Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

domenica, dicembre 30, 2007

“Ragazzi” fuori

Ricordate il clamore e le proteste suscitate dalla fiction il capo dei capi? Il regista non si era risparmiato in spericolate angolature alla Robin Hood dalle quali usciva fuori più la figura di un eroe popolare che quella di quel feroce criminale quale appunto il nostro poco simpatico Totò è.

Qualcosa di tutta questa storia però è passata inosservata, e cioè lo strano contrasto tra l'effetto che l'opera-spazzatura ha fatto su chi l'ha vista ed il pedigree di uno degli autori: l'antimafioso Claudio Fava!

E' sempre bene non saltare a conclusioni affrettate, ma penso sia giusto chiedersi come mai lo sceneggiatore di un famoso film contro la mafia, un po' scontato ma che in fondo mette bene in (cattiva) luce i protagonisti della vicenda, ora abbia autorato quella che sembra una vera e propria smentita di quei 100 passi percorsi da Peppino Impastato.

Viene da chiedersi se quei cento passi non siano forse troppa breve distanza per non rischiare di essere affascinati dal lato oscuro della forza che si trova appena all'altro capo della strada. Non tutti nascono eroi come l'Impastato, e in molti potrebbero cadere in tentazione....

Quello che ora ci fa ripensare a questa strana inversione di ruoli è la vicenda Contrada. Perchè anche qui non si può non notare la stessa strana inversione di ruoli. Se da un lato la posizione di Mastella non costituisce una prova di ciò, essendo questi un noto saltafosso, l'immediata disponibilità del capo dello stato (poi pare pilatescamente ritirata non appena qualche voce contraria si è levata dal coro) e l'ampio appoggio dato all'ipotesi di grazia dal solito schieramento mediatico (Corriere, Repubblica e via dicendo senza scordare i famigerati quotidiani isolani) insieme al silenzio-assenso di quasi tutto il fronte antimafioso, la dicono lunga sull'origine dell'idea della grazia, che sarebbe il primo atto di clemenza nei confronti di un condannato di mafia (il primo di una lunga serie?) mentre dall'altro lato il cosiddetto centrodestra sembra invece essere rimasto completamente spiazzato.

Il caso Contrada è forse un punto debole della lotta alla mafia. La sua condanna è infatti atipica, essendo Contrada l'unico alto “apparato” dello stato italiano democristiano mai condannato per mafia, e forse anche il meno colpevole, essendo egli un esecutore, non una mente. E' quindi comprensibile la sua convinzione di innocenza: se tentassimo di entrare nella distorta idea di stato che si è sempre avuta a Roma, riusciremmo forse ad immedesimarci nel dramma di chi è convinto di essere stato condannato per aver fatto il proprio dovere.

Solo che le pene detentive non sono affibbiate o condonate in base ad astratti sentimenti, ma in base a fatti giudicati in un'aula sulla scorta delle leggi vigenti. Ed una volta che tutti i gradi di giudizio siano stati esauriti, la sentenza non può più essere invertita. Concedere la grazia a Contrada significherebbe stabilire un precedente. Accettare che un qualunque mafioso possa essere liberato in base alla simpatia che suscita sul rimbambito spettatore della fiction di turno.

Ed attenzione, perchè Contrada non è accusato solo di essere complice di Riina nei suoi crimini, ma anche di aver tradito lo stato. Quindi se liberiamo costui senza alcuna reale motivazione, perchè non fare lo stesso con l'eroe popolare Riina?

Che queste non siano ipotesi fantascientifiche lo suggeriscono le dichiarazioni di Antonino Ingroia, il sostituto procuratore della DDA di Palermo:

«Io credo che ci sia il rischio di disorientare ancora una volta l'opinione pubblica. Se si vuole tenere fede ai principi del diritto e della certezza della pena bisogna tenere distinti i vari profili che invece oggi rischiano di essere sovrapposti» «La sentenza di condanna confermata per ben due volte dalla Cassazione sulla base di elementi costituiti dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, dei testimoni, persino dei magistrati, anche stranieri come Carla del Ponte, dalle intercettazioni telefoniche e ambientali e dai documenti, non può essere vanificata così se non ci sono degli elementi di uguale peso a discarico dell'imputato. Se questi elementi ci sono - conclude - li tiri fuori il difensore di Contrada, si farà un giudizio di revisione e la Cassazione interverrà nuovamente sul caso. Ad oggi esiste un giudicato, una sentenza di condanna che va riconosciuta e rispettata»

Dichiarazioni provenienti da Palermo, dove non mi pare ci si stia scherzando tanto sulla lotta alla mafia, come dimostrano la pallottola alla nuca del boss che tentava di fuggire e la perquisizione alla sede di Repubblica per capire come possano verificarsi certe fughe di notizie (fatto stranamente poco evidenziato dalla stampa). E dove ovviamente si temono di più le conseguenze di un tale atto.

Come al solito poi gli eventi si sovrappongono con drammatica puntualità. Nel penultimo numero di Panorama il figlio di Ciancimino in un'intervista parla della cattura di Riina, avvenuta nel 1993:

«Mio padre mi diceva sempre che dopo le stragi aveva parlato con Provenzano perché riprendesse in mano la situazione dopo la morte di Falcone e Borsellino. (...) Dietro le stragi lui vedeva anche la mano di qualcun altro. Il resto è storia: la famiglia di Provenzano torna a Corleone, finiscono stragi e omicidi e si torna alla mafia silenziosa dei giorni nostri. Con Riina in manette e oggi all’ergastolo.»

Nel 1992 si era consumata la rottura tra Riina e Provenzano (come già detto da diversi pentiti) e Provenzano fece arrestare Riina. La la mafia in fondo non è altro che un azienda di servizi. Quindi, chi aveva assoldato Riina prima delle stragi di quell'anno? Dietro le stragi lui (Provenzano) vedeva anche la mano di qualcun altro.

Questo qualcun altro sta per caso provando a sguinzagliare nuovamente il suo alleato di allora, visto che in questo momento in Sicilia il campo è virtualmente libero? Come se non bastasse al figlio di Riina nei giorni scorsi è stato dato uno sconto di pena. Segnali.

Nello stesso articolo è poi interessante il seguente scambio:

Domanda: «È mai stato interrogato su queste trattative e sulle stragi?»
Risposta: «No, mai»


Subito dopo la pubblicazione dell'intervista Ciancimino viene finalmente chiamato dai magistrati di Caltanissetta. E quindi aspettiamoci qualche altro dettaglio sulla vicenda.

Rimane da notare come anche la Borsellino sia contraria alla scarcerazione di Contrada. Ma non riesce ancora a vedere chi sono veramente gli alleati con i quali divide gli scranni parlamentari? Non riesce ancora a vedere come quando si parli di mafia i due lati dei parlamenti italiano e siciliano, quello del centro-destra e quello del centro-sinistra, si congiungano armoniosamente del grigio centro democratico-cristiano?
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mercoledì, dicembre 26, 2007

Tutta un'altra strada


Una delle tre “I” del programma per la scuola del governo Berlusconi stava per 'inglese'. Gli italiani infatti, in netto contrasto rispetto agli altri europei, non sanno l'inglese. Sarà perché nelle altre nazioni si è abituati al bilinguismo sin da bambini? Ma questo è quello che succede in buona parte delle regioni italiane, almeno in quelle dove la lingua locale (ipocritamente chiamata dialetto) risulta essere ancora abbastanza diffusa. Di quella “I” il governo Berlusconi si scordò strada facendo. Ed è un peccato, perché se gli italiani fossero capaci di decifrare questa lingua franca del XXI secolo, forse potrebbero capirci qualcosa di ciò che sta succedendo al loro 'bel' paese.

Invece quando qualcuno parla di noi in un altra lingua dobbiamo affidarci alle traduzioni parziali e discrezionali dei media nazionali, che con assoluta convergenza si presentano compatti nel denunciare l'ingiustificato assalto al nostro famoso 'spirito animale' (sic!). Per la verità una certa selezione viene fatta prima di bollare di disfattismo un determinato articolo. Alcuni ad esempio ricorderanno come il governo minacciò persino la RAI di azioni disciplinari qualora questa avesse continuato a diffondere la notizia di una presenza di basi del terrorismo basco nel nord del paese, mentre puntualmente evitò di pronunciarsi quando i media nostrani si sollazzarono con risibili collegamenti tra Osama Bin Laden e Provenzano.

Certo è che sulla stampa estera gli stereotipi riguardo all'Italia abbondano, ma questo non vuol dire che non vi siano giornalisti oltre confine che non siano capaci di guardare attraverso le righe della pseudo-democrazia italiana. Anzi, forse possono farlo con maggiore distacco. Un distacco dovuto non solo alla distanza emotiva, ma anche e soprattutto alla mancanza dei forti condizionamenti ambientali a cui sono soggetti TUTTI i nostri giornalisti.

Certo è che sulla stampa estera vengono esercitate pressioni politiche altrettanto forti di quelle nostrane. Solo che quei condizionamenti sono più espliciti dei nostri. E tendono apertamente alla propaganda di una determinata opinione. Mentre qui di questi tempi si tende a fare l'opposto: tenere il lettore allo scuro di QUALUNQUE opinione per mezzo di calendari, veline e partite di calcio truccate.

Tanto il lettore italiano, anche quello con un livello d'istruzione superiore alla media, non potrà mai informarsi direttamente sulla stampa estera: si è fatto il possibile affinché NON imparasse l'inglese.

Informarsi attentamente sull'immagine dell'Italia fornita dalla stampa estera è fondamentale per capire l'andamento degli 'umori' nei confronti dei fatti della nostra penisola (isole comprese...) delle diverse forze che giostrano sulla scena internazionale, siano esse forze politiche, economiche o anche religiose. Basterà allora fare un attimo mente locale per rendersi conto che in occidente è già da qualche anno che si punta l'attenzione sul nostro paese preparando il campo nell'opinione pubblica mondiale alla sua disgregazione politica.

E' nel 2005 che l'Economist (la voce pubblica di alcuni dei discendenti dei padri fondatori del risorgimento italiano...) comincia a suonare le campane a morto con il 'seminale' articolo “The real sick man of Europe” (“Il vero uomo malato d'Europa”), frase coniata un tempo per descrivere lo stato dell'Impero Ottomano (e tutti sappiamo come andò a finire...). Cosa dovrebbe colpire di più dell'articolo non è il solito attacco politico all'allora primo ministro Silvio Berlusconi, bensì la mancanza, nell'elenco delle supposte cause di questo malessere, dell'ovvio capro espiatorio della mafia e del sud in generale (capri espiatori per altro spessissimo usati dal periodico britannico).

