Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

sabato, ottobre 31, 2009

La casa del figlio cambiato

Che immagine offre di sé la Sicilia nel mondo? Ecco una domanda la cui risposta sembra evolvere nel tempo, almeno a giudicare da quello che si scopre in rete.

Se da un lato ogni volta che i vari media occidentali parlano dell'isola cercano ancora di associarla irrimediabilmente alla mafia per obiettivi politici dalla coda caprina, dall'altro quegli stessi giornali non possono fare altro che prendere nota e proporre ai loro lettori anche l'immagine che in fondo sono essi stessi a sentire come più rappresentativa per la nostra Patria.


E quale sia al momento questa immagine lo ha suggerito il recente sondaggio effettuato dalla Condè Nast, nota rivista turistica francese, trai suoi lettori e che ha eletto la Sicilia migliore destinazione turistica al mondo, davanti alla stessa Italia.

Gli inglesi in particolare, malgrado la divergenze politiche, non hanno intenzione di rimanere indietro in ambito turistico o enologico, o in quello dell'immobiliare.

Così ad esempio è doveroso prendere nota dell''Economist che ha avuto l'onestà di ammettere l'eccellenza dei vini siciliani pur gettando il solito fango sul resto, come ricordato da varie testate, o del Guardian che ha descritto l'isola di Alicudi come una gemma nascosta da scoprire.

Gli esempi sono tanti e vale la pena proporli man mano che si presenta l'occasione.

Oggi mi piace annotare una semplicissima citazione del Financial Times che riporta nella sezione dedicata all'immobiliare un articolo sulle proprietà appartenute a scrittori famosi in Inghilterra (“Writers in residence”, 31 ottobre 2009).

In fondo all'articolo è riportata una striminzita lista di luoghi simili in altre parti del mondo.

Ebbene, in mezzo alle case abitate da Dostoevsky, Victor Hugo, Charles Dickens, l'autore riporta la quella natale di Luigi Pirandello ad Agrigento esortando il lettore ad andarla a visitare.

Forse al mondo non esistono i nemici, ma solo i potenziali amici. Le opportunità sono tante: basta saperle sfruttare.

Post Scriptum: Il titolo del post deriva dalla biografia di Pirandello scritta da Andrea Camilleri, "Biografia del figlio cambiato".

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giovedì, ottobre 29, 2009

La nazione infetta

La brillante idea di un governo mondiale, di uno stato globale unico sotto il quale una sola umanità si possa sollazzare ininterrottamente come polli in batteria in una perpetua ed algida pace dei sensi, non è venuta oggi ad un gruppo di massoni dell'ultima ora. Il progetto parte da molto lontano ed è stato portato avanti attraverso i secoli da adepti che vi aderivano (e vi aderiscono) in modo totale ed assoluto allo stesso modo in cui un credente aderisce con fervore ai misteri della propria fede.

Oggi vediamo la possibile materializzazione dello spettro di questa superdittatura, prima europea e poi mondiale, malcelata dietro il Trattato di Lisbona. Nelle alte sfere del potere però l'obiettivo finale non è mai stato un mistero, da un lato come dall'altro: la testa ruzzolante di Luigi XVI più di duecento anni fa capiva perfettamente cosa gli stesse spiccando la testa dal collo, e lo stesso potrebbe dirsi del Borbone mentre vedeva il suo stato liquefarsi ai piedi di un pirata di bassa lega.

La Comunità europea, le cui basi attuative furono gettate quando a Messina nel 1955 i ministri degli esteri degli stati fondatori firmarono una dichiarazione d'intenti in tal proposito (si veda il post “La Comunità dalle gambe corte”), al pari di tanti simili progetti oggi presenti un po' ovunque nel mondo (vedi il Gatt nord-americano o il GCC dei paesi della penisola arabica o l'ASEAN), non è altro che un passo nella direzione del governo unico globale.

La Repubblica in Italia inoltre fu instaurata precisamente con l'obiettivo di procedere verso il mostro europeo di oggi ed infettata tramite l'articolo 11 della costituzione, dove i “padri” della patria (massonica) inserirono il seguente virus:

“L'Italia (...) consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

La costituzione italiana prevede esplicitamente lo smantellamento della patria per favorire un qualche futuro e fumoso (nel senso di solfureo) progetto che assicuri pace e “giustizia” (quale giustizia?) tra le nazioni in via di estinzione.

Certo il cammino non è poi stato così semplice e felice come quella bella frase auspicava, e si è dovuti ricorrere ad imbrogli e sotterfugi, inclusi il più volte ripetuto referendum irlandese ed alcune modifiche non proprio ortodosse alla costituzione italiana per poter accettare lo scippo della sovranità monetaria ed altre sottigliezze (si veda a tal proposito l'interessantissimo e dettagliato articolo di Solange Manfredi “Il grande inganno: da Maastricht a Lisbona”, Paolo Franceschetti Blog 23 ottobre 2009).

Ma altre operazioni hanno accompagnato negli ultimi anni lo sbocciare di questi agenti infettivi per favorire l'avvicinarsi a quel traguardo nascosto che oramai tutti hanno avvistato.

Una delle più importanti è stato il risveglio manovrato delle autonomie regionali in quasi tutti gli stati dell'Europa occidentale.

A partire dagli anni 90 l'esistenza degli stati nazionali non è stata minata solo dall'alto grazie ai vari processi di centralizzazione facenti perno sulla creazione della Banca Centrale Europea, ma anche dal basso a seguito delle spinte centrifughe dovute a questi movimenti autonomisti o indipendentisti.

La Spagna è stato forse il paese più colpito da questa “sindrome” con le rivendicazioni basche e catalane. Ma anche la Francia è stata scossa dal “revival” corso, l'unione britannica dalla ritrovata “verve” degli scozzesi, il Belgio dalle prese di coscienza delle sue due metà (quella fiamminga e quella francofona)

Movimenti aventi tutti una base storica solida ed ampiamente riconosciuta, sia ben chiaro. Ma che all'improvviso trovavano spazio politico e mass-mediatico in ambienti che fino a pochi anni prima erano assolutamente impermeabili a spinte di questo tipo.

Si pensi ad esempio alle politiche di decentramento condotte dal governo Zapatero in Spagna. O al cedimento del governo britannico che concede agli scozzesi addirittura un parlamento autonomo.

Giornali e televisione non sono da meno. E lo notiamo attraversando le Alpi: da noi è la Lega Nord, un movimento nato dalla fusione di tutta una serie di micro-partitini padani, che improvvisamente entra a far parte di questa élite autonomista. Ebbene, si pensi a quanto abbia influito sul successo di Bossi e compagni lo spazio gentilmente concesso a livello continentale dai media: nel giro di pochi mesi in Europa sanno tutti dell'eroico movimento separatista che lotta contro la poca voglia di lavorare dei terroni.

La cosa più strana è proprio il modo in cui viene retto il moccolo alla formazione padana, che viene sì accusata di razzismo e di un'altra fantasiosa malattia occidentale (la xenofobia), ma evitando accuratamente di smentire le cause di quel razzismo così da additarle come veritiere agli occhi dell'opinione pubblica occidentale e possibilmente mondiale.

Il gioco è rischioso, poiché bisogna stare attenti a non farsi sfuggire di mano i movimenti che si vogliono pilotare o l'implosione controllata degli stati-nazione europei non andrebbe a buon fine: quegli stessi movimenti indipendentisti non ci metterebbero niente a trasformasi in anti-europeisti non appena abbattuti gli stati-nazione.

In questo quadro a questo punto si inserisce una strana dimenticanza.

