Approfondimenti - Il Consiglio News Feed

giovedì, settembre 27, 2007

L'articolo delle risate

C'entra poco con i nostri discorsi, ma questa notizia la devo segnalare, tanto mi fa ridere: il siciliano Salavatore Stefio é stato accusato dalla procura di Bari di "arruolamenti o armamenti non autorizzati a servizio di uno stato estero" (art. 288 del codice penale).

Sicuramente tutti vi ricorderete che Stefio fu uno di quel gruppo di sequestrati in Iraq del quale faceva parte anche Quattrocchi (anche lui di origine siciliana). Secondo l'accusa Stefio avrebbe arruolato gli altri tramite una societá privata delle Seychelles a lui riconducibile affinché militassero in Iraq al servizio di forze straniere, quelle anglo-americane per la precisione.

Siamo alle solite: come durante la seconda guerra mondiale fu solo Mussolini a fare danno, mica tutta l'Italia, ora già si parla di forze anglo-americane.

Ammettiamolo pure: Stefio ha arruolato elementi per le forze armate straniere, ma per quelle italo-anglo-americane, cerchiamo di essere più precisi!. Infatti Stefio è siciliano, come molti altri nostri conterranei che in Iraq hanno combattuto, e stanno combattendo, una guerra che non gli appartiene e dalla quale comunque la Sicilia non era destinata a guadagnarci niente.

D'altronde se questo articolo 288 viene applicato così, come se fossimo al Drive In, c'è da stare all'erta: a questo punto tutti i siciliani che servono o hanno servito nell'esercito statunitense potrebbero essere condannati se non hanno chiesto prima una autorizzazione (ma a chi?).

Invito gli amici de L'Altra Sicilia a stare attenti la prossima volta che decidano di presentare un candidato con doppia nazionalità, italiana ed americana, alle elezioni (penso al professore Cannonito). Non è che appena mette piede in Italia lo arrestano in base al famigerato articolo del fantascientifico codice penale italiano?
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martedì, settembre 25, 2007

Non è ancora finita...

E torniamo nuovamente al 2 febbraio scorso, una data che deve rimanere impressa a tutti siciliani, perché quel giorno si è consumato un attacco ben organizzato contro la Sicilia ed il popolo siciliano. Un attacco concentrico che ha visto allearsi buona parte dei nostri nemici. E prima che qualcuno protesti, ripetiamo che a noi piacciono i complotti: le prove che qualcosa si stava organizzando da tempo sono sotto gli occhi di tutti. Però è difficile comporre il puzzle. Noi per ora prendiamo indizi di qua e di là, ma presto cercheremo di dare un quadro organico della situazione.

E tanto per ricollegarci all'ultimo post pubblicato, cominciamo da casa nostra, e precisamente dal sito de La Sicilia, che nel dopo partita ha messo in bella mostra l'articolo 'Tifosi Catania: un arresto ed una denuncia'. Niente da fare: i catanesi sono degli animali, tutti hanno pensato leggendo il titolo di sfuggita, ma seguendo il link si scopre che l'energumeno arrestato pretendeva di fare entrare gratis il figliolo. Niente scontri tra Ultras.

Passiamo al continente, acculturato e civile, a tutti i giornali ed i siti, ai telegiornali ed alle radio, che a quanto mi risulta NON hanno mandato in mondovisione quello che era successo a Genova, dove tra uno scontro e l'altro, SESSANTA persone hanno sfondato il recinto di prefiltraggio. La Gazzetta dello Sport minimizza: 'ma sono stati fermati dai tornelli'. Chiaramente lo stadio di Marassi non è sicuro, mentre noi qui dobbiamo vivere in una città fortificata. Motivo? Colpire il morale, farti sentire in uno stato di assedio. Trucchetti vecchi... li conosciamo bene e non ci spaventano.

Ovviamente la settimana calcistica non è finita qui: 66 ultrà della Lazio sono stati fermati armati di MACHETE (tra le altre cose) mentre si organizzavano per la trasferta di Bergamo. Niente di straordinario. Niente vergogna nazionale o interrogazione parlamentare.

Ovviamente, come detto, i catanesi, secondo i titoli de La Sicilia, non sono stati da meno, visto che un energumeno ha dato uno schiaffo ad uno steward. Mi sembra che il paragone regga.

D'altronde nei giorni scorsi qualcosa di inquietante (ma non di sorprendente) è trapelato: altre due persone sono state arrestate per gli scontri del 2 febbraio. C'è però un particolare. Non sono catanesi. Anzi, sembra che si trovassero qui proprio per partecipare agli scontri.

Povero innominato! Tira la coperta da un lato e si scopre dall'altro... e così il giornalista che non sa come giustificare la cosa tira fuori dal cappello un bel deus ex machina:

C'erano anche ultras di altre squadre, la cui tifoseria è "alleata" con quella etnea, a partecipare agli scontri del 2 febbraio scorso allo stadio "Angelo Massimino"


Bisognerebbe andare a vedere se veramente la tifoseria del Napoli e quella del Lamezia Terme (le città di origine dei due delinquenti) siano veramente ambedue alleate di quella del Catania.