Non appena il Berlusconi (il cui mandato è servito prevalentemente a cercare di mantenere l'Italia saldamente nell'orbita della NATO) però perde le elezioni, le idee d'oltremanica cominciano ad avere eco anche oltre Atlantico. Di notevole interesse a questo proposito è un articolo apparso su di un giornale da molti forse creduto innocuo come il National Geographic (tradotto anche in italiano) e che tratta delle eruzioni del Vesuvio: passate e FUTURE.

Nell'articolo del settembre 2007 si sostiene a chiare lettere che un'eruzione disastrosa potrebbe avvenire in qualunque momento minacciando 3 milioni di persone, cosa che le autorità (nell'articolo si fa il nome di Enzo Boschi, presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) volutamente ignorerebbero evitando così di predisporre piani di evacuazione adeguati mentre quelli attuali sono basati su eruzioni di bassa entità. Il tutto lascia nel lettore l'impressione che tale negligenza sia dovuta alla poca voglia dello stato di spendere soldi a Napoli, visto che poi a Venezia per salvare la città si stanno sperperando somme vertiginose per un problema meno pressante e meno drammatico.

Lo scorso ottobre un'altra notizia saltò fuori dagli Stati Uniti: un giudice si era rifiutato di estradare un mafioso in Italia giudicando che nel nostro paese sarebbe stato sottoposto a tortura, cioè al 41 bis, implicitamente accusando quindi l'Italia di non rispettare i diritti umani. I soliti italioti hanno subito pensato a Guantanamo ed ad altri dettagli, tralasciando sia per questa che per l'articolo del National Geographic un fatto importante: non sono stati scritti per le nostre orecchie, ma per quelle degli americani. Queste notizie servono a fare opinione pubblica in America, non in Italia! All'Italia invece si sta mandando un chiaro messaggio.

La stampa americana, che da sempre ha visto Roma con un occhio di favore, ha cambiato completamente registro, quasi allineandosi con quella britannica che malgrado l'elezione di Prodi non ha cambiato tono, dimostrando che nei suoi articoli non vi erano solo motivazioni politiche momentanee ma anche obbiettivi strutturali a lungo termine.

E la cose vanno a peggiorare: la CNN (e non solo la CNN...) non ha perso l'occasione di gozzovigliare smodatamente sui recenti fatti di Perugia, assegnando alla cittadina umbra una pessima reputazione e volutamente creando danni d'immagine ed economici, come sino ad ora si era visto fare in Italia e fuori solo per città ed aree del mezzogiorno.

Fino alla recente valanga di “speciali” pubblicati ai due lati dell'atlantico, come quelli del New York Times e del Times di Londra.

Ma il colpo più forte il regime italico lo ha subito nuovamente dall'Economist, tenendo sempre presente che quello che dice la stampa occidentale è solo un pallido riflesso di quello che si trama dietro le quinte e serve più che altro a predisporne l'attuazione. L'Altra Sicilia ha recentemente inviato una lettera di protesta alla redazione che bene esemplifica quale sia stato il tipo di attenzione sino ad ora riservata alla Sicilia negli ambienti liberali europei (ricorderemo qui solo il famigerato “L'isola da terzo mondo dell'UE” del maggio 2002). Senonché pochi giorni dopo il fango di “Offer refused”, e mentre il governo di Roma era impegnato nel cercare il sostegno necessario per l'invio di un contingente militare nell'isola, di punto in bianco il boss Lo Piccolo viene arrestato (che strane coincidenze...).

L'Economist all'improvviso si avvita su se stesso e compie una vera e propria inversione ad U sostenendo ora che “Gli ultimi mesi hanno visto una crescente rivolta tra gli imprenditori siciliani contro le estorsioni alle quali sono soggetti. La Mafia non è più la forza che era una volta”. A soli 15 giorni dall'aver sostenuto che la mafia controllava completamente l'isola! Rincarando ulteriormente la dose nell'edizione del 6 dicembre scorso e parlando della mafia come di un “business in declino”.

Ovviamente i giornali nostrani si sono ben guardati dal riportare questo ed altri articoli dal tono simile pubblicati sui giornali di tutto il mondo, non volendo in alcun modo evidenziare il contrasto tra gli eventi siciliani ed il tunnel senza uscita in cui sembra essersi infilato lo stivale.

Contrasto invece messo bene in evidenza dal Times di Londra nel pezzo citato sopra ed ancora una volta ampiamente discusso sui nostri media, tranne tacerne una parte fondamentale:

“There is hope amid the encircling gloom. In Sicily the crippling power of the Mafia is finally being tackled by businessmen — almost all in their forties, with European experience — who risk their lives by refusing to pay protection money”

Traduzione: “C'è speranza in mezzo al diffuso pessimismo. In Sicilia il potere asfissiante della mafia finalmente viene contrastato dagli imprenditori – quasi tutti sulla quarantina e con esperienza europea - che stanno rischiando le loro vite rifiutandosi di pagare il pizzo”


Ma allora l'articolo non dà solo ombre ma anche una luce importante! Come mai sui nostri giornali non si è data la giusta evidenza a questo dato di fatto? Non è questa dei quarantenni siciliani (non solo imprenditori), i figli del 1992, una luce di speranza per tutta l'Italia? Forse no. Forse è solo il segnale che un pezzo di quella che ancora oggi conosciamo come Italia ha già preso un'altra strada.
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venerdì, dicembre 21, 2007

Il Tarlo

Vorrei portare la vostra attenzione su di un blog (www.paolofranceschetti.blogspot.com) che a prima vista non ha niente (o poco) a che vedere con il mondo “sicilianista” (quanto ci stanno stretti questi ghetti!) al quale noi facciamo riferimento di solito, ma che rappresenta un caso paradigmatico sia di competenza e di coraggio (come vorremmo tanto rappresentarlo noi) sia di quell'incapacità di mettere a fuoco pienamente il bersaglio tipica di chi appunto coraggioso e competente è, ma continua a guardare le cose da “nord”, dove con “nord” si intende la rappresentazione ufficiale italiana (coinvolgente anche la maggioranza dei “meridionali”, dunque) della realtà.

Per rendersi conto che ci troviamo di fronte a gente coraggiosa e competente basta leggere la presentazione del blog. Le parole di Paolo Franceschetti nascono da esperienze personali, da rischi corsi di prima persona, da ricerche fatte sul filo di lama. E chiaramente da una infaticabile professionalità.

Ma leggendone le pagine, come quelle dei libri e dei racconti di chi come Franceschetti cerca di decifrare la torbida realtà italiana, ci si rende conto che questi poteri occulti sono un qualcosa di troppo nebuloso ed astratto, che troppe “deviazioni” ci sono lungo questi cammini, che troppo spesso si ricorre al deus ex machina della massoneria per spiegare quello che è ovvio ma che ci rifiutiamo di vedere perchè è una verità che ci fa troppo orrore. Ne siamo traumatizzati e così è più facile rimuoverla..

Sì, perchè l'avventura Siciliana ha “traumatizzato” l'Italia e l'italiano medio. E la maieutica, il doloroso portare alla luce il disordine dell'anima, quella verità che si trova nonostante tutto dentro di noi, è un arte difficile e spesso preda di ciarlatani.

Quanti decenni ha impiegato il popolo tedesco per confrontarsi con i campi di sterminio? Ancora oggi quei fatti pesano sulla coscienza di un intero popolo, causando sfiducia e depressione. Pur non essendo i tedeschi nazisti! Lo stesso meccanismo che impedisce all'italiano medio di fare i conti con una verità stampata su ogni coscienza. Una verità che sta spaccando il paese perchè è più forte della voglia che gli italiani hanno di confrontarsi con essa ed accettarla. La violenta verità sulla quale è fondata la nazione, e sulla quale la nazione morirà perchè i suoi cittadini non hanno il coraggio di affrontarla.

Per capire quello a cui mi riferisco si può portare ad esempio un post che ci dà una panoramica dall'alto (e da nord, ripetiamo...) dei rapporti che da sempre in Italia legano massoneria, politica e criminalità partendo da una frase che spiega pienamente la “miopia” di cui soffre il cittadino italiano:

“E le logge massoniche coperte sono il motivo, o comunque uno dei motivi, dell’espansione della criminalità organizzata mafiosa nelle regioni (...) del nord”

Basta cambiare una parolina in questa frase che tutto all'improvviso viene messo in ordine. Tutti i pezzi del puzzle che non combaciavano ora si incastrano alla perfezione, con delicatezza quasi. Ma il “settentrionale” (nel senso di italiano medio, al di là come al di qua del Rubicone....) non ci riuscirà mai ad accettare lo scambio. E la nazione per questo rifiuto è già morta spiritualmente. E presto lo sarà anche materialmente. A quale parolina mi riferisco? Molto semplice:

“nord”


E con quale parolina andrebbe scambiata? Ancora più semplice:

“sud”


Ed ecco come diventa ora la frase:

“E le logge massoniche coperte sono il motivo, o comunque uno dei motivi, dell’espansione della criminalità organizzata mafiosa nelle regioni (...) del SUD”

Il terremoto del Val di Noto ora ricorda il dondolio di una culla.

Attenzione perché la nuova versione è molto più diretta della vecchia. La versione “nordista” infatti presuppone, sottintende, suggerisce (vedete quanto inutile complottismo da spiegare?) una origine altra, un origine appunto da sud. La nuova versione invece è limpida e solare, non sottointende niente. Essa spiega direttamente l'IMMENSA ESPANSIONE della criminalità al sud. Così immensa da tracimare al nord (per la qual cosa non c'è alcun bisogno di invocare la massoneria!). Della sua origine non ci interessa. Perchè il luogo di nascita della persona non ha importanza. Contano le azioni. I sentimenti. I motivi.

Il ricercatore coraggioso dovrebbe per lo meno provare a ricostruire la genesi dei più importanti fatti della storia d'Italia basandosi su questo scambio. Le conseguenze sarebbero devastanti, chiare, e senza via d'uscita. Prima di tutto perchè il cambiamento avrebbe come immediata conseguenza la constatazione che non è la mafia a servirsi della massoneria per infiltrarsi al nord, ma la massoneria a servirsi della mafia per infiltrarsi al sud.