L'unico movimento “rivoluzionario”, di ribellione alla costrizione degli stati nazionali moderni che abbia avuto un qualche successo politico dal dopoguerra ad oggi nell'Europa occidentale è stato quello siciliano del MIS (Movimento Indipendentista Siciliano), affiancato dalla minaccia armata dell'EVIS (Esercito Volontari per l'Indipendenza della Sicilia), che impose importanti modifiche all'assetto costituzionale italiano ottenendo l'approvazione di uno statuto autonomista prima del voto referendario che mandò i Savoia in esilio. Il tutto senza piazzare bombe a destra ed a sinistra o ammazzando turisti e passanti come altri hanno fatto di recente.

Le azioni del MIS e dell'EVIS dovrebbero essere tenute ad esempio da tutti i movimenti di autonomia regionale europei, eppure questo non accade. A livello mediatico vi è stato in questi anni un assoluto silenzio a reti unificate. Il MIS viene citato con la massima parsimonia o come appendice mafiosa delle congenita tendenza criminale isolana.

In pratica le élite finanziarie che stanno gestendo lo scardinamento delle democrazie europee a forza di trattati non hanno ritenuto opportuno utilizzare le fortissime spinte centrifughe siciliane per controllare l'implosione italiana, ma si sono rivolte ad una improbabile Lega Nord, fautrice di una ancora più improbabile “patria padana”. Lega Nord che ha anche avuto buon gioco nel tenere sott'occhio i veri movimenti indipendentisti del nord Italia, dal Veneto alla Liguria.

Si potrebbe a questo punto ritenere che le spinte "sicilianiste" non fossero ritenute affidabili o gestibili da Bruxelles, o addirittura che fossero già state intercettate da qualcun altro [*].

Ma fino a quando queste forze si potevano nascondere? La Lega Nord, tra gli altri, aveva anche il compito di bloccare queste spinte forzando i vari governi (più o meno compiacenti) alla chiusura di ogni forma di trasferimento di risorse economiche dallo stato centrale verso la Sicilia ed il Sud. In altre parole cingendo d'assedio l'isola e cercando di costringerla alla resa per fame.

Sotto questo aspetto potremmo anche sospettare che Bossi sia stato incaricato [**] di cercare preferenzialmente alleanze con il centrodestra di Berlusconi, perché quest'ultimo premeva invece per aumentare i trasferimenti verso sud [***], cosa che gli avrebbe permesso di ottenere quegli appoggi “orientali” utili per contrastare i suoi nemici della City londinese: la sinistra post-comunista, interamente nelle mani di quella City, non aveva certo bisogno della spinta della Lega Nord per andare contro il sud. Chi doveva essere guidato o costretto a compiere certi passi era proprio Berlusconi.

Oggi possiamo dire che anche se i leghisti sono riusciti a ritardare il propagarsi di quelle spinte, non sono riusciti certo a fermarle, al punto che i poteri di Bruxelles, preoccupati che le idee siciliane possano dilagare al Sud Italia, hanno finalmente cominciato a squarciato quel velo di silenzio.

Se ieri è stata la rivista Limes (Rivista Italiana di Geopolitica), del gruppo editoriale L'Espresso, a pubblicare un dettagliato articolo dal significativo titolo “Sicilia Nazione” (edizione del marzo 2009, purtroppo non consultabile online), oggi è il giullare di corte Beppe Grillo ad urlare pubblicamente La Sicilia si dichiari indipendente. Da sola ha più possibilità di farcela che con i cosiddetti continentali, riuscirà a proteggere meglio i suoi uomini migliori. Meglio sola che male accompagnata da chi è peggio dei mafiosi.” (“Gli smemorati di mafia”, Beppe Grillo Blog 23 ottobre 2009).

L'articolo di Limes, scritto da Paolo Verre (ottima la scelta del cognome per l'argomento trattato...), prima procede con il solito tono canzonatorio (“La rete di relazioni diplomatiche della Sicilia all'estero è dunque una chimera”) senza dimenticare la giusta propaganda che tornerà utile nell'eventuale dopo secessione (“Certo a guardar bene [il progetto autonomista di affaele Lombardo, ndr] potrebbe sembrare la riproduzione postdatata del progetto secessionista targato P2 e condiviso dalle falangi mafiose”), poi però chiude su una nota molto più seria:

“Ma nello scenario dell'Euromediterraneo la Sicilia potrebbe veramente contare di più. Se il pensiero inconfessabile di Tremonti è quello di liberarsi dal peso che rappresenta la Sicilia, non è da escludere, in un futuro neanche troppo distante, che il tentativo di sganciarsi dal resto del paese possa invece partire da Sud, dalla Sicilia. Dando così concretezza alle previsioni di Jaques Attali, che nella sua breve storia del futuro preconizza una scissione tra il Sud ed il Nord del nostro paese”

Più chiaro di così: Tremonti (ma anche Grillo e chi tira le fila delle sue dichiarazioni) preferirebbero che la Sicilia si stacchi subito, perché altrimenti potrebbe farlo dopo da una posizione di forza e portandosi dietro tutto il Sud. E questo futuro non è neanche troppo distante. Diciamo un paio d'anni al massimo?

Ecco perché Gianfranco Miccichè e Raffaele Lombardo rimangono attaccati a Reggio Calabria con le unghie e con i denti.


Un titolo che è tutto un programma
(Dal Blog di Gianfranco Miccichè)


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[*] Non è difficile vedere come i “mondialisti” siano rimasti scottati in Sicilia durante la rivolta del MIS. Si sa che dopo un primo appoggio al movimento di Finocchiaro Aprile ed a seguito delle rimostranze sovietiche, gli americani ritirarono la manina. Quello che accadde dopo, sino alla concessione dello Statuto, non lo avevano preventivato. Ed è proprio quella la porticina attraverso cui oggi l'oriente sta assalendo l'occidente.

[**] Sulla Lega Nord ed i suoi mandanti si veda il post “Lega pagana

[***] A tal proposito bisogna ricordare come non appena Forza Italia conquistò il potere per al prima volta, il Presidente del Consiglio si diresse immediatamente a Napoli dove organizzò il G8. La consegna del famoso avviso di garanzia in quell'occasione non fu casuale ma va inserita nel quadro qui delineato.
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mercoledì, ottobre 28, 2009

Lo scheletro dell'occidente

Non ci sono più dubbi: la resa dei conti è vicina. Vicinissima. Il collasso finale dell'occidente, ed insieme il collasso finale di quella creatura posticcia che è l'Italia frutto del risorgimento sono a pochi passi da noi.

Piero Grasso ha riaperto un armadio dove si nasconde un pesante scheletro:

«Rimane però l'intuizione, il sospetto, chiamiamolo come vogliamo, che ci sia qualche entità esterna che abbia potuto agevolare o nell'ideazione, nell'istigazione, o comunque possa aver dato un appoggi all'attività della mafia» (Attentato a Falcone, Grasso rilancia: “Resta il sospetto di un'entità esterna”, Corriere.it 27 ottobre 2009)

Riaperto. Perchè Grasso ha sempre sostenuto questa posizione, anche se i commentatori più attenti hanno fatto sino ad ora sin troppa attenzione a non commentarla per niente.

Il 9 novembre del 2008, all'inaugurazione dell'istituto superiore di tecniche investigative dell'Arma a Velletri aveva detto:

“La mafia pur avendo sempre avuto interessi propri è stata anche portatrice di interessi altrui: in tantissime occasioni entità esterne hanno armato la sua mano”

E prima ancora nel 2001, in un libro intervista (“La mafia è vicina alla vittoria”, Corriere della sera, 20 maggio 2001):

«Entità esterne, almeno in tantissime occasioni, hanno armato la sua mano. La convivenza tra Cosa Nostra e il sistema di potere, e quindi la politica, è molto di più di una semplice ipotesi investigativa. Ecco perché considerare Cosa Nostra un anti-Stato si è dimostrato un grossolano errore. Cosa Nostra molto spesso è stata lo Stato.»