Intanto però la cosa ci conferma che gli scontri erano stati preparati per bene (non vorranno anche dirci che questi erano venuti qui da soli tanto per passare il tempo a prendersi a botte con i palermitani!), sconfessando il famoso scoop di Italia 1 (per la verità sospetto sin da subito) nel quale un preteso ultras del Catania sosteneva la casualità degli scontri (secondo l'Ultras la tifoseria catanese si stava preparando per ricevere i romani, e quel giorno non ci sarebbero dovuti essere scontri).

Gli “stranieri” in questione per di più sono volti noti nel mondo della violenza calcistica. O forse sarebbe meglio dire agitatori di professione? Vedremo. Intanto alla fine dell'articolo il giornalista precisa meglio le parole della Digos:

Secondo quanto riferisce la Digos, era andato per sostenere i suoi amici catanesi negli scontri con i palermitani e le forze dell'ordine.


Quindi non è chiaro se la Digos sostiene la tesi dell'alleanza tra tifoserie o quella del cane sciolto venuto qui appunto tanto per passare un po di tempo. Anche qui, il tempo sarà nostro alleato.

Nel frattempo godiamoci un po' di civiltà nordica....



Eppure il cantante non sembra avere accento siculo...




Pisa: matricole universitarie o delinquenti matricolati?




Parma-Juventus: non mi pare si giocasse al Massimino, guarda che prato!

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domenica, settembre 23, 2007

L'innominato del sud

Catania città caotica. Catania città maleducata ed insolente. Catania che sempre risorge dalle sue ceneri. Catania città elegante e barocca. Catania Milano del sud? Non credo che si sarebbe potuto trovare un modo migliore per insultare una città siciliana: paragonarla ad una metropoli anonima e senza storia per di più in modo da farne venir fuori una assoluta inferiorità.

Eppure qualcosa in comune Catania con Milano se la ritrova veramente. La prima è il rapporto dei suoi abitanti con il denaro: a Milano pecunia non olet, potremmo dire memori degli scandali di tangentopoli. La seconda invece sono I Promessi Sposi.

Come tra le pagine del romanzo storico del Manzoni alcuni personaggi sembrano rifiniti a sbalzo prendendo forma con le stesse parole e riuscendo a trasformarsi in caratteri universali ed immortali, così tra il barocco della Via Etnea ed i basolati sconnessi di alcune sue traverse buie, tra i tuguri di Picanello ed i complessi residenziali sorti lungo la nera scogliera, alcune ombre prendono forma, stagliandosi nitide seppur tremolanti contro i paesaggi descritti come illuminate dalle fiammelle dei ceri della Santa.

Così fù che la Catania degli anni '80 ebbe il suo bel Don Rodrigo, che sembrava uscito paro paro dalle pagine del Manzoni, con la sua sanguigna corporeità ed i suoi bravacci sguinzagliati in ogni angolo della città a dare 'consigli' a destra e a manca.

La Catania di allora era una città terrorizzata ed ossequiosa del suo tiranno. E se la mafia, come ci dicono, è una società segreta ed incognita, niente era più reale, pervasivo e cognito della presenza di Nitto Santapaola e delle sue regole violente.

E se in altre zone della Sicilia il regno della criminalità organizzata era il regno del silenzio e dell'ordine, del “fatti i fatti tuoi e campa tranquillo”, a Catania si urlava e si travolgeva ogni regola del vivere civile. Di tanto in tanto tutti erano costretti a sentire in pieno viso le frustate di quel potere violento. Il catanese comune era un uomo da umiliare più delle bestie, forse anche a causa della sua incontrollabile e naturale tendenza all'insubordinazione.

E nessuno si ribellava veramente. D'altronde la foto di uno dei figli di Santapaola (non so se oggi morto o in carcere) fa capolino tra gli annuari della scuola più esclusiva della città. Cosa vado a denunciare, se insieme a lui vedo anche i figli di noti politici locali (oggi essi stessi al governo della città), di imprenditori, dei rappresentanti delle forze dell'ordine e dello stato?

Non che questo significhi per forza collusione, ma che educazione si dava a quei giovani che si ritrovavano quei compagni di scuola? Nella migliore delle ipotesi, gli si insegnava a stare zitti. Che tanto tutti sanno tutto. Anche lo stato (sempre minuscolo...).

Ora però che Don Rodrigo è andato, e che i catanesi continuano a vivere nel terrore di un suo ritorno, un altra manzoniana figura si è impossessata della città: l'innominato. Tanto corporeo era Don Rodrigo-Santapaola, tanto etereo è questo nuovo nume etneo. Tanto coercitivo e violento era quello, quanto suadente e vellutato è questo. Ma come per il primo, anche per questo i sudditi dell'elefante, sedotti dal lato oscuro della forza, sentono una morbosa attrazione. Mescolata a paura.