Aggiungiamo ora un altro piccolo pezzettino. Perchè c'è ancora un'altra cosa che impedisce al discorso di essere scorrevole. Ed è di nuovo una semplice parola: “deviati”. Servizi segreti deviati, massonerie deviate, lo stato deviato! Non propongo di sostituirla questa volta. Dico di cancellarla una volta per tutte! Ecco come:

“Tuttavia è un fatto che nei principali episodi stragisti dell’Italia di questi ultimi decenni (solo per far qualche esempio: Italicus, Ustica, Moby Prince, Piazza Fontana; Strage di Bologna; strage di Via D’Amelio e strage di Capaci) i servizi segreti DEVIATI erano sempre coinvolti in vario modo”

Rileggiamola:

“Tuttavia è un fatto che nei principali episodi stragisti dell’Italia di questi ultimi decenni (solo per far qualche esempio: Italicus, Ustica, Moby Prince, Piazza Fontana; Strage di Bologna; strage di Via D’Amelio e strage di Capaci) i servizi segreti erano sempre coinvolti in vario modo”

E le fontane di lava dell'Etna sono diventate un rinfrescante gavettone estivo.

E se non ci fosse mai stata nessuna deviazione, ma fosse stato precisamente quello il “legittimo” obiettivo dei servizi segreti, o meglio dello stato, di QUESTO stato italiano? Come andrebbero reinterpretati tutti i fatti di sangue della nostra nazione? Chi ha il coraggio di provare, anche solo per un attimo, a rileggere i fatti sotto questa luce? Provateci, e le cose andranno a combaciare così bene che non riuscirete più a tornare indietro.

Ma da dove cominciare? Come si fa a dare un senso a questa rilettura, a prenderla con le giuste maniere senza rischiare di sfocare il tutto in quello che con ottusa presunzione viene scartato come il solito piagnisteo dei “meridionali”? Due date posso suggerire, insieme a due luoghi. Due grimaldelli per scardinare tutto, ma solo per chi ha veramente il coraggio di farlo: 1 ottobre 1862, Palermo e 2 febbraio 2007, Catania. L'inizio e, sembrerebbe, la fine. L'alpha e l'omega (Sull'omega incrociamo le dita: potremmo essere smentiti in men che non si dica!) della storia della Sicilia legata a QUESTA Italia.

Per questo esorto sia Paolo Franceschetti, sia tutti quelli che veramente lottano e studiano per arrivare a capire il senso di tutto ciò, a cominciare a guardarsi un attimo dentro, per vedere se anche loro non si stiano nascondendo questa chiave nella coscienza.

Con una avvertenza finale: state in guardia! Come ci fa notare lo stesso Franceschetti ancora sullo stesso post, di morti in Italia questo sistema ne ha fatti a centinaia, forse a migliaia, tra tutti coloro i quali hanno anche involontariamente ficcato il naso entro quelli che sono in fondo eventi più o meno marginali. Chi vive all'interno di una galassia difficilmente ne comprende la forma. E voi siete ficcati nel suo cuore. I siciliani invece a partire da quell'1 ottobre 1862 hanno tentato in tutti i modi dal loro ammasso globulare periferico di arrivare direttamente al centro di questo sistema per nulla deviato. E di morti da allora ce ne sono stati centinaia di migliaia, solo in Sicilia. Ripeto, nel caso in cui crediate di non aver capito bene: centinaia di migliaia. Ed ovviamente, non ne sapete niente. Per ora. Fino a quando il tarlo che spero di avervi messo in testa non comincerà a rosicchiare.
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lunedì, dicembre 17, 2007

Spine nel fianco


La superbia è un brutto peccato. Perchè non ti fa più vedere chiaro. Ti sembra di emettere luce, una luce che confonde tutto intorno a te e ti fa vedere i contorni degli altri come tenui ed offuscati. La luce ti illumina la realtà dall'angolazione che meglio il tuo ego preferisce. E di superbia spesso peccano quelli poco abituati a vincere, quelli con poca esperienza alle spalle, i “new kids on the block”. Gli arripudduti, per dirla alla siciliana.

La cosidetta “Padania” non è mai stata protagonista sul palcoscenico storico prima dell'era risorgimentale, ed anche a partire dal 1861 non era veramente libera di agire a suo piacimento, dovendo sempre dare conto delle sue mosse alle altre potenze, in particolare all'Inghilterra prima dell'era fascista ed agli americani dopo.

Ecco: forse l'era fascista è stato l'unico tentativo italiano di far nascere una nazione con una qualche indipendenza reale e non solo di facciata. Ma senza correggere alcuno dei guasti creati con il risorgimento (oppressione, corruzione, rapina sistematica), ed anzi aggiungendone altri, il maldestro tentativo non potè andare tanto lontano.

Nel secondo dopoguerra l'inesperienza padana fu tenuta sotto controllo dal regime democratico-cristiano che al suo interno, malgrado la cronica corruzione, annoverava anche qualche intelligenza politica di primo piano, ma che per evitare lacerazioni centralizzò il controllo della cosa pubblica su Roma.

Purtroppo però il posto permanente nel G8 ed il quasi sorpasso dell'economia italiana su quella britannica (non scordiamo che fino a qualche anno prima la Gran Bretagna possedeva un impero) conditi dalla coppa del mondo del 1982 avevano fatto perdere la testa a tutti lungo le sponde del Po. Si cominciarono a fare statistiche senza senso, disaccoppiando le economie del nord e del sud Italia, di modo che la Padania da sola sembrava essere la nazione più ricca d'Europa (nessuno aveva fatto caso al fatto che il settentrione era ed è più ricco ESATTAMENTE di quanto il meridione era ed è più povero della media europea...).

Poi nel 1992 (ritorna sempre questa data...) all'improvviso si ritrovarono liberi da Roma, pronti a decollare alla conquista del mondo. E cosa partorirono per effettuare questo decollo? Partorirono la più grossa cattedrale nel deserto mai realizzata in Italia: l'aeroporto di Malpensa.

Inaugurato nel 1998 all'interno di un parco naturale (!??!) il nuovo aeroporto di Malpensa nella mente dei milanesi non era più solo l'aeroporto principale del nord Italia. Ora doveva essere un hub intercontinentale che avrebbe rivaleggiato con Londra e Parigi per le rotte tra nord e sud e tra oriente e occidente. Avrebbe dovuto schiacciare Roma grazie allo spostamento di Alitalia, senza peraltro temere concorrenza più a sud, visto che ai terroni ci avrebbero pensato loro ad impedire di muoversi.

La luce emanata impediva però loro di vedere appena oltre le Alpi, dove ad un tiro di schioppo (in relazione alla gittata di un volo intercontinentale) si trovano almeno altri due hub: Monaco e Francoforte. Chi vorrebbe mai spostare le sue rotte da Francoforte a Milano, conoscendo l'aria di corruzione e di incompetenza (oltre alla nebbia vera e propria) che regna sotto la Madonnina?

Senza contare la lotta di potere che (ovviamente) si è sviluppata per il tentativo di spostare le operazioni di Alitalia da Roma a Malpensa. Malgrado la Lega Nord ad un certo punto fosse riuscita ad infiltrare abbastanza bene la compagnia di bandiera italiana, la guerra non ha mai avuto un vincitore, con il risultato di indebolire pesantemente l'azienda riducendola sul lastrico (attualmente le perdite superano il milione di euro al giorno!) e di lacerare ulteriormente lo stato.

In Europa non hanno dovuto fare altro che stare a guardare, facendo scannare gli italioti tra di loro per poi fare di tutto un sol boccone. Ed ora che gli agenti della Comunità Europea sono al potere in Italia, il momento è giunto. Prodi e Padoa-Schioppa hanno pilotato per bene l'asta. Qualche mese fa per la prima hanno imposto condizioni assurde per i pretendenti (e difatti l'asta andò deserta) ed oggi, scremati i partecipanti che hanno capito l'antifona, ne hanno confezionata una su misura per Air France, che con una manciata di spiccioli sembra oramai vicina all'acquisto. D'altronde l'alternativa è il fallimento ed il disastro sociale per migliaia di dipendenti.

E così sono pronti a calare i francesi (arroganti nei modi di fare sì, ma superbi nell'essenza mai) nella persona del fastidiosissimo (mi riferisco al nome...) Jean Cyrille Spinetta, presidente di Air France, che nel frattempo intrattiene i giornalisti italiani con Foie Gras e Bordeaux, quale assaggio di quello che presto verrà servito anche a Fiumicino. Mettendo subito le cose in chiaro (finalmente):

“In nessun Paese - dice Spinetta - c'è posto per due hub (...) Malpensa è la principale causa delle perdite di Alitalia e della riduzione del mercato italiano della compagnia. (...) Milano continuerà ad essere collegata con i principali aeroporti europei e internazionali, ma non sarà un hub. È una questione di costi, di compatibilità geografica, di conformazione territoriale dell'Italia. Dire che l'hub italiano sarà Roma-Fiumicino non è un capriccio, ma una valutazione oggettiva del mercato.”

E se la “montagna” Air France potrà acquistare Alitalia per un tozzo di pane (34 centesimi per azione, mentre la quotazione ufficiale in borsa è più del doppio) ancora più incredibile appare l'offerta del “topolino” Air One (ancora da confermare, ma non smentita): 1 centesimo di euro per azione! Qui viene un altro sospetto, essendo questa cordata appoggiata da Montezemolo, Veltroni e Berlusconi, cioè una banda bassotti in piena campagna elettorale. Che appunto l'offerta non si altro che propaganda elettorale per mostrare lo scudo della strenua difesa della “italianità” quando in realtà non si ha alcuna intenzione di combattere una battaglia che è meglio perdere subito piuttosto che rischiare di riaprirla con un offerta congrua!

C'è anche un altro lato della vicenda che indica ancora di più quanto il destino di Alitalia sia legato a quello della nazione “unita” in generale. Alitalia non è solo un compagnia aerea di stato. Alitalia è anche potere politico, una specie di “votificio”, una serie di cassetti con tanti bei nomi scritti sopra (quelli dei proprietari politici) e tanti bei voti dentro. E questi preziosissimi voti stanno per cadere in mani straniere. I padani in questi giorni si stanno vedendo scivolare tra le mani un'altra bella fetta di potere. E la responsabilità è solo loro, che hanno continuato a litigare invece di trovare un accordo.