(vedi anche il post “Il Vangelo secondo Giuffrè”)

Oggi Grasso ripropone rafforzandola la sua visione dei fatti, agganciandola al delicato momento politico. Pochi giorni fa lo avevamo sentito quasi giustificare la trattativa tra stato e cosa nostra come necessaria ad evitare che altro sangue fosse versato. Dopo le false rivelazioni del presunto pentito Spatuzza, assistiamo ad un rilancio, come sottolineato dal titolo del Corriere.

Con questo intervento apre completamente il campo, affermando implicitamente che la trattativa non era con Cosa Nostra ma con una “Entità” più potente, più vasta. Un intervento importante non tanto per i risvolti penali, ma prevalentemente per quelli politici. Come Falcone prima di essere assassinato, anche Grasso oggi sta puntando il dito in direzione opposta a quell'area di potere formata dal Vaticano, dalla P2 e da un altra forza sommersa che finalmente sta tornando a vedere la luce dopo quasi 200 anni di buio, ed alla quale lo stesso Grasso appartiene: il Regno di Sicilia.

Sorprendentemente, un giornale ufficiale (SiciliaInformazioni.com) raccoglie il suggerimento ed ha il coraggio di spiegare cosa vuole dire il procuratore:

Quando si accenna ai collegamenti internazionali, il pensiero – da queste parti – corre agli Usa, dove la mafia siculo-americana è stata il trait d’unione storico con Cosa nostra siciliana. Non è un mistero per nessuno che i collegamenti fra mafia e politica sono passati attraverso le consolidate abitudini delle autorità americane, abitudini che hanno origine agli inizi del secolo scorso.

Se la stampa può scrivere qualcosa del genere, allora vuol dire che veramente stiamo per voltare pagina.

Queste domande, finora senza risposta, hanno indotto ad analizzare anche il contesto storico in cui il terrorismo mafioso misurò la sua forza di fuoco. Ebbene, quella fu la stagione in cui il potere – politico, finanziario, economico – in Italia cambiò profondamente, e venne firmato il trattato di Maastricht che avrebbe reso l’Europa padrona del gioco nelle contrattazioni finanziarie internazionali.

Così SiciliaInformazioni.com chiude il pezzo (“Il dubbio di Grasso, entità esterne nella strage di Falcone a Capaci. Ma allora, la trattativa con lo Stato chi la condusse?” , 27 ottobre 2009).

Il vortice sta risucchiando tutto.

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Trattativa riservata
Girotondi
Il Vangelo secondo Giuffrè

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venerdì, ottobre 23, 2009

Trattativa riservata

“I legami tra terrorismo politico, mafia, 'ndrangheta, massoneria si colgono in tutte le indagini”. Sempre lapidario e preciso Gioacchino Genchi, che inizia con il carico da undici questa nuova intervista condotta da Klaus Devi per il suo “par condicio” (vedi al minuto 1:45” circa). Eppure questi legami dei quali esistono indicazioni incontrovertibili (vedi il post “Girotondi”) non vengono quasi mai presi in considerazione pubblicamente.

Troppo pericolosi, troppo rivelatori di una realtà che tutti hanno paura a svelare per quella che è. Una verità che se diventasse di dominio pubblico potrebbe avere conseguenze destabilizzanti per tutti, anche per chi a livello penale non avrebbe nulla da temere.

Lasciatele perdere le “nuove” rivelazioni contro Dell'Utri, sulle quali alla fine siamo costretti a pensarla come Miccichè. Nel computo totale, sono solo briciole insignificanti. Soprattutto oggi che il mondo sta cambiando ad una velocità inaudita portandosi con sé un intero impero. Chiunque potrebbe essere ingoiato da questo vortice. E più siamo vicini al crollo dell'impero, più questo risucchio finale si rinforza, questa resa dei conti dalla quale usciranno vittoriose (alcune) nazioni o forse persino qualche popolo, ma che non lascerà scampo ai singoli da una parte e dell'altra. Tanto che Berlusconi avvistata la tempesta è andato a prendere gli accordi finali con Putin.

Oggi, poco prima della fine, siamo tornati indietro all'inizio. A quel 1992. Anzi. Il campo apriamolo tutto. Stiamo parlando di fine dell'impero (quello anglosassone). Diamo anche il giusto inizio alla cosa: il crollo dell'unione sovietica e la inevitabile rinascita della Russia zarista.

Sempre secondo Genchi, le trattative sbandierate su tutti i giornali tra stato e “mafia” iniziarono prima delle stragi. Ma come conciliare questa indicazione con la frase ricordata sopra e da lui stesso pronunciata? E' possibile avviare una trattativa a così alto livello solo con la “mafia”? Quei legami ci sono sempre, e più in alto si va, più si fanno stretti. I compartimenti stagni non sono tanto credibili.

Il direttore di SiciliaInformazioni.com, Salvatore Parlagreco, commenta argutamente le dichiarazioni rilasciate dal super perito nell'intervista dopo averle collimate con quelle di Mori e di Ciancimino, arrivando ad una conclusione da tenere nella massima considerazione “in effetti non ci sarebbe stata una trattativa fra Cosa Nostra e Stato, ma fra pezzi dello Stato e Cosa Nostra.” [*]

Non facciamoci ingannare dal dito puntato.

Una parte dello stato trattò con “cosa nostra”. Un'altra parte non trattò.

Verso chi dovremmo realmente puntare il dito? Come mai una parte dello stato non aveva bisogno di trattare?

Ecco che quei “legami” si chiariscono meglio. Quel “terrorismo politico” responsabile dell'assassinio di Moro il cui rapimento fu preannunciato da una copertina dell'Economist, di quello del Presidente della Regione Siciliana Mattarella da parte di un estremista di destra che si appoggiò al controllo del territorio di cui disponeva Cosa Nostra. Un “terrorismo politico” che non conosce né destra né sinistra. E che dovette ricorrere alle stragi del 1992 quando non riuscì a raggiungere tutti gli obiettivi politici che si era prefisso con l'imponente opera teatrale passata alla storia con il nome di “Tangentopoli”.

Non vorrei sbilanciarmi troppo. Ma questo dualismo, questa spaccatura sempre presente nello “stato” italiano sembra essere dietro anche alla pacatezza con la quale Piero Grasso ha assolto coloro i quali condussero quella trattativa (“Il momento era terribile, bisognava tentare di bloccare questa deriva stragista”, vedi intervista TG3 del 17 ottobre). Grasso ha per esclusione puntato il dito contro chi a quella trattativa non ha partecipato. Contro chi si è tenuto in disparte non perchè non fosse interessato. Ma perchè non aveva bisogno di trattare, trovandosi già dalla parte “giusta”.

E ci piaccia o no, questi non era Andreotti il cui uomo di fiducia in Sicilia (Lima) fu ucciso e che fu egli stesso “salvato” da Falcone. Non era Craxi. E neanche Berlusconi o Dell'Utri.

Quelli che non trattarono furono altri.

Oggi però tremano un pochino tutti, perchè il vortice finale non farà differenza tra chi trattò e chi invece non ebbe bisogno di farlo.



