Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

martedì, luglio 28, 2009

Balle imperiali

Nota 29/7/09: Ho aggiunto poche righe in più per chiarire meglio le dichiarazioni di Nicola Mancino ai tempi dell'arresto di Riina e l'obiettivo implicito degli attacchi di De Magistris. Obiettivo del quale non è detto che il magistrato si renda pienamente conto.

Eccolo il nuovo eroe degli anti-mafiosi, delle pseudo-sinistre italiane, dei Di Pietro che lancia allarmi sui periodici dell'estremismo finanziario anglosassone, degli Orlando iscritti al European Council of Foreign Relations: Totò Riina.

Lumia: Bisogna spingere Riina a collaborare

Ingroia: Siamo pronti ad ascoltare Riina

Insomma, tutta gente nota per l'imparzialità politica. Tutti ai piedi di Riina. Che questa volta siamo sicuri che ci rivelerà la verità vera. Il verbo. E come per miracolo, al contrario di tutti quelli che ci hanno provato prima, non finirà suicidato o rovinato. Anzi: magari lo lasciano anche libero.

Non mi sembra il caso di mettersi a fare le pulci alle confessioni teleguidate di un pecoraio (pecoraio vero però, non come quello di Arcore...). Tanto la balla è stata già detta. Dove si vuole arrivare è facilissimo da capire.

Dietro le stragi del '92 c'era lo stato
:

"Borsellino? Lo ammazzarono loro", dove loro, in una contrapposizione tra istituzioni e cosche, che per il boss è fisiologico fare, indica, appunto, lo Stato. Ma a chi sta parlando realmente Totò Riina? "Certo non all'autorità giudiziaria", dice Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo che indaga sulla presunta trattativa tra le istituzioni, in ginocchio dopo la morte del giudice Giovanni Falcone, e la mafia, che, per mettere fine alla strategia stragista, avrebbe posto precise condizioni.

Eccola la verità che tutti gli italiani volevano sentire. Questa non può essere una menzogna.

Ed invece detta in questo modo lo è. E di quelle colossali. Perchè lo stato italiano non è mai stato sovrano. Uno stato che ratifica qualcosa come il Trattato di Lisbona non è uno stato sovrano. E non lo era nemmeno nel 1992. E se lo stato non è sovrano, non può mai essere il mandante originario.

Quelle del 1992 non sono “stragi di stato” nel senso letterale del termine. Quelle del 1992 sono stragi “imperiali”. Chi vuole i responsabili, se li vada a cercare ai vertici dell'impero.

E quel furbastro di De Magistris, che pensa di prenderci ancora per il di dietro, dovrebbe stare attento a non scoprirsi troppo accusando Nicola Mancino non si capisce di cosa:

"Un vicepresidente del Csm - continua - deve chiarire in modo più efficace quello che è accaduto in quelle ore, un vice presidente che ha contribuito a fermare inchieste molto importanti proprio nella direzione dei rapporti tra mafia e politica e che lascia interdetto per il suo ricordare a giorni alterni".

Dovrebbe stare attento perchè pochi politici in Italia hanno mai avuto il coraggio (o l'incoscienza?) di dire le cose come stavano. E nel 1993, a proposito delle stragi, Mancino ebbe a dire qualcosa che nessuno oggi vuole ricordare:

"Non escludo un ruolo della finanza internazionale"

Cosa ha mai fatto De Magistris per potersi permettere di attaccare Mancino? Sfido chiunque ad andarsi a rileggere tutte le dichiarazioni dell'ex (ex?) magistrato per vedere se abbia mai detto qualcosa di neanche lontanamente paragonabile a quelle poche parole del vicepresidente del CSM.

Figuriamoci se le rilascerà ora, certe dichiarazioni, che è stato eletto nelle fila dell'Idv di Di Pietro, quello che lancia allarmi sui quotidiani dell'estremismo finanziario anglosassone.

Invece andiamoci a rileggere la risposta per le rime data da Mancino a De Magistris:

"L'11 gennaio 1993, cioe' quattro giorni prima della cattura di Riina. Una giornalista mi chiese: chi prenderete? Risposi: Riina. Coincidenza volle - continua - che Riina fosse arrestato dai carabinieri pochi giorni dopo. Ma se fossi stato al corrente dell'imminente arresto, sarei stato cosi' ingenuo da dirlo pubblicamente, dirlo con il rischio di far fallire l'operazione?"

E proprio qui sta il punto: che quella non poteva essere una coincidenza. Quella risposta poteva essere data perchè tanto l'operazione non poteva fallire, visto che Riina era sempre stato sotto stretto controllo. Quella risposta, spiattellando pubblicamente il fatto che tutti sapevano dove fosse Riina, vale quanto il "Non escludo un ruolo della finanza internazionale" ricordato sopra.

Quando Mancino dice che "Lo Stato disse no al patto con Cosa nostra" intende dire che la sua parte politica rifiutò di accordarsi con l'impero, e da qui nacquero le stragi.

L'arresto era infatti solo una messinscena per coprire i mandanti veri, la mossa in senso anti-mafioso che era necessario fare compiere allo stato per tenere in piedi l'inciucio occidentale (vedi i post Mafia ex machina prima parte e seconda parte).

De Magistris (coscientemente o no...) oggi continua quell'operazione di copertura dei veri mandanti messa in luce dalle mezze frasi di Mancino.

De Magistris non permetterà mai a nessuno di parlare male della finanza internazionale. Altrimenti i suoi colleghi di partito con quale faccia potranno mai tornare ad appellarsi alla “Comunità internazionale” dalle pagine dell'Herald Tribune?

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sabato, luglio 25, 2009

Cime tempestose

Le ultime elezioni presidenziali americane hanno visto lo svolgersi del duello più aspro in una fase diversa da quella solita del voto finale per la scelta tra un candidato repubblicano ed uno democratico.

Abbiamo assistito ad un braccio di ferro senza precedenti all'interno del partito democratico tra quello che sarà poi il futuro presidente ed una spietata Hillary Clinton. Quasi fosse quello il vero confronto elettorale per la vittoria finale.

Uno scontro che ha rischiato di lacerare il partito e di presentarlo diviso ed indebolito alla battaglia con McCain. Ed invece il duo McCain-Paulin durante la campagna elettorale ha goffamente proceduto di gaffe in gaffe verso una sin troppo ovvia sconfitta contro lo “sconosciuto” e giovanile Obama.

Quali poteri si stavano scontrando in realtà nelle primarie democratiche? Erano effettivamente McCain e gli elettori statunitensi solo una comparsa di un copione scritto nell'ombra?

Nel 2004, con la campagna elettorale per le presidenziali in corso, negli USA uscì il film “The Manchurian Candidate”, una sorta di psico-thriller politico nel quale si immagina un candidato presidenziale posto sotto il controllo di una lugubre organizzazione (la “Global Manchurian”) tramite un impianto inserito nel cervello.



Il film, vincitore dell'oscar, culminava nell'assassinio da parte dell'eroe di colore impersonato da Denzel Washington della coppia Meryl Streep – Manchurian Candidate, madre e figlio. Se accettiamo la neppur tanto vaga somiglianza tra la Streep del film e Hillary Clinton (foto sopra), allora ci possiamo permettere di cogliere nell'eroe di colore il futuro presidente, Barack Obama.

D'altronde Denzel Washington si è imposto al grosso pubblico impersonando con successo l'attivista politico afroamericano Malcom X, più volte messo in relazione con Obama.

Rimane il “Manchurian candidate”, il burattino, nella finzione del film decorato e reduce di guerra in Iraq.

Il film del 2004 è un rifacimento di una pellicola del 1962 dallo stesso titolo (“Va e uccidi” in italiano) nella quale la guerra a cui si fa riferimento è quella di Corea e non più quella irachena. Anche nel 1962 il reduce, dopo l'esperienza della prigionia in un campo di concentramento nemico, si candida alla presidenza. A controllarlo non sono dei “finanzieri” americani, ma i comunisti.

John McCain, candidato alle ultime elezioni per i Repubblicani, è un reduce di guerra del Vietnam. Durante il conflitto fu catturato e torturato dai vietnamiti, che lo condizionarono psicologicamente a tal punto da costringerlo ad effettuare alcune dichiarazioni anti-americane.

Ricapitolando, il Manchurian Candidate (McCain) del film è un burattino della Streep (Clinton) che a sua volta lavora per questa strana “loggia” segreta, la Manchurian Global.

Quell'epilogo violento prefigurato dal film, poi realizzatosi nello scontro “all'ultimo sangue” delle scorse primarie, racconta di acque non certo tranquille in cima alla piramide di potere occidentale.

Hollywood ha dato conto di questo scontro per il potere altre volte. Ad esempio nella saga di Guerre Stellari: nell'ultimo episodio (“La vedetta dei Sith”) ci viene mostrato il colpo di stato (vedi 11 settembre) effettuato di nuovo da una “loggia segreta”. Questa volta non si tratta della “Manchurian Global”, ma dei “Sith”. Dietro il presidente (George Bush) viene svelata la orripilante figura di un imperatore nero. Ed anche qui, il presidente-imperatore viene affrontato all'apice del dramma da un “Jedi”[*] di colore.

Queste fratture ai vertici, se effettivamente esistono, non possono che acuirsi nei periodi di crisi o di inarrestabile declino. Abbiamo già visto tutto questo nelle fasi terminali dell'impero romano, in cui i “principi” si succedevano a ritmo frenetico ed erano più espressione di gruppi alla ricerca di ricchezza personale che di un progetto per il dominio del mondo, come lo erano nelle fasi più gloriose della storia della città eterna.