In pubblico nessuno osa criticarlo. A volte (per il si e per il no) il catanese si rifiuterà di esprimere un giudizio su di lui, non si sa mai. Se fermate qualcuno per la strada e chiedete, difficilmente otterrete una risposta, se l'intervistato pensa che questo possa arrecare fastidio all'innominato. Ed è comprensibile. Le cicatrici del regno di Santapaola sono ancora vive, e basta poco a convincere un catanese: tre dita puntate a mo di pistola sembrano un esercito. La sola vista degli strumenti di tortura fanno precipitare chi ha provato quegli aggeggi sulla propria pelle indietro nell'abisso.

Intanto i suoi tentacoli (dell'innominato, intendo) si sono allungati verso gli altri vertici dell'isola, tenendo le coscienze dei siciliani sotto controllo senza che nemmeno se ne accorgano. Cresciuto all'ombra della Catania degli anni '80, oggi ha sostituito la violenza di quegli anni nella funzione di guardiano dell'ordine costituito, nell'oppressione delle aspirazioni dei siciliani allo sviluppo ed alla civiltà. Oggi è il capo degli ascari.

Fiumi di denaro scorrono da nord verso le sue creature, tanto grossi da fare invidia ai suoi colleghi settentrionali. Difficilmente in città nasce qualcosa di concreto senza che vi sia coinvolto lui. Difficilmente in Sicilia si diffondono opinioni che non siano prima state da lui filtrate.

L'innominato etneo controlla la totalità dei giornali siciliani a larga diffusione (per intenderci, quelli di Catania, Palermo e Messina). E buona parte dei canali televisivi. Quando pochi anni fa Il Tirreno, televisione del messinese, aprì una redazione a Catania lo fece forse con l'idea di rompere questo monopolio. Oggi Rino Piccione continua a chiamarlo “quello lì”: sbeffeggiando il timore reverenziale che lo circonda a Catania chiama i catanesi alla rivolta, ma non una sola azienda avente sede alle falde del vulcano si è affidata alla sua emittente per pubblicizzare i propri prodotti.

Il meccanismo è subdolo, ma noto: fare finta di difendere l'interesse dei siciliani contro la prepotenza settentrionale mettendo però in bella evidenza certe angolature che non fanno altro che perpetuare in nel nostro popolo quel complesso di inferiorità tipico dei colonizzati. Rassicurare mentre si colpisce alla schiena.

Quando negli anni '90 il fantasma autonomista ed indipendentista si risvegliò a Catania ed in Sicilia, ecco che ti esce fuori l'associazione dei partiti sicilianisti con la mafia.

Quando da qualche parte si spara mezzo colpo di pistola, ecco che ti esce con un bel titolone su 'La mafia torna a sparare', magari corredato da una foto di Corleone che non c'entra niente con il fatto di cronaca.

Quando si parla del petrolchimico di Siracusa, eccolo pesare le parole, usando un annacquato 'guasto ambientale' invece del colposo 'danno' o, peggio, del criminoso 'disastro'.

Senza contare i nuovi canali satellitari, dove si cerca di trasmettere ai siciliani all'estero la solita immagine-cartolina di una Sicilia tutta sole, mare ed antichità, tenendoli allo scuro dei reali problemi che la loro patria attraversa.

E come negli anni ottanta i cavalieri del lavoro erano costretti a scendere a patti con Don Rodrigo, oggi imprenditori, artisti, politici e rappresentanti dello stato fanno lo stesso con l'innominato, pur sapendo da dove provengano quei 30 denari: perchè a Catania, come del resto a Milano, pecunia non olet.

Eppure tutto quello che ha accumulato è appeso a un filo, sottile ma resistente come il nylon delle reti da pesca, che lo rende schiavo di inconfessabili poteri stranieri. E come deve essere misera la vita in questi abusi. Come deve tremare dentro l'Innominato al pensiero che questo vile filo possa essere da un momento all'altro tagliato.



La Catania degli anni '80 vista oggi dal gruppo catanese/milanese dei Dining Rooms

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lunedì, settembre 17, 2007

Consigli per i naviganti

Nel correre tra un post e l'altro tralascio spesso di aggiornare i link a lato e di ringraziare chi amplifica la visibilità di questo blog ripubblicandone gli articoli.

A questo proposito segnalo un nuovo blog militante, L'Ora del Vespro, che ha ripreso uno dei miei post più recenti.

Devo anche segnalare e ringraziare gli amici de L'Altra Sicilia che praticamente in ogni numero del loro quindicinale (L'Isola) pubblicano qualcosa dell'Abate Vella.

A volte nei nostri blog verremmo discutere le verità più scomode, ma allo stesso tempo non vorremmo metterci ad accusare a destra e a manca senza lo straccio di una prova. Il modo più semplice per coordinare i nostri discorsi è allora quello di usare le parole di chi è venuto prima di noi ed ha lottato per la nostra libertà.

