa diramata in risposta alle affermazioni di Frattini circa la “sicurezza” delle forniture italiane.

Già quel comunicato da parte della Regione Siciliana doveva essere stato motivato da qualcosa, altrimenti difficilmente avrebbe avuto quel tono canzonatorio nei confronti del ministro. La frase “L'eventuale blocco della fornitura di gas dalla Russia non creerà problemi alla Sicilia” fa il verso al "Non c'è pericolo di restare al freddo in questo inverno" riferito all'Italia intera. Ma la cosa più rilevante è che la bordata finale (“ci sono risorse sufficienti anche per cedere parte del gas a Regioni che potrebbero essere in difficoltà”) non proviene dall'assessore con pari competenze alla regione come dovremmo aspettarci in una risposta perfettamente a tono. La risposta viene da una municipalizzata qualunque (l'ASEC di Catania nello specifico).

Quello che dice il paragone è che il ministero dello stato italiano non conta nulla, non solo nel senso di rappresentatività del ministro in carica, ma anche come istituzione.

Il comunicato targato MPA (ecco perchè la municipalizzata è quella di Catania) afferma chiaro e tondo che lo stato italiano non esiste più. Il parlamento nazionale è un vuoto simulacro messo lì a coprire un realtà che verrà presto rivelata al popolo bue in modo brutale, non appena certi assetti saranno raggiunti.

Ecco invece che non appena la Lega si muove (“se non viene cancellato l’emendamento della Lega”) il corrispettivo isolano (l'assessore-ministro Gianni) fa lo stesso. Ci stiamo avvicinando a chi comanda realmente, anche se non ci siamo ancora, altrimenti lo stesso Lombardo si sarebbe esposto.

Allora chi è che comanda veramente al nord Italia (l'Italia unita non esiste più, al momento è già spaccata in almeno due tronconi, forse tre)?

Verrebbe da dire Berlusconi, ma le sue dichiarazioni sempre più apertamente russofile [**] anche nel caso della lite tra Mosca e Kiev («Capisco le ragioni di Gazprom») danno adito a qualche sospetto. Sembra cioè che Berlusconi abbia quasi completamente perso il controllo sulla Lega, che ha da tempo mostrato un certo feeling con la sinistra veltroniana gettando la maschera e schierandosi apertamente con il suo vero padrone, rappresentato da quel sole che usano come simbolo: l'Entità.

La questione può essere letta in almeno un paio di modi diversi.

Da un lato la querelle potrebbe avere lo stesso obiettivo ed essere coordinata con l'azione di Putin (pressioni sull'Europa, ad esempio riguardo ad Israele). Dall'altro potrebbe essere scaturita da quelle motivazioni a carattere “locale” a cui abbiamo fatto riferimento nel post precedente: non si starà per caso lottando per il controllo della Puglia e del costruendo metanodotto di collegamento con la Grecia?

Dobbiamo aspettare che gli eventi si svolgano per capire qualcosa di più. Nel frattempo possiamo trarre subito le conclusioni che questo scenario suggerirebbe.

Secondo quanto esposto, l'Italia è già divisa in due: la Sicilia e la “Padania”, come indica quel comunicato “preparato” dall'azienda del gas catanese.

Il sud Italia invece è ancora conteso tra le due parti. Ed è per via di questa contesa che il governo nazionale (svuotato di ogni reale potere) è surrettiziamente tenuto in vita.

Dalla riunione di Palermo e da certi segnali provenienti dall'estero (le visite del Sultano dell'Oman e le avances fatte da Gheddafi) deduciamo i Siciliani in vantaggio.

Se è così sarebbe preciso interesse dei “padani” fare precipitare gli eventi staccando la spina a Montecitorio e lasciando che la Sicilia vada per i fatti suoi sin da subito senza più avere la possibilità di immischiarsi politicamente in questioni d'oltre faro.

[*]Energia, continua il braccio di ferro tra l'assessore Gianni e la Lega. Inviati gli ispettori nelle stazioni minerarie di pompaggio”, SiciliaInformazioni del 14 gennaio 2009).