Il duello tra “Obama” e la “Clinton” non ha comunque portato ad un chiaro vincitore. I due gruppi sono dovuti scendere a patti e la Clinton è stata accettata come Segretario di Stato, una posizione di altissimo profilo (il precedente segretario di stato era la Rice) per giunta accompagnata da una delega per l'India che la posiziona strategicamente nell'area più calda del pianeta, l'Asia centrale.

Un premio alquanto generoso per chi è stato apparentemente sconfitto. Un premio che è facile prevedere foriero di divisioni interne e problemi per l'amministrazione di Obama.

Divisioni che non hanno tardato a manifestarsi e che sono venute a galla in occasione della recente crisi iraniana: il presidente americano all'inizio aveva reagito con estrema pacatezza e senza sbilanciarsi in favore dei ribelli che accusavano il regime di Teheran di brogli. “Sta agli iraniani prendere le decisioni riguardo chi dovrebbe essere il leader dell'Iran” (“Meeting thuggery with coolness”, The Economist 18 giugno 2009), disse durante i primi gironi della crisi.

Un atteggiamento che è sembrato troppo prudente a qualcuno, ma che trovava appoggi in casa persino nelle alte sfere economiche, visto che il fondo dei Rockfeller (il Rockefeller Brothers Fund ) aveva nel frattempo certificato le regolarità delle elezioni sul Washington Post e tacciato di inconsistenza le accuse occidentali rivolte ai vertici persiani.

Dopo qualche giorno (il 23 giugno) Obama è sembrato concedere qualcosa alle richieste dei falchi, e si è spinto sino ad esprimere «Condanna» contro le «azioni ingiuste» del regime iraniano e «seri dubbi» sulla regolarità delle elezioni. (“Obama alza il tono con l' Iran «Repressione sconvolgente»
Corriere della Sera 24 giugno 2009)

Le divisioni sono riaffiorate in modo ancora più prepotente all'insorgere della crisi Honduregna, che ha visto Chavez e Castro accusare gli americani del colpo di stato mentre paradossalmente Obama tuonava contro i golpisti:

Barack Obama ha ribadito che per l'America il presidente dell'Honduras resta Manuel Zelaya. Quanto avvenuto domenica secondo l'inquilino della Casa Bianca «non è legale» e se il colpo di Stato in Honduras venisse accettato sarebbe «un terribile precedente» (“Caos in Honduras dopo il golpe. Obama: «Quanto avvenuto non è legale»”, Corriere.it 29 giugno 2009)

Ma nei fatti l'amministrazione USA non ha potuto fare niente contro i suoi nemici interni.

Altri sinistri segnali sono arrivati a cavallo tra i due eventi descritti. Il 26 giugno il Financial Times riporta in prima pagina un pezzo la cui pubblicazione non deve aver fatto passare sonni tranquilli a molte persone:

I fondatori delle dinastie dei Rothschild e dei Freshfields collegati alla tratta degli schiavi[**]

Un'accusa sostenuta da fior di documenti e che suona ironica quando si pensa alle voci che girano riguardo alla supposta sponsorizzazione di Obama da parte dei Rothschild (vedi il post “Pericolo di crollo”).

La Rothschild Bank si è scusata immediatamente senza neanche temporeggiare per dare un'occhiata ai documenti: paura che qualcuno possa far saltare fuori altri documenti che li mettano vicini ai nazisti? Suonerebbe ancora più ironico dato il supporto dei Rothschild alla causa di Israele, causa alla quale proprio i nazisti hanno dato (casualmente, si intende...) un fondamentale aiuto convincendo i poco accondiscendenti ebrei europei che era meglio cambiare aria.

Intanto, mentre a Washington gli oscuri pretendenti al trono si combattono, l'impero continua ad affondare.

Durante la trasmissione del 21 luglio “Il Grande Gioco”, in onda su Rai Due e condotta dallo scrittore e giornalista catanese Pietrangelo Buttafuoco, Igor Panarin, politologo russo, mentre paragonava Obama a Gorbaciov, ha ricordato un paio di episodi passati in silenzio tra i nostri mezzi d'informazione:

Nell'aprile del 2009 il governatore dello Stato del Texas ha dichiarato che questo Stato potrebbe recedere dalla confederazione. Inoltre ha pronunciato questo discorso durante un enorme meeting, in cui la folla scandiva le parole “Usciamo dalla compagine degli USA!”.

Dall'altro lato la crisi economica sta costringendo gli “yankee” a chiedere l'elemosina per continuare a mantenere almeno l'apparenza. La superpotenza spaziale non ha più i soldi per raggiungere la stazione spaziale internazionale ("Over the moon?" The Economist 16 luglio 2009):

Gli shuttle sono destinati a smettere di operare l'anno prossimo e già c'è il dispiacere per il vuota tra il ritiro e l'arrivo di un loro successore. Nel frattempo, la NASA sarà costretta ad usare un sostituto russo, il Soyuz, per poter mantenere le forniture alla stazione spaziale e per tenerla in funzione.

La stessa sorte era toccata agli astronauti russi una ventina di anni or sono.

Qualche tempo avevamo riportato le dichiarazioni di un pezzo grosso dei servizi segreti pakistani, tal Hamid Gul, riguardo al collasso statunitense nell'autunno di quest'anno (vedi il post "Pericolo di crollo":

“Nelle mie previsioni, verso la fine del 2009, Obama capirà che o abbandona la sua agenda di modifiche [all'assetto politico dell'Afghanistan e delle aree vicine, ndr] o dovrà trovare un modo per disimpegnarsi da impegni esterni [operazioni militari]”

Il 19 luglio il ministro della difesa USA, Robert Gates, ha dichiarato che «Non potremo stare a lungo in Afghanistan» se non ci saranno evidenti progressi entro questa estate. Gates ha continuato dicendo che «l’America è stanca e sono stanchi i suoi soldati». E stanchi sono anche i contribuenti di pagare. Soprattutto ora che non ci sono più neanche i soldi, per pagare.

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[*] I Jedi della saga di Guerre Stellari non rappresentano altro che la massoneria, che protegge la “repubblica” operando nell'ombra ed alle spalle del popolo che continua ad eleggere mezzibusti senza potere. Ce lo dicono in faccia come stanno le cose....

[**] I media italiani hanno diligentemente riportato la notizia

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martedì, luglio 21, 2009

Learning to Efly

Nello scrivere il seguente post è doveroso chiarire che non si ha alcuna intenzione di prendere le difese “legali” dell'imprenditore in questione. Non si è neanche a conoscenza dei dettagli delle vicende legali alle quali si fa riferimento negli articoli della stampa maltese citati di seguito. Certe angolature però è bene metterle in evidenza, visto che mai si potrebbe sperare di vedere questo “lavoro” fatto dalla stampa ufficiale.

Qualche giorno fa, il 7 luglio, avevamo dato notizia della nascita di una nuova compagnia aerea grazie al fondatore della compianta (dai Siciliani) Air Sicilia, il calatino Luigi Crispino. La nuova azienda (la Efly) era stata registrata a Malta, da dove dovrebbe operare voli tra la stessa Malta, Catania e Londra.

Della cosa si erano occupati anche i giornali maltesi, ed in particolare il Business Today con un articolo di Karl Stagno-Navarra dell'8 luglio (“Air Sicilia founder eyes Malta for low-cost airline”) dove da un lato si riconosceva all'imprenditore il “merito” (almeno dal punto di vista siciliano...) di “aver rotto il monopolio dell'Alitalia nel 1994”, dall'altro si indugiava un poco troppo nelle conseguenze legali di quella sua “bravata” e in quelle di altri fatti non specificati (“la carriera di Crispino è costellata da progetti e da questioni con la giustizia italiana”) ammettendo sì che Crispino “è noto per la sua abilità di riabilitarsi”, ma senza spiegare cosa questo possa voler dire in Italia, e cioè che molte delle accuse a lui rivolte potrebbero avere avuto una origine politica.

Bastano queste parole tratte dall'articolo per capire quello cosa si intende dire: “Fu anche citato in giudizio e dovette pagare 145.000 Euro per danni ad uno dei suoi consulenti che aveva dichiarato di non essere mai stato pagato e che a quanto pare avrebbe istigato le ispezioni della Guardia di Finanza nei suoi patrimoni.” In pratica sembra di capire che una lite con un consulente finita in tribunale sia stata l'appiglio per l'intervento della Guardia di Finanza ed il suo susseguente arresto che portarono al fallimento di Air Sicilia.

Anche se è giusto dare un quadro completo della biografia di qualcuno che viene a spendere i suoi soldi ed a pagare le tasse a casa tua, evitando di scadere in una di quelle servili agiografie che abbiamo spesso visto fare in Sicilia a favore di sospetti imprenditori continentali, sembrano però eccessivi questi dettagli, maniacali sino al punto da citare la somma dovuta a causa della condanna per un fatto tutto sommato abbastanza comune nel mondo imprenditoriale.

Poi all'improvviso il 15 luglio lo stesso giornale maltese pubblica un altro articolo, sempre dedicato allo stesso argomento, ma più burrascoso del primo: “A tale of clipped wings” (Trad. “Un racconto di ali tarpate”).

A quanto pare Karl Stagno-Navarra era stato invitato ad intervistare Crispino, ma l'intervista era stata cancellata dall'entourage siculo solo poche ore prima dell'appuntamento. Ecco la motivazione: “Luigi Crispino ha dato le dimissioni da amministratore delegato di Efly Ltd con effetto immediato. Egli ha anche trasferito tutte le sue azioni ad un'altra azienda.”