Cosa potranno fare ora a Milano? L'ultima volta che si ventilò l'abbandono da parte di Alitalia dell'hub alte grida si levarono in cielo, minacciando di dare lo scalo in pasto alle innumerevoli compagnie straniere che stavano già facendo la fila per potersi avvalere dei servizi loro offerti da Formigoni e la sua combriccola. E diedero corso alle minacce. Risultato, le “grandi compagnie straniere” altri non erano che Ryanair, una low cost! Come dire che Malpensa vale più o meno quanto il costruendo scalo di Comiso. E meno, ma molto meno di un eventuale sistema aeroportuale siciliano integrato (da Birgi, a Punta Raisi, a Fontanarossa).

L'Europa è per il momento lontana dalla Sicilia, e speriamo che rimanga tale. Ora che ci stiamo levando la “spina nel fianco” dell'Alitalia teniamoci stretti la nostra posizione geografica per piazzarci al centro degli equilibri mediterranei.

Ore 17:50, aggiornamento: l'offerta di AirOne di 1 centesimo (!!!!) per azione è confermata. Secondo Corrado Passera, ad di Intesa-SanPaolo, "in modo da destinare le risorse investite interamente al rilancio dell'azienda. Al termine del rilancio, l'offerente si è reso disponibile a riconoscere agli aderenti all'opa il 3% del capitale della nuova Alitalia". Sarà. Sarà. Sarà. Ma a me il concetto di Passera non suona tanto limpido.

xFruits


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mercoledì, dicembre 12, 2007

SEMBRA il Gattopardo

La politica italiana SEMBRA in fermento: la sinistra si “scioglie” (letteralmente) nel PD, Berlusconi fonda il Partito del popolo delle libertá, i democristiani si raggruppano. Ed il significato del rientro nei ranghi di Lombardo (UDC) e Musumeci (La Destra) comincia a farsi chiaro.

Ma quando è iniziato tutto questo sconvolgimento? Basta fare mente locale per risalire all'incipit della nuova commedia (anche se i lavori nel 'backstage' sono iniziati molto tempo prima, come dimostrano i precoci movimenti dei due pseudo-autonomisti siciliani), che si potrebbe collocare nel momento in cui Di Pietro si oppone alla liquidazione della Stretto di Messina spa.

La Stretto di Messina, che al Siciliano medio SEMBRA serva per la costruzione del ponte, è sempre stata solo un comodo imbuto per convogliare in un buco nero fondi pubblici e creare clientelismo. Se si contassero i soldi buttati in questo immondo imbroglio mi sa che di ponti ne avremmo potuti costruire parecchi.

Non è quindi facile capire se il salvataggio in extremis del carrozzone fosse stato ordito prima in accordi con gli alleati di governo o si sia trattato di un vero tradimento politico da parte dell'ex magistrato. Fatto sta che nel giro di pochi giorni da quel fatidico momento, Lombardo improvvisamente organizza quella che SEMBRA una bella manifestazione di “protesta” a Roma e, udite, udite, dopo 150 anni di rivoluzioni, morti, urla e proteste tutte inutili, non appena i suoi scendono dal pullman, pur bloccati dalla polizia, ottengono tutto quello che vogliono dallo stesso ministro Di Pietro. Tutto quello che vogliono: no, non i quattro spiccioli per turare qualche buca sulle strade siciliane, ma una bella spinta elettorale per l'avvio ufficiale del progetto di ricostituzione della nuova DC.

Abbiamo quindi già un bel gruzzolo di voti: Lombardo (MPA) è tornato da Cuffaro (UDC). Mastella sappiamo già essere pronto a convergere (UDEUR). Ad essi si è appena aggiunto Di Pietro (Italia dei Valori), mentre a nord la Lega, rimasta senza il becco di un quattrino dopo il fallimento dell'operazione Banca del Nord sotto gli aspici del duo Fazio-Fiorani, già da qualche tempo SEMBRA mostri un certo “feeling” con il Siciliano Lombardo (che dolce contrasto di parole...). O forse sarebbe meglio dire con i democristiani, le cui fila oggi tira Casini, con la consueta benedizione del Gran Maestro e Senatore Giulio Andreotti.

Ma ad ogni azione deve seguire una qualche reazione che possa portare ad un nuovo equilibrio. E se la sinistra si raggruppa dietro l'insignificante icona veltroniana, a destra Berlusconi SEMBRA oramai accerchiato quando inscena la sua Discesa in Campo 2 per fondare praticamente il nulla.

Gli alleati a questo punto SEMBRA che protestino vivacemente: da Casini, a Bossi. E soprattutto a Fini il quale, ricordiamo, SEMBRA essere diventato recentemente padre, anche se non si sa se il figlio sia suo o di un Gaucci. Ed effettivamente l'incertezza sul suo futuro genetico risulta ben coadiuvata da quella sul suo futuro politico, visto che AN sta oramai perdendo tutti i suoi figli, dai più illustri, vedi Santachè, sino ai più umili degli ex fascisti, come il vicesindaco di Catania, Arena.

E così ritorniamo in Sicilia, dove SEMBRA che Confindustria voglia fare sul serio espellendo dai suoi ranghi chi paga il pizzo. Ci hanno pensato il presidente di Confindustria Sicilia Lo Bello ed il suo vice Artioli a passare ai fatti buttando fuori (per finta, come specificato nell'articolo!) 10 aziende. Ma a parte che non si riesce a capire la differenza sociale, morale e pratica tra pagare il pizzo e pagare una tangente ad un politico (anche se la seconda presuppone molta più partecipazione da parte della vittima...), se Montezemolo volesse veramente fare piazza pulita eliminando il marcio (pizzo + tangenti), in Confindustria probabilmente ci resterebbe solo lui (non volendo il sottoscritto rischiare una denuncia per diffamazione...).

Pensando a questo durante una carrellata di spot in TV, proprio nel momento in cui arriva quello della nuova 500 non potremo che fare 2+2 e sentire anche qui come per le “espulsioni” puzza di campagna elettorale.

Ed a cosa punta il Montezemolo, lo si capisce guardando lo spot. Spot che SEMBRA promuovere uno specifico prodotto, ma che subdolamente vuole propagandare un certo sistema di potere. Spot che ci dovrebbe lasciare (a noi Siciliani) letteralmente a bocca aperta. Per la sfacciataggine, direi.

E via via sino alla ciliegina in cima alla torta, dove quelli che SEMBRA impossibile potessero parlarsi, invece si parlano. I simulacri Veltroni e Berlusconi, presidenti di due partiti inesistenti, parlano di accordo. Un inciucio che potrebbe far rinascere il glorioso (e dittatoriale...) pentapartito di una volta. E' questo l'obbiettivo? Casini e Berlusconi sono d'accordo o no? Sono vere le proteste della Lega? Presto lo sapremo.

Intanto tutto si muove intorno al perno Sicilia. Cosa facilissima da scorgere attraverso i viaggi, i discorsi, le azioni dei protagonisti della stupefacente commedia. I padani vogliono ricreare quella (anacronistica) aria internazionale di convergenza che li ha fatti prosperare durante l'era del muro per ricominciare a truffare liberamente. E per fare questo devono ri-appropriarsi della Sicilia, che sanno oramai destinata allo sviluppo logistico da forze molto più grandi di loro, ma che vorrebbero continuasse a devolvere le sue ricchezze in beneficenza verso nord.

Appena si definirà il nuovo mostro politico si sceglierà il momento propizio ed il governo cadrà. Ma i padani dovranno sbrigarsi per sorprendere i loro nemici (tra i quali vi siamo anche noi) e per sfruttare questa piccola finestra di opportunità che credono di avere. Questa è la loro ultima possibilità, ed ancora una volta i Siciliani avrebbero tra le mani il potere di sventare la minaccia.

Finora, l'unica cosa sicura in questa storia è il (quasi) definitivo assassinio politico perpetrato ai danni di Fini. Per il resto SEMBRA di essere tornati sotto il segno del Gattopardo, dove l'astrologo prevede sempre che tutto debba cambiare affinchè le cose rimangano le stesse. Dopo quello che si è fatto per eliminare i ciarlatani, non vorrei che i Siciliani ricominciassero proprio ora a credere all'oroscopo!


xFruits


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lunedì, dicembre 10, 2007

Tutti a scuola

Ripubblico qui un interessantissimo commento di Massimo lasciato sul post "Il Vuoto" in modo che tutti possano leggerlo e (speriamo) commentarlo. Dopo averlo letto, la prima cosa che mi è venuta in mente era di chiedere a Massimo se per caso non avesse un blog o scrivesse già da qualche parte...

Ci sono due tipi di indipendenza che ha avuto la Sicilia: una piena, con re propri, e questi periodi sono stati limitati, e un'altra con re in "unione personale" con altri regni. L'unione personale non toglieva l'indipendenza ma condizionava solo la politica estera. Ne abbiamo esempi ancor oggi: il Canada e il Regno Unito sono in unione personale, ma il Canada è certamente indipendente.

Facciamo una cronologia istituzionale. Dalla colonizzazione greca (consideriamo il resto pre e protostoria) 734 a.c al 210 circa a.C. la Sicilia era indipendente: ora frammentata in città-stato, ora signoria dei tiranni di Siracusa, ora egemonia della repubblica Siracusana sul resto, infine monarchia ellenistica: Agatocle, Pirro e Gelone II si chiamavano Re di Sicilia e costituirono l'appiglio ideologico per Ruggero II per chiamarsi nuovamente Re di Sicilia (cfr. Nìlos Doxopàtris, funzionario a corte di Re Ruggero).

Poi non fu più indipendente sino alla conquista musulmana e oltre, ok. Divenne di fatto indipendente quando Hasan della famiglia dei Kalbiti ne diventò emiro (848) e i califfi fatimidi di lì a poco si spostarono al Cairo perdendo di vista la Sicilia.

Fu indipendente sotto i "conquistatori" normanni che non prendevano ordini da nessuno al di fuori dell'Isola (il Gran Conte Ruggero I) e continuò ad essere indipendente sotto le dinastie Hauteville e Hohenstaufen. O, come dicono i libri italiani, (dobbiamo credere, ndr) ad una fantomatica "dominazione sveva"? Il fatto che la dinastia regnante non sia originaria del paese non significa niente, o altrimenti dovremmo dire che dopo l'indipendenza dalla Turchia la Grecia è stata ...sotto dominazione tedesca perché tale era la sua famiglia regnante! Anche gli inglesi hanno una famiglia tedesca al trono ma mi sembrano indipendenti.

La "mala signorìa" angioina è parentesi troppo breve, ma comunque la Sicilia non fu indipendente perché sottomessa a Napoli ed alle arroganze dei Francesi.