Anche secondo Genchi, Provenzano fu una pedina sacrificata alla mutata situazione politica. Un sacrificio umano per una qualche divinità. Dichiarazioni da confrontare con quanto scritto da Il Consiglio nei post “Mafia ex machina (prima parte)” e “Mafia ex machina (seconda parte)

Sullo stesso argomento leggi anche “La prossima tangentopoli? Partirà da Via D'Amelio” dei Comitati delle Due Sicilie – Sicilia (9 ottobre 2009)

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[*] Da rilevare che Genchi suggerisce l'esistenza di prove delle comunicazioni tra Ciancimino (e la mafia) e le istituzioni:

“Sono testimone vivente  di quei riscontri originali sui rapporti di Ciancimino con altissimi livelli delle istituzioni. Non solo della politica, ma anche dello Stato e io trovai contatti con utenze del Ministero dell’Interno, con utenze della Giustizia, incontri a Roma, contatti telefonici romani che, purtroppo, non sono mai stati chiariti e che, secondo me, costituiscono uno dei riscontri più importanti alle dichiarazioni di Ciancimino per quanto riguarda le entrature negli apparati dello Stato.”

(“TRATTATIVA STATO - MAFIA: GENCHI, SONO TESTIMONE VIVENTE”, IrisPress.it 20 ottobre 2009, sempre tratto dalla stessa intervista per Klaus Devi)

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giovedì, ottobre 22, 2009

I dieci comandamenti

Palermo 2020: provocazione o seria dichiarazione d'intenti? La tentazione di crederla una provocazione volta ad acquisire consensi politici rimane forte, ma il varo da parte dell'anonimo presidente del CONI del decalogo anti-Sicilia fa riflettere (oltre che sorridere).

Di cosa si dovrebbero mai spaventare Roma, Venezia, ed ora forse persino Milano se un pugno di squattrinati e disorganizzati terroni si allargano la bocca ad uso e consumo dei propri elettori rimbambiti...

Il cosiddetto “decalogo” rivelato al profeta Petrucci riprende alcune norme specifiche emanate dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale) per decidere tra il novero delle città proposte a livello mondiale quelle che si sfideranno per l'assegnazione finale. A livello nazionale queste norme non dovrebbero essere vincolanti ed hanno persino poco senso.

Invece la Gazzetta dello Sport ci si riempie la bocca assegnandogli valore retroattivo e insistendo con la bufala del sito ufficiale (che in realtà è un sito privato...) quando fino a poche ore fa non le conoscevano neanche loro.

Strano pure che si siano agguantate al volo ed a gara in corso...

Sembra buffo pensare che una città possa essere scartata perchè abbia improvvidamente scritto “Applicant city” su un depliant preparato in fretta e furia.

Sarebbe interesse di tutta la nazione aiutare la candidatura più forte a non fare poi questi stupidi errori di fronte al CIO. Invece si cerca di eliminare Palermo sulla base di stupide tecnicalità.

Se la candidatura di Palermo è veramente priva dei necessari fondamenti organizzativi ed economici, queste urla da parte di tutti non avrebbero senso: i siciliani si eliminerebbero da soli. Invece ora ci vengono dei sospetti, e cioè che dove sino ad oggi erano abituati a fare i loro porci comodi alle spalle di tutti, ora si stia un po' strettini.

Certi passaggi dei quotidiani nazionali (“Nulla quindi contano al momento, se non su un piano in cui la componente folcloristica e l'imbarazzo che ne è scaturito sono dominanti, le allegre ipotesi lanciate giorni addietro da Palermo e da Bari, destinate al fallimento.”) carichi come sempre di disprezzo e di immaturità sembrano dettati più dal pungente ricordo del successo della Louis Vuitton Cup disputata a Trapani che da oggettive posizioni di forza e di sicurezza che al contrario non darebbero luogo a tanto spreco d'inchiostro.

Ma l'ironia più grande è che a causa di questi cani rabbiosi, i politici siciliani diventano sempre più simpatici ogni giorno che passa.

Nel 1994 in vista dell'organizzazione dei mondiali di ciclismo, in 120 volarono ad Oslo per vedere come si faceva. Molti si portarono appresso le mogli, ed oggi il solito Gian Antonio Stella si ricorda della risposta data allora dal responsabile, l'assessore Sebastiano Spoto Puelo: «Poi ci dicevano che siamo i soliti siculi che lasciano a casa i fimmini!».

Stai a vedere che grazie al poco senso dell'humor di Petrucci e compagni, la prossima volta i siciliani i capricci dei loro politici li pagheranno più volentieri.

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mercoledì, ottobre 21, 2009

Girotondi

Fatti e misfatti di quel 1992 in cui, malgrado le bombe di Palermo, la storia d'Italia prese una piega diversa da quella voluta a Londra ed a Washington sono oggi tornati di moda.

Dal mitico “papello” sino alle recenti epidemie di problemi di salute per mafiosi ed esponenti dei servizi segreti (tutti seguiti dallo stesso avvocato...) che fanno temere un rilascio dei boss (“Vedrete che Riina tornerà libero”, LiveSicilia 21 ottobre 2009, ma anche il post "Ragazzi fuori"), la convergenza (non casuale) di tutto questo riaffiorare nel presente momento politico sembra segnalare la possibilità che una svolta definitiva nella storia della nostra Sicilia e dell'Italia in generale sia oramai vicina.

E se persino il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso si è lasciato andare a dichiarazioni eclatanti per chi ricopre ruoli istituzionali così delicati, dichiarazioni per giunta elargite con una apparente noncuranza che contrasta pesantemente con il nervosismo di certi ambienti politici e di certi apparati dello stato (vedi le dichiarazioni di Mori), vuol dire che una qualche resa dei conti è nell'aria.

Non bisogna però fare l'errore di credere allo specchietto per le allodole della “trattativa” tra mafia e stato, specchietto che vorrebbe fare da turacciolo ad un pericolosissimo vaso di pandora contenente l'architrave che ha retto il potere occidentale nel Mediterraneo da Portella della Ginestra sino a quel fatidico giorno del 1992 in cui morì Giovanni Falcone.

Lo scorso 4 settembre, il quotidiano La Sicilia ricordava l'assassinio del Generale Dalla Chiesa a Palermo. Casualmente veniva pubblicata anche una interessante intervista che ripercorreva la morte del Presidente della Regione Piersanti Mattarella rilasciata dal figlio dello stesso, Bernardo, oggi deputato regionale tra le fila del PD (Mattarella: "La politica nel nome di mio padre ucciso dalla mafia").

In essa si riportava in luce un episodio importante ma stranamente dimenticato da quei “professionisti” dell'antimafia che tutto cercano di fare tranne che arrivare alla verità, cosa che li lascerebbe senza lavoro.

Mattarella fu ucciso nel gennaio del 1980 mentre si trovava in macchina con lo stesso Bernardo, con la moglie e con il resto della famiglia. Ebbene, la moglie del Presidente riconobbe come killer del marito Giusva Fioravanti, noto esponente della destra eversiva oggi candidato alla partecipazione all'isola dei famosi!

Cosa ancora più incredibile, secondo l'intervistato questa versione era condivisa da Giovanni Falcone. D'altronde si era appurato che quel giorno Fioravanti si trovava a Palermo con il fratello. Questa versione fu però rigettata durante il processo. A questo punto il commento di Bernardo Mattarella potrebbe essere lasciato ai posteri come commento all'intera storia dell'Italia unita:

“Come avvocato debbo dire che è difficile accettare l'idea che su un testimone oculare prevalga il sentito dire di un pentito che non era presente. C'è qualcosa che non funziona dal punto di vista logico”

Non è solo come avvocato che è difficile accettare un'idea come questa. Pensate come ci deve essere rimasta la vedova quando il giudice diede più credito alle parole di un assassino piuttosto che alle sue.

Ma immaginiamo per un attimo cosa sarebbe accaduto se almeno una volta nella storia di questo inutile paese un giudice avesse fatto il suo dovere. Oggi ci troveremmo i soliti “antimafiosi” a parlare di contatti tra mafia e destra eversiva, cercando con un dito di nascondere l'elefante: il modo migliore per celare qualcosa è quello di lasciarla in piena luce.