Una svolta strana e quasi misteriosa per questa vicenda, visto che l'impresa in cui il nostro si è lanciato non sembra essere stata presa sottogamba. A dimostrazione di ciò lo stesso giornalista ricorda che “A Malta, Luigi Crispino ha assunto Frans Camilleri, precedentemnte a capo dell'ufficio di pianificazione strategica di Air Malta, come account manager per Efly. La reputazione di Camilleri nelle strategie aziendali nell'aviazione non è seconda a nessuno, inoltre possiede parecchi anni di esperienza in una serie di progetti, tra i quali il programma di rinnovo della flotta di Air malta nel 2002.”

L'articolo, dopo aver nuovamente rinvangato i trascorsi giudiziario-politici del precedente pezzo, va poi avanti raccontando le poco cortesi risposte ricevute dal Direttore Generale di Efly. Ma sono le parole dello stesso Crispino che più che spiegare il gesto, rendono la vicenda ancora più oscura.

Riporto nuovamente da Business Today:

“Le mie dimissioni sono state spontanee, e prese nel miglior interesse della compagnia aerea” egli [Crispino, ndr] ha evidenziato, ma si è rifiutato di spiegare quali siano stati questi “interessi”.

Aggiungendo poco dopo: “con le mie dimissioni ho rimosso l'ultimo ostacolo che rimaneva ad Efly per ottenere l'ultima parte della licenza.”

In effetti Efly sta ancora aspettando il via libera dal dipartimento dell'Aviazione Civile di Malta (DCA). E questa frase sembra suggerire che questo via libera non sarebbe arrivato se in cima fosse rimasto quel nome. Un ritardo che a questo punto non avrebbe motivazioni legali, ma politiche.

Air Sicilia, nel 1994, è stata la prima compagnia aerea Low Cost al mondo, con prezzi circa un quarto di quelli che fino a quel momento Alitalia estorceva per farci viaggiare. Il Siciliano Crispino, partendo dalla sua Caltagirone, ha creato un modello per un intero settore che di lì a poco sarebbe decollato distruggendo il predominio delle compagnie di bandiera, non solo in Italia.

Un'impresa che merita il giusto riconoscimento, ed i cui frutti (amari) questo imprenditore un po' troppo avanti con i tempi sta ancora assaggiando.

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sabato, luglio 18, 2009

Il califfo nel pallone

Il 3 ottobre del 1993 allo stadio cibali della città etnea non si giocò una importantissima partita di un calendario di calcio della C1 stilato dal TAR di Catania invece che dalla FIGC: Catania-Giarre.

La squadra ospite, seguendo il diktat degli organi della lega calcio, in mano alla congrega dei Matarrese, non si presentò al fischio d'inizio. Non che i tifosi si aspettassero di vedere apparire la compagine ospite, ma nonostante questo allo stadio ci fu il tutto esaurito.

Fu un bagno di folla per l'allora presidente Angelo Massimino che riuscì non solo ad evitare la cancellazione della squadra, ma anche ad impedire che il calcio a Catania cadesse nelle mani della cosca internazionalista della quale facevano parte, oltre a Matarrese, anche l'allora sindaco Enzo Bianco e l'imprenditore incaricato di prendere il posto di Massimino, quel Proto oggi improvvisamente coinvolto in delicate vicende giudiziarie.

In mezzo a quei cori dedicati ad una squadra che non giocava, le emittenti locali inquadrarono un lungo striscione, il quale recava a chiare lettere la scritta “Vogliamo Gheddafi” (“Catania in trionfo al Cibali”, Corriere dello Sport del 4 ottobre 1993) [*] .

Quello stesso Gheddafi che da Tripoli aveva già segnalato un anno prima la sua intenzione di accettare una eventuale proposta di questo tipo: “Sarò califfo di Sicilia”, titolavano i quotidiani italiani nel 1992.

Il colonnello era alquanto nervoso in quel periodo, con gli americani che grazie al servilismo di Roma lo potevano controllare impunemente da Lampedusa e si permettevano anche di dichiarare che “Noi qui solo per aiutare navigazione. Lanciamo segnale radio a tutte le barche. Anche a quelle della Libia. Solo un servizio di pace...” (“Gheddafi è come l'Etna”, Corriere della Sera del 3 aprile 1992)

Dall'Africa ritorniamo in Sicilia, ma per il momento cambiamo scena.

Siamo nel 1946, durante quel periodo di torbidi in cui la nostra isola accarezzò per qualche mese il sogno di risorgere libera. L'EVIS, l'esercito rivoluzionario siciliano, malgrado la morte di Canepa non si disperse come i mandanti dell'agguato avevano previsto (Vedi post “Que viva Canepa!”).

Il comando passò a Concetto Gallo, il quale guidò il gruppo di valorosi anche attraverso la battaglia di San Mauro, nei pressi di Caltagirone, sino alla conclusione delle trattative con lo stato, che fu costretto a concedere l'amnistia ai combattenti per i “reati” commessi in relazione alla lotta separatista.

Non tutti poterono beneficiare pienamente di questa amnistia. A Giuliano, ad esempio, furono condonate le morti dei militari uccisi durante la militanza nell'EVIS. Ma non i crimini comuni commessi prima. Troppo comoda la sua figura a certi poteri per poterla lasciare andare libera.

Come lui tanti altri, che emigrarono rifugiandosi nella legione straniera o finendo i loro giorni in altre zone “calde” del pianeta. O che rifiutarono di arrendersi accontentandosi della semplice autonomia. Uno di questi ultimi fu Michele Papa, catanese, avvocato, che riparò in Libia e che dopo la rivoluzione del paese africano divenne confidente del colonnello Gheddafi.

L'avversione di Papa per lo stato italiano era tale che arrivò a convertirsi all'islam: fu lui, nel 1980, a fare aprire a Catania la prima di tutte quelle moschee che oggi sorgono come funghi lungo lo stivale.

L'avvocato diventò praticamente l'agente di Gheddafi in Italia, operando attraverso l'Associazione dei Musulmani in Italia da lui diretta, associazione avente sede a Trapani nello stesso palazzo in cui avevano sede (pare) alcuni uffici del sisde e, pare ancora , diverse logge massoniche coperte.

Navigando su internet, troverete questo argomento collegato un po' a tutto: alla strage di Ustica, a quella di Bologna, agli omicidi di Falcone e Borsellino, persino alla morte di Aldo Moro. Tutti massoni, tutti mafiosi.

Troverete di tutto, tranne una semplice osservazione che stranamente si evita di fare.

Papa come detto, non ha mai rinnegato l'indipendentismo. (Come prova il suo libro “Storia dell'Evis”, scritto quando il nostro era già pienamente al servizio di Gheddafi e pubblicato postumo nel 1995.) Possiamo quindi farci un'idea di quale sia il prisma attraverso il quale il leader libico interpreta la politica italiana e collegarla alla sparata del “califfato” riportata sopra: tra i Patrioti Siciliani e la Libia vi è una certa “convergenza” di interessi.

Torniamo ai nostri giorni, sempre senza muoverci dalla Sicilia.

Pochi giorni fa il vicesindaco ascarizzato leghista di Lampedusa, Angela Maraventano, ha portato due colleghi, i senatori della Lega Nord, Sandro Mazzatorta e Armando Valli, in giro per la sua isola ("La rinascita di Lampedusa "Meglio di Virgin Islands", LaSiciliaWeb.it 12 luglio 2009) .

Secondo i due senatori, nel famigerato centro di accoglienza “lavorano 89 persone che che ora si stanno girando i pollici.” Gli sbarchi sono finiti. All'improvviso. Sempre secondo i due, “Ora i pattugliamenti Italia-Libia stanno funzionando egregiamente”. “Grazie al ministro Maroni”, o grazie a Gheddafi che ha fermato il flusso alla sorgente?

Quell'inarrestabile fiumara umana si è esaurita istantaneamente dopo le ultime le elezioni europee, mentre il colonnello veniva per la prima volta in Italia dichiarando chiusa ogni questione con gli ex colonizzatori (vedi il post “Notizie di striscio”).

Una fiumara con il preciso obiettivo politico di mettere pressione destabilizzando per quanto possibile il governo romano. Dei disperati lanciati contro il muro occidentale nel punto in cui il "califfo" sapeva essere la sua falla più pericolosa: la Sicilia.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una escalation inarrestabile con le rivolte del centro di accoglienza, la sin troppo bene organizzata fuga, i viaggi di Maroni a destra ed a sinistra.

Forse Tripoli pensava di utilizzare questo tipo di pressione politica anche in occasione delle ultime elezione europee per dare il suo contributo allo smacco che si voleva fare subire a Berlusconi che sognava di annettersi l'isola eliminando i ribelli, cosa che avrebbe ostacolato non poco la realizzazione del progettato califfato. Un tempestivo naufragio nelle vicinanze delle coste libiche invece che di quelle siciliane ha forse suggerito al nostro che almeno in quel caso era meglio starsene buoni.

Alla fine comunque lo smacco il cavaliere lo ha subito lo stesso. Gheddafi [**] non ha perso tempo: come detto si è precipitato immediatamente a Roma a congratularsi con lo sconfitto per poi prepararsi a scendere in campo a viso aperto.