Dopo il Vespro fu ancora una volta indipendente, nel bene e nel male, fino ai primi del '400. Soltanto allora andò in unione personale con L'Aragona, ma mantenendo la sua indipendenza interna, formale e sostanziale.

I successivi 400 anni sono soltanto la storia di cambi di dinastia. Ma nessuno metteva in discussione l'indipendenza del Regno. Ancor oggi Carlo I (V come SRI) giura fedeltà a Piazza Bologni a Palermo alle Costituzioni del Regno,cioè si riconosce sovrano come "Re di Sicilia" e non come "Re di Spagna" o "Sacro Romano Imperatore". E così fu anche con i Borbone nel '700: Ferdinando era IV a Napoli e III a Palermo, suo padre Carlo era VII a Napoli e III a Palermo (considerando il predecessore Asburgo con lo stesso numero un usurpatore).

Nel 1816 la Sicilia perde l'indipendenza ed entra nelle "Due Sicilie", invenzione del Congresso di Vienna, ma mantiene molte prerogative sovrane, quasi tutte intatte al 1860, nonostante il progressivo accentramento dei Borbone.

Con il plebiscito-farsa finirà anche quello, e resterà solo per qualche anno la farsa della "luogotenenza" per fare finta che qualcosa resti dell'antica sovranità. Il Regno d'Italia ci ha messo molti anni per togliere il resto: fino al 1893 la Sicilia aveva il proprio fuso orario, poi fu tolta la Cassazione, poi l'istituto d'emissione, poi ci fu la Regione e il resto è cronaca.

Facciamo i conti ora: 848-1816 se non sono 10 secoli poco ci manca.

xFruits


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venerdì, dicembre 07, 2007

Cantiamogliela tutta

Nei pub fumosi della Catania dei primi anni '90 studenti ed artisti sono stati i primi ad uscire la testa dopo la fine del terrore imposto alla città dal clan Santapaola. Tra le facciate barocche abbandonate al loro destino oramai da diversi decenni, si cominciarono ad accendere le luci di piccoli ritrovi dove i giovani si potevano sfogare senza il terrore di essere assaliti all'improvviso da delinquenti e sfaccendati.

Tra quei fumi capitava spesso di udire dei suoni che allora sembravano cozzare malamente sia con l'arredamento dei ritrovi (i cosiddetti pub), sia con l'abbigliamento degli avventori. Tanto che qualche ignorante insulto di tanto in tanto volava in direzione degli autori di quegli strani suoni. Insulto che il frontman del gruppo ritornava al mittente rincarando spesso la dose. Perchè Roberto Fuzio ed i Lautari sono sempre stati così: diretti e schietti nella musica e nelle parole, pronunciate con avvolgente decisione in una lingua che fa del parlare chiaro una delle sue armi migliori: il siciliano.

Un siciliano diretto e chiaro (almeno per noi...) che senza tanti giri di parole ri-portavano sul palco di fronte ad un pubblico giovanile e che usavano per ritornare al mittente oltre un secolo di soprusi e falsità, rincarando ovviamente la dose tramite la voce di quel frontman e tramite canzoni quali “Lu guvernu talainu e nu veru buttanu” e soprattutto il loro inno “Sarva na pezza”:


Si Garibardi turnassi a la marina...


In quegli anni in quegli stessi paraggi un altra cantante stava seguendo un percorso diverso, passando attraverso un musica altrettanto calda (il blues) per approdare alla canzone italiana prima e poi ad un rock più avvolgente, ma sempre mediterraneo e solare:


La vecchia lingua di Carmen


Due strade iniziate nello stesso punto ma che poi divergevano fino a diventare praticamente parallele. Destinate a rimanere lontane dunque, anche perchè nessuno poteva aspettarsi che le leggi della fisica in questa parte di universo sarebbero più cambiate. Ma la Sicilia si sta proiettando in una nuova dimensione e con il suo calore ha iniziato a piegare quelle leggi fino a fare incontrare le due rette.
Oggi Carmen Consoli è diventata produttore dei Lautari, tramite la sua etichetta DueParole, ed insieme ci stanno anche loro riproponendo quello che sembra diventato l'inno del Nuovo Vespro:


Pigghiamu lu bastuni e tiramu fora li denti


Ma Carmen non si è fermata a questo. Nella nebbiosa Bologna un'altra voce piena di calore e nostalgia per la sua terra non aveva resistito al richiamo dei suoi ricordi ed alla voglia di un nuovo futuro. Rita Botto dopo un primo omaggio a Rosa Balistrieri sconvolge la musica siciliana con la sua versione jazz di quello che è oramai un vero e proprio standard:


Una interpretazione col Botto


Le due si incontrano e si capiscono subito, tanto che le la Consoli comincia a promuovere le stupefacenti doti vocali di Rita nei suoi stessi concerti:


Tipiche donne siciliane


E non abbiamo finito. Anche un altro nome storico della musica leggera italiana come Mario Venuti segue un percorso simile, come testimoniato dalla sua intervista a RepubblicaTV, riscoprendo le sue radici mentre viaggia sulle tracce della diaspora siciliana (vedi anche la versione completa dal sito di Mario):


Tra i Siciliani dell'Argentina


Nel frattempo Carmen Consoli è diventata direttore artistico della sezione di musica popolare dell'Etnafest, e così reclutati altri due geni, l'eclettico Kaballà:


Quel 'dumani' sta per arrivare


ed infine il più grande di tutti, il maestro Alfio Antico:


Nati in Sicilia, sicuro. Italiani, ancora per quanto?


il prossimo 17 dicembre al Teatro Bellini si appresta a presentare quello che potrebbe essere il primo nucleo di un festival della musica siciliana, uno spettacolo che sta anche portando in giro in Italia, in cui mette insieme tutti gli artisti che avete appena visto.

Ma lasciamo parlare Carmen Consoli, nel servizio mandato in onda da Video Mediterraneo. Anche se non si capisce come a fine servizio il Lombardo, da buon democristiano, sia riuscito a farci entrare l'intero paese e l'unità italiana. Forse il nostro non sa che genere di testi saranno recitati giorno 17 al Bellini?

xFruits


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mercoledì, dicembre 05, 2007

Ricordi di un buio passato

Caro Luca Cordero di Montezemolo,

che ricordi, i giorni in cui la FIAT guidava l'economia del paese, una delle prime aziende al mondo! E mentre gli operai votavano comunista, voi ed i sindacati eravate pappa e ciccia...

che ricordi, quando masse di meridionali e di Siciliani ridotti alla fame erano costretti a lasciare le loro terre per venire ad essere schiavizzati da voi, e per giunta dovevano subire i vostri insulti e sentirsi in un paese straniero dopo aver versato il loro sangue per costruirlo....

che ricordi, quando il muro era ancora in piedi e voi prendevate soldi da tutti, capitalisti e comunisti, e potevate giocare al piccolo imprenditore alle nostre spalle...

che ricordi, quando migliaia di Siciliani ogni anno venivano massacrati, sparati o incaprettati dai vostri tirapiedi e chi cercava di alzare la testa veniva fatto saltare in aria con il tritolo...

che ricordi, quando le brigate rosse tenevano alta la tensione e con la scusa della “ragione di stato” potevate impedire che noi Siciliani decidessimo il nostro futuro, per noi e per i nostri figli...

che ricordi, quando i migliori artisti del meridione vi si vendevano per un tozzo di pane e potevate girare i vostri filmetti propagandistici ed attirare sempre più gente verso le vostre periferie senz'anima...

che ricordi. Peccato che non torneranno mai più. Per un semplice motivo, caro Luca Cordero di Montezemolo: noi Siciliani abbiamo smesso di stare lì a guardare a bocca aperta mentre voi gozzovigliate liberamente sul nostro futuro. E senza Siciliani che stanno lì, a guardare a bocca aperta, questo bel film non si potrà girare mai più....


Quando i Siciliani brancolavano nel buio


xFruits


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lunedì, dicembre 03, 2007

Dis-informazione

Ogni tanto mi torna l'idea di presentare un post settimanale o bisettimanale, una specie di rubrica, in cui recensisco alcuni tra gli articoli apparsi sui siti di informazione ufficiale scegliendoli tra quelli che più hanno manipolato la realtà secondo i canoni tipici del nostro bello e libero paese (Certo per alcuni più libero che per altri). L'obiettivo sarebbe quello di mostrare a chi legge in che modo la censura ed il controllo agiscono anche sulle notizie più banali ed innocue e come, distorcendo i fatti poco alla volta, è possibile nascondere a milioni di persone verità palesi ed ovvie. Se a poco a poco tutti imparassero a “leggere” i giornali tra le righe il sistema dis-informativo padano salterebbe ed il controllo sul meridione con esso. Perchè nella moderna civiltà mediatica è così che si manteneva il potere, con il controllo dei flussi informativi, e non più con la spada. Nella società post-moderna che si sta formando invece i flussi da informativi si stanno trasmutando in informatici: una sola lettera di differenza, che però permette alla corrente di scorrere in due direzioni, dai media ufficiali alla popolazione e viceversa, anche per mezzo di una moltitudine di passaggi intermedi (siti, blogs, forum, semplici commenti) che smontano continuamente il flusso riaggregandone le componenti in forme nuove e diverse e lo ritrasmettono ad altri produttori-utenti.

Non so se riuscirò a mantenere una certa regolarità in questi post, ma intanto oggi voglio provare a dare un esempio di quello che intendo dire. Cominciando da quello che in Sicilia è stato l'evento principale della settimana: il derby di calcio Catania – Palermo.

Prendiamo ad esempio il servizio trasmesso la sera da Italia 1. Secondo il giornalista il derby “è stato rovinato dai soliti imbecilli” rei di aver commesso il gravissimo crimine di lanciare uova e arance contro il pullman della squadra ospite. Il coro è unanime ed anche la Gazzetta della Sport da quasi più risalto a questo che alla gara. Eppure se non ricordiamo male ci sembra che 15 giorni fa sia successo il finimondo da qualche altra parte, quindi l'attenzione semmai doveva essere puntata su quello. E la giornata difatti è stata rovinata. Ma non dalle uova dei siciliani, bensì dalle spranghe e dalle mazze dei padani, con feriti anche gravi. Ma questa è una notizia di secondo piano sui nostri media. Un problema serio di cui nessuno parla.



La voce narrante riesce addirittura a farci entrare la mafia ed il mondo intero (“La Sicilia di gioca la faccia di fronte al mondo” oppure “la Sicilia ha gli occhi del mondo puntati addosso, e non per una fiction di mafia”). Evidentemente il poveretto non sa che le sue parole saranno ascoltate con interesse solo dai soliti quattro padani e che la faccia di fronte la mondo, dopo gli eventi che tutti sappiamo, se la giocava l'Italia. E solo la censura ha impedito che l'Italia la perdesse, quella faccia.