Anche ammettendo questi ipotetici contatti tra destra eversiva e mafia, come mai cosa nostra avrebbe usato per una operazione così delicata come l'assassinio del Presidente della Regione un killer “esterno”? Semmai, logica suggerisce che una associazione considerata plurisecolare, tanto potente da poter competere con la quinta forza industriale al mondo avrebbe potuto dare una mano a questi poco probabili “Nuclei Armati Rivoluzionari” di cui il Fioravanti faceva parte. E non viceversa.

Al solito, quando si eliminano tutte le soluzioni impossibili, l'unica che rimane, per quanto incredibile, è la verità: la mafia non disponeva di un killer abbastanza fidato tecnicamente per compiere una tale operazione.

Ma questo non è l'unico esempio di tale “anomala” situazione in Italia. Il 27 aprile 1982 un banchiere, tal Roberto Rosone, scampa ad un attentato nel centro di Milano.

Come capita di tanto in tanto in casi come questo, ci si scorda il coperchio della pentola. Una guardia giurata sin troppo zelante nel suo lavoro, spara al killer e lo uccide. Tra lo sbalordimento generale, si scopre che costui era Danilo Abbruciati, un componente della Banda della Magliana.

Il tentato omicidio fu poi collegato ad alcune osservazioni fatte da Rosone su certi prestiti ad un presunto mafioso. Un depistaggio preparato da prima che però ora traballava pesantemente. La domanda è la stessa di prima: una associazione tanto potente si va a rivolgere a quattro banditi di periferia per questa delicata esecuzione in pieno centro a Milano? Una Milano piena di siciliani. E poi, trasferta per trasferta, tanto valeva mandare qualcuno da Palermo...

Insomma, per spiegare la cosa si sono dovuti inventare non so quali collegamenti. Mentre esiste una spiegazione molto più logica e convincente: operazioni quali l'assassinio di un leader politico o di un'alta carica dello stato, le stragi, i sabotaggi, non possono essere lasciati nelle mani di piccoli delinquenti di quartiere. Per queste operazioni servono degli “hitman” professionali, bene addestrati e capaci di operare in condizioni di forte stress psico-fisico. Credete veramente che un picciotto di quartiere possa sparare al Mattarella o fare saltare in aria Borsellino?

Elementi con quelle caratteristiche, la cui posizione era in realtà “liquida” ed adattabile agli ambienti più diversi esistevano (esistono?) in Italia. Questi potevano essere spostati da una “operazione” all'altra a seconda delle necessità, visto che questo genere di “professionisti” sono merce rara.

Potevano anche essere spostati da destra a sinistra all'occorrenza senza alcun problema.

Giorgio Bocca scrisse in un articolo rimasto famoso su Il Giorno del 23 febbraio 1975 che «A me queste Brigate rosse fanno un curioso effetto di favola per bambini scemi o insonnoliti e quando i magistrati, gli ufficiali dei carabinieri e i prefetti ricominciano a narrarla mi viene come un ondata di tenerezza perché la favola è vecchia, sgangherata, puerile…».

Michele Brambilla, sulle pagine de Il Timone (maggio 2005) commenta la frase aprendo lo sguardo su un più ampio panorama: “erano in tanti, come Bocca a scrivere che le Brigate Rosse erano “sedicenti”, fascisti o poliziotti mascherati”.

E di recente abbiamo anche visto un “reduce” di quelle Brigate Rosse apparentemente in combutta con esponenti mafiosi pianificare il rapimento di un noto banchiere siciliano.

Fatti che suggeriscono un girotondo, una circolarità a cui anche quella frase di Bocca sembra alludere. Una circolarità in cui Mafia, Brigate Rosse, banda della Magliana e tante altre sigle minori non sono altro che “operazioni” le cui fila tiene sempre lo stesso potere.

D'altronde circola voce che il simbolo delle BR fosse un simbolo riciclato: esso infatti sarebbe apparso in alcuni volantini rivendicativi dell'attività terroristica del M.A.R. (Movimento di Azione Rivoluzionaria) di Carlo Fumagalli (vedi il post “Alcune considerazioni sul recente ritorno delle BR”, Paolo Franceschetti Blog 24 novembre 2008). Un movimento di estrema destra!

Agnese Borsellino ha riferito durante una intervista rilasciata a La Storia siamo noi (Rai Due) che “Stranamente negli ultimi giorni che precedettero via d'Amelio, mio marito mi faceva abbassare la serranda della stanza da letto, perché diceva che ci potevano osservare dal Castello Utveggio”.

A Castel Utveggio, oltre alla sede del Cerisdi di Padre Pintacuda, si trovava un ufficio dei servizi segreti. Certo, in quella situazione sembra logico pensare che i servizi segreti dovessero tenere sotto controllo il giudice Borsellino. Ma quest'ultimo nelle parole riportate dalla moglie non sembra si sia riferito a tale controllo come ad un qualcosa di protettivo. L'abbassamento della serranda fa pensare piuttosto ad una minaccia.

Una considerazione che ci riconduce per mano a quella circolarità delineata sopra.


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lunedì, ottobre 19, 2009

Eroi per scelta

Di Simone Neri e delle sue gesta durante le tragiche ore dell'alluvione che nei primi giorni di ottobre ha colpito Giampilieri (Messina) ne hanno parlato tutti i giornali. Ma come per tutte le vicende legate a quegli eventi si sono usate immagini oblique, dalla forma indefinita ed ambigua.

Simone Neri è stato infatti definito un «eroe per caso». Ci saranno forse mille motivazioni per aver usato questa definizione. O forse non c'è ne nessuna, visto che Simone era semmai un «eroe per scelta», e non per caso. Quello che ha fatto era solo il suo dovere di uomo della Marina.

Simone ha fatto il suo dovere. Ed è solo questo il motivo per cui egli è un eroe. Portando ad esempio la sua abnegazione si educano i più giovani. Ma Simone non è diventato un eroe solo a seguito della sua morte, e dichiararlo «eroe per caso» è come sputare sulla sua tomba.

Eroe è chi compie il suo dovere sino in fondo, ed il dovere di ogni essere umano è quello di professare la verità. In qualunque momento si stia professando la verità, si sta facendo il proprio dovere e ci si sta comportando da eroi. Non è sempre necessario sacrificare la nostra vita per diventare eroi.

Simone non è diventato un eroe quel tragico giorno. Lo era anche prima.

Gli eroi vanno cercati nella vita quotidiana, tra la gente comune e nelle cose semplici. Eroe può essere un leader politico, un imprenditore, il parroco del quartiere o una semplice coppia di genitori che portano del pane onestamente alla tavola dei loro figli ogni sera.

Eroe è ad esempio l'imprenditore Rodolfo Guajana che recentemente ha rilasciato al festival della legalità a Palermo la seguente dichiarazione (Festa della legalità, un imprenditore accusa gli ipermercati. "Sono in mano alla mafia", SiciliaInformazioni.com, 6 ottobre 2009):

“Vi siete chiesti come sia possibile che non solo sorgano tanti centri commerciali, ma soprattutto che siano in grado di praticare prezzi tanto bassi? La risposta è semplice: possono farlo perché coprono le perdite con i soldi sporchi del pizzo dell'usura” aggiungendo che nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata) possono anche “contare sui soldi dei boss”.