E' il Presidente della Fondazione Banco di Sicilia, Gianni Puglisi (proprio lui, il massone esplicito... vedi il post “Due stratagemmi”), a dare l'annuncio che in altri tempi avrebbe provocato stragi e guerre tali che quelle del 1992 impallidirebbero al confronto (“Nel 2010 può nascere la Banca del Sud. Azionisti di controllo la Sicilia e la Libia”, SiciliaInformazioni.com 16 luglio 2009):

“C'è un'ipotesi di risettaggio del sistema bancario siciliano in cui la Libia rientra tra i partner attendibili. Su sollecitazione del Presidente Lombardo, stiamo valutando l’ipotesi di una partnership finanziaria con la Libia, senza dubbio una interessante ipotesi di lavoro e di studio.”

Aggiungendo sibillino: “Del resto Tripoli se non sbaglio è più vicina a Palermo che a Milano”. Si parla qui solo di vicinanza geografica, o anche di vicinanza politica? E si dice Milano per dire Milano, o per non dire Arcore?

Secondo MilanoFinanza, si cercherà di coinvolgere anche alcuni imprenditori locali. In Sicilia di imprenditori nel campo bancario con un portafoglio tanto ampio da potersi imbarcare in una tale avventura ne ricordiamo solo uno: il patron della Banca Popolare Agricola di Ragusa, Giovanni Cartia. Proprio lui, l'obiettivo di uno strano tentativo di rapimento da parte di un ex-brigatista riconvertitosi a mafioso (vedi il post “Ci siamo”).

Come per il barcone di disperati affondato davanti alle coste libiche, anche questo tentativo di rapimento è avvenuto nello stesso clima pre-elettorale. Strana coincidenza. Come anche quella che vede il cda del Banco di Sicilia riunirsi proprio a Ragusa il giorno dopo le elezioni europee (“BdS, il cda va in trasferta a Ragusa”, EconomiaSicilia.it, 9 giugno 2009). E noi alle coincidenze continuiamo a non crederci.

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Due stratagemmi
Ci siamo
Una cosa che andava fatta
Notizie di striscio
In Libia con furore
Il rastrello di Montalbano

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[*] E' il caso di ricordare qui che dopo la morte di Massimino la vedova del Presidente consegnò il Catania a Gaucci che lo riportò in serie B mentre aggregava al suo Perugia un giocatore d'eccezione (dal punto di vista politico): Al Saadi Gheddafi (Nella foto in alto con lo stesso Gaucci). Gaucci fu “eliminato” dal vortice di Calciopoli e se ne andò in esilio nel maggio del 2005. Esattamente 4 anni dopo è finalmente rientrato in Italia, a pochi giorni dalla sconfitta di Matarrese e dalla sua deposizione dai vertici del calcio italiano grazie all'alleanza tra Palermo e Catania (vedi il post “Una cosa che andava fatta”).

[**] Il ras di Tripoli aveva a suo tempo già salvato Unicredit (la banca che sponsorizza gli eventi sull'indipendentismo siciliano, vedi il post “Il rastrello di Montalbano”) da un attacco finanziario londinese acquisendone una quota del 5% circa.

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venerdì, luglio 17, 2009

Allo scoperto

Pubblichiamo di seguito il recente comunicato dell'ufficio stampa del TAT (Associazione per la Tutela Ambiente e Terriitorio) di Milazzo, facendo attenzione allo strano interesse per certe vicende locali nostre di alcuni parlamentari leghisti che escono ora allo scoperto. A questo proposito tenete ben presente quanto scritto nel precedente post, “Roulette siciliana”, sui giochetti nascosti dietro gli inceneritori del piano dei rifiuti licenziato da Salvatore Cuffaro e su come Tremonti sia a sua volta venuto allo scoperto sulla questione.

NON PAGO CON LA MIA VITA, IL TUO POSTO DI LAVORO!!!
Gran concitar, attorno al caos Edipower, e già immagino cosa accadrà con la Raffineria-  Discutono le dosi da propinarci, le diluizioni etc.

La Edipower tenta di convincere che le emissioni  su cui si impegna  non sono nocive,, ma come possiamo crederci ?

Nessuno si domanda  se le strutture biologiche della Valle del  Mela sono alterate, certamente sui tavoli emergono le problematiche occupazionali, la tutela delle strategie speculative, ma nulla viene detto su come si  intende tutelare la salute e l’ambiente.


Mi sono rimaste impresse le affermazione di un sindacalista il quale affermava  che le avversità poste nei confronti della Centrale Termoelettrica di S. Filippo del Mela erano tutte strumentali, ed io personalmente gli rispondo che non sono disposto a pagare  con la mia salute o con la mia vita il suo posto di lavoro, ma sono disposto a cooperare affinché si creino le condizioni ottimali per un sistema occupazionale più evoluto con una miglior organizzazione economica,  senza che la mera speculazione prevalga su tutto.

I parlamentari Leghisti On. Fava, Torazzi, Reguzzoni, Allasia, Brigandì e Comaroli,  chiedeno al Ministro dello Sviluppo Economico se “..sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e voglia chiarire come verrà soddisfatto, a partire dal 2010, il fabbisogno elettrico siciliano, sempre garantendo il rispetto degli alti livelli di sicurezza nella gestione della rete elettrica siciliana; se non ritengano che la situazione descritta in premessa possa determinare conseguenze negative sul sistema elettrico nazionale ed isolano; se il Ministro dello sviluppo economico voglia fornire indicazioni in merito ad eventuali aumenti dei prezzi dell'energia che potrebbero determinarsi, anche a livello nazionale, a causa della significativa riduzione di potenza installata e di produzione di energia elettrica nella Regione Siciliana.”

L’Interrogazione è priva della preoccupazione Ambientale e del dissesto del territorio, cosa del tutto insolita per politici del livello degli interroganti.

L’unica preoccupazione è la sicurezza della rete siciliana.

A tal punto ci domandiamo, perché si interroga  con specifici e mirati indirizzi? Come mai rappresentanti della Lega Nord, pongono questioni inusuali e comunque incomplete? Non credo sia difficile comprendere gli assetti strategici, si vuol tramutare una palese difficoltà in necessità strategica della gestione energia elettrica Siciliana,  minacciando possibili incrementi dei costi della energia elettrica.

Lo stesso n° 1 della società si è mosso per assicurare tutti sulle buone intenzioni della Edipower, ma noi non ci crediamo, noi pensiamo che questa volta coloro i quali si assumeranno la responsabilità di sottoscrivere l’autorizzazione, anche in forma condizionata, debbono avere nome e cognome, perché li indicheremo come responsabili.
 
Avvisiamo il Comune di San Filippo del Mela, di mantenere alta la difesa degli interessi di tutti i Cittadini, compreso quello della salute e dello sviluppo economico sostenibile, di non lasciarsi lusingare da promesse e inutili compensazioni ambientali, e di proporre un vero riassetto territoriale compreso il risanamento e la riqualificazione strutturale. 

All’insegna del  sospinto materialismo addebitato alla scienza moderna, si vuol consentire ad una tecnologia vetusta di aggredire  senza scrupoli, una realtà storica, ricca di tradizione avvolta da una spirale distruttiva.

Fermiamo questi manager che prima di inquinar l’ambiente inquinano le strutture istituzionali per scopi prettamente utilitaristici e mai umanitari, pretendiamo il rispetto per la nostra salute, per il nostro ambiente, per la nostra cultura.

Pensiamo ad uno sviluppo organico e pianificato, con indirizzi condivisi, ma con impostazione di rigenerare una economia locale del tutto inesistente.

Non sarà certo un caso se in un fazzoletto di terra, lambito dal mare, si localizzano e si sviluppano infrastrutture industriali pesanti ad Alto Rischio con ulteriori emissioni in ambiente, con una Agenzia Regionale per l’Ambiente che di fatto non c’è (è meglio dire così), con l’Assessore Provinciale all’Ambiente, che non sa nemmeno cos’è l’elettromagnetismo di bassa frequenza, e oltretutto si rifugia sempre sull’ARPA pur sapendo che non funziona, gli organi Regionali che oltre a fare conferenze, altro non riescono  fare, allora sembra palese che il territorio risulta completamente vulnerabile dalla speculazione industriale.

A volte ho la sensazione di essere un visionario, perché sembra che sia il solo a vedere quel degrado fisico del territorio, che sia il solo ad andar in crisi respiratoria  quando mi applico nel mio giardino, probabilmente per la tossicità dei depositi atmosferici sul terreno.

La nostra zona sembra un vero teatro di guerra, camini  da tutte le parti, serbatoi, torri di distillazione etc., un innaturale paesaggio che contrasta e deturpa oltremodo la bellezza del golfo di Milazzo,  senza legami vitali, senza un’armonica coerenza quantistica della natura viva, un fallimento della tecno scienza.

Si faccia un vero piano industriale con obiettivi lungimiranti, perché si vuol far credere che la sicurezza della gestione elettrica siciliana dipenda da un ferraccio arcaico ed obsoleto come di fatto è la Centrale di San Filippo del Mela ?

Allora scommettiamo su uno sviluppo tecnologico, la cui scienza comprenda scelte etiche di una società olistica, sobria che sappia regolarsi al minimo dei bisogni e dei consumi, in armonia con la natura.

Il “conto” che la Valle del Mela sta pagando è elevato, crisi ambientale, malattie degenerative, incoerenza economica, depauperamento del patrimonio, danno esistenziale, direi che è giunto il momento di rivendicare il diritto alla vita ed al lavoro.