Visto che ci hanno fatto entrare la mafia, passiamo ora all'edizione palermitana di Repubblica, che titola “Il capo dei capi, una fiction che fa paura”. Secondo l'articolo farebbe paura perchè dice la verità. Ma a chi avrebbe fatto paura? E che verità direbbe? Ecco la verità(?) che direbbe, urlata da Schirò nell'ultima puntata andata in onda, che non ci sarebbe speranza per la Sicilia. Storia vecchia. E poi in basso una strana domanda: “La Fiction giova o nuoce all'antimafia?” Nella quale l'antimafia (dato che non si riferisce specificatamente alla procura) è implicitamente indicata come una specie di partito politico, cosa che effettivamente è. Un lapsus “freudiano” del giornalista?

E torniamo a Berlusconi, che con il suo giornale filo-leghista si pone quale difensore e paladino del “vivere padano”. Il titolo è memorabile: “Ed ora chiedete scusa ad Erba” (!!??!). Con questo alto pezzo di giornalismo ci si propone di ripulire l'immagine della cittadina che sarebbe stata macchiata da accuse di razzismo per aver dubitato dell'Azouz, losco nordafricano dedito (a quanto pare) a sordide compravendite.

C'è da chiedersi invece come mai questi paladini della Padania spostino ad arte l'attenzione verso stupidaggini quali le accuse di supposto razzismo e non affrontino la realtà, lo sfascio sociale in cui hanno contribuito a lasciare i loro conterranei. Contagiando persino chi viene da fuori. Se l'Azouz si fosse comportato così al suo paesello, state certi che a questi eccessi non ci sarebbe arrivato, ed il motivo non è la brutale legge islamica tanto esecrata dai Calderoli di turno, ma il semplice fatto che al suo paesello c'è ancora un sistema sociale, per quanto diverso dal nostro.

Ma ogni tanto qualcuno riesce a scrivere qualcosa di decente, sfuggendo al piattume controllato genereale, come per l'articolo di Ilvo Diamanti su Repubblica.it. Eppure le problematiche toccate dall'articolo dovrebbero interessare di più proprio gli estremisti padani di centrodestra, e non i liberali filo-europeisti. Ma per il potere si passa su qualunque cadavere, a destra come a sinistra.

xFruits


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venerdì, novembre 30, 2007

Il Vuoto


Lo scontro in atto in Europa tra Chiesa Cattolica ed i gruppi liberal-finanziari che oramai controllano quasi per intero il continente è sotto gli occhi di tutti. Anche le diatribe sul tradizionale assetto della famiglia sembrerebbero rientrare in questo contesto e molti cattolici sono portati a pensare che quello familiare sia solo uno dei tanti fronti d'attacco aperti contro di loro da nemici senza Dio.

Questa impressione a ben guardare trova però poco riscontro nella realtà dei fatti, nel senso che la famiglia non è una istituzione cattolica e nemmeno cristiana. Anzi, la famiglia non è per niente una istituzione religiosa, in quanto essa, nella sua forma tradizionale, è sempre esistita all'interno del consorzio umano (tranne rarissime eccezioni): il potere religioso la ha semmai sacralizzata, riconoscendone la funzione portante che comunque già possedeva. Nemmeno il materialismo comunista al tempo del socialismo reale sovietico ha mai attaccato con tanto rigore la famiglia, limitandosi a ripulirne gli spazi da quella che considerava una posticcia patinatura religiosa.

Ma allora perchè il tentativo oggi in Europa di scardinare la cellula alla base della società umana?

Da destra sono arrivate parecchie analisi anche importanti del fenomeno. Ma tali analisi si limitano a discutere alcuni effetti (nefasti o benefici a seconda dell'angolo politico da cui li si osserva) senza mai proporre una spiegazione sui motivi che indurrebbero a promuovere un tale disfacimento, se non riferendosi ad una poco chiara voglia di sovvertire l'ordine naturale delle cose o a teleologiche influenze del maligno.

I motivi veri rimangono poco chiari, perchè il potere, di qualunque colore esso sia, ci tiene a non svelare i suoi trucchetti. Ed una volta sconfitto l'avversario toccherà al nuovo vincitore applicarne le regole. Chi non ha il potere ma tenta di conquistarlo, non ha incentivi a rivelare il meccanismo che si cela dietro quella che presto diventerà la propria arma.

Vediamo di spiegarci meglio. Sin dalla notte dei tempi i vincitori non si limitano a sottomettere i vinti, ma per piegarne la resistenza ne distruggono la storia: monumenti, templi, intere città, la lingua, le usanze.

Il Popolo Siciliano, e tutti i popoli del meridione d'Italia, stanno ancora subendo questo processo di de-culturalizzazione forzata, e proprio nella nostra esperienza possiamo trovare qualche indizio del perchè si stia cercando di azzerare la famiglia.

La famiglia allargata tipica del meridione d'Italia e della Sicilia al momento della conquista piemontese si è subito dimostrata un elemento di resistenza culturale difficile da fronteggiare. Gli oppressori per “spersonalizzare” i popoli soggetti e demolirne la struttura sociale, si inventarono (tra le altre) la storia delle famiglie mafiose. I fatti dimostrano invece che la mafia non ha alcuna base familiare, se non nel senso che chi nasce in un ambiente degradato ha buone possibilità di finire “male”. Nessuno fa però fa notare come non esista una cosca dei Provenzano o dei Riina (in questo caso si sono dovuti inventare “i corleonesi”) o che nella cosca dei Santapaola sono davvero pochi (il capo ed i suoi figli) quelli che portano questo cognome. Intanto, l'utilizzo della parola famiglia ha criminalizzato l'istituzione in sé, al punto che i Siciliani stessi quando usano il termine famiglia riferendosi alla propria parentela fanno un attimo di pausa mentale chiedendosi se l'interlocutore possa per caso fraintendere.

Si punta alla distruzione della famiglia (non della famiglia quale istituzione religiosa, ma quale struttura di coesione sociale) per rendere in questo modo l'individuo debole. L'individuo perde un punto di riferimento, un punto di appoggio; perde quella zona franca in cui sino ad ora ha potuto liberamente essere se stesso, rimanendo in balia di un mondo estraneo.

Franco Battiato in una interessante intervista a Repubblica TV in poche parole delinea precisamente cosa sia “l'uomo nuovo” nato da questo disfacimento (vedi dal minuto 13 circa):

“un corpo (che) cammina ma non c'é dentro un progetto, è una macchina che si muove”

Un individuo senza protezione che oggi vaga per le nostre città sventrate della loro storia: un involucro che ora può essere riempito a piacimento da chi ha il potere di farlo.

E riempirlo a piacimento significa controllarlo, decidere i suoi comportamenti, farne branco da pilotare per gli scopi più svariati. Ad esempio facendone una milizia da scagliare contro chi cerca di ostacolare le nostre voglie di potere.

L'undici novembre scorso tutta l'Italia ha potuto vedere il risultato di un paio di decenni di disfacimento sociale pianificato, il coagularsi di una generazione di corpi svuotati della loro anima e riempiti di un nulla che alla fine è l'unica cosa a cui questi moderni zombie riescono ad aggrapparsi per riuscire a sentirsi vivi.



Nel cult movie di Romero i morti vagavano nel parcheggio di un supermercato (simbolo di materialismo), in uno spazio vuoto e piatto che nell'intenzione del regista rappresentava anche quello che erano state le loro vite. Oggi gli stessi esseri trovano la loro sustanziazione nella struttura dello stadio di calcio, che anche nella forma ricorda un involucro svuotato dei suoi contenuti.



Nel giro di poche ore dalla morte di Gabriele Sandri, su internet tutti i media di una certa fazione del regime hanno cominciato a suonare i tamburi dell'adunata, flettendo i muscoli in uno degli scontri di potere che stanno scuotendo da dietro le quinte la penisola. La rabbia del branco è stata pilotata contro la polizia per alcune ore, dopo le quali tutto si è improvvisamente calmato.

Il taglio delle notizie è stato manipolato tanto, che nei giorni seguenti all'incidente persino i parenti della vittima si sono dissociati dal tono generale. Dall'altro lato si è lavorato per bene in modo da chiudere la cosa nel giro di poche ore: dopo un giorno esatto le notizie degli incredibili scontri verificatisi qui e lì nel Nord Italia erano già scomparse dalle pagine principali dei siti di regime, mentre i loro manutengoli si affrettavano a ufficializzare la creazione del branco con una spavalderia così plateale da mostrare a tutti quanto capillare sia il controllo sociale che posseggono.

Articoli programmatici come “L'ultrà che è dentro di noi” sono apparsi, in cui sin dal titolo si cerca di normalizzare ed anzi glorificare l'Ultrà. Ma si arriva all'inverosimile lo scorso 23 novembre, con un articolo in cui si beatifica addirittura il capo degli Ultrà bergamaschi, uno dei gruppi più violenti in cerca di un mandante (e che oramai sembra averlo trovato). Leggendolo sembra di entrare in una realtà altra, sembra di attraversare lo specchio e di atterrare tra le pagine sulfuree di un Dylan Dog, il famoso indagatore dell'incubo bonelliano.

Allo stesso tempo nessuna azione è stata presa contro i responsabili dei disordini dalla federazione, mandando al branco un forte segnale di appoggio e di impunità. A Bergamo, a Roma, a Milano si continuerà a giocare come se nulla fosse, mentre al Taranto viene data partita persa e campo squalificato, forse cercando di provocare una qualche reazione in tutto il sud. (Ed attenzione alle date: l'articolo della gazzetta sulle decisioni del giudice le precede temporalmente e le anticipa con una precisione voluta ancora per dimostrare il controllo, quasi una minaccia)

Ed ancora non abbiamo finito. Il 17 novembre con strano tempismo si svolge la manifestazione per ricordare i tragici fatti del G8 di Genova. Gli organizzatori promettono una manifestazione pacifica, e così è. Non vola nemmeno uno schiaffo. Volano però gli slogan. E si capisce che non c'è molta differenza tra quello che dicono oggi i manifestanti e quello che urlavano un paio di giorni prima i rivoltosi. Anzi i riferimenti sono piuttosto espliciti. Un altro flettere di muscoli, con le due parti che si guardano in cagnesco, mentre una delle due esercita un controllo “millimetrico” sul branco.