Dico questo perchè nell'invitarvi alla lettura dell'ultimo numero dell'Isola, devo assolutamente segnalare la citazione ripresa da Giuseppe De Felice (ispiratore ed organizzatore dei Fasci Siciliani ed agguerrito avversario del Crispi):

"La mafia non è la vergogna della Sicilia, ma dello stato che la mantiene"


Questo disse De Felice il 23 novembre del 1899, ed a pagina 7 troverete per intero la spietata verità descritta dalle parole dell'illustre politico.

Dall'altra parte dispiace notare che La Voce dell'Isola negli ultimi due numeri ha tralasciato di 'tastare il polso' alla comunità sicilianista online, malgrado questa si stia espandendo sempre di più. Speriamo trovino un pò di spazio nei prossimi numeri.

Il Comitato Neoborbonico della Sicilia (www.neoborbonicisicilia.it) atterra sul web. Speriamo di poter intavolare delle interessanti 'trattative' anche con loro!

Infine devo segnalare un altro blog nuovissimo, quello di Meridio Siculo (www.meridiosiculo.altervista.org), da seguire con attenzione per l'estesa documentazione raccolta e per la perizia storica con cui il nostro discute gli argomenti che ci sono cari.

W la Sicilia!
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venerdì, settembre 14, 2007

Cavernicoli con la tastiera

I moderni scienziati-stregone si scervellino pure quanto vogliano, ma una volta spogliate le argomentazioni di tutti gli orpelli che le ideologie (famiglia di graminacee durissima da estirpare) vi costruiscono attorno, rimane un solo essenziale fatto: se in un dato momento della sua storia l'uomo smise di abitare le caverne, cominciò ad abbeverare i campi, a costruire città ed arrivò persino sulla luna, lo si deve principalmente a quel processo di confronto che si sviluppò all'interno dei rapporti umani conosciuto come dialettica, o più prosaicamente come 'differenza d'opinione'.

Se una qualche Eva, diversi milioni di anni fa, non avesse avuto un'idea diversa dagli altri, la società umana non si sarebbe spostata di un millimetro, e sarebbe rimasta a vivere in quel paradiso terrestre che altri non era che la stessa madre natura.

D'altronde se tutti la pensassimo allo stesso modo, vorrebbe dire che stiamo tutti bene come stiamo e che non ci sarebbe bisogno di cambiare: sarebbe la fine della storia, quella fine della storia spesso profetizzata ma che mai si realizzerà.

La differenza d'opinione è quindi la cosa più preziosa che abbiamo e che con più cura dobbiamo preservare, allo stesso modo in cui oggi ci si preoccupa di conservare la diversità genetica.

La similitudine con l'evoluzione delle specie va poi ben oltre questa semplice analogia. Come in natura una specie è caratterizzata da alcune specificità prevalenti che non impediscono o eliminano del tutto le differenze, ma anzi le integrano e le proteggono per far si che nei momenti di cambiamento ambientale l'intera popolazione ne tragga vantaggio, così la società umana si autoregola sulla base delle opinioni prevalenti, ma fa anche istintivamente attenzione a non schiacciare le idee meno diffuse o diverse, che costituiscono un fertile humus adatto a concimare il nostro terreno culturale in particolari periodi storici segnati da importanti cambiamenti.

In questo senso il vero regime assolutista non è quello che vieta di agire in modo diverso dalla norma (vista come idea prevalente o più forte), ma quello che vieta di PENSARE in modo non comune o poco ortodosso, sino all'apparente paradosso per cui l'ideologia liberista e liberale di matrice sia capitalistica che socialista come anche certi fanatismi religiosi moderni, tutti accomunati proprio dall'obbiettivo dichiarato di voler porre fine alla storia, sembrano essere per il consorzio umano un pericolo di gran lunga maggiore rispetto ai regimi fascisti del XX secolo (e difatti i secondi sono stati anche una precoce reazione al prospettarsi dei primi).

Perchè tutto questo preambolo?

Perchè questo blog, come molti altri nella rete, si vuole proporre anche come luogo aperto alla discussione ed alle divergenze d'opinioni. Perchè i post di queste pagine non sono mai scritti con intento assolutista, ma cercando di stimolare chi legge a pensare ed a dissentire se necessario. Perchè tra i link posti a lato, sono presenti siti che si rifanno alle più diverse visioni della nostra patria, anche se accomunati dalla prospettiva siciliana o sicilianista o da una lettura dei fatti storici 'duosicilianista'.

Invito pertanto i navigatori ad esporre i loro pensieri con forza ma senza invettiva e soprattutto senza cercare la provocazione, propria o altrui. Coloro i quali si sentano provocati dalle affermazioni altrui rispondano sì con fermezza, ma anche senza scadere a loro volta nell'insulto: isoliamo i cavernicoli provocatori che cercano soltanto di assassinare le idee diverse dalle proprie, forse vogliosi di tornare a quel paradiso che era l'età della pietra.