Milazzo lì, 15 Luglio 2009
                                                  
Il Vice Presidente T.A.T.
Arch. Salvatore Crisafulli


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mercoledì, luglio 15, 2009

Roulette siciliana

E ci risiamo con il nucleare. La rincorsa italiana all'atomo è ri-cominciata grazie all'approvazione del Ddl sviluppo:

Il governo potrà pilotare l'Italia nel ritorno al nucleare. Avrà sei mesi di tempo per localizzare i siti degli impianti, potrà definire i criteri per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, dovrà individuare le misure compensative per le popolazioni che saranno interessate dalle nuove strutture. Per la costruzione di centrali, è noto, saranno necessari anni, ma l'iter sarà velocizzato. Viene poi creata una agenzia per la sicurezza del nucleare.

Non poche nel mondo politico sono le voci critiche. Il blog “Reverse Information” ne riprende alcune (“Passa il nucleare, alcune reazioni”, 9 luglio 2009).

Secondo il governatore dell'Emilia Romagna (Vasco Errani), “con l’approvazione del disegno di legge sullo sviluppo e in materia di energia il Governo abbia imboccato una strada sbagliata, dando per scontata una scelta, quella del ritorno al nucleare, su cui pesa la possibilità di un pericoloso passo indietro, in particolare sul versante ambientale, essendo irrisolto il problema dello smaltimento delle scorie radioattive”.

Invece, secondo il suo collega toscano (Claudio Martini), “La posizione della Toscana è scritta nel piano energetico regionale. Siamo contrari”.

Proseguendo poi con la Bresso (Piemonte): “Il nucleare e’ una scelta sbagliata dal punto di vista strategico, economico e anche della sicurezza per i cittadini”.

Fino alle critiche di Vendola (Puglia) (“Le centrali nucleari sono impianti a rischio rilevante. La Puglia vuole continuare a essere la terra delle rinnovabili, il parco delle energie rinnovabili piu’ interessante d’Europa.”) e De Filippo (Basilicata) (“La Regione Basilicata non si accoda alle espressioni di giubilo che da qualche parte si levano per l’approvazione definitiva da parte del Senato del ddl sviluppo. E non lo fa soprattutto in relazione al ritorno del nucleare: scelta inopinata ed avventurosa dal punto di vista della sicurezza, priva di ogni seria valutazione di fattibilita’ sul piano economico e tecnologico.”)

Una posizione netta, sembra. Vediamo ora cosa è successo in Sicilia.

Raffaele Lombardo si defila dichiarando che “Non abbiamo dato la nostra approvazione incondizionata – spiega – perchè ci sono alcuni aspetti da valutare. In particolare bisogna stabilire se il ritorno al nucleare possa portare dei vantaggi di tipo economico e che la tecnologia da utilizzare sia totalmente sicura. E’ un progetto molto impegnativo e per questo credo che sia fondamentale fare un referendum per capire se i siciliani sono d’accordo o meno” (Nucleare sì, nucleare no “In Sicilia ci vorrà un referendum”, LiveSicilia.it 10 luglio 2009)

Ma ancora più interessante è la posizione del più diretto interessato, il neo-assessore all'industria Massimo Venturi (“L’assessore Venturi sul nucleare: ”Si deve aprire il confronto”. LiveSicilia.it 11 luglio 2009) che prima dichiara “Penso che la realizzazione di una centrale nucleare di ultima generazione sia un fatto positivo, che ci permetterebbe di essere moderni e rimanere almeno per una volta al passo con i tempi.”, ma che poi chiude ritornando sui solchi del Presidente: “occorre coinvolgere in questa decisione tutti i siciliani, come ha detto il governatore Raffaele Lombardo” con un referendum sul cui esito non si può dubitare: NO.

Saltellando tra i levigati contorni di queste parole, la sostanza delle due dichiarazioni è esplosiva, in quanto l'esecutivo Siciliano non sta dicendo si o no. Invece sta puntualizzando a quello nazionale che “qui decidiamo noi” se sì oppure no. Una dichiarazione la cui forza risiede proprio nella in questa sottigliezza e che sbilancia in modo sensibile chi la pronuncia.

La stessa cosa è stata ribadita da Gianfranco Miccichè in una intervista rilasciata ad AffarItaliani.it e ripresa sul rinato blog personale:

Siamo una realtà, concreta, istituzionalizzata, e vincente. Ma lo siamo, per ora, solo in Sicilia.

Il Partito del Sud, ancora da formare, è già vincente in Sicilia. Anche qui, tra le parole, si vuole mandare lo stesso chiaro messaggio: “in Sicilia comandiamo noi”.

Queste "assunzioni di responsabilità" di Lombardo, Miccichè e Venturi stanno per essere messe duramente alla prova.

Nell'intervista il nostro, in una di quelle esternazioni così poco politiche che rendono così tanto “alla mano” la sua figura istituzionale, si sbilancia su Tremonti:

Tremonti vota Lega?
“Sicuro! E’ leghista, sfido chiunque a dimostrare che non ha votato Lega nelle ultime prove elettorali…”.


Un Tremonti che si dimostra poco accorto quando, messo all'angolo dagli eventi, rivela in tutta la sua interezza la natura delinquenziale di un altro progetto terroristico tanto amato da certi poteri “nordisti”: il piano rifiuti della Regione Siciliana.

Il recente bando per la costruzione degli inceneritori (bando ricalcante le vergogne cuffariane) è andato deserto, dando nei fatti mano libera a Palazzo d'Orleans che ora potrà (volendo) modificare il piano secondo linee più consone al territorio.

Prima di fare questo, si apprende ora che Lombardo abbia chiesto parere tramite una lettera di “interpretazione autentica” al gabinetto del Ministero dell'Economia romano. Il Tremonti manda a dire che sì, si può rifare tutto (nei fatti ammettendo la totale fallacia del precedente progetto) ma inserendo una clausola rivelatrice (“Appalti termovalorizzatori in Sicilia. Colpo di scena: una lettera di Tremonti lascia “mani libere” a Lombardo”, SiciliaInformazioni.com 14 luglio 2009):

“purché emerga dalla variante progettuale che il Governo regionale immagina debba prevedere una “parità di potenza energetica da produrre” secondo quanto era già previsto dal Piano Cuffaro.”

In pratica il ministero ammette non solo che il progetto Cuffaro non stava né in cielo né in terra, ma ammette anche che con i rifiuti quel progetto non aveva niente a che fare. Il vero nodo del tutto è la produzione di energia, rivelando il dolo esplicitamente.

Lo stato, tramite le finte crisi dei rifiuti innescate a comando con la compiacenza di dipendenti comunali che ritardavano senza motivo il pagamento di stipendi e tariffe, dei sindacati che subito dichiaravano lo sciopero nella raccolta dei rifiuti, e di giornalisti che si fanno trovare pronti con le macchine fotografiche, vuole trasformare il sud in una piattaforma per la produzione di energia e lo smaltimento di rifiuti prodotti altrove (stessa produzione di energia = stessa quantità di rofiuti da smaltire).

Lombardo (e in base alle dichiarazioni rilasciate in quell'intervista, anche Miccichè) sono chiamati a provare quello che hanno suggerito, cioè che qui comandano loro. E lo devono fare proprio in questa occasione, visto che il primo si è sbilanciato non poco.

L'enorme quantità di rifiuti che quei mostri richiederebbero “porterebbe in sè l’incognita di spogliare la Regione di ogni prerogativa, sia di programmazione del settore rifiuti, che di loro legittimo controllo diretto. Quindi, una parte strategica della filiera dei rifiuti finirebbe, esclusivamente, nelle mani di privati, legittimamente interessati a massimizzare il loro profitto, con riverberi non benefici sulle future aliquote Tarsu”

per questo il leader siciliano “pensa ad impianti di dimensioni sensibilmente più piccoli, parecchio meno costosi, più numerosi (da 4 a 6/7), ma soprattutto tecnologicamente di ultima generazione, e senza camino verticale. L’unica, materiale garanzia, che questi impianti non possano produrre un inquinamento eco-ambientale.”

(Su termovalorizzatori e rifiuti in Sicilia, Lombardo è “revisionista” e dice all’Arra: “adesso si cambia tutto”, SiciliaInformazioni.com 4 luglio 2009)


Alla roulette degli inceneritori Lombardo e Miccichè puntano la faccia. I Siciliani si giocano la salute dei propri figli.

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lunedì, luglio 13, 2009

Puzza di pesce

Ovvero, due strane notizie che oggi circolano in rete.

Il riscaldamento globale causato (ci dicono) dall'uso indiscriminato di combustibili fossili, si fa sentire più che mai in Sicilia.

Ogni estate ritorna la storia secondo cui il clima sarebbe completamente diverso rispetto al passato, anche se nessuno sa spiegarci quali siano i termini di paragone. In più abbiamo il problema delle specie tropicali che invadono i nostri mari, provenienti da sud e dal Mar Rosso.

A volte però questi pesci “tropicali” puzzano.

E' il caso ad esempio degli squali che secondo il componente della Segreteria Nazionale dei Comunisti Italiani, Orazio Licandro, si stanno mangiando il lungomare di Catania ("Gli squali stanno rubando il lungomare ai catanesi", LaSiciliaWeb.it 10 luglio2009)

"Gli squali che stanno divorando la città sono ancora qui più famelici che mai. Con una colossale variante al Prg, nel nome della protezione civile, esproprieranno i catanesi del loro lungomare, attribuendolo per 38 anni in concessione a un gruppo imprenditoriale che vi realizzerà un centro commerciale lungo 1,2 km al costo di 100 mila euro al metro"

Possiamo immaginare senza problemi di che specie siano gli squali in questione. Stiano tranquilli però gli ambientalisti, che questa specie è comune dalle nostre parti. E' endemica, ma la ridurremmo volentieri in via di estinzione, malgrado alcune “associazioni” lottino per mantenerne intatta la diffusione ed il numero degli individui.