Ma c'è un altro particolare da attenzionare: la milizia è tutta settentrionale. A sud di Roma, a parte i deficienti di Taranto, non si è mosso niente. Un segno di mancanza di controllo, o una differenziazione voluta? Difficile rispondere per tutto il sud, ma in Sicilia dopo il sostanziale fallimento dei disordini organizzati lo scorso febbraio la prima ipotesi sembra più probabile: le tifoserie di Palermo, Messina, ed ora anche Catania sono sicuramente le più tranquille d'Italia.

Ecco su quali linee di violenza si profila lo scontro nel paese. Una violenza che almeno al Nord Italia sembra oramai inevitabile e che solo tenendo duro riusciremo ad evitare da noi. Una delle parti in lotta, quella che ci ha oppresso negli ultimi 60 anni per intenderci, crede infatti di poter trovare rifugio in Sicilia (dove nel frattempo per altre vie si sta facendo piazza pulita) per poi contrattaccare. Spetta ai Siciliani diventare ora gli avvoltoi, raccogliere le forze ed alla prima occasione colpire alla gola. Perchè basta poco per essere risucchiati dentro il vuoto. Basterebbe per esempio che una piccola scintilla scaturisca la prossima domenica (2 dicembre) a Catania, cosa che al momento sembra estremamente improbabile. Ma non abbassiamo la guardia.


A Catania anche il vuoto è arte


xFruits


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martedì, novembre 27, 2007

Aggiornamento sulle perle di Catania

Molti di voi ricorderenno che recentemente ci siamo occupati della situazione del Castello Ursino e delle collezioni d'arte che dovrebbero trovarsi in esso custodite.

L'assessore alla cultura del Comune di Catania aveva denunciato di aver subito minacce a causa della sua intenzione di riaprire il museo.

Il timore sia del Consiglio, sia dei navigatori che hanno commentato il post, era che una parte anche importante di quella collezione non si trovasse più al suo posto.

Riportiamo di seguito per intero e senza ulteriori commenti quello che ha pubblicato oggi il sito de La Sicilia sull'argomento. Un grazie di cuore all'assessore Grasso.

Silvana Grasso cerca un Rembrandt in tv

CATANIA - La presentazione di una denuncia al Questore in mattinata e la richiesta di una diretta televisiva della trasmissione di Raitre 'Chi l'ha visto?' dal Castello Ursino: sono le iniziative annunciate dall'assessore alla Cultura del Comune di Catania, Silvana Grasso, per cercare di ritrovare 51 tele "di pittori del Seicento" scomparse dalle cantine del maniero.

Tra queste anche una piccola tela di Rembrandt, della cui presenza nei depositi del Castello Ursino sarebbe traccia in una catalogazione con una descrizione incompleta: "monaco che tiene in mano...".

"È una tela piccola - spiega l'assessore Grasso - che chiunque ha potuto arrotolare, mettere sotto un maglione e portare via. Forse esiste una foto". Analoga sorte sarebbe toccata a altri 50 piccoli dipinti di pittori del Seicento, compreso a un Guido Reni.

"I furti - ricostruisce - furono denunciati ai carabinieri nel 1995 ma da un funzionario dell'ufficio Anagrafe e non dall'assessore e la notizia fu taciuta per non fare clamore, alla siciliana, spegnendo quei riflettori che oggi io ho fatto diventare fuoco". Adesso li cerca in Tv, sperando in aiuti per trovarli.

11/26/2007


xFruits


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venerdì, novembre 23, 2007

"Voglio conoscere il regista"

Chi di noi guardando i film Mery per Sempre oppure Ragazzi fuori non si è identificato con qualcuno dei protagonisti, malgrado fossero sicuramente dei tipi poco raccomandabili?

In questi giorni è apparsa una notizia in giro secondo cui in Sicilia, dopo aver visto la fiction di Riina, alcuni adolescenti sarebbero rimasti affascinati dalla figura del criminale.

Se la cosa fosse vera (le notizie dei media ufficiali è bene prenderle con le pinze) non si capisce perchè la notizia debba provenire da Corleone e non da Roma.

Vedete, oramai i trucchetti della macchina da presa li conosciamo tutti. Il motivo per cui ho ricordato i due film tratti dai libri di Aurelio Grimaldi non è per paragonare quei giovani sfortunati a Riina, ma per paragonare l'operato delle macchine da presa.

Il regista voleva suscitare empatia nello spettatore nei confronti dei protagonisti per farlo immedesimare in quelle problematiche e per esorcizzare l'emarginazione che essi subivano nelle periferie urbane. Un immedesimarsi anche educativo.

Lo stesso meccanismo per cui un film d'amore provoca emozione, uno di paura apprensione, uno su Hitler ribrezzo. L'emozione è controllata da dietro la macchina da presa.

A questo punto dobbiamo chiederci non se i siciliani in fondo siano mafiosi, ma con quali intenzioni sia stato girato il film. Come mai i ragazzini non provano ribrezzo come quando vedono un film su Hitler, ma ammirazione per il mafioso? E per questo bisogna investigare a Roma, non a Corleone. Ed anche un po' a Palermo per capire come mai si sia ancora una volta permesso a questa gentaglia di venire a girare queste porcherie in Sicilia (porcherie sotto il punto di vista qui discusso, non di quello puramente artistico o tecnico).

Vadano a girarsi una bella fiction su Olindo a Erba invece di rompere le scatole a noi.


Come sempre, diretto da un ottimo regista


xFruits


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martedì, novembre 20, 2007

Videogiochi pericolosi

La storia della Sicilia (o meglio del Regno di Sicilia) si studia praticamente ovunque nel mondo: nelle scuole superiori di tutti i paesi musulmani, in Grecia, in Spagna ed in tutte le università del vecchio e del nuovo mondo. L'unico posto dove la storia della Sicilia non si studia è la Sicilia (il resto d'Italia neanche lo prendiamo in considerazione).

Al contrario di quello che dicono i nostri professoroni universitari, la storia del Regno di Sicilia e così dirompente e l'immagine della Sicilia così forte nell'immaginario comune da essere usata persino nei videogiochi. E con un tale livello di enfatizzazione da poter far venire il paradossale dubbio ad un genitore su cosa sia la cosa migliore da fare: mandare i figli a scuola, o piazzarli davanti appunto ad un videogioco.

Ed il videogioco in questione si chiama Medieval II: Total War. In esso il giocatore assume il controllo di una fazione all'interno di un contesto storico reale (compreso tra l'anno 1000 ed il 1500 d.c.), partecipando alla simulazione di eventi bellici reali, studiandone lo svolgimento e possibilmente influenzandone l'esito con le sue decisioni. Più in generale ogni giocatore ha la possibilità di costruire una vera e propria civiltà, sviluppando le risorse naturali del suo regno, costruendo infrastrutture e assoldando nell'esercito i sudditi, che chiaramente meglio si nutrono a casa, più energie hanno a disposizione sul campo.

Svolgendosi come detto tra l'anno 1000 ed il 1500, non poteva mancare tra le parti in gioco il Regno di Sicilia, uno dei maggiori protagonisti degli eventi di quegli anni, anche se oggi cancellato dai libri di storia di mezza Europa. Anzi, sfogliando il sito ufficiale del gioco si scopre che per pubblicizzarlo come esempi delle principali fazioni (cliccare prima su Game Info e poi su Factions), accanto a Russia, Impero Bizantino, Turchia ed Inghilterra troviamo la Trinacria Siciliana.

Chi ha sviluppato il gioco la storia l'ha studiata bene. Anzi benissimo, visto che sa anche quanto sia odiato dagli europei questo maledetto Regno di Sicilia. Al punto che se andiamo a cliccare sulle bandierine delle lingue spagnola, francese, tedesca e soprattutto italiana, notiamo che andando a cercare sulle stesse pagine il Regno di Sicilia è scomparso! (troviamo i bizantini, il papato, l'Inghilterra e l'Egitto). Come d'altronde scompare la dizione “Regno di Sicilia” dalla pagina italiana di wikipedia che descrive il gioco (ma in quella in lingua inglese è citato correttamente) sostituita da un algido “siciliani” che controllerebbero le regioni (!!?!) di Palermo e Napoli.

Altra cosa curiosa è che sbirciando nei vari forum ho notato che molti utenti che si ponevano al comando del Regno di Sicilia notavano un strana e persistente irritabilità del Papa nei loro confronti. Anche questo un dettaglio dovuto alle conoscenze storiche degli sviluppatori?

Allora a Natale facciamo un regalo poco poco più intelligente ai nostri figli (scusate il messaggio promozionale: vi giuro che non mi danno niente...) e permettiamo almeno a loro di imparare la Storia, quella vera con la S maiuscola!


Scomparsi per sempre?


Vedi anche: Sicily against the Moors

xFruits


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domenica, novembre 18, 2007

L'uomo che sconfisse la storia

Cosa sta succedendo in Italia ed in Sicilia dietro la fittizia facciata dello scontro tra destra e sinistra? In Sicilia potrebbe veramente cambiare qualcosa? Capire casa è successo e cosa sta succedendo è fondamentale per prevedere le mosse dei nostri nemici e cercare di scardinare il perverso sistema oppressivo tosco-padano. Con questo post iniziamo a dare uno sguardo più generale agli eventi degli dell'ultimo ventennio, coscienti che comunque le linee tracciate avranno bisogno di aggiustamenti e correzioni. Quello che si vuole dare è un primo organico tentativo di inquadramento delle lotte di potere che stanno sconquassando la penisola italiana e la stessa struttura di potere siciliana inquadrandole in un contesto internazionale. Partendo da quella che qualcuno credeva di fare passare impunemente come la fine.

Il popolano che 725 anni fa difese la sua compatriota dalle prepotenze dei soldati francesi allo scoccare del vespro, poteva immaginare quali conseguenze avrebbe avuto il suo gesto? Salvatore Giuliano, quando reagì al carabiniere che lo scoprì mentre tentava di contrabbandare un misero sacco di grano, poteva mai essere cosciente di cosa il destino avrebbe tramato su quel fatto di sangue, all'apparenza insignificante per la storia (vedi post su questo blog)? Eppure questi sono due esempi di come ognuno di noi può diventare un fondamentale accessorio della mano implacabile del processo storico (non uso il manzoniano provvidenza per rispetto nei confronti di chi nel “processo” ci perse la vita...). Questi sono due esempi di eroi tragici nel senso “classico” del temine, due eroi tragici che svelano il lato greco dell'animo siciliano, un animo dotato di quel pathos che ci spinge ai tipici slanci istintivi sui quali il destino può poi ricamare facilmente le sue trame.