[**] Certe frasi riportate dal Corriere della Sera che si sarebbero detti Putin ed il Cavaliere («ho voglia di vederti», «vieni a Mosca quando vuoi», si sono scambiati i due amici nel corso della telefonata) suggeriscono del “tenero” tra i due: Berlusconi è per caso pronto a fuggire dall'Italia ed a riparare in Russia, alla Craxi?
[Continua a leggere...]

lunedì, gennaio 12, 2009

Doccia fredda

«La smettete con quel rubinetto? Sto ghiacciando!». Sembra la solita scaramuccia in famiglia mentre il papà si fa la doccia prima di accompagnare i figli a scuola. Me se quel rubinetto invece di regolare una portata d'acqua, regola una fornitura di gas, allora siamo di fronte a qualcosa di molto più serio.

Il recente (ennesimo) blocco delle forniture di Gas attraverso l'Ucraina apparentemente per una lite tra Mosca e Kiev non fa altro che mettere di nuovo in luce la dipendenza energetica dell'Europa verso il gigante russo.

Mentre i russi e l'occidente si rimpallano le colpe del blocco, la tempestività con cui sotto Natale la lite è scaturita rispetto ad altri avvenimenti fa però affiorare qualche sospetto in più relativo alla vera funzione di Kiev in tutto questo.

I Paesi esportatori di gas hanno compiuto un importante passo per la creazione di un cartello del settore, sul genere di quanto l'Opec rappresenta per il mercato petrolifero mondiale. A Mosca martedì 23 dicembre è infatti nato un gruppo formale che però, dicono i soci fondatori, non controllerà nè la produzione nè i prezzi del gas. Il cartello sarà creato come club e chiamato Gas Exporting Countries Forum (Gecf) e raggrupperà 16 produttori, riferiva il Sole 24 Ore.

Ma altre testate hanno usato toni diversi. Ad esempio La Sicilia del 24 dicembre iniziava il pezzo relativo [*] con un avvertimento: “Brutte notizie per l'Europa e per l'Italia sul fronte energia”, che accoppiato alle parole di Putin («l'era del gas a buon mercato» sta per finire) la diceva lunga sul reale scenario che si starebbe venendo a creare.

Questa “contemporaneità” di eventi, dicevamo, fa sorgere qualche dubbio sugli ucraini: quanto il susseguente “furto” di gas da questi perpetrato fosse in realtà caldeggiato dalla stessa Mosca? L'obiettivo della crisi era veramente ottenere i pagamenti da Kiev, o piuttosto minacciare Bruxelles?

Il “forum” avrà sede in Qatar e comprende 16 paesi produttori, tra i quali Qatar, Iran, Libia, Algeria e la stessa Russia: ci avviciniamo e quote di mercato che superano l'80% e che permetterà al cartello di decidere unilateralmente i prezzi (al contrario dell'OPEC, pupazzo occidentale con quella strana sede in Austria).

Ma non solo. Il progetto sotto sotto prevede anche il controllo delle infrastrutture necessarie al trasporto della preziosa fonte di energia, alla quale hanno affidato il loro futuro praticamente tutte le nazioni occidentali, quelle europee più delle altre.

In Italia nel frattempo si è persa un'altra buona occasione per starsene zitti:

L’Italia comunque corre rischi relativamente modesti. Gazprom non è l’unico fornitore, ma anzi il secondo; la maggior parte del gas arriva dal Nord Africa.

Sproloquia Panorama. Ed anche Frattini non è da meno:

«Non c'è pericolo di restare al freddo in questo inverno che è appena iniziato, perché le riserve strategiche che abbiamo sono così ampie e abbondanti da non creare problemi e poi perché diversifichiamo le nostre forniture»

Tale sicumera meritava una lezione. Ed infatti ecco che il 7 gennaio esce fuori un Ansa con un testo che nell'ultimo capoverso diventa a dir poco ambiguo:

L'eventuale blocco della fornitura di gas dalla Russia non creerà problemi alla Sicilia, che si rifornisce dalla Libia con un metanodotto. Lo sottolineano fonti qualificate dell'Asec, la società partecipata del Comune di Catania che si occupa di distribuzione del metano. L'approvvigionamento dalla Libia è continuo e ci sono risorse sufficienti anche per cedere parte del gas a Regioni che potrebbero essere in difficoltà.