Il problema è che dopo tre giorni i pesci, tropicali o no, puzzano ancora di più.

E circa tre giorni (12 luglio) dopo le “profetiche” parole di Licandro, ecco materializzarsi la putredine:

Squalo tropicale a Catania
Pescato nella notte tra venerdì e sabato un esemplare aggressivo lungo circa tre metri. Gli esperti rassicurano: "Presenza importante per mantenere in equilibrio l'ecosistema"
(LaSiciliaWeb, 12 luglio 2009)[*]

Lo squalo in questione è un Mako, che è un tipo di pescecane normalmente presente nel Mediterraneo, così come riferito dalla Wikipedia. Esattamente come lo Squalo Bianco o i Capodogli.

Alle coincidenze oramai non ci crediamo più. Rimane da capire se il ritrovamento dello squalo sia l'ironica risposta alla sparata politica, dietro la quale non sappiamo quanto ci sia di vero, o se piuttosto sia un minaccia che quella dichiarazione accompagna.

Ritornando al clima, che i nuovi venti siano caldi e provengano da aree tropicali lo suggerisce anche lo strano articolo apparso oggi 13 luglio sul sito de Il Giornale: “E' emergenza caldo: sale l'afa dalla Libia, picchi fino ai 40 gradi”.

Strano perchè è la prima volta che questa “afa” ha una provenienza politica specifica. Di soluto si dice dal Nord Africa o dal Sahara...

L'articolo sembra rimarcare i recenti sviluppi geopolitici del Mediterraneo:

Ondata di caldo in tutte le regioni del centro-sud Italia a causa dell’aria proveniente dal Nord Africa.

Le estati italiane da dieci anni a questa parte (...) sono come in "altalena" con ondate di calore alternate ad aria fresca e soprattutto hanno perso l’anticiclone delle Azzorre che garantiva stabilità.

le nostre estati sono caratterizzate dall’alta pressione africana mentre fino a dieci anni fa "avevamo il nostro fedele anticiclone delle Azzorre che ora va a 'spasso'. Tende infatti a salire verso nord e lascia spazio a perturbazioni sulla nostra Penisola"

"abbiamo di nuovo questo promontorio di alta pressione dalla Libia e successivamente sembra che si sia un cedimento dell’Alta pressione sull’Atlantico".


Il nostro fedele anticiclone “atlantico” sembra aver perso la bussola e sembra allontanarsi sempre di più dalla Sicilia, dove ora spirano i caldi venti libici.

Il nuovo clima avanza, sospinto dai combustibili fossili di Gheddafi e compagni. Da sud nuove specie arrivano a lambire le nostre coste, mentre quelle vecchie di origine atlantica vanno in putrefazione.

Il tanfo di Sigonella nel frattempo è più forte ogni giorno che passa.

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[*] La notizia è stata ripresa anche dai giornali nazionali

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sabato, luglio 11, 2009

Due stratagemmi

Il politico di primo piano non parla mai a vanvera. E Silvio, pur essendo un paramassone prestato alla politica, sa il fatto suo.

In più il Presidente del Consiglio ha la capacità di lanciare messaggi, minacce e stilettate confezionandole in piccoli “sketch”. Banali all'apparenza, ma con il potere di fare imbufalire i destinatari dell'affondo facendoli sentire sbeffeggiati dal contesto.

Lo abbiamo visto sia nel caso dell'abbronzatura di Obama, che quando pochi giorni fa ha ribadito la sua decisione di insistere nelle politiche anti-occidentali (vedi il post "Il nano, il sardo ed il cattivo").

Durante il discorso di presentazione del G8 dell'Aquila ne ha combinata un'altra delle sue. Si è intestato il merito degli accordi sul disarmo nucleare raggiunti recentemente tra Obama ed il presidente russo Medvedev, sostenendo che il miglioramento dei rapporti tra USA e Russia «premia gli sforzi dell'Italia» (“Berlusconi lancia le sfide del suo G8”, Corriere.it 8 luglio 2009).

Peccato che sia stato lo stesso Medvedev a smentire, almeno apparentemente («Gli Usa non sono più intransigenti, Con Obama soluzioni possibili», Corriere.it 5 luglio 2009): «Noi contiamo sul suo aiuto e sul suo sostegno di amico. Ma questo non vuol dire che comunichiamo con gli altri Paesi attraverso l'Italia e il capo del suo governo».

Una sbruffonata del Cavaliere o una calcolata provocazione?

Indiscrezioni provenienti da oltre oceano sembrano puntare verso la seconda ipotesi (“Berlusconi fa infuriare George Soros”, SiciliaInformazioni.com 8 luglio 2009):

Parrebbe che George Soros (79 anni il prossimo 12 agosto), il finanziere filantropo e multimiliardario capofila del cartello dei grandi sponsors finanziari - supporters politici “liberal”- del Presidente Barack Obama, martedì sia saltato su tutte le furie, ruggendo contro Silvio Berlusconi. La goccia che avrebbe cagionato l’ira del mentore del nuovo corso democratico alla Casa Bianca, parrebbe sia stata la conferenza stampa del Premier italiano di “presentazione politica” dell’evento G8. Esattamente, il fattore scatenante sarebbe stato quando il Cavaliere si è detto soddisfatto dell’accordo sul nucleare USA –Russia, attribuendo a se una parte concreta del merito sul raggiunto accordo, vista la sua intima amicizia con Vladimir Putin.

Possibile che Soros se la sia presa per una bestialità insignificante pronunciata da un politico locale in declino? Deve essere strato proprio l'accordo con i Russi a metterlo di malumore. Il commento del paramossane poi deve averlo fatto esplodere.

Perchè più che un accordo quello con i russi è stata una resa incondizionata, visto che non solo è stato Obama a scomodarsi ed a volare sino a Mosca a chiedere un po' di elemosina per l'ultimo pezzettino di impero rimasto, la guerra in Afghanistan (secondo gli accordi, “Una dozzina di velivoli americani al giorno per il trasporto di truppe ed attrezzature in Afghanistan potrà sorvolare la Russia. Questo permetterà di risparmiare tempo e denaro” - Barack, Dmitry—and (offstage) Vladimir, The Economist 9 luglio 2009), per giunta, mentre gli USA in cambio del permesso afghano dovranno rinunciare a importanti fette dei loro armamenti, da parte loro i russi non hanno concesso nulla, come conferma ancora l'Economist: “L'arsenale [nucleare, ndr] della Russia sta invecchiando velocemente, e non dovrà fare molto per raggiungere gli obiettivi[di disarmo previsti dall' “accordo”, ndr]. Tutto l'unilateralismo sbandierato da Washington sino a pochi mesi fa è scomparso.

Berlusconi ha certamente i suoi meriti in questo, avendo contribuito ad indebolire irreparabilmente la posizione degli USA nel Mediterraneo grazie alle manovre politiche siciliane, cosa che ha permesso ai russi di impossessarsi del manico del coltello.

Ecco perchè Soros è andato su tutte le furie sentendo quell'affermazione.

La sconfitta dell'ala atlantica e nordista del pdl (la corrente La Russa/Bondi/Alfano/Schifani, per intenderci) alle europee ha consegnato la Sicilia nelle mani di Lombardo e Miccichè e dei loro alleati orientali. Indipendentemente dal giudizio che ognuno può avere dei due, erano almeno 150 anni che i siciliani non avevano più potere reale a casa loro.

Lo spostamento definitivo dell'asse del potere mediterraneo verso sud costringe ora l'occidente a cambiare strategia. Se da un lato tramite “complotti” vari si deve fare in modo di accelerare il più possibile il tramonto di Arcore, che oramai funge solo da scudo alla preparazione del “partito del sud” a Palermo, dall'altro bisogna riorganizzare la propaganda anti-siciliana su due nuovi fronti.

Il primo stratagemma è quello classico della mafia, anche se dopo l'attacco suicida del sindaco di Gela Rosario Crocetta, che pur di metterci del suo nello smacco elettorale subito da Berlusconi in Sicilia non aveva esitato a sporgersi in favore di Raffaele Lombardo, allineandosi clamorosamente con Dell'Utri (vedi il post “Suicide Bomber”), questo è un fronte che offre poche possibilità di movimento.

Le fantasiose “rivelazioni” di uno dei soliti quotidiani inglesi (The Independent) non possono fare altro che tornare al passato, visto che nel presente c'è ben poco da accusare senza coinvolgere gli “amici” alla Crocetta:

“Il premier, minacciato da Cosa nostra, sarebbe sceso in campo per mettere a disposizione della malavita una delle sue reti televisive.” ("Berlusconi in politica per servire la mafia" LaSiciliaWeb.it 6 luglio 2009)

In pratica si sta capovolgendo la strategia usata sino ad ora: non è più il mafioso a fare lo stalliere ad Arcore, bensì Berlusconi a fare lo stalliere della mafia. Da carnefice direttamente a vittima. Questa riconversione è necessaria per spiegare come Lombardo e Miccichè possano essere riusciti a vincere senza rivelare al popolo chi veramente li appoggi da oriente. Ovviamente a questo punto molte cose non quadrano più. Ad esempio crolla il teorema P2, quello secondo il quale sarebbe stata la famosa loggia a controllare tutto in Italia, dalla stessa mafia sino al terremoto dell'Abruzzo.