Al momento della caduta del muro di Berlino la Democrazia Cristiana era saldamente al potere in Italia. Nel dopoguerra era riuscita nella scalata perchè era stata capace di catalizzare le forze che si muovevano dietro la facciata democratica dell'occidente in una convergenza d'interessi favorita dal pericolo dato dal colosso sovietico. E questo aveva permesso a finanzieri e speculatori locali di rimanere saldamene in controllo del sistema-Italia

Stati Uniti, liberal-massoni anglosassoni, massoneria italiana, il Vaticano e persino la stessa Russia sovietica puntellavano questa specie di baraccone chiamato Repubblica Italiana. Una seconda prova per i padani, che già avevano bruciato la prima possibilità offerta loro dall'impero britannico con il passo almeno tre volte più lungo della gamba compiuto da Mussolini. Ed invece di imparare dal primo fallimento, cosa fecero i nuovi leader settentrionali? Ricominciavano subito ad arraffare a più non posso dal meridione e visto che i Siculi avevano provato a ribellarsi questa volta usarono maniere ancora più forti, dando campo libero alla cosiddetta 'mafia' che cominciò a fare il bello ed il cattivo tempo in Sicilia, protetta da una connivenza CERCATA e GESTITA dai politici e dallo stato, e non da essi subita, come si è tentato di far passare.

Ma il 9 novembre del 1989 cade il muro di Berlino. Da quel giorno è uno stillicidio per l'Unione Sovietica, che crolla definitivamente nell'agosto del 1991 a seguito di un fallito colpo di stato da parte dei militari. L'alleanza dietro la famigerata DC (nel frattempo affiancata dai socialisti di Craxi) si rompe non appena la minaccia d'oltrecortina evapora. Alcuni degli attori rimasti pensano a quel punto di avere il mondo in mano e vengono allo scontro immediatamente.

Dietro la cosiddetta “sinistra” italiana, rimasta senza padrone, si assembrava già la finanza anglosassone, decisa a saltare alla gola dell'affaticato regime sempre intento a gozzovigliare nella corruzione e nel nepotismo ed a fare un bello scherzetto agli odiosi cugini americani, a cui cinquant'anni prima aveva dovuto cedere il controllo del Mediterraneo. Controllo del Mediterraneo che ha sempre coinciso con il controllo della Sicilia: controllo economico (ora concesso in usufrutto ai padani) e militare (riservato agli Stati Uniti).

La democrazia cristiana è così isolata ma all'inizio forse non se ne rende conto: i liberal-massoni anglosassoni tradiscono subito, rompono con la massoneria cattolica padana e celebrano in pompa magna il 17 febbraio 1992 l'inizio di tangentopoli. La consorteria toscopadana e romanocentrica è in rotta: a sud nel frattempo si completa l'accerchiamento cercando di colpire Andreotti scoprendo i legami del sistema di potere da lui presieduto con la criminalità organizzata in Sicilia che assicurano a Roma il necessario blocco di voti per tenere il controllo in tutta Italia.

Ma il destino ha in serbo un diversivo. A Palermo si era fatto notare un giudice, Giovanni Falcone. Il Siciliano Falcone si era messo in testa di sconfiggere la mafia, e aveva fatto passi da gigante riuscendo a rompere quel muro di silenzio che tutti si erano trovati di fronte quando interrogavano qualche pesce un po' più grosso finito chissà come nella rete. Subito numerosi ostacoli si frapposero, lucchetti invisibili cominciarono a scattare, dita appiccicose a trattenere. Ma Falcone, animato da una incrollabile fiducia nello stato e nella verità continuava, incapace di capire che era proprio da quello stato che lui credeva di servire che i sabotaggi arrivavano.

La nuova sinistra italiana, che aveva trovato nell'odio verso gli yankee il collante ideale che saldasse il connubio con le massonerie d'oltremanica, vide in Falcone quello che ci voleva per realizzare i suoi piani. Gli fu fatto trovare il pacco dono: un nuovo pentito pronto a cantare a comando, tal Pellegriti (vedi nostro post). Il colpo di grazia. Un colpo di stato elegante e sottile. Pellegriti inguaia Andreotti, gli eroi antimafiosi ed anticorruzione vanno al potere ed i liberali conquistano i mercati finanziari padani e la loro lucrosa appendice mediterranea.

Ma nessuno di quegli ominicchi aveva previsto quanto quel Siciliano fosse deciso a redimere la sua terra combattendo solo con le armi della giustizia e della verità. Quanto fosse deciso a recitare la sua parte fino in fondo, coerente e cocciuto come tutti i suoi conterranei.

Falcone capisce subito che lo stanno usando e svela l'ordito bloccando il colpo di stato, cosa che provoca la reazione furiosa dell'antimafia. Senza l'intervento del giudice non ci saremmo accorti di niente. Nessuno si sarebbe accorto di niente. Saremmo passati da una miseria all'altra, da un regime ad un altro che tutto avrebbe cambiato affinchè tutto potesse rimanere lo stesso.

Il Popolo Siciliano è così entrato in scena prepotentemente. Giovanni Falcone si è fatto trasportare dalla passioni, dalla sua incrollabile fede nella verità e nella giustizia non potendo comportarsi in modo diverso. La sua fine fisica segna l'inizio di una nuova guerra, di un nuovo Vespro che il Popolo Siciliano è ora chiamato a combattere per onorare la memoria del suo eroe. L'anima di Falcone sta chiamando ognuno di noi alle sue responsabilità di Siciliano: l'Ora del Vespro è tornata a scoccare.


xFruits


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giovedì, novembre 15, 2007

Poker petrolifero: l'ENI cala... le braghe!

La partita per l'accaparramento delle risorse energetiche riveste un ruolo di primo piano nel nuovo assetto geopolitico mondiale. Ma il mondo delle compagnie petrolifere è un mondo chiuso ed opaco, fatto di attori sia pubblici che privati che tendono a salvaguardare gelosamente i loro segreti scientifici ed economici.

Il gioco dei contratti, delle alleanze, degli accordi con i governi proprietari delle risorse vede quindi i contendenti puntare spesso quasi al buio, rilanciare sulle offerte altrui e bluffare sulle proprie forze sperando che il proprio gioco non sia scoperto. Un duello fatto più di sguardi e smorfie ad un tavolo al quale è difficilissimo essere ammessi e dal quale non ci si alza se non quando si è perso tutto.

L'Eni sin dai tempi di Enrico Mattei è sempre stata uno dei giocatori più scaltri a sedere al tavolo non proprio verde di questo poker petrolifero. Partendo quasi da zero Mattei ha messo l'Italia all'altezza delle grandi compagnie petrolifere: un manager geniale e con pochi peli sullo stomaco che perseguiva i suoi obiettivi con diabolica pervicacia.

Ma Mattei è passato come tanti altri personaggi che hanno contribuito a portare il nord Italia nel club della politica mondiale. Solo che lassù non si sono ancora rassegnati e continuano a tentare colpi a effetto per ritornare su quelle cime che difficilmente potranno nuovamente toccare.

L'ENI negli ultimi anni ha veramente puntato grosso, cercando di trasformare i suoi possedimenti mediterranei (leggi Sicilia e Puglia) in un hub energetico destinato a convogliare idrocarburi da est e da sud verso l'Europa. Ma siccome capita che niusciuno è fissa, il suo gioco è stato scoperto prima ancora di cominciare la mano e la sua tattica smontata pezzo per pezzo (vedi post), tanto che ora il colosso energetico italiano è costretto alla difesa.

Il segnale più evidente di questa difficoltà, nonché delle paure che attanagliano la Padania, si è avuta in questi giorni con la firma dell'accordo per la costruzione del GALSI (il Gasdotto Algeria-Sardegna-Italia), un'opera dai costi esorbitanti e dall'apparente inutilità strategica.

Poggiare una tubatura sul fondo del mare ha dei costi elevatissimi rispetto all'interramento in superficie. I tratti in mare sono in genere brevi e si scelgono solo per una oggettiva mancanza di alternative: sarebbe impossibile fare arrivare il gas in Italia se non si attraversasse lo stretto di Messina. Certo, si sono costruiti tratti estesi nei mari asiatici interni e si sta costruendo una nuova tubatura sul fondo del Mar Baltico, ma le profondità di questi bacini hanno poco a vedere con i fondali mediterranei.

Tanto per fare un confronto, il GALSI (110 milioni si metri cubi al giorno, 2 miliardi di Euro di costi complessivi per 900 km di lunghezza) verrà a costare circa 3.3 milioni di dollari al km. In questi stessi giorni Iran e Turchia hanno raggiunto un accordo per un gasdotto di portata 5 volte superiore, ma lungo ben 2577 km interamente sulla terraferma: costo totale 5 miliardi di dollari. Costo al km: 2 milioni di dollari. Una bella differenza: sarebbe stato molto più conveniente costruire l'ennesima condotta attraverso la nostra isola!

Un tale sperpero di soldi (in buona parte pubblici) ha senso solo se vi sono delle precise motivazioni strategiche: mancanza di fiducia nella disponibilità dei siciliani a continuare a collaborare a costo zero?

Strani sono anche i termini del contratto: per ottenere la partecipazione della Sonatrach (l'azienda di stato algerina) al progetto e per assicurarsi il gas necessario a riempire il tubo gli italiani hanno spalancato le porte del mercato interno agli algerini e degli 8 miliardi di metri cubi annui che arriveranno in Italia, 3 potranno essere gestiti direttamente sui mercati italiani dai nordafricani. Praticamente l'ENI (o forse sarebbe meglio dire l'Italia) sta pagando per calarsi le braghe.

Cosa alla quale ultimamente pare si stia abituando parecchio: nel giugno 2006 un accordo simile era stato raggiunto con la Russia (e spacciato qui come a noi favorevolissimo, quasi che Putin fosse babbo...), mentre pochi giorni fa un contratto con la Libia è stato degradato di categoria (dai libici, ovviamente).

La cosa più tragica è che tutti questi stati (Russia, Algeria, Libia, Turchia, Iran) sembrano intendersela parecchio bene tra di loro mentre trasformano l'Europa in una immensa camera a gas dove stanno per morire asfissiati i sogni di potere di padani e liberali. Basterebbe che la Sicilia si allontanasse da Villa di qualche altro millimetro che le braghe non riuscirebbero ad alzarsele più.


Quante braghe porta un cane a sei zampe?

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