Eroi sono anche i partecipanti ad un incontro svoltosi lo scorso 10 ottobre all'istituto oncologico di Viagrande (Catania) sulla pericolosità del virus H1N1 (la cosiddetta febbre suina...) che invece di cedere ai cadeux delle case farmaceutiche hanno dichiarato che “la situazione non si può definire critica dal punto di vista sanitario, che le previsioni sulle complicazioni si sono ridimensionate, che la pandemia già arrivata non si può paragonare alle grandi pandemie della storia e che quindi si deve trattare come una comune influenza” chiudendo poi con una semplice osservazione dettata dal buon senso: “Fra l'altro questa influenza ha già fatto il suo percorso nell'emisfero australe ed è stato dimostrato che il sistema sanitario ha retto perfettamente” (“Influenza A, timori ridimensionati”, La Sicilia, 11 ottobre 2009). Dove sono in Australia i milioni di morti previsti?

Eroe, per tornare a Messina, è stato anche il Presidente dell'Ordine degli ingegneri di Messina il quale, invece di invocare cemento ed asfalto come di solito fanno i suoi colleghi, ha puntato il dito contro la sconsiderata violenza perpetrata contro il territorio negli ultimi 150 anni («Il vero disastro è geologico ma non servono maxiopere», La Sicilia 13 ottobre 2009).

Il totale di 150 anni non è citato nell'articolo, ma si può desumere dalla seguente frase:

“Gli esperti denunciano una situazione compromessa a valle. Dove la presenza della statale 114 e della ferrovia Catania-Messina hanno provocato al realizzazione di una serie di valloncelli e transiti per las ede stradale e per quella ferroviaria anche nei canaloni delle fiumare (...). La necessità di ospitare i passaggi di auto e treni ha fatto restringere anche quelli che originariamente erano gli argini dei fiumi e dei torrenti. Da quando sonos tate realizzare la strada e la ferrovia, in sostanza, questi spazi si sono ridotti.”

Ferrovia e statale realizzati nell'800 dal nuovo stato italiano con l'obiettivo non di sviluppare il territorio, ma di sfruttarlo il più possibile. Gli unici due assi ferroviari funzionanti in Sicilia, quelli che da Palermo e da Catania portano a Messina, sono stati pensati per trasportare mano d'opera oltre lo stretto e realizzati lungo il tracciato più economico possibile indipendentemente dalle conseguenze economiche, sociali ed ambientali.

La soluzione? Si sa da anni: lo spostamento della linea ferrata più a nord, che lo stato prevede di completare nel 2017 (quindi dopo il supposto completamento del ponte, ad ulteriore conferma che in nessun caso ci si vuole interessare veramente al territorio) [*].

Ma è ancora più incredibile andare a scoprire da quanti anni si sappia di questa soluzione: già i Borbone, tenendo presente le naturali vocazioni economiche del territorio e la sua orografia, avevano previsto di costruire una linea Palermo-Messina con diramazione per Catania che passasse internamente all'isola e non lungo al costa, dove allora continuava ad essere più agevole e veloce il trasporto via mare che oggi dovrebbe essere ripristinato con mezzi moderni (vedi “Rinvenuti i progetti borbonici delle ferrovie siciliane (1859)”, Comitati delle Due Sicilie, 29 marzo 2009).

E parlando dei Borbone, non si può non notare come nell'occasione di questa alluvione non si sia fatto alcun richiamo al più ovvio dei precedenti, e cioè alle alluvioni di Sarno del 5 maggio 1998 che costarono la vita a 160 persone.

Basta vedere le foto in basso per rendersi conto di quanta similitudine ci sia tra i due eventi:


Sarno




Messina


A Scaletta Zanclea come negli altri paesi interessati non vi erano costruzioni abusive. In alcuni casi quegli insediamenti sono lì da centinaia di anni. Come mai non vi è memoria storica di fatti analoghi, in Sicilia come a Sarno, dove alcune colate di fango hanno attraversato persino il centro del paese?

L'Italia è sempre stata un'area delicata dal punto di vista ambientale ed il rischio idrogeologico è sempre stato in agguato. Credere che solo in tempi moderni sia nata la necessità di tenerne conto può servire ad auto-assolversi, ma chi questa credenza tenta di diffondere non sta certo professando la verità.

Senza cura per l'ambiente non si sarebbe mai potuta costruire Venezia. Eppure oggi Venezia sta scomparendo inghiottita dal disprezzo che la nazioncina italiana nutre sin dalla sua nascita per i suoi stessi popoli.

Per capire come ieri a Sarno sia potuto succedere quello che è successo (per giunta a seguito di piogge non particolarmente intense) bisogna andare sul posto ed osservare. Risalire lungo i canaloni ed i valloni lungo i quali quell'inferno è sceso e scoprire che man mano che si sale la presenza di opere murarie lungo gli alvei degli stessi è sempre più evidente.

Gli ingegneri borbonici avevano capito il rischio idrogeologico insito in quei costoni e visibile nelle foto di sopra ed avevano provveduto a mettere in opera dei piccoli accorgimenti idraulici che all'occorrenza avrebbero aiutato il deflusso delle acque verso valle impedendo quel mescolamento con detriti e terra che pochi anni fa causò la tragedia.

Ma ci siamo scordati. Arrivata la “libertà” di Garibaldi, a sud (ma anche a nord) ci siamo dimenticati di quei precisi lavori di protezione ed abbiamo lasciato che i canaloni si riempissero di rifiuti e di terra, aspettando solo il momento giusto per essere sommersi nella nostra ritrovata barbarie.

Vi sarà pur stato un motivo per cui quei paesi sono potuti sopravvivere per centinaia d'anni in quella posizione apparentemente così precaria. Ma non è solo una questione di ingegneri più o meno bravi, di governi più o meno corrotti.

Il problema di fondo è solo uno: la mancanza di eroi. Centocinquanta anni fa abbiamo smesso di essere eroi ed abbiamo preferito cedere all'impero della menzogna e dell'illusione. Oggi le illusioni stanno crollando davanti ai nostri occhi e quei pochi che hanno la sfrontatezza ed insieme l'umiltà di professare ancora la verità ci sembrano lontani ed inarrivabili nel loro coraggio, come Simone.

"La compagnia di telefonia mobile [Vodafone Italia, ndr] comunica che sono a disposizione per la popolazione alluvionata del messinese delle sim gratuite con traffico telefonico di 5 euro e l’opzione You and Me Parole e Messaggi (promozione che permette di chiamare, videochiamare e mandare sms a 0 centesimi senza scatto alla risposta al numero Vodafone preferito). Le sim potranno essere ritirate in qualsiasi punto vendita Vodafone One di Messina e Provincia." (“Vodafone, sim gratuite per la popolazione alluvionata”, SiciliaToday.net 7 ottobre 2009)

In quanti, cenciosi ed elemosinanti, pur non avendo perso niente in quei terribili giorni si saranno recati a chiedere una SIM in quei punti vendita pieni solo di illusioni sputando sulla tomba di Simone?

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[*] Il semplice spostamento della ferrovia non risolverebbe comunque tutti i problemi: rimarrà sempre la cintura d'asfalto autostradale.
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mercoledì, ottobre 07, 2009

I segreti di Pulcinella

Il momento di cominciare a fare trapelare anche sui media ufficiali i dettagli su quello che sta accadendo in Italia dietro le quinte è arrivato.

Le recenti aggressioni nazionali ed internazionali a Berlusconi, per una volta finalmente efficaci, hanno causato una accelerazione degli eventi la cui prima conseguenza di un certo peso è stato l'avvio della formazione del PDL Sicilia a Palermo da parte degli uomini vicini a Miccichè (vedi il post “Vota Stefania”).

Questo inaspettata novità del “PDL Sicilia” probabilmente non è altro che un ripiego, essendo venuti a mancare i tempi tecnici per la formazione di un vero Partito del Sud. Cosa questo voglia dire lo possiamo intuire dalla ricaduta dei detriti di fango precipitati sui siciliani a Messina: la Sicilia potrebbe andare avanti per la sua strada arrivando persino a dichiarare quella indipendenza che ha già nei fatti, ma che non ha esplicitato per poter continuare a lavorare per la liberazione del Sud.

Sintomatiche a questo proposito le parole di Bertolaso di fronte al disastro messinese (“Messina, la Sicilia e il Meridione di serie B”, SiciliaToday.net 3 ottobre 2009):

“Siamo in Sicilia, c'è una protezione civile siciliana, noi da domani andiamo via”

Ma torniamo subito a quel “trapelare dei dettagli”. Qualche mese fa nel trattare gli eventi del subcontinente indiano abbiamo fatto riferimento alla situazione dello Sri Lanka, isola di notevole importanza per lo sviluppo infrastrutturale dell'oceano indiano.

Il parallelo con la Sicilia va ben oltre l'aspetto geografico e la funzione di hub che la nostra isola si appresta a ricoprire per il Mediterraneo.

Nella vittoriosa lotta contro la guerriglia terrorista interna dei Tamil[*], il governo di Colombo ha trovato il supporto economico e militare di India, Cina e Russia (vedi il post “L'ingresso dell'India”).

La cosa era risaputa e persino ovvia, ma i media occidentali evitavano accuratamente di riferire la cosa per chiari motivi propagandistici. Non appena la guerra civile si è conclusa gli altarini sono stati invece scoperti in modo da poter accusare strumentalmente il governo cingalese di connivenza con regimi totalitari ed antidemocratici (segnatamente Cina e Russia).

In Italia il sentore della presenza sul campo di paesi stranieri “non alleati” è stato negli ultimi anni sempre più forte anche se stranamente nessun analista si è mai azzardato a dire qualcosa. I motivi, al solito, sono prevalentemente propagandistici, sia dall'una che dall'altra parte: l'opinione pubblica ha un peso rilevante in questi eventi e di deve cercare in tutti i modi di manipolarla.

Nessuno però, per quanto ci si sforzi, potrà mai spiegare con forze interne o anche “alleate” alcuni fenomeni verificatisi nel Bel Paese, quali la rivolta di Pianura contro il piano rifiuti del governo, occasione nella quale ricordiamo anche la sinistra si schierò con Bertolaso [**]. O le strane ed ordinatissime fughe dal centro accoglienza di Lampedusa.

Fenomeni intorno ai quali non abbiamo sentito il solito puzzo anglosassone che circonda casi come quello dell'omicidio Moro, della strage di Ustica o del rampimento di Abu Omar.

Ora, visto il precipitare e soprattutto l'irreversibilità degli eventi, i primi sussurri riguardo la presenza “attiva” in Italia dei servizi segreti di paesi quali la Russia o la Libia vengono fuori. Essi infatti serviranno a posizionare di fronte all'opinione pubblica lobotomizzata dell'occidente la Sicilia (ma anche il resto d'Italia se non riescono a sbolognare anche Tremonti) tra i cattivi, alleata di regimi dispotici e reazionari (nonché sovrani, ma questo particolare verrà taciuto).

Ieri (6 ottobre) il Corriere della Sera ha pubblicato delle indiscrezioni circa l'aiuto apparentemente chiesto dal premier Silvio Berlusconi ai servizi segreti di “una potenza amica non alleata”.

Non alleata significa senza dubbio “non occidentale”, mentre per amica deve probabilmente intendersi “amica del premier”. Non possiamo non pensare alla Russia, con la Libia subito dopo a pochissima distanza.

Questo aiuto sarebbe dovuto arrivare per difendersi dal complotto anti-italiano ordito dai cosidetti “alleati” [sic!]. Ma non sembra credibile che ci si possa riferire solo agli eventi dell'ultimo mese: non è così all'improvviso che si possa creare una rete di agenti capace di mettersi subito in azione. Questa rete operativa deve esistere da lungo tempo ed avere degli appoggi forti sul territorio che si sono potuti instaurare, per quanto riguarda la Sicilia, a seguito dell'abbattimento avvenuto negli anni '90 del capillare sistema di controllo mafioso. Tanto forti, ad esempio, da convincere Obama ad abbandonare la protezione della base di Sigonella contro i missili di Mosca (vedi il post “Tutte le scarpe del presidente”).

Evidentemente quel territorio è già definitivamente perso.

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[*] Guerriglia Tamil solo in apparenza, visto che l'esercito delle tigri del Tamil non era altro che un'operazione dei servizi segreti americani ed inglesi.

[**] E per chi ancora pronuncia il nome della camorra invano, consiglio il post “Spazzatura d'occidente”: è stato proprio il Procuratore Antimafia Piero Grasso a legare la costruzione dei termovalorizzatori con gli affari illeciti connessi al ciclo dei rifiuti. Quale miglior soluzione dell'incenerimento potrebbe esserci per nascondere definitivamente un rifiuto tossico...

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domenica, ottobre 04, 2009

Oltre ogni limite

Quanto può scendere in basso l'animo umano. Quanto vigliacco, pedofilo, perverso può essere disposto a diventare il “potere” per asserire se stesso anche nella sua pochezza terminale.

Se un termine di confronto oggettivo è forse difficile da trovare, possiamo però cercare di cogliere il buio in cui si nasconde il più lurido degli abusi, quello contro gli indifesi, in questo comunicato stampa ed in quello che tra un paio d'ore succederà in Italia:

La Figc ha deliberato che, su tutti i campi che vedranno impegnate squadre siciliane, dalla Serie A (in occasione di Bari-Catania e Palermo-Juventus) fino ai campionati regionali e dilettantistici, venga osservato un minuto di raccoglimento per ricordare le vittime dell'alluvione di Messina. (...) Palermo e Catania scenderanno sul terreno di gioco con il lutto al braccio nelle rispettive partite con i bianconeri ed i pugliesi. (“Vittime Messina, minuto di silenzio per le squadre siciliane”, Tuttomercatoweb.com 2 ottobre 2009)

I morti di Messina verranno ricordati solo dai Siciliani che saranno marchiati per decreto come qualcosa di diverso da tutti gli altri. La decisione presa dalla FIGC rimarca che sono solo i siciliani ad avere il lutto, infatti alle altre squadre è implicitamente fatto divieto di onorare gli esseri sub-umani morti nei giorni scorsi.

Sub-umani, perché se non erro ci furono grosse esternazioni di lutto quando il sud est asiatico fu colpito dall'immenso maremoto. Quindi il problema non è neanche la diversa nazionalità. Il problema è che per queste merde i siciliani non sono neanche degni di essere onorati al pari degli altri essere umani.

Come può non inorridire il genere umano di fronte a tanta bestialità e pedofilia? Come si può non inorridire di fronte a questo mostro chiamato italia. Un mostro che abbiamo il dovere di abbattere con ogni mezzo necessario, senza scrupoli e finti pudori, perchè distruggere e calpestare questi “valori” è opera che può essere considerata solo come altamente meritoria.

E' questo non è tutto. Leggete come le merde della Gazzetta dello Sport si prendono beffe dei morti e del dolore di chi ha perso tutto:

Lo sport Si ferma — La Federcalcio, in intesa con le tre Leghe ha autorizzato un minuto di silenzio per le vittime. Il minuto di raccoglimento sarà attuato in occasione di Bari-Catania e di Palermo-Juventus in serie A, per le gare di Lega Pro riguardanti le squadre siciliane e per tutti i campionati dei dilettanti in Sicilia. Lo rende noto la stessa Figc. Sino a domani sono state sospese tutte le manifestazioni pubbliche e sportive in programma nel Comune di Messina e nei centri del territorio provinciale. Lo ha disposto il Prefetto, Francesco Alecci, a seguito degli ingenti e diffusi danni causati dagli eventi alluvionali. (“Messina: già 20 i morti. Sospese tutte le gare”, Gazzetta.it 3 ottobre 2009)

Capito? Lo sport di ferma... solo a Messina ed causa del maltempo, non certo per rispetto delle vittime.