Il testo implicitamente sussurra al ministro Frattini che quelle risorse potrebbero anche non essere sufficienti, ed allora altro che “Non c'è pericolo di restare al freddo”. Il pericolo c'è eccome, se a qualcuno qua sotto gli girano. La diversificazione di cui si gonfia il petto il ministro infatti non sono altro che la Sicilia e presto la Puglia, una volta che il rigassificatore di Taranto e la connessione con la Grecia (la connessione Grecia-Italia progettata da Edison) saranno completati.

Luoghi che guarda caso sono stati anche meta delle misteriose vacanze del Sultano dell'Oman (ora parte del “forum” del gas) e che stanno attirando simili attenzioni anche dal colonnello Gheddafi (anche lui, ora parte del “forum” del gas) [**].

Con l'Ucraina sotto ricatto, e la Sicilia ed il Sud dell'Italia liberate dal giogo europeo, la UE (piano padano incluso) non ha vie d'uscita. Ed hanno voglia di dilapidare risorse in antieconomici progetti quali il Galsi (il metanodotto Algeria-Sardegna-Italia, con l'Algeria sempre parte del “forum”) o il rigassificatore di Rovigo per tagliarci fuori: tramite queste opere il gas arriverebbe comunque a prezzi ben più alti rispetto a quello pugliese e siciliano.

Piersanti Mattarella aveva visto giusto 29 anni fa quando ottenne la “partecipazione alla società di gestione del tratto sottomarino del gasdotto che avrebbe assicurato alla Regione, tramite l'EMS, il 30% degli utili derivanti dai pedaggi pagati da coloro che avrebbero usufruito della infrastruttura”. Purtroppo per questo motivo fu ucciso pochi giorni dopo (antimafiosi, vergognatevi tutti) e di quella condotta non si fece nulla. Ora però di amici ne abbiamo parecchi, e la storia potrebbe non ripetersi esattamente come in quel tragico 6 gennaio 1980.

[*] "Putin battezza a Mosca l'«OPEC» del gas", La Sicilia 24 dicembre 2008

[**] Il Sultano, prima di arrivare a Palermo, era già stato in visita a Bari. Mentre Gheddafi, che sappiamo avere sempre la Sicilia “nel cuore”, ha di recente teso una mano verso la Puglia.
[Continua a leggere...]

giovedì, gennaio 08, 2009

Il centro del mondo

L'argomento religioso negli ultimi post sembra essere stato portato prepotentemente alla ribalta. Dietro questo “revival” non si cela la voglia di predicare o di convertire. L'obiettivo de Il Consiglio non è cambiato: svelare, togliere il velo che ricopre i fatti che accadono intorno a noi e mostrarli nella loro cruda essenza. O almeno provare a farlo.

L'unico lusso è il punto di osservazione, cioè la Sicilia: nessun mistero su questo.

La religione assume una posizione predominante in funzione del fatto che, volenti o nolenti, le motivazioni di fondo che hanno mosso (e che tuttora muovono) le azioni dell'uomo (che ci piaccia o no) siano quasi esclusivamente religiose. Mistiche, esoteriche se preferiamo.

Questo rende automaticamente la neutralità (anche nel senso di ateismo) una chimera, uno stato del sè inadeguato ed inattuabile. Rende la neutralità sinonimo di ignavia. E non è detto che in questo campo l'ignavia abbia spazio reale, poiché molto probabilmente tutti siamo destinati a prendere una parte, volenti o nolenti.

Ma chi ha il coraggio di guardare sotto il velo potrà schierarsi con consapevolezza, dall'una o dall'altra parte. Altrimenti, qualcuno sceglierà per lui. E forse è proprio questa l'ignavia: quella di lasciare che qualcun altro scelga per noi.

Per vedere all'opera tutto questo oggi faremo un viaggio nel centro del mondo: la Palestina (delusi che non sia la Sicilia?).

Ne abbiamo sentite di tutti i colori: genocidio, terrorismo, guerra, ribellione, razzi, carri armati, cessate il fuoco e nuove offensive. Tutti fanno politica intorno a quella striscia di terra. Perché?

“Fanno politica”. Che è come dire che la verità non è tutta in quelle parole. Come sempre c'è qualcosa un po' più in là. Un “più in là” che è sotto gli occhi di tutti, contenuto nelle Sacre Scritture. E la verità è la stessa per tutti: cristiani, musulmani, ebrei e pagani. Tutti ruotano intorno allo stesso luogo, alle stesse parole.

Gli obiettivi di ciascuno sono scritti e per capire cosa sta realmente succedendo a Gaza basta aprire il libro e leggere.

Partiamo dagli israeliani. Il loro obiettivo finale non è semplicemente la sopravvivenza di Israele. Non è l'espulsione dei palestinesi. Non è neanche il loro annientamento (genocidio). Il loro vero obiettivo è la ricostruzione del tempio si Salomone. Tutto il resto è funzionale a questo. Questo perché le profezie dicono che una volta ricostruito il tempio, il loro messia arriverà ed essi domineranno il mondo.

Tocca ora ai cristiani. Negli Stati Uniti (ma non solo...) essi hanno appoggiato Bush senza tentennamenti. Che a sua volta ha fatto lo stesso con gli israeliani. Nuovamente, la spiegazione è nelle Sacre Scritture: una volta che gli ebrei conquisteranno il mondo, saranno annientati. Seguirà il trionfo di Cristo ed il giudizio universale. C'è un qualcosa di perfido in questa visione: per Cristo non si può fare del male neanche se il nostro scopo è legittimo.

Passiamo ai pagani, alla “Entità”. Il discorso qui è un poco più complesso. Ci dà una traccia uno studioso siciliano, Sigismondo Panvini, che nel suo ultimo libro (“Geometrie del male” [*]) scrive:

“La Bibbia è il codice della massoneria, che deve essere interpretato come un percorso a ritroso dell’intera storia umana, che comincia da Mosè e si conclude con la creazione, preceduta da un tragico diluvio.”

I vertici (l'Entità) che controllano la massoneria sono pagani. Il loro obiettivo è quello di un ritorno al “paradiso terrestre”. E' possibile quindi che stiano cercando di ri-avvolgere gli eventi e, dopo la ri-costruzione del tempio, abbiano intenzione di ri-crocifiggere il Cristo. Dopo Babilonia (vedi guerra in Iraq) ri-porteranno gli ebrei in Egitto (pensiamo a quanto di egiziano ci sia nei riti massonici). Infine, dopo il diluvio (tutte le storie sullo scioglimento dei ghiacci vi dicono niente? Comunque l'arca di noè è già pronta...), ri-condurranno l'umanità nel paradiso terrestre con una nuova creazione (studi sul DNA), allegoria dietro cui si cela la ri-nascita dell'ancestrale religione universale (circoli di pietra e sacrifici umani annessi): quella naturale.

Ed i Palestinesi? Separare il popolo palestinese dagli altri musulmani sarebbe un errore. I musulmani rivestono in questo momento un ruolo cruciale: il loro obiettivo è quello di proteggere la spianata delle moschee a Gerusalemme, il luogo dove il tempio di Salomone una volta sorgeva. E siccome sono in ritirata di fronte all'avanzare dell'impero, all'avanzare di questa “Entità”, hanno lasciato una retroguardia a cercare di ritardare (e possibilmente fermare) questa avanzata.

Ecco cosa ci fanno i Palestinesi a Gaza e nelle altre enclavi, ecco perché non se ne vanno ed anzi gli altri paesi arabi impediscono loro di scappare. Perché quella è la loro funzione: quella di resistere sino all'ultimo uomo. I Palestinesi sono la loro (e pure la nostra, in verità) retroguardia. Ed anche quella degli stessi Ebrei, che oggi l'Entità usa per i suoi fini ma che poi renderà schiavi come tutti.

Quello che gli arabi vogliono è impedire la ricostruzione del tempio. E gli israeliani non hanno nessuna intenzione di compiere un genocidio: i palestinesi devono cacciarli via. Non hanno alternative se vogliono raggiungere il loro scopo.

Da questo è possibile anche comprendere meglio il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, e la sua negazione dell'olocausto. Egli non nega l'olocausto come fatto storico (i campi di concentramento sono esistiti eccome, e di ebrei lì ne sono morti a milioni). Egli lo nega dal punto di vista ideologico. Nega cioè che l'obiettivo finale possa essere mai stato lo sterminio totale degli ebrei (di conseguenza ritenendo errato il termine “olocausto”). Il vero obiettivo era costringerli ad andare via, ad accettare di trasferirsi nella Terra Promessa.

Esattamente quello che Israele tenterebbe di fare oggi.

I Siciliani di qualunque credo, per tentare di sventare questa visione malata delle Scritture come un libro di ricette sulle quali mettere il prezzemolo prima di servire, non devono cedere alla violenza sparando inutili razzi su Israele o bruciandone la bandiera. E non possono voltare le spalle confidando nel “giudizio universale”, ma di fatto lasciando strada libera al male. Devono aiutare i palestinesi a porgere l'altra guancia sostenendo la loro fermezza nel rimanere nella Terra Santa. L'entità ha fretta, ed un ulteriore ritardo, anche minimo, potrebbe essere quello a lei fatale.

Per l'ignavia, dicevamo, non vi è spazio alcuno.

[*] La citazione proviene da un post del blog di Paolo Franceschetti. Non ho ancora letto il libro, spero di colmare presto questa lacuna.



Look at me
Across the border
To Paris boulevard
Je me souviens now
do centro del mundo
that's rising into my mind

Follow me, meravigliosa
no homeland and no disguise
my rendez-vous c'est
au centro del mundo
ni tengo nombre tonight

Am I in no time?
Am I in no space?
Au centro del mundo
centro del mundo

Before I die
quiero salir de esta vida
to be inside
mi casa is called now
el centro del mundo
es mi destino to fly

From a tribe
venue d'etoiles
pour chercher des espoires
my rendez-vous c'est
au centro del mundo
that's rising into my mind

Am I in no time?
Am I in no space?
Au centro del mundo...

[Continua a leggere...]

lunedì, gennaio 05, 2009

Il Vangelo secondo Giuffrè

Lo scorso 9 novembre il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso durante l'inaugurazione dell’istituto superiore di tecniche investigative dell’Arma a Velletri, ha fatto alcune dichiarazioni che ad alcuni sono sembrate eclatanti, ma che in realtà sono datate, ed anche di parecchio.

In particolare una frase sembra avere suscitato meraviglia:

“la mafia pur avendo sempre avuto interessi propri è stata anche portatrice di interessi altrui: in tantissime occasioni entità esterne hanno armato la sua mano”

Ma queste cose Grasso le ha dette e ripetute più volte almeno dal 2001 quando, ancora procuratore di Palermo, in un libro intervista disse (Il Corriere della Sera, 20 maggio 2001):

«Entità esterne, almeno in tantissime occasioni, hanno armato la sua mano. La convivenza tra Cosa Nostra e il sistema di potere, e quindi la politica, è molto di più di una semplice ipotesi investigativa. Ecco perché considerare Cosa Nostra un anti-Stato si è dimostrato un grossolano errore. Cosa Nostra molto spesso è stata lo Stato.»

Ed ancora:

«La campagna stragista, diffusa sull'intero territorio nazionale, con ogni probabilità non fu opera esclusiva del vertice di Cosa Nostra»

Ed è oltremodo interessante il cappelletto che l'autore dell'articolo, Gianluca Di Feo, pone sopra ai due stralci riportati:

Il procuratore rilegge tutti i misteri siciliani del dopoguerra: dalle gesta del bandito Giuliano alla morte del fondatore dell' Eni Enrico Mattei, dall' uccisione del generale Dalla Chiesa a quella del parlamentare comunista Pio La Torre. Per arrivare a una conclusione agghiacciante: «Cosa Nostra, pur avendo sempre interessi propri, è stata contemporaneamente portatrice di interessi altrui.»

Queste parole sembra che allora siano cadute nel vuoto. Ed anche ora sembra che lo siano visto che i vari antimafiosi dell'ultima ora (ripeto: ma dove vi eravate nascosti sino al 1992, mentre Pippo Fava veniva scannato come un cane in un 5 gennaio come questo?) continuano a chiedere cascando dalle nuvole «chi sono queste “entità”».

La sorpresa di Antimafia2000 (da cui ho tratto quest'ultimo interrogativo) è però più che legittima:

Nonostante queste gravissime dichiarazioni la notizia non ha avuto praticamente nessuna eco.

Il motivo è semplice, ed anche ovvio. Ma nessuno se lo vuole confessare. Se queste dichiarazioni non suscitano sorpresa il motivo può essere uno solo: tutti sanno tutto. Proprio così. Tutti gli apparati dello stato, dal presidente, al parlamento, ai vertici dei servizi di sicurezza sanno «chi sono queste “entità”».

Ma allora che senso hanno le interrogazioni parlamentari, le commissioni d'inchiesta, i discorsi alle inaugurazioni, i libri? Hanno un senso, ma esso è assolutamente contrario a quello che crediamo noi.

Le commissioni d'inchiesta servono a capire sino a che punto ha capito chi non dovrebbe capire. Capito? Con queste pantomime, i vertici delle istituzioni possono tastare il polso e fare un punto preciso della situazione. Se l'interrogato non sa come funziona il sistema, finisce male. Ma se lo sa, come Grasso, dice solo quello che capisce di poter dire e lancia un avvertimento: state attenti a quello che fate perchè ho le spalle abbastanza coperte da poter dire queste cose.

E Grasso a quell'inaugurazione li aveva avvertiti, ripetendo nuovamente le stesse cose dette diversi anni prima. Ma i destinatari dell'avvertimento, testardi, non ne hanno voluto sapere. E così il 17 dicembre sono stati costretti a “suicidare” Tanino Lo Presti[*].

A coda di quanto detto, poiché strettamente correlate all'identificazione di queste entità (che chi vuole vedere ha già visto...) si possono aggiungere alcune dichiarazioni del pentito Nino Giuffrè, braccio destro di Provenzano, pubblicate in un articolo di Antimafia2000 del 18 luglio 2008 e riferentesi alla cattura di Riina ed alla mancata perquisizione del covo di questi:

“Quello era il sacrificio più importante, per quel momento per cercare, da un lato di mettere fine alla figura di Riina come la persona che aveva scatenato il finimondo, … diciamo principalmente diciamo Totò Riina lo sapevano gente nostra dov’è che stava… e per l’intento che era ben preciso, sacrifichiamo Riina per salvare Cosa Nostra e tutto il resto”.

In pratica queste entità per riparare i danni causati da Falcone, sacrificarono Riina e tennero al sicuro Provenzano per il dopo, quando la mafia sarebbe potuta nuovamente tornare utile. Solo che questo momento non è più arrivato. Oramai il meccanismo era bruciato, e dopo l'arresto dei Lo Piccolo hanno deciso di chiudere l'intera operazione. E di questo abbiamo già parlato.

Ma ancora qualcuno chiede di sapere chi siano queste entità. Ecco allora come lo stesso Giuffrè sintetizza quello che successe nel 1992:

“C’era una divinità che dovevano essere offerti dei sacrifici umani”

Non sappiamo il contesto esatto in cui è stata pronunciata la frase dalla grammatica incerta, ma non vi sono motivi per dubitare che sia servita a riassumere con una metafora il passo riportato sopra, come descritto da Anna Petrozzo nell'articolo.

Ma Giuffrè potrebbe aver voluto rivelare anche dell'altro. Viene in mente S. Matteo, l'unico che ci racconta della strage degli innocenti perpetrata da Erode. Secondo alcuni commentatori (anche cristiani) questo evento non avrebbe fondamento storico. Sembrerebbe che Matteo in quel racconto abbia voluto rivelarci qualcosa di diverso, e cioè i sacrifici di infanti compiuti dallo stesso Erode, celandoli dietro una metafora.

Il pentito di mafia fa l'operazione inversa, e dietro la metafora cela l'entità.

[*] A proposito del suicidio del Lo Presti, visto come i precipitosi "rifondatori" abbiano messo in pericolo "l'entità", ne ha riferito anche l'Economist (edizione del 20 dicembre 2008) definendolo un "apparent suicide". Il significato corrente di "apparent" in inglese è opposto a quello italiano e vale per "chiaro, evidente". E così lo leggerà il lettore "medio". Ma il lettore "esperto" si rende conto di quanto un rafforzativo in quella situazione risulti strano ed ambiguo e proverà ad assegnare all'aggettivo il secondo significato che, come in italiano, esprime un dubbio. L'Economist come Parlagreco, dunque. E come Il Consiglio.
[Continua a leggere...]

domenica, gennaio 04, 2009

Lega pagana

Dove ricordate di avere visto questo simbolo? Certo, la Lega Nord.

Quando recentemente ci siamo occupati del partito irredentista padano abbiamo senza tanti giri di parole delineato la presenza costante di un burattinaio che etero-dirige la struttura politica celodurista sin dalle origini al fine di favorire (tra l'altro) lo scioglimento dello stato italiano nel progetto europeo.

Berlusconi sembrerebbe essere riuscito (con i suoi metodi da pastore che ben conosciamo) ad assoggettare politicamente il progetto “lega”, ma questo non ha affatto bloccato il carroccio dal continuare con altri capitoli della propria agendina “grigia”.

Avevamo evitato di approfondire sul contenuto di questi altri capitoli poiché ci mancavano determinati riferimenti. Ora che almeno una parte di essi sono stati acquisiti (vedi i post sui Celti e sui sacrifici umani), possiamo cominciare a sfogliare quelle paginette dal colore ambiguo.

Partiamo innanzitutto dal repertorio “folkloristico”.

Il revival celtico in Europa ha infatti visto in Bossi e nei suoi “cattolicissimi” soci il cavallo di troia per la sua introduzione a sud delle Alpi, tramite anche quelle che sembrano giornate campali da tagliaboschi, i cosiddetti “giochi celtici”:

I campioni saranno premiati domani sera da Mario Borghezio, "ministro degli Interni" dei Celti padani. "Dopo tutto siamo europei e nordici. E dunque i giochi celtici fanno per noi perche' mica si fanno nella Magna Grecia.

La scusa sarebbe quella della ricostituzione di una identità che si opponga a quella romana, identificata come rappresentativa dello stato italiano.

Certo, pare che i leghisti non siano il massimo della cultura e potrebbero avere frainteso il messaggio di questo particolarissimo revival, messaggio di cui Il Consiglio si è occupato di recente. D'altronde i neoceltici della bassa padana non si dedicano certo al sacrificio umano dei “diversamente abili” durante codesti giochi.

Passiamo alla pretesa “intransigenza” cristiana della truppa di Pontida.

Anche qui certe recenti affermazioni che non dovrebbero trovare spazio tra le labbra di un tradizionalista cattolico non suonano rassicuranti. Eppur ci sono. Prendiamo ad esempio l'uscita di Bossi sull'eutanasia:

“ho detto a mia moglie che se mi fossi trovato nella condizione di non poter più decidere di me stesso, lei non avrebbe dovuto permettere accanimenti. Non avrebbe dovuto lasciarmi ai medici”

Cioè, sua moglie avrebbe dovuto “staccare la spina”. L'accettazione dell'eutanasia presuppone la natura divina dell'uomo, la presenza in ognuno di noi di luce (lucifero). Solo essendo noi stessi degli dei potremmo decidere della vita e della morte di un altro uomo. Questo è precisamente uno dei capisaldi delle religioni pagane o naturali

Ma si sa, Bossi è malato e forse sdragiona. Chissà cosa voleva dire veramente.

Passiamo ora alla Martini, sottosegretario leghista:

“un giorno apparirà evidente che non solo uomini e donne, ma anche i nostri amici animali hanno un'anima”

Forse le conseguenze di questa affermazione non sono del tutto chiare. Assegnare un anima agli animali è un'altra delle caratteristiche della religione naturale, che considera la stessa terra la “dea madre”. Ogni essere ed ogni cosa reale è di conseguenza partecipe di questa “luce”. Il punto di arrivo di ciò, non è l'elevazione degli animali al livello umano, bensì l'abbassamento dell'uomo al rango di bestia da una ristretta cerchia di “illuminati” (“luciferi”). La Martini con quel “un giorno apparirà evidente” non fa altro che preconizzare un prossimo ritorno al paganesimo.

Ma no... la Martini è solo trepidante per il suo cagnolino... niente di questo nelle sue dichiarazioni.

Ma ancora più interessante appare un altro fattaccio stranamente passato quasi inosservato da noi: il voto a favore del Trattato di Lisbona. Esso viene messo in evidenza per bene però in Francia. Le Monde ne parla a proposito del successo ottenuto dal cattolicissimo Borghezio durante un raduno dei principali “partiti populisti e xenofobi” [sic!] Europei, notando però che “L'accoglienza è stata molto più riservata quando il deputato ha spiegato che il suo partito ha dovuto votare a favore del Trattato di Lisbona, per, in cambio, ottenere le sue riforme per una più dura politica di immigrazione in Italia”.

Quindi la Lega ha votato per i massoni (e per la reintroduzione della pena di morte...), in cambio di cosa? Di poter avallare l'immigrazione illegale (di fatto la Lega non fa niente contro di essa, vedi nostro post...) rendendo impossibile quella legale. Una immigrazione pianificata da decenni, innescata dalle politiche di controllo delle nascite in Europa e che è funzionale all'azzeramento culturale ed alla successiva schiavizzazione dell'uomo.

Ma sicuramente uno come Borghezio non si rende conto di cosa comporti il voto a favore del Trattato di Lisbona per i cattolici. A guardarlo bene non sembra tipo da poter cogliere certe sottigliezze legali.

Certo anche l'atteggiamento tenuto nei confronti dei musulmani non ci sembra tanto cattolico. Soprattutto da parte di chi non spende una parola contro la corruzione morale (tutt'altro che cattolica...) che si propaga tra i giovani padani. Senza contare quella maglietta indossata da Calderoli che più che difendere la tradizione cattolica del bel paese, anche grazie al sapiente ingigantimento mediatico ha condannato a morte chissà quanti cristiani in giro per il mondo sobillando rabbia nei destinatari dell'insulto.

Ma anche qui, si sa, Calderoli è spesso avventato... non ci avrà pensato su due volte. Un gesto irruento ed istintivo.

E torniamo al simbolo che avete visto all'inizio. La “stella alpina”. Che tanto alpina poi non è. Eccola qui riprodotta nuovamente. Questa volta a corredo di una stele funeraria. Questa però non viene assolutamente dalla Padania o dal Nord Europa. E' invece possibile che provenga dalla Sicilia, essendo questa una stele funeraria fenicia che avevate già visto a corredo di un post in cui si parlava dei sacrifici di infanti perpetrati dal popolo semitico. Ed è proprio la stele di un tophet, il cimitero degli infanti sacrificati.

Questo perchè la “stella alpina” (o stella a 6 punte, o rosa celtica) altro non è che un simbolo solare pagano il cui uso più antico conosciuto è quello fenicio. Ed il culto del sole sta particolarmente a cuore a svariate “fratellanze”. Ed ai pagani.

Ma anche questa, come tutto ciò che riguarda la Lega, sarà certamente una semplice coincidenza.
[Continua a leggere...]