Il secondo stratagemma per l'apertura di un nuovo fronte anti-siciliano è ancora più sorprendente. Ne avevamo parlato ancora prima delle elezioni: si sta mettendo in giro (nuovamente) la voce che l'“autonomismo” siciliano sia di matrice massonica. Nuovamente, perchè questa è cosa vecchia. Cosa detta dai Borbone per coprire i loro errori politici, e ripresa dagli stessi massoni italiani quando alla fine della seconda guerra mondiale il MIS rischiò di fare saltare il banco [*].

Dopo la strana lettera ricevuta da Blondet (“Lombardo (da alcuni dato come referente di un’associazione vicina al Bildeberg) scioglie la giunta siciliana a due settimane dal voto. (...)”, vedi il post “La sfilata di Tremonti”), che ha diramato l'ordine, ora si è passati ai fatti.

Su LiveSicilia.it il 3 luglio esce un articoletto a firma di Giuseppe Sottile: “La pax di Lombardo arriva fino al Grande Oriente”. L'argomento è insinuante al punto giusto:

La nomina del professore Gianni Puglisi a superconsulente della Regione con poteri che vanno dai Beni culturali all’alta formazione, dalla ricerca al sistema bancario e finanziario. Una sorta di Alto Segretariato per la programmazione molto simile a quello inventato dal governo Milazzo, alla fine degli anni Cinquanta, per l’avvocatissimo Vito Guarrasi, parce sepulto. (…) Lombardo e Miccichè lo hanno voluto arruolare piuttosto nella qualità, poco conosciuta alle masse popolari, di testa pensante della rivista “Hiram” diretta da Gustavo Raffi, Gran Maestro della loggia massonica di palazzo Giustiniani.

Ecco la lurida deduzione. Senza alcuna indicazione a supporto, Puglisi è stato arruolato dal Presidente per la sua affiliazione massonica. Avete mai sentito dire niente che Napolitano sia stato eletto presidente o Prodi primo ministro a causa delle loro simpatie massoniche? Eppure ambedue si sono più volte sbracciati in occasione di ricorrenze e convegni fraterni.

Ora però, visto che un massone dichiarato ha un posto di rilievo alla regione (non è il primo, né l'ultimo: si devono sempre tenere in conto tutti i poteri...), eccoci tutti “sottilmente” massonizzati.

A proposito, ecco come si è espresso il Blondet qualche hanno fa (quando ancora gli era permesso parlare) a proposito dei massoni alla Puglisi in una intervista rilasciata allo studioso calabrese Giuseppe Cosco:

Bisogna tuttavia stabilire che qui parliamo di massonerie che, però, non sono la normale massoneria. La massoneria, quella che conosciamo, è soltanto un vivaio, da cui vengono poi cooptate le persone fiduciarie per cerchie sempre più interne di cui non si sa assolutamente niente, solo ogni tanto viene fuori qualche notizia come, ad esempio, la società segreta di "Sckull and Bones" di Bush. In generale, quando si parla di massoneria non si deve intendere la massoneria che fa i comunicati sui giornali.

Quando qualcuno potrà portare degli indizi che suggeriscano che Puglisi sia stato “cooptato”, ne riparliamo.

Ma in realtà quell'articolo serviva solo da apripista per l'affondo dello stesso Sottile (“Né Lombardo, né Miccichè Il solo vincitore è Dell’Utri”, LiveSicilia.it 9 luglio 2009):

Dentro “Forza Sud”, sembra questa la sigla fortunata, ci sono gli uomini e i vettovagliamenti necessari, le lobby massoniche e i poteri forti; c’è una linea politica e c’è un forte legame con il territorio, simile a quello che la Lega di Bossi ha con il Nord. Cosa si può volere di piu’?

Ecco fatto. Siamo noi i massoni. Siamo noi la mafia, la P2, la Lega Nord. Cosa si può volere di più?

Il Sottile fa finta di non capire una cosa importante. Gli schieramenti politici non sono mai dei compartimenti stagni, ed il potere non si conquista dall'oggi al domani. Il processo di “pulizia” è lento e spesso poco lineare. Ma ciò che conta è l'indirizzo generale. Ed una notizia dei giorni scorsi è una chiarissima indicazione di quell'indirizzo.

La provincia di Catania, in mano a Castiglione, pupazzo del Sindaco di Bronte Firrarello, rappresentante etneo della corrente atlantica di La Russa e Bondi, si è inventato una bella delega ai rapporti con la base USA di Sigonella, per sottolineare (sin dai termini del comunicato stampa) ancora di più il costante servilismo verso certi poteri.

Quella delega è stata significativamente assegnata a Daniele Capuana, il traditore che alle amministrative di Motta S. Anastasia, paese la cui economia è fortemente condizionata dalla presenza delle base USA, aveva ritirato al sua candidatura con l'MPA in favore del candidato sindaco del PDL contro il volere del suo partito ed era stato per questo espulso dal partito.

Se la massoneria è schierata con Lombardo e Miccichè, allora in base al premio assegnato a Capuana che coraggiosamente si era rifiutato di assecondare queste fantomatiche "lobby massoniche", dovrebbe anche essere schierata contro il “patto atlantico”.

Vedremo chi riuscirà a cadere in questo stratagemma.

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[*] La ripropone oggi il Panvini in questo pezzo pubblicato da SiciliaInformazioni.com

Nell'immagine in alto, il "filantropo" George Soros. Qualche dettaglio in più lo potere leggere qui...

[Continua a leggere...]

mercoledì, luglio 08, 2009

Trapezio acrobatico

Tra le rovine di Morgantina, comunità siculo-ellenica distrutta da Ducezio nel 459 a.c. e situata nei pressi di Aidone (Enna), una delle costruzioni meglio conservate è quella dell'ekklesiasterion, o assemblea cittadina. Dai contorni trapezoidali, fatto che molti considerano un unicum, la sua conformazione lascia interdetti coloro i quali hanno letto la storia solo attraverso le classiche fonti di regime.

In Sicilia si conosce l'esistenza di almeno un altro elemento architettonico di forma trapezoidale che permette anche di dubitare dell'originale destinazione d'uso di quello citato sopra: il teatro di Siracusa, che però non è giunto sino a noi nella sua forma originale.

Il teatro trapezoidale di Siracusa fu sostituito da uno a sviluppo circolare tra il 476 ed il 470 a.c. dall'architetto Damacopo, che a quanto pare seguì i suggerimenti diretti di Eschilo che lì avrebbe poi eseguito le prime assolute de I persiani e delle Etnee.

Della versione originale si trovano chiare testimonianze nelle tracce presenti sulla scena. Diversi autori però negano questa evidenza e suggeriscono come data di fondazione della struttura quella del 476 a.c. desunta dalle citazioni nelle fonti greche. Secondo loro il taglio trapezoidale si deve considerare come il risultato della trasformazione del teatro a luogo per spettacoli e giochi d’acqua.

Questa “congiura del silenzio” sviluppatasi intorno alle origini del teatro potrebbe essere solo l'ennesima pezza messa a tappare le enorme falle presenti nei testi ufficiali riguardo alla nostra storia.

La falla che si vorrebbe tappare è quella aperta dalla versione ufficiale di uno dei fatti più importanti della storia della città di Siracusa, e cioè la rivolta dei Killichirioi (Cilliri, in siciliano) avvenuta proprio agli inizi del V secolo a.c., pochi anni prima della ri-costruzione dello stesso teatro.

La versione ufficiale della storia, una panzana socialista data a bere al popolo bue per poterlo addormentare meglio, sproloquia di una classe indigena composta da esseri culturalmente inferiori sottomessa a dei “padroni” detti Gamoroi (di razza greca e culturalmente evoluti). I subordinati si sarebbero un giorno improvvisamente svegliati e, stanchi delle angherie dei capitalisti, sarebbero scesi in piazza con tanto di bandiere rosse urlando slogan contro Berlusconi. Cacciati via gli sfruttatori, poterono finalmente istituire la Repubblica Socialista Sovietica della Pentapoli.

I Gamoroi, poco inclini ad accettare la giusta vittoria dei deboli, avrebbero chiamato in loro aiuto i fascisti di Gela nella figura del dittatore Gelone che, ristabilito l'ordine, trasformarò l'idillica URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Siracusane) in una tirannica Repubblica Sociale di Ortigia. Per fortuna, qualche secolo dopo dallo stivale arrivarono i democratici romani a liberarci.

Sublime. Ma con tutta probabilità completamente falso.

Questa versione proviene pari pari dalle fonti letterarie greche (o meglio, siceliote) come nel caso dell'origine del teatro. L'uso che si fa di queste fonti letterarie greche nella ricostruzione della storia Siciliana rappresenta un unicum mondiale, credo. Esse vengono assunte a verità assoluta senza alcun contraddittorio ed indipendentemente dalle risultanze archeologiche o storiche precedenti.

Purtroppo per i nostri inutili cattedratici, queste fonti greche sono già state ampiamente sbugiardate. In particolare Rosa Maria Albanese Procelli , studiosa di Piazza Armerina, nel libro “Sicani, Siculi, Elimi. Forme di identità, modi di contatto e processi di trasformazione” (Longanesi, 2003, vedi il post “Da dove vengono i Siciliani?”) ha evidenziato come le risultanze delle indagini archeologiche siano ampiamente in contrasto con le tesi degli storici greci (tesi anch'esse accettate ciecamente dall'ufficialità moderna) circa l'esistenza in Sicilia di tre diverse popolazioni (Siculi, Sicani, Elimi) tutte di recente immigrazione al momento dell'arrivo dei coloni orientali.