Ahi... quanto pagherete tutto questo...

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Vota Stefania

Nei giorni scorsi sono stato invitato ad iscrivermi su Facebook al gruppo “Noi che ammiriamo il ministro Stefania Prestigiacomo”. All'inizio ammetto di essere stato alquanto titubante, se non altro perchè l'interessata non mi è sembrata mai tanto interessata agli argomenti cari a questo blog. Ma dopo le rivelazioni degli ultimi giorni sul presunto uso improprio di una carta di credito fatto dal Ministro dell'Ambiente siracusano, ho deciso di accettare l'invito.

Se è solo tramite questo espediente che sono riusciti a colpire la Prestigiacomo (o chi per lei, come vedremo tra poco) allora vuol dire che questo è un rappresentante politico da tenersi stretto.

Pensate un po': siamo in uno stato in cui certe donnine dai facili costumi [*] sono riuscite ad ottenere persino nomine ministeriali tramite prestazioni sessuali oramai di dominio pubblico, e cosa fanno gli inquirenti? Sprecano soldi pubblici per intercettare una serie di telefonate dalle quali si evincerebbe che una carta di credito del ministero sia stata usata a scopo di godimento personale.

Scagli la prima pietra chi è senza peccato, a partire dal gran capo che a “scopo” di godimento personale ha usato (e sta usando?) un intero ministero, non solo la sua carta di credito. Ed invece ecco i giornalisti conniventi parlare addirittura di “peculato” a tutta pagina, di modo che il fango possa attecchire meglio.

La Stefania fa parte di un trittico di esponenti del pdl siciliano finiti tutti in questa rete dell'accaparramento indebito di denaro pubblico.

Il primo è stato Cammarata, sindaco di Palermo per la storia dello skipper assenteista, poi si è passati ad Acierno (arrestato, guarda caso... per peculato!) ed infine è stato tirato in ballo il ministro. Invero per tutti e tre si tratta di accuse risibili in confronto a quelle dipietriste di craxiana memoria. Ma bisogna stare attenti a differenziare, prechè i tre in questa regata (a proposito di skipper...) non stanno sulla stessa barca. E la differenza la fanno i rapporti con il leader del neonato pdl Sicilia, tal Gianfranco Miccichè, l'uomo al centro di tutti i principali fatti politici che stanno caratterizzando questo scorcio di fine unità.

Al centro non da solo certo, ma sempre insieme al suo alleato-avversario Raffaele Lombardo.

Avversario perchè i due mirano allo stesso obiettivo: il potere nel nuovo stato mediterraneo formato dalla Sicilia e probabilmente anche dal Sud Italia. Alleato perchè i due sono abbastanza maturi da non lasciare in mezzo pericolosi spazi aperti che possano permettere ad estranei di inserire una leva capace di scompaginare quel progetto di nuovo stato mediterraneo.

Anzi, gli attacchi concentrici verso i nemici comuni, quale appunto è il Cammarata, sono coordinati a meraviglia. Mentre le risposte della parte avversa, tipo gli attacchi ad Acierno e la Prestigiacomo, appaiono deboli e poco condivisi ed all'apparenza non sembrano avere nenache la benedizione di Arcore, che invece pare abbia data l'assenso all'avvio del progetto pdl Sicilia prima, partito del sud dopo.

Avvio che si materializza per primo, guarda ancora il caso, al comune di Palermo (28 settembre), mentre MPA e PD (quanto è largo il fronte...) attaccano il sindaco sul piano rifiuti puntando il dito verso la PEA (Palermo Energia Ambiente), una società di cui era parte il comune di Palermo e che doveva provvedere ai lavori propedeutici per la realizzazione del Termovalorizzatore di Bellolampo secondo logiche che potremmo dire “da prima repubblica” (vedi i dettagli su Comune Palermo. Scoppia "l'affaire Pea", SiciliaInformazioni.com, 24 settembre 2009) [**].

Ma non abbiamo finito. Anche gli elementi della natura partecipano tragicamente alla bagarre, provocando frane ed alluvioni proprio dalle parti di Messina.

Ne approfitta ancora Stefania Prestigiacomo che lancia una velenosa bordata carica di vendetta verso la città dello stretto (o meglio, verso il ponte sul medesimo) che neanche il mitico Re Bomba:

“Noi quest'anno per la difesa del suolo abbiamo 50 milioni. Per il 2010 sapete quanto c'è? Zero”

La palla la prende al volo Napolitano che spiega meglio il concetto:

“Meglio investire sulla sicurezza che in opere faraoniche”, alludendo allo stesso obiettivo. Tanto che esce allo scoperto il viceministro Castelli, leghista, inspiegabilmente a difesa dell'opera faraonica, tanto per farci capire a chi interessa veramente il ponte:

“Il governo e' riuscito a fare delle operazioni fatte di stanziamento di capitale privato, stanziamento di project financing”, mentre poi Bossi tenta di recuperare l'irrimediabile gaffe.

Ma la dieci giorni di ordinaria follia politica italiana non si è conclusa ancora, perchè Napolitano oggi mentre parlava di separatismo, ci ha messo il carico. E da undici per giunta:

"Non avrebbe potuto assumere un ruolo effettivo un’Italia che fosse rimasta monca che non avesse, soprattutto, abbracciato il Mezzogiorno nel nuovo stato unitario"

Il Presidente (anche se ancora per poco, una volta tanto maiuscolo) ammette che se non ci fosse stata la conquista del meridione e della Sicilia, il Nord non sarebbe mai stato niente: si è dovuto “abbracciare” il Mezzogiorno, altrimenti il resto (appunto il Nord) non sarebbe andato da nessuna parte.

E' questo è anche un monito a quelli che si stanno facendo fare fessi (al nord) dalla retorica anti-terronica di Bossi e che credono di essere loro a fare la secessione.

Ecco qui: Senza Sud l’Italia sarebbe "monca"

Fessacchiotti! E' il sud che sta facendo la secessione, che è appena iniziata nell'aula consiliare del comune di Palermo e che presto si spargerà a macchia d'olio. Se a secedere fosse stato il nord, l'Italia sarebbe rimasta appunto “monca” senza Nord!

Ma oramai è troppo tardi, il fuoco alle polveri è stato dato. Il parlamento italiano, nouvelle Folies Bergère privata del Gran Capo, non potrà che ratificare ammutolito.

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[*] Il plurale è pleonastico, come tutti sappiamo si tratta di una sola per la verità...

[**] Qui si inserisce anche la rinnovata crisi dei rifiuti nella capitale, per la quale Raffaele Lombardo ha parole di fuoco (“Nuova Emergenza rifiuti in Sicilia? Vera o procurata ?”, SiciliaInformazioni.com 1 ottobre 2009):

“Da quanto il Governo regionale, intervenendo su una precedente pronuncia della UE, ha cassato il progetto dei quattro termovalorizzatori di colpo, immotivatamente ed inaspettatamente, troppe strade della Sicilia e di Palermo traboccano, di nuovo, di rifiuti. Preannunciando un nuovo possibile stato di emergenza. A mio avviso, sento odore di Mafia. Costoro, ed i loro tifosi sottobanco, si tolgano dalla testa di poter fare qui, quello che è già successo in Campania”.

Su questo argomento il Presidente dovrebbe avere l'appoggio di tutti i Siciliani, ma non mi sembra che ciò stia avvenendo.

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