Se ogni tanto qualche scambio sopra le righe rimane tra i commenti di questi post non sarà certo un dramma. Ma se qualcuno crede di poter trasformare il confronto a questo indirizzo in rissa si sbaglia di grosso. Meglio mettere le cose in chiaro subito.
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martedì, settembre 11, 2007

Vedo me stesso (Mafia da spiaggia 2)

Leggi la prima parte (Mafia da spiaggia 1)

C'è di luntanu cu ni fa la cucca
Ca cogghi tutti cosi e si l'ammucca
...
Viru a me stissu e paru casu stranu
nascìu n'Sicilia e sugnu talianu
Nun sacciu comu nun mi vota la testa
Pinsandu a lu presenti e a lu passatu


Ed ora scendiamo in Sicilia. Qui anche gli scecchi si sono accorti che dopo le stragi del '92, qualche cosa è cambiato. Senza lasciarci travisare dai professoroni dell'antimafia, che parlano di spostamento di strategia da parte della mafia, sembra invece opportuno rilevare il cambio di strategia del regime che, come detto nel post precedente, ha trasferito paro paro l'arsenale di oppressione antisiciliana, da sempre camuffato sotto la scusa della lotta alla criminalità organizzata che imperversava nell'isola, in Calabria.

Da quei fatidici giorni dello scorso decennio, i fatti in Sicilia hanno preso una piega diversa rispetto alle altre regioni del Sud Italia, dove poco o niente è cambiato. Sicuramente le condizioni di vita dei siciliani non sembrano essere migliorate (anzi!). Sicuramente la politica isolana ha continuato la sua folle corsa verso il fondo scavando nella nuda roccia. Ma stranamente si nota una certa “euforia” generalizzata, raramente equilibrata da fatti concreti, difficile da definire ma che anche i visitatori di pochi giorni riescono a percepire.

Non vorremmo metterla troppo sul poetico, ma viene da sospettare che tutto ciò non sia altro che l'istinto storico dei siciliani che li avverte che uno di quei cambiamenti geopolitici epocali sia prossimo, uno di quelli che in pubblico ci piace prendere con quello sguardo tipico di chi le ha viste di tutti i colori, salvo poi in privato lamentarci di non essere stati attori decisivi dello svolgersi degli eventi.

Tornando a cose più concrete, le recenti dichiarazioni di Borsellino, la condanna definitiva di Contrada, il processo ad Andreotti (i cui atti sarebbe interessante studiare in dettaglio) svelano cosa furono in realtà la stagione delle stragi e l'operazione dell'esercito in cui tutto si risolse, la famigerata operazione “vespri siciliani”: un cambio di potere camuffato in tragedia e sfociato in una farsa.

Il sovrapporsi del crollo della DC con il crollo del sistema mafioso degli anni 80 la storia non potrà mai sdoganarlo come una semplice coincidenza. E se questa non è stata una coincidenza, allora vuol dire tolti i protettori è stato un gioco da ragazzi togliere di mezzo anche i protetti. Ma visto che i Siciliani oramai avevano capito il gioco, un paio di bombe misero a tacere i testimoni scomodi. Come confezionare tutto questo per l'opinione internazionale? Con il fiocco dei sacchi di sabbia negli aeroporti e dei fucili che non avevano nemmeno il colpo in canna, per evitare tragici errori che potevano facilmente tramutarsi in sommossa popolare: l'operazione dei Vespri si concluse senza un sol colpo sparato, perchè di colpi letteralmente non ce n'erano!*

Sembra di essere tornati al 1861, non al periodo risorgimentale, in sé poco significativo dal punto di vista dell'inquadramento storico, ma al periodo dei preparativi per l'apertura del canale di Suez, preparativi dei quali fece parte anche lo sbarco a Marsala (come ci fa notare Mario di Mauro da Terra e Liberazione). Oggi il nuovo evento è la cosiddetta globalizzazione, o meglio una riapertura del mercato globale come non si era vista sin da prima che i guasti dell'impero britannico travolgessero il mondo. Ed in questo contesto la Sicilia fa gola a molti, se non a tutti. E nessuno si sogna di lasciarla in godimento a quattro padani “arripudduti” (probabilmente Roma non riesce a ricostituire il sistema “mafioso” allora distrutto a causa di una forte opposizione esterna).

Ne tantomeno di riconsegnarla ai siciliani.

Malgrado tutto i padani e la DC, che in realtà ERA l'Italia, e senza la quale l'Italia unita non potrà mai esistere nella forma che tutti conosciamo, sembrano non volere mollare la presa. Ed è proprio qui che potrebbe inserirsi il secondo scoop degno di nota dell'estate: l'accordo a quanto pare oramai fatto tra UDC ed MPA (già discusso in un post precedente), un altro colpo di coda del sistema che guidò la padania al decollo (ed il sud a picco) dopo la seconda guerra mondiale. Il re è nudo, anche se i sarti vogliono convincerlo che i sud-diti vedranno la magnificenza delle stoffe MAI indossate.

E noi tutti a vedere noi stessi (citando la bella canzone di Alfio Antico da cui sono tratti i versi iniziali) stretti tra l'incudine ed il martello della storia, tra le ganasce di un destino che per millenni abbiamo tenuto a bada, ma che ogni tanto riesce a schiacciarci in dolorosi intervalli di schiavitù.

Questa è la grande occasione. Il momento in cui i siciliani potrebbero inserirsi nel gioco della politica internazionale per reclamare i propri diritti, cercando di porsi in equilibrio tra le laide voglie di tutti quelli che puntano a papparsi la nostra patria continuando a trattarci da appestati. Il tempo stringe e bisogna muoversi. Solo i siciliani uniti e liberi dagli ascari potranno dire la loro, mentre già i nostri nemici interni stanno andando in giro alla ricerca del loro nuovo Mangiafuoco.

*Ma la realtà supera la fantasia: qualche accattone della politica ha anche proposto una “Operazione Vespri 2”, quasi fosse uno di quei film di quella famosissima coppia di balordi. Vedremo di parlare anche di questo al più presto...
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domenica, settembre 09, 2007

Unnaddarè: tra le trazzere del villaggio globale

E' possibile per un siciliano vivere da siciliano nel mondo moderno? E' possibile conservare intatte le proprie tradizioni, la propria cultura, la propria lingua, anzi recuperare quello che si è perso e ri-diventare siciliani ancora una volta nella moderna babele culturale del villaggio globale? E' possibile fare tutto questo senza chiudersi in se stessi, ma anzi accogliendo in pieno la moderna rivoluzione informatica ed entrando nel XXI secolo dalla porta principale, quella della tecnologia e della globalizzazione? La risposta a tutte queste domande è si. Senza alcun dubbio. E ne abbiamo la prova: si chiama Kalsa.

Kalsa: un vocabolo evocativo, che racchiude in sé la storia di un popolo, la sua essenza mediterranea ed il suo presente fatto di rovine e rimpianti. Ma anche la sua voglia di riscatto e di ritorno, di ri-scoperta della sua complessa interiorità.

Se qualche hanno fa gli Agricantus (a proposito, ne approfitto per segnalare il loro nuovo elegante lavoro Luna Khina) erano partiti dalla loro terra per raggiungere il mondo, oggi gli Unnaddarè ci riportano il mondo in dono come fosse un comune ma preziosissimo portuallo (“Munnu ca ti munnu”) e ce lo fanno sentire nei nostri gesti quotidiani, nelle nostre parole, nel nostro caldo mare.

Può sembrare azzardato paragonare la musica di questa nuova band a quella degli Agricantus, due modi di fare musica diversi legati a due momenti diversi di una modernità ultraccelerata. Ma se il trio Crispi - Acquaviva - Wiederkehr può essere considerato il genitore della globalizzazione siciliana, il ponte che ha portato la Sicilia a ricollegarsi con la sua diaspora, gli Unnaddarè ne sono i figli, sono quella diaspora che ritorna in Sicilia a reclamare i propri diritti (finora negati) di siciliani dispersi per il globo: gli Unnaddarè nascono a Roma grazie ad un gruppo di “fuoriusciti” siciliani guidato da Maurizio Catania, la vulcanica mente del gruppo.

Il loro primo CD si intitola appunto Kalsa, che qui non vogliamo identificare con il famosissimo quartiere di Palermo ma con uno stato dell'anima, sospesa tra un passato che vuole restare ed un futuro che in-Kalsa irriverente. Proprio come nella title track, dove un gregge di pecore ed il suo pastore ci conducono incredibilmente tra le trazzere virtuali di una nuova matrix nella quale tutti i siciliani vivono idealmente collegati alla loro sorgente di vita. Un suono che è la porta verso un'altra dimensione dove il nostro passato ritorna mescolato al ritmo del futuro:

Stratuzze di petri e supra robi stinnuti
E chi è sta magia unnaddarè



Annullato lo spaziotempo, le altre tracce ora si incastrano perfettamente con le nostre contraddizioni, a partire da Terrarussa, in cui i bit del nostro portatile sono una polvere che si appiccica alla pelle e ci fa sentire ancora l'odore dell'umida tavola di mare che vediamo all'orizzonte dei nostri ricordi:

Terrarrussa terrarussa
strata stritta nmezzu e sierre
culuri di sta trazzera ca porta rittu o mare
Cavuru cavuru e cavuru
na tavola di mari
ca aspetta lu so suli
Terra rina rina terra russa na so terra


Poi attraverso la realtà virtuale di “A mo' casa senza mura”, dove è il nostro corpo a mutare geneticamente e ad espandersi sino a racchiudere l'intera Trinacria:

Ogni vota ca tu trasi intra a casa
T'assetti nda poltrona ca era di mo nonna
talii sta bedda valli co mari ca s'ammuccia
ogni vota ca tu trasi intra a casa
Bedda sta valli ca è ca davanti
Bedda sta valli ca vidu ca
Chista è a mo casa, chista è a mo cura, chista è a mo casa senza mura


Ma sempre come ostriche cocciute attaccate al proprio scoglio, ora che la tecnologia ci ha finalmente liberato e ci permette di gridare quella cocciutaggine che vuol dire anche rifiuto di arrendersi (“A vergini e a Ulanza”):

Duci Duci
Sutta sti cuperti
U vuliemmu ndo disiu
U vuliemmu pi l'usanza
A vergini e a Ulanza


Sino al lontano suono di sintetizzatori e campionatori mescolati all'odore di farina e lievito naturale di Fuluvespiri:

Crisciutu cu capuliatu stinnutu fora a porta
Sienti a musica, a musica ca ju cantu
sutta a casa unni fanu a pani


Dove ci stanno portando gli Unnaddarè? Indietro nello spazio o avanti nel tempo? Intanto installiamo il loro sistema operativo (in versione rigorosamente siciliana), spegniamo una volta per tutte l'aria condizionata e, mentre assaggiamo il portuallo che ci hanno offerto, respiriamo il nostro futuro:

I pinsera currunu senza scampu
Viaggiandu m'arripigghiu tuttu u tiempu
Viaggiu e nun sacciu unni vaju





Le pecore, il pastore ed il portatile da scrivere


Gli Unnaddarè su internet
Sito ufficiale: http://www.unnaddare.com/
My Space: http://www.myspace.com/unnaddare
Canale di Maurizio Catania su Youtube: http://www.youtube.com/user/catania22

Post Scriptum: non sono un grande estimatore del diritto d'autore (anzi...), ma credo che faremmo il nostro dovere di siciliani se ogni tanto spendessimo qualcosa nella nostra cultura. Visto che i (nostri) soldi pubblici vengono buttati nelle volgari recite di un comico sopravvalutato che fa a pezzi Dante in uno stadio di calcio (vuoi vedere che ci tocca anche difendere la “loro” cultura?), non contento permettendosi pure di accostarlo a della banale ironia a sfondo politico, pensiamoci noi (ancora) di tasca nostra a sostenere qualcosa di sincero. Evitiamo di procurarci i brani degli Unnaddarè “illegalmente” e scarichiamo pagando le loro canzoni da qui: Digital iTunes
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giovedì, settembre 06, 2007

Fuochi di ferragosto (Mafia estiva 1)

Durante la pausa d'agosto, le notizie estive in Italia scorrono lente ed inconsistenti, pronte a spegnersi non appena i magnacci che siedono nei vari parlamenti tornano alla carica con la loro cronica incapacità (e rapacità) dello gestire la cosa pubblica.

Intorno al ferragosto però, due fatti (o meglio fattacci) hanno contribuito a gettare un squarcio di luce su quello che sta accadendo intorno a noi, senza che ancora il Popolo Siciliano riesca a diventare attore protagonista nella recita delle vicende che più da vicino lo riguardano.

Il primo è senz'altro l'eccidio di sei italiani a Duisburg, in Germania. Calabresi, è bene precisare. Come hanno prontamente fatto tutti i media italiani, proponendo il classico ritornello dell'inferiorità e della bestialità (nel senso di ferocia) dei meridionali.

Subito uno strano particolare traspare dalla storia riguardante proprio l'origine di assassini ed assassinati: i giornalisti fanno a gara a mettere in risalto il fatto che il gruppo proviene da un paesino di 4000 anime. Secondo loro questo sarebbe ulteriore prova della necessità che i meridionali siano confinati dietro un muro ben guardato. La logica però fa nascere uno strano dubbio: come è possibile che da un paesino di 4000 anime non si riesca a snidare tanta ferocia?

Anche qui i pennivendoli fanno a gara citando le minchiate più inverosimili, tipo la conformazione orografica della zona, i retaggi tribali che ancora pervaderebbero la società calabra, l'onnipresente omertà. Insomma, l'intero arsenale della repressione antisiciliana trasferito a piè pari oltre lo stretto. E giù tutti i gonzi dello stivale (a nord come a sud) a bersela come aperitivo di una nuova stagione televisiva fatta di tette al vento, frodi sportive ed oscenità varie.

Prima di esaminare questo “spostamento” di mira, è bene ragionare un altro po' sulle 4000 anime. A poche ore dalla strage, tutti i giornali già riportavano i dettagli delle faide di quel paesino: le alleanze, gli screzi, le appartenenze, gli affari, persino il conto dei proventi. Ma allora che ci andate cercando agli sfortunati compaesani di quelle bestie? Per assurdo, sembra quasi che questi articoli così dettagliati siano un avvertimento contro chi voglia ribellarsi (stai attento: sappiamo tutto e non facciamo niente. A buon intenditore...).

Sarebbe un assurdo. Ma non è un assurdo che uno stato del G7 non riesca a controllare un paesino di 4000 anime (a parte la lavata di faccia del "blitz" ben 15 giorni dopo l'eccidio)? Non è assurdo che sia accaduto quello che è accaduto senza che nessuno abbia capito quello che covava sotto la cenere? Certo lo stato Italiano è oramai allo sbando, e può anche darsi che dopo aver creato i mostri, non sia più capace di controllarli e la violenza di questi cani sciolti (l'idea che dalla Calabria sia stata lanciata un'organizzazione criminale internazionale degna di un film di James Bond è risibile) stia tracimando oltralpe. Ma può anche darsi che la tracimazione sia pianificata e voluta, all'interno della guerra sotterranea che si profila in Europa per la spartizione delle spoglie della Pseudo-Repubblica italiana, già da tempo in odore di estrema unzione.

E qui, noi che amiamo le cospirazioni, cominciamo a sguazzare a nostro agio. Perchè se a Duisburg “si è lasciato fare”, ciò può avere due obiettivi in verità molto simili. Cambia solo l'occhio dietro il mirino.
Si è forse trattato di un colpo di coda del regime padano che “avverte” l'Europa di lasciare a loro il controllo altrimenti ci saranno delle conseguenze per tutti? Oppure, spostando lo sguardo di 180 gradi, si è già al lavoro per sostituire l'oppressione nazionale in una continentale, paventando un pericolo a scala europea?

Tutte queste sono solo ipotesi di lavoro. Ma certo l'episodio di Duisburg è significativo, molto oltre quello che i servi che scrivono di mafia sui mezzi ufficiali vogliano farci credere. Dispiace comunque che i meridionali ed i siciliani non capiscano ancora che in un paesino di 4000 anime certe cose non possano mai succedere senza una precisa pianificazione politica. Una pianificazione partita da nord, ben oltre il muro di gomma che circonda le nostre città ed i nostri paesi.
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martedì, settembre 04, 2007

La diagnosi corretta

Schizofrenia: malattia psichiatrica caratterizzata da un decorso superiore ai sei mesi (spesso cronica) e dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell'emozione, di gravità tale da limitare le normali attività della persona. Il termine deriva dal greco schizo (scissione) e frenos (cervello).

E' questa la malattia di cui è affetta la leadership dell'MPA? In tanti se lo staranno chiedendo ultimamente, specialmente dopo le recenti uscite del suo leader, il Presidente della inesistente Provincia REGIONALE di Catania, On. Raffaele Lombardo.

Nel giro dei 6 mesi indicati nella descrizione della malattia, il suddetto è passato dall'appoggio offerto a Cammarata alle elezioni di Palermo, appoggio che aveva costretto i suoi stessi accoliti a tenersi il naso turato per l'intera campagna elettorale, alla invettiva anti-garibaldina in diretta TV, ed infine con una magica giravolta su se stesso all'accordo programmatico con l'UDC!

I sintomi della malattia diventano ancora più evidenti quando si atterra sulla pagina principale del sito dell'MPA, dove in questi giorni due articoli stanno facendo a pugni tra loro costringendo di nuovo i sostenitori del partito ad uno strabismo che rischia di generare in tutti loro disturbi simili a quelli patiti dal Lombardo. Il primo articolo titola “MPA-UDC insieme: cresce la Sicilia dell'Autonomia” e già non si capisce quale possa mai essere oggi il rapporto tra UDC da un lato e Sicilia ed autonomia dall'altro. Persino l'alleanza con la Lega in confronto ora sembra un atto d'amore verso la nostra isola, dato che il rapporto tra U-DC e Sicilia sappiamo benissimo quale sia stato in passato...

Il secondo post riporta le parole militanti di Mario di Mauro di Terra e Liberazione, parole sicuramente condivisibili nella quasi totalità, ma che messe lì, oltre a incrementare l'indice di schizofrenia del movimento, servono più da specchietto per le allodole che altro.

O forse servono solo a fare sì che le componenti realmente sicilianiste dell'MPA stiano buone al loro posto? Certo questo ritorno all'ovile di Lombardo sarà stato un duro colpo per i Nazionalisti Siciliani di Vecchio e per lo stesso Mario Di Mauro: speriamo che metabolizzino presto e che riprendano finalmente la strada del VERO sicilianismo. Sbagliare è umano, ed anche Il Consiglio ha evitato di dare giudizi prematuri (anche se avevamo già preso nota delle avvisaglie per tempo...). Ma perseverare!

Ancora più sorprendente della sfacciataggine di Lombardo ci sembra però la solita strana coincidenza di eventi: l'altro ribelle della politica nazionale, anche lui autoproclamatosi difensore della patria siciliana ed anche lui fondatore di un movimento politico tutto siciliano (Alleanza Siciliana, parliamo ovviamente di Nello Musumeci, questa volta EX presidente dell'inesistente Provincia Regionale di Catania) ha nel frattempo dichiarato la sua alleanza strategica con un altro partito romano, La destra di Storace.

Punto e a capo. Ma è cambiato qualcosa per la Sicilia? Assolutamente nulla. Cambierà qualcosa, magari in peggio? Assolutamente no: ambedue le mostruose creature sono destinate ad un tonfo atono nel generale crollo della pseudo-repubblica italiana. L'unica cosa da modificare è stata la lista dei link qui a lato, dalla quale sono stati rimossi i collegamenti ai siti dell'MPA e di Alleanza Siciliana.

E' comunque questo post è tutto sbagliato: non di schizofrenia si tratta, ma di semplice Ascarizzazione Conclamata nel suo stadio più tremendo. Quello terminale.
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