I riscontri sul terreno non mostrano alcun segnale di significative immigrazioni in Sicilia per migliaia e migliaia di anni prima della fondazione delle colonie elleniche e sopratutto non mostrano alcuna discordanza culturale tra le aree ritenute occupate dalle diverse popolazioni: l'isola era allora occupata da un solo popolo.

I motivi per cui le fonti hanno “creato” un sistema di quel genere sono di ordine propagandistico e politico, come sottolinea la stessa autrice del libro. Si dovevano avvalorare le ragioni degli occupanti mostrando come occupanti fossero anche tutti gli altri. E si volevano evidenziare le alleanze politiche sul campo: Elimi sarebbero i siciliani alleati con i cartaginesi, Siculi quelli alleati con i greci e Sicani quelli “indipendenti” o neutrali. Inoltre si doveva mostrare la loro inferiorità culturale e spirituale ed il loro bisogno di essere “guidati”.

Ma l'asino casca proprio a Siracusa.

Quando gli inglesi, gli spagnoli o i portoghesi presero d'assalto le Americhe e fondarono (o rifondarono) le loro città dopo aver sottomesso o sterminato le popolazioni locali, si ricordarono delle loro origini, e chiamarono gli insediamenti più importanti “Nuova York”, “Sao Paulo” o “Buenos Aires”. Invece la principale colonia greca d'occidente, fondata nel 734 a.c., si chiama Siracusa, un nome la cui origine non è possibile nascondere visto che il greco lo sanno in tanti: Siracusa è un nome di origine sicula derivante da Syraka (“abbondanza d'acqua”).

Secondo la vulgata, sul luogo era già presente un semplice insediamento siculo, poche capanne insomma. Invece quel mantenimento di nome suggerisce che lì fosse presente una vera e propria città sicula. E siccome non si hanno tracce di scontri così precoci tra greci e siciliani, non ci vuole molto a capire che i coloni greci si insediarono in una città sicula che continuò a rimanere sostanzialmente sotto il controllo dei siculi. Quello che accadde con molta probabilità fu che i nuovi arrivati scacciarono alcuni coloni precedenti, e cioè i fenici, prendendone il posto.

Sappiamo però che prima o poi quei coloni greci, dopo essersi inseriti appieno nel contesto sociale cittadino ed aver raggiunto (molti di essi) condizioni di privilegio, riuscirono a prendere il controllo della città. Non sembra credibile che i siculi abbiano ceduto quel controllo con gioia ed entusiasmo. Da qualche parte ci deve essere stato un trauma, una lacerazione.

Anche qui possiamo ricorrere ad una analogia con fatti simili. Quando alcuni secoli dopo i siciliani si ribellarono ai romani, questi pretesero di chiamare quelle guerre come “servili”, così da ottenere il supporto dell'opinione pubblica nelle loro azioni di repressione.

I greci tramandarono quel trauma nei loro racconti allo stesso modo: come la ribellione dei servi, dei “ Killichirioi”. La differenza con gli episodi più tardi, sta nel fatto che i siculi riuscirono effettivamente a scacciare i greci, che dovettero chiedere aiuto alla città di Gela.

Questo successo, per quanto effimero, più che di ribellione sa di guerra civile. Non tra ricchi e poveri, ma tra due gruppi di potere in generale suddivisibili etnicamente, ma caratterizzati anche da notevoli mescolamenti (le tracce archeologiche confermano ciò).

Tornando al teatro della città, che a questo punto potremmo pensare ricostruito in una nuova forma per motivi prevalentemente politici, per cancellare le tracce di un certo passato, perchè si potrebbe voler nascondere l'esatta età del teatro dietro queste acrobazie storiche?

Se quell'età si scoprisse anteriore alla foglia di fico della guerra “servile” siracusana, non lontana a sua volta dalla ribellione di Ducezio, ne risulterebbe che in una città ancora controllata dai siculi vi fosse già un teatro di notevole importanza culturale.

E tutta la storia dell'occidente dovrebbe essere riscritta.

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domenica, luglio 05, 2009

Il nano, il sardo ed il cattivo

Il 7 e l'8 giugno Berlusconi prende una bastonata di quelle mai viste in Sicilia. La sua nuova creatura, frutto dell'ennesima discesa in campo, il partito delle libertà, nell'isola perde quasi 15 punti percentuali in un colpo solo in una tornata elettorale in cui il suo alleato-rivale, l'MPA di Raffaele Lombardo, passa da meno del 10% al 16% sul totale regionale.

La parabola di Berlsuconi ha toccato il suo apice. Ora comincia la discesa. Una discesa tutta da scoprire. Una discesa che presenta una incognita mortale per tutti. Nessuno può infatti sapere dove andrà a parare a questo punto il paramassone.

Se cioè la secca sconfitta cagionatagli dal Lombardo e dal tradimento di Miccichè possa irrigidirlo nella sua posizione e trasformalo da semplice rivale a nemico giurato della coppia siciliana.

Da occidente arriva una corte spietata. Chi si incarica di fare arrivare il messaggio all'orecchio giusto è un “grande vecchio” della politica italiana, l'ex presidente della repubblica Francesco Cossiga che in ben due lettere gli consiglia di fare pace proprio con i “fratelli”.

Il sardo, prima delle europee, consigliava al nano (incalzato secondo lui da dei misteriosi "Arcana Imperii") tre cose innanzitutto ("Cossiga: "Silvio pesta i piedi agli Usa, ecco perché lo vogliono far fuori", Il Sole 24 Ore 30 maggio 2009): “far avere la cittadinanza italiana allo ‘svizzero’ De Benedetti, farlo entrare nell’affare Telecom, affidare a una società presieduta dal direttore di Repubblica, Ezio Mauro, una parte della ricostruzione dell’Aquila” E poi: “dimettersi subito dopo le europee per stravincere le elezioni anticipate” e rifarsi così dello smacco siciliano (in questo lo avrebbe aiutato lo "svizzero"...).

Pace con De Benedetti dunque, proprietario di Repubblica (giornale i cui orientamenti anti-siciliani conosciamo bene...) e dimissioni per “stravincere”.

Questo in modo da risolvere il suo “impasse” con i misteriosi “Arcana imperii”.

Dopo le elezioni Cossiga torna alla carica dalle pagine del Corriere («Silvio, non chiedere scusa a nessuno», 22 giugno 2009) e gli consiglia altre due cose, spingendosi un po' più in là: “Fai la pace con Murdoch” e “Cerca un armistizio con l’Anm”.

Consigli sospinti dalle foto sapientemente filtrate a poco a poco attraverso i giornali di mezza Europa e dalle confessioni delle escort che montavano il “complotto”.

La risposta dell'ex pecoraio non si è fatta attendere: «Io non cambio Gli italiani mi vogliono così» (Corriere.it, 26 giugno 2009). Lui con i vari De Benedetti, Murdoch, o con il fantoccio Obama, non si alleerà mai. E per sottolineare la cosa, si prepara ad un viaggio a Tripoli per il vertice dei paesi africani dove avrebbe avuto la possibilità di incontrare addirittura il cattivo in persona: Ahmadinejad, il presidente iraniano recentemente rieletto tra il furor di popolo ed il furore dei media occidentali.

Solo che, vuoi il caso, vuoi gli “Arcana imperii” di Cossiga, a Viareggio è successo il finimondo, e così niente Tripoli per il basso, e significativamente niente Tripoli neanche per il persiano cattivo (“Vertice Unione Africana. Il "niet" di Berlusconi e Ahmadinejad”, NewsItaliaPress.it, 1 luglio 2009) che cancella il viaggio senza dare spiegazioni.

E per i miscredenti (quelli cioè che ancora non vogliono credere a quello che vedono), ecco cosa ti prepara il solito Economist sull'ultimo numero (2 luglio 2009):



Una bella vignetta satirica in cui si vede il Berlusconi servire al G8 (perfidamente piazzato tra le macerie della città abruzzese) piatti-programma del tipo “Tagliatelle Irani alla Mullahzzarella”, oppure “Ravioli Al Fundi di Africa” o addirittura “N. Korea Nukey Gnocchi”.

A questo punto, c'è qualcosa che quadra ancora meno di prima. Proprio oggi la funzione “orientale” di Berlsuconi è stata pesantemente ridimensionata dagli stessi russi: alla domanda del Corriere “Berlusconi può essere il mediatore giusto tra Russia e America?”, il presidente Medvedev risposnde (“«Gli Usa non sono più intransigenti, Con Obama soluzioni possibili», Corriere.it 5 luglio 2009): «Noi contiamo sul suo aiuto e sul suo sostegno di amico. Ma questo non vuol dire che comunichiamo con gli altri Paesi attraverso l'Italia e il capo del suo governo».

Ma allora a che serve Berlsuconi, ora che anche la Chiesa Cattolica si è ammorbidita un pochino dopo i recenti attacchi pre e post-elettorali? In cosa consiste il suo “sostegno di amico”?

Certo è strano: Berlusconi non cede di un millimetro ad Obama, neanche di fronte alle minacce più “nere”, e poi si scioglie come neve al sole quando Raffaele Lombardo e Miccichè gli impongono un nuovo esecutivo siciliano (“Non verranno intaccati gli equilibri in campo ma non saranno toccati i nove che ho indicato nelle settimane scorse”, “Regione, fumata bianca”, LaSiciliaWeb.it 25 giugno 2009), lasciandogli spazio a stento per un paio di nomi, ma a patto che poi facciano quello che dicono loro (“Non è un problema di nomi ma di scelte politiche”).

L'ultima opzione rimasta, per quanto incredibile, è la realtà: proprio quello nelle vicende siciliane è l'aiuto su cui Mosca conta di